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SISTEMI ELETTORALI CAMERA DEI DEPUTATI E DEL SENATO
DELLA REPUBBLICA
Fino alla prima metà del 1990, la Camera dei deputati aveva avuto un
sistema elettorale proporzionale senza correzione, dove si assegnavano
il 65% dei seggi (380/590) a tutti i partiti che avessero superato il 50% dei
voti.
Per il Senato invece, si prevedeva la ripartizione dei seggi tra le Regioni,
composte da collegi uninominali. Il candidato risultava eletto nel collegio
solo se raggiungeva la percentuale del 65% dei voti, cosa che non si
verificava mai visto il multipartitismo italiano, mentre per i seggi rimanenti,
essi erano distribuiti a livello regionale proporzionalmente tra le liste
presentatesi nella Regione.
Alla metà degli anni ‘90, venne proposta una riforma delle leggi
elettorali per le Camere, in modo da favorire una maggiore stabilità degli
Esecutivi.
I questi erano 3:
1. Si voleva togliere il sistema proporzionale del Senato in
maggioritario → 77% votano, 82,7% a favore.
2. Si abroga la limitazione di 4 preferenze nelle elezioni alla Camera dei
Deputati.
3. Si voleva estendere il sistema elettorale vigente per i Comuni,
anche a quelli minori.
I quesiti 2 e 3 non vennero poi proposti, né votati.
Allora si arrivò alla soluzione che per il Senato venissero assegnati il 75% dei
seggi con sistema maggioritario uninominale a turno unico e il 25%
con sistema proporzionale. Per la Camera dei deputati è simile, ma
ricordato come “Mattarellum”.
Ciò però ha portato ad un ennesimo referendum per la modifica del
sistema di attribuzione proporzionale del 25% dei seggi della Camera dei
deputati, ma non raggiunse il quorum di partecipazione della
maggioranza degli aventi diritto.
Con la 14esima legislatura venne ripreso il tema, che nel 2005 vi fu
un’improvvisa accelerazione, che condusse all’approvazione della legge 270 a
pochi mesi dalle elezioni, con i soli voti di maggioranza. Questa legge va
contro i principi fissati nel “Codice di buona condotta elettorale”.
Il sistema risultante era quindi di tipo proporzionale, aggiustato attraverso la
previsione di premio di maggioranza e di soglie di sbarramento per
accedere alla ripartizione dei seggi.
Per la CAMERA, la soglia elettorale era del 10%, dove la migliore lista sotto
soglia doveva essere di almeno il 2% dei voti validi, mentre senza
coalizione il 4%.
Per il SENATO, le soglie erano calcolate su base regionale, per i seggi
assegnati invece si parla di soglia del 20% dei voti validi per le coalizioni
mentre 8% per le liste senza coalizioni. Le liste coalizzate raggiungono
il 3% dei voti validi, anche se doveva avere applicazione nel caso in cui la
singola lista fosse inserita se avesse raggiunto il 55% dei voti validi.
Tuttavia il Senato ha ritenuto valida una soglia del 3% per attribuire il premio di
maggioranza.
Quindi:
1. Camera dei deputati: assegnazione di 340/617 seggi.
2. Senato: 55% di senatori da eleggere.
Però il premio di maggioranza, Regione per Regione, porta dei problemi:
assenza di una maggioranza ampia e stabile, poiché non vi erano soglie
percentuali minime per poterlo attribuire.
Per l’individuazione dei singoli eletti invece → liste formate da molteplici
candidati che l’elettore non trovava scritti: ciò quindi portava l’elettore a
votare per il partito più che per il suo leader.
Nel 2007 vi fu presentato un referendum riguardante la legge nazionale 270
del 2005, che si incentra su 2 punti cardine:
1. Abrogazione delle disposizioni che consentivano il collegamento delle
liste in coalizioni → consente di partecipare alle elezioni solo alle liste
singole con attribuzione del premio di maggioranza alla lista con più
voti con conseguente compattamento delle forze politiche.
2. Eliminare la possibilità di candidarsi in più circoscrizioni.
In realtà il tasso di partecipazione per quel referendum fu notoriamente basso
(23,31%), perciò vennero presentati altri due referendum vuoti volti
all’abrogazione totale della legge (legge Mattarella).
La Corte costituzionale respinge i referendum dichiarandoli inammissibili,
poiché avrebbero lasciato il Paese senza una legge elettorale per le Camere.
Le elezioni del 2013 si svolsero con la legge nazionale 270 del 2005, ma
dopo alcuni ricorsi, la Corte costituzionale con un’ordinanza (17 maggio
2013), sollevò la questione riguardante la legittimità del premio di
maggioranza e delle liste bloccate.
1. Sul Premio di maggioranza, data l’assenza di una soglia minima per
competere all’assegnazione del premio che porta ad un’alterazione del
circuito democratico, viene dichiarato incostituzionale. Per le Regioni
venne dichiarata producente effetto sulla maggioranza in seno al
Senato, poiché essa è la risultante di premi di maggioranza
regionali, che andrebbero a gravare sulla maggioranza politica.
2. Riguardo le Liste Bloccate, vennero dichiarate incostituzionali, perché
l’elettore non votava a favore del proprio rappresentante, ma solo
a favore della lista, risolta poi con la possibilità per l’elettore
di esprimere una sola preferenza.
Quindi la legge nazionale 270 del 2005 diviene sistema proporzionale
corretto dalle soglie di sbarramento e dalla preferenza unica per
l’elettore.
