Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 20
Riassunto esame Diritto costituzionale , Prof. Casamassima Vincenzo, libro consigliato Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Romboli Pag. 1 Riassunto esame Diritto costituzionale , Prof. Casamassima Vincenzo, libro consigliato Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Romboli Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 20.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto costituzionale , Prof. Casamassima Vincenzo, libro consigliato Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Romboli Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 20.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto costituzionale , Prof. Casamassima Vincenzo, libro consigliato Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Romboli Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 20.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto costituzionale , Prof. Casamassima Vincenzo, libro consigliato Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Romboli Pag. 16
1 su 20
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

COMUNI, DALLE PROVINCE, DALLE CITTÀ METROPOLITANE, DALLE REGIONI E DALLO

STATO>> – è <<UNA E INDIVISIBILE>>.

Per una parte della dottrina tale formula è idonea ad impedire un’eventuale trasformazione

dello Stato in senso federale. Si ritiene altresì che, mentre il riferimento all’unità rappresenta

un limite flessibile, dalle diverse applicazioni e va interpretato nel senso che esso impedisce

la rottura dell’unità politica dello Stato, quello all’indivisibilità, consistente nel divieto di

dividere la Repubblica in più Stati indipendenti ovvero di operare la secessione di parte del

suo territorio, si sostanzia invece in un limite assoluto, non superabile neppure da parte del

legislatore costituzionale.

– In secondo luogo, la Repubblica <<riconosce e promuove le autonomie locali>>. Con tale

affermazione la Costituzione abbandona la precedente visione dell’ente locale come ente

autarchico, per inaugurare una stagione nella quale gli enti territoriali, in quanto autonomi,

divengono titolari di un proprio indirizzo politico e amministrativovolto alla soddisfazione

degli interessi della comunità di riferimento.

– In terzo luogo, la Costituzione richiama la nozione di decentramento amministrativo,

fenomeno che consiste nella dislocazione dei poteri tra soggetti e organi diversi, da attuarsi

nei servizi che dipendono dallo Stato. Significa che la macchina amministrativa statale deve

essere organizzata nel rispetto di tale criterio generale, il quale si sostanzia tradizionalmente

in due sottocriteri distinti, entrambi contemplati nell’art. 5: si parla infatti di decentramento

burocratico quando si trasferiscono competenze dagli organi centrali agli organi periferici

dello Stato, al fine di rendere più accessibili i servizi per gli utenti; al contrario, si parla

di decentramento autarchico quando la competenza viene trasferita ad un ente periferico

diverso dallo Stato. Il decentramento burocratico dovrebbe implicare la responsabilità

esclusiva degli organi nelle materie loro trasferite e l’assenza di un rapporto di rigida

subordinazione con il centro.

– Nella parte finale dell’art. 5, inoltre, il Costituente si rivolge al legislatore imponendogli

l’adeguamento alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. Il principio

autonomistico e il decentramento amministrativo sono stati pensati dal Costituente come

due processi paralleli. La loro attuazione, tuttavia, ha seguito in Italia percorsi e tempi assai

diversi. Infine, al principio autonomistico si collega strettamente quello di sussidiarietà,

inteso ora nella sua dimensione verticale, anche in questo caso dopo la riforma costituzionale

del 2001 il richiamo è stato inserito esplicitamente nell’art. 118, 1° comma, laddove si

stabilisce che queste ultime <<sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne

l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla

base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza>>.

6) Il principio di solidarietà

Il principio di solidarietà trova il suo fondamento nell’art. 2 Cost., nella parte in cui prevede,

in perfetta simmetria con il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e del principio

personalista, che la REPUBBLICA <<richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di

solidarietà politica, economica e sociale>>. L’esplicito richiamo a tale principio giustifica la

previsione di un vasto numero di doveri fissati dalla Costituzione, il cui soddisfacimento può

comportare talora la conseguente compressione di alcuni diritti individuali. Occorre

segnalare, inoltre, che la solidarietà non conosce soltanto la dimensione degli obblighi

giuridicamente imposti ma si estende anche a quella dei comportamenti volontari. La

solidarietà, infine, viene solitamente distinta in “fraterna” e “paterna”:

– nella prima accezione essa opera su un piano orizzontale, nei rapporti tra i cittadini, anche

con riguardo alle diverse generazioni;

– nella seconda opera invece su un piano verticale, quale funzione attiva dello Stato, che si

sostanzia nella previsione di specifici obblighi ed è volta a rimuovere gli ostacoli che di fatto

limitano la libertà e l’eguaglianza tra cittadini, in attuazione anche del principio di

eguaglianza sostanziale.

7) Il principio di eguaglianza

Con il principio d’eguaglianza si afferma il riconoscimento a tutti gli uomini delle stesse

libertà e la pari soggezione degli stessi ad un’unica legge. Tuttavia, soltanto

nel Novecento si è affermata pienamente l’idea che il principio d’eguaglianza possa vincolare

anche i pubblici poteri e comportare un divieto di discriminazione idoneo a condizionare il

contenuto della legge. Prima di allora, come ben si evince dall’art. 24 dello Statuto albertino,

le enunciazioni solenni del principio convivevano con la previsione della possibilità per il

legislatore di derogare allo stesso. Poi, grazie alla trasformazione degli ordinamenti

democratici e all’avvento dello stato sociale, alla accezione classica di eguaglianza, così

detta formale, se ne è affiancata un’altra, così detta sostanziale, volta a porre rimedio alle

disuguaglianze di fatto e a impegnare lo Stato nella protezione dei soggetti più deboli.

