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DIRITTO COMMERCIALE
INTRODUZIONE
Gli articolo 41 e 42 della costituzione riconoscono la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica nel
nostro Paese per questo si dice che è un paese con un modello di sviluppo economico basato sull’economia
di mercato. Questo modello infatti presuppone:
1. Libertà dei privati di dedicarsi a produzione e distribuzione di ciò che è necessario per soddisfare i
bisogni materiali della collettività e svolgere attività di impresa
2. Libertà di competizione economica sulla logica del massimo guadagno
Queste libertà sono comunque relative in quanto strumentali alla realizzazione del benessere collettivo e
che restano nell’ambito del diritto privato fintanto che non si tocca la sfera pubblica.
Poiché il fenomeno imprenditoriale sta alla base dello sviluppo economico è necessaria una legislazione
economica non solo di diritto pubblico ma anche di diritto privato.
Il diritto privato è disciplinato dal codice civile del 1942 e da numerose leggi speciali successive che
riguardano sia i rapporti economici che l’attività di impresa. La norma stimola la dinamica degli scambi e la
propensione al credito che sono fattori essenziali per operare sul mercato.
Inoltre gli imprenditori sono soggetti ad un particolare statuto professionale in parte omogeneo e in parte
articolato in base all’oggetto e alla dimensione dell’impresa. Lo statuto è fonte di obblighi e diritti per
rendere razionale ed efficiente il funzionamento delle imprese.
Quindi cosa è il diritto commerciale?
Il diritto commerciale si occupa di tutti gli istituti giuridici presenti in Italia. L’espressione diritto
commerciale è convenzionale infatti è tutta la parte del diritto che si occupa delle imprese e può esser visto
come il diritto privato delle imprese ovvero la parte del diritto privato che ha per oggetto e regola l’attività
e gli atti dell’impresa. L’espressione diritto commerciale è puramente convenzionale e legata al passato in
quanto oggi le imprese giuridicamente commerciali non sono solo quelle dedite al commercio ma tutte le
imprese ad eccezione delle agricole (si deduce dall’art. 2195 c.c.). infatti tale denominazione è da attribuire
al fatto che in passato vi era un vero e proprio codice a parte per il diritto commerciale.
Evoluzione storica del diritto commerciale
Innanzitutto il diritto commerciale si è sempre distinto, ancora oggi, per tre caratteristiche:
1. È un diritto speciale poiché è costituito da norme diverse rispetto a quelle dei consociati fondato su
principi differenti
2. Diritto tendente all’uniformità internazionale
3. Diritto in continua evoluzione
I rapporti commerciali sono sempre esistiti ma una prima traccia di norme sul commercio si ha solo verso la
fine del medioevo con la nascita dei comuni dove i commerciali e gli artigiani per tutelarsi danno vita a
corporazioni di arti e mestieri. È in questo contesto che nasce il diritto commerciale con la nascita di un
diritto diverso da quello romano e canonico, ovvero quello comune. Quindi nasce il ceto mercantile con le
proprie leggi e i propri istituti per la risoluzione di controversie. Allora le regole si trasformano in statuti
delle corporazioni finché non diventa un vero e proprio diritto professionale dei mercanti. Iniziano a
nascere i primi contratti di assicurazione e cambio e il fallimento. Tutto ciò è un diritto speciale in quanto
basato su norme e principi diversi da quelli comuni. Inoltre inizia a diffondersi diventando un diritto
internazionale uniforme. Con le scoperte geografiche del ‘400 e ‘500 il diritto dei mercanti si espande e si
afferma sempre più la politica interventista così il diritto commerciale diventa statale e nazionale. In questo
contesto nascono le società per azioni e di riflesso le borse valori.