Viene ad introdursi nel 2015 una nuova legge, la legge 52 (Italicum), che
disciplinava l’elezione della sola Camera dei Deputati, lasciando l’elezione
del Senato di competenza alle Regioni, con eliminazione del suffragio
diretto.
Questa legge viene però applicata il 1° luglio 2016.
-L’ITALICUM quindi prevedeva:
1. Sistema a base proporzionale.
2. Premio di maggioranza attribuito alla singola lista (340 seggi, il 55%
dei seggi totali): attribuito alla lista che avesse conseguito il maggior
numero di voti validi, almeno al 40% o alla lista che
al ballottaggio avesse avuto più suffragi dell’altra.
3. Soglia di sbarramento al 3%.
4. Liste con capolista bloccato e preferenze per gli altri candidati.
-Questa nuova legge sembrava risolvere le disposizioni criticate dalla Corte
costituzionale, ma peccava per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi
singoli alla Camera, una volta avute le preferenze e il capolista.
-I capolista bloccati potevano però candidarsi in un massimo di dieci collegi
diversi; perciò l’elettore non aveva mai la certezza del proprio voto, poiché il
capolista, dopo le elezioni, poteva scegliere a quale collegio aderire.
-Questa manovra venne impugnata subito dalla Corte costituzionale,
visto che nell’attribuzione del premio di maggioranza, una volta arrivate le due
liste al ballottaggio, vi era lo stesso vizio della legge precedente,
ovvero l’assenza di una soglia minima di voti.
-Per concludere la Camera dei Deputati sarebbe stata eletta con
sistema proporzionale con soglia di sbarramento e capolista bloccato
con preferenze, mentre per il Senato della Repubblica elezioni applicando
il Consultellum(proporzionale, soglie di sbarramento diverse e
con preferenza unica).
-Nel 2017 viene approvata la legge 165 del 2017, il Rosatellum, frutto
dell’accordo tra PD, Forza Italia e Lega Nord: esso prevedeva un sistema
elettorale misto, identico per le due Camere.
1. 231 seggi alla Camera e 109 al Senato assegnati in
collegi uninominali con eletto il candidato più votato secondo
il sistema maggioritario.
2. I restanti seggi (387 per i Deputati e 200 per il Senato) assegnati
con metodo proporzionale alle liste che hanno superato la soglia di
sbarramento del 3% in collegi plurinominali in un numero di seggi
compreso tra 3 e 8 alla Camera e tra 2 e 8 al Senato.
-Grazie poi al decreto del Presidente della Repubblica 361 del 1957, ogni
partito deve presentare prima di candidarsi, tali documenti, che fanno parte
dei requisiti minimi di trasparenza:
1. Contrassegno, con dichiarazione della persona che ne detiene la
titolarità.
2. Programma elettorale, con indicato il capo della forza politica.
3. Sede legale nel territorio dello Stato.
4. Gli organi del partito e la loro composizione.
-Alla Camera e al Senato le liste possono presentarsi singolarmente o in
coalizioni, ma per le coalizioni, esse devono presentare le reciproche
dichiarazioni di collegamento.
-Le liste sono bloccate, composte da un elenco di candidati non inferiore a
2 e non superiore a 4 e ciascuna lista deve presentare la propria candidatura
in almeno 2⁄3 dei collegi plurinominali della circoscrizione.
-Ciascuna lista deve essere sottoscritta da un numero compreso di
elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio
plurinominale tra 1500 e 2000.
-Nessuno può candidarsi in più di cinque collegi plurinominali, anche se
con possibile aggiunta di un collegio uninominale.
-I candidati inoltre devono essere collocati secondo un ordine di genere: per
la Camera è previsto che nessuno dei due generi sia rappresentato in misura
superiore al 60%, mentre per il Senato la soglia è stabilita a livello
regionale.
-Ciascun elettore esprime il proprio voto su un’unica scheda con i nomi dei
candidati nel collegio uninominale e sotto di essi la lista a loro collegata.
-Il voto è espresso tracciando un segno sul rettangolo contenente il
contrassegno di una lista con i nominativi dei collegi plurinominali e il voto è
valido sia per il candidato, sia per la lista. Le modalità di voto sono
inoltre riportate nella parte esterna della scheda elettorale.
-Per l’attribuzione dei seggi, il seggio è assegnato al candidato che
consegue il maggior numero di voti validi (in caso di parità viene eletto
il più giovane).
-Per le coalizioni, alla Camera e al Senato, i seggi vengono assegnati
con metodo proporzionale con soglia di sbarramento al 3% per la
Camera a livello nazionale e al 20% per il Senato a livello regionale,
fatta eccezione per la Valle d’Aosta, che elegge un candidato al Senato e
uno alla Camera che ha ottenuto il maggior numero di voti.
SISTEMA ELETTORALE NELLE REGIONI
-L’art. 122 della Costituzione sancisce che il Presidente, i componenti
della Giunta regionale e i consiglieri regionali sono disciplinati dalla legge
della Regione.
-Il Presidente della Giunta regionale è eletto a suffragio universale e
diretto.
-I principi fondamentali sono sanciti con la legge nazionale 165 del 2004,
dove il sistema elettorale deve agevolare la formazione delle
maggioranze del Consiglio regionale e assicurare la rappresentanza
delle minoranze.
-Anche la parità di genere è compresa nei principi, grazie ad una modifica
introdotta con la legge 215 del 23 novembre 2012.
-Le Regioni perciò hanno ampissima libertà nella defini