Storicamente il valore dell’eguaglianza si è posto in antitesi a quello della libertà, atteso che

il massimo di libertà corrisponde alla massima diversità tra individui, così come il massimo

grado di eguaglianza può determinare la compressione delle libertà individuali.

Negli ordinamenti moderni i due valori sono posti in equilibrio, ciò che nella Costituzione

italiana si realizza negli artt. 2 e 3.

7.1) Il principio di eguaglianza come EGUAGLIANZA FORMALE

La Costituzione italiana, all'art. 3, accoglie il principio d'eguaglianza tanto nella sua

accezione formale che sostanziale. Per quanto attiene all'eguaglianza formale, essa è

contemplata al 1° comma, laddove si prevede che <<tutti i cittadini hanno pari dignità sociale

e sono eguali davanti alla legge, distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni

politiche, di condizioni personali e sociali>>. L'eguaglianza formale è stata intesa

quale <<norma di chiusura dell'ordinamento>>.

Malgrado l'art. 3 si riferisca espressamente ai soli cittadini, è pacifico che il principio

d'eguaglianza formale, sotto il profilo soggettivo, si rivolga ad ogni individuo, sia

esso cittadino o straniero. Il principio d'eguaglianza opera nei confronti del legislatore e

della pubblica amministrazione.

Secondo la visione liberale tradizionale, l'eguaglianza davanti alla legge comporta che

queste ultime devono essere generali e astratte, risultando di conseguenza precluse, almeno

in linea di massima, le LEGGI AD PERSONAM, le LEGGI SPECIALI o ECCEZIONALI, e

ammettendosi soltanto le differenziazioni fondate su elementi oggettivi e mai su elementi

soggettivi.

Il 1° comma dell'art. 2 richiama anche il concetto di pari dignità sociale. La genesi e il

significato di tale formula sono dubbi e diverse sono state le letture offerte dalla dottrina, che

la interpreta ora come un’anticipazione dell'eguaglianza sostanziale, ora come una

ripetizione del divieto di discriminazioni basate sulle condizioni personali o sociali, e

comunque sovente negandone una precisa consistenza giuridica, ma al più attribuendo alla

stessa una valenza morale.

Alcuni autori, peraltro, accordano alla pari dignità sociale il ruolo di “cerniera” tra il 1° e il 2°

comma dell’art. 3, ovvero la considerano il fondamento stesso del principio d'eguaglianza.

Sempre al 1° comma dell'art. 3 sono indicate una serie di discriminazioni tipiche vietate

dalla Costituzione, il così detto “nucleo forte” del principio d'eguaglianza, ovvero una serie

di qualità che il legislatore è tenuto a non considerare come eventuali presupposti

giustificativi per operare scelte legislative differenziate.

Si tratta di un elenco non tassativo, essendo pacificamente ritenuta possibile l'affermazione

di altri criteri di distinzione; d'altra parte, è altrettanto pacifico che non tutti i

caratteri indicati in tale catalogo comportano il medesimo grado di rigidità nel valutare le

eventuali discriminazioni.

All'art. 3 1° comma, si collegano poi numerose altre previsioni costituzionali che ne

rappresentano dei corollari: si pensi, all'art. 8, ove si afferma l'eguale libertà delle

confessioni religiose, all'art. 29, sull'uguaglianza morale e giuridica fra i coniugi, all'art. 48,

sull'eguaglianza del voto, all'art. 51, sulla parità nell'accesso ai pubblici uffici, all'art. 111,

sulla parità delle parti nel processo.

7.2) Il sindacato sull'EGUAGLIANZA e sulla RAGIONEVOLEZZA delle leggi

Il principio di eguaglianza viene utilizzato assai spesso dalla Corte costituzionale al fine di

sindacare la legittimità delle leggi. Le forme di controllo che si sono sviluppate

nella giurisprudenza sono principalmente due.

Ï La prima tende a verificare l'esistenza di disparità di trattamento presenti nelle scelte

legislative e si svolge con uno schema a carattere ternario

Ï La seconda forma di controllo è il così detto giudizio di ragionevolezza.

Svolgendo tale tipo di sindacato, la Corte costituzionale accerta

la legittimità delle disposizioni impugnate alla luce di parametri diversi, quali quello della

sua razionalità e congruità, della sua intrinseca coerenza e compatibilità con il sistema

normativo, ovvero valutando la stessa nell'ambito di un bilanciamento tra i diversi principi

costituzionali coinvolti.

Quando la Corte costituzionale svolge un controllo di ragionevolezza sulle scelte

del legislatore, il suo sindacato diviene così penetrante da risultare prossimo al confine, che

la Consulta non può tuttavia travalicare, tra sindacato di legittimità e sindacato sulla

discrezionalità legislativa, ovvero sull'esercizio del potere legislativo.

7.3) Il PRINCIPIO D'EGUAGLIANZA come EGUAGLIANZA SOSTANZIALE

Al 2° comma dell'art. 3 si accoglie invece il principio d'eguaglianza inteso in

senso sostanziale. Non si tratta di una norma di natura esclusivamente programmatica, ma

di un principio giuridico che esprime l'obiettivo dell'ordinamento statale di garantire ad ogni

individuo le condizioni materiali, culturali e sociali sufficienti a condurre una vita libera e

dignitosa e a poter esercitare i diritti che la stessa Costituzione

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
20 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher M4nue7 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi del Sannio o del prof Casamassima Vincenzo.