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DIRITTO COMMERCIALE
A seguito della rivoluzione francese nell’800 nasce lo stato liberale dove si afferma il principio di libertà di
iniziativa nel campo economico e su questo modello nascono le prime codificazioni dell’Italia unita. In
questo modo nasce il codice di commercio ma con la rivoluzione industriale diventano sempre più rilevanti
le industrie e le banche nel settore economico quindi il diritto commerciale si amplia. Quindi diventa
commerciante chiunque operi abitualmente nel campo della produzione o distribuzione. Ma la materia in
tema dei singoli atti negoziali ora è articolata in due codici differenti infatti esistono le obbligazioni civili e
quelle commerciali ma al codice di commercio sono attribuiti la maggior parte degli atti di commercio
quindi la disciplina è sbilanciata. Infine con la riforma legislativa del 1942 questa duplicazione del codice
scompare e i due si fondono in un unico codice che è il codice civile ad oggi in vigore. A questo punto
l’unificazione dei codici porta a:
1. La scomparsa degli atti di commercio e le attività commerciali si riorganizzano intorno alla figura
dell’imprenditore commerciale che sostituisce il commerciante e nascono le imprese
2. Viene introdotta una definizione unitaria di imprenditore che ricomprende ogni forma di impresa
anche agricola
3. L’unificazione del diritto delle obbligazioni e dei contratti
Questo non vuol dire che l’evoluzione del diritto commerciale si è conclusa. Anzi nel 1948 con la caduta del
regime fascista cambia il quadro politico – istituzionale e nascono nuovi diritti da tutelare. Inoltre negli anni
’90 c’è stata un’inversione di rotta da nazionalizzazione dell’economia a privatizzazione dell’economia e lo
sviluppo delle grandi imprese. Quindi il diritto delle imprese è stato più volte modificato e verrà modificato
nel tempo. ad esempio:
1. Il diritto degli atti di impresa sebbene non sia mutato radicalmente è stato arricchito infatti sono
stati introdotti i contratti di leasing, factoring e franchising
2. L’unificazione dei mercati sta portando sempre più verso un’uniformità sovranazionale del diritto
commerciale. 2
DIRITTO COMMERCIALE
CAPITOLO 1: L’IMPRENDITORE
Il sistema legislativo
Nel nostro sistema giuridico la disciplina economica ruota attorno alla figura dell’imprenditore che viene
definita in modo generale all’articolo 2082 del codice “è imprenditore chi esercita professionalmente una
attività economica organizzata al fine della produzione o scambio di beni o servizi” ma la disciplina non è
identica per tutti i tipi di imprenditore infatti i tipi di impresa e imprenditore si distinguono sulla base di tre
criteri:
1. Oggetto infatti esistono due categorie di imprenditori: l’imprenditore agricolo (art. 2135) e
imprenditore commerciale (Art. 2195). La dicitura imprenditore commerciale non è del tutto
corretta in quanto verrebbe spontaneo chiedersi se esiste una terza categoria tra le due.
2. Dimensione: piccolo imprenditore (Art. 2083) e medio – grande. Anche in questo caso la grande
impresa non ha una sua definizione vera e propria se non nelle leggi fallimentari.
3. Natura del soggetto che esercita l’impresa: individuale o impresa [società o pubblica]
In ogni caso tutti gli imprenditori sono soggetti ad uno statuto ovvero lo statuo generale dell’imprenditore
che contiene:
Parte della disciplina dell’azienda (2555 – 2562)
Segni distintivi (2563 – 2574)
Concorrenza e consorzi (artt. 2595 – 2620 e legge 287/1990)
Inoltre chiunque sia considerato imprenditore commerciale non piccolo è soggetto ad un ulteriore statuto
che è quello tipico dell’imprenditore commerciale che comporta:
- Iscrizione al registro delle imprese
- Con effetti di pubblicità legale
- Rappresentanza commerciale
- Scritture contabili
- Fallimento
Il fatto invece di essere piccolo imprenditore o agricolo comporta alcune differenze ma permane l’obbligo
all’iscrizione al registro delle imprese sebbene non possa fallire. Si può notare come il sistema del 1942 non
sia particolarmente chiaro ma ciò che è certo è che non si può essere imprenditore commerciale senza
essere comunque imprenditore.
Nozione generale di imprenditore
Abbiamo visto come l’articolo 2082 definisca l’imprenditore in senso generale in quanto è essenziale che vi
sia una chiara distinzione tra imprenditore e lavoratore autonomo. Per questa ragione vengono fissati dei
requisiti minimi. Dall’articolo 2082 ricaviamo che:
- L’impresa è attività quindi implica una serie coordinata di atti che presenta una ripetizione nel
tempo. quindi è un concetto dinamico diverso dal godimento di un bene
- Caratterizzata da uno specifico scopo (produzione o scambio di beni o servizi)
- E da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità e professionalità)
In realtà si discute sul fatto che possa essere necessario:
- La liceità dell’attività svolta
- L’intento dell’imprenditore di ricavare profitto
- La destinazione al mercato di beni o servizi prodotti.
In ogni caso l’articolo 2082 è soggetto a due interpretazioni differenti la produzione deve essere destinata
al mercato?
- Interpretazione letterale della norma: a seconda che io legga la particella “o” come e o meno
ottengo due interpretazioni diverse dello stesso articolo. Infatti se la leggo come un e allora devo
per forza scambiare ciò che sto producendo per esser considerato imprenditore altrimenti posso
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DIRITTO COMMERCIALE
produrre e non scambiare o scambiare e non produrre ma continuare ad esser imprenditore.
Prevalentemente si ritiene valida la particella disgiuntiva quindi la sola distribuzione basta a
considerare un soggetto imprenditore
- Altra interpretazione: per esser imprenditore bisogna avere certe caratteristiche quindi in questo
caso si fa un ragionamento al contrario in cui nel momento in cui esiste professionalità e
organizzazione ci si considera imprenditori. Inoltre se l’attività è complessa non c’è dubbio sul
concetto di imprenditore. Quindi in questa seconda interpretazione il discorso del mercato non
viene neppure considerato ma conta il tipo di struttura che si crea.
Chi svolge un’attività illecita è considerato imprenditore?
Innanzitutto bisogna distinguere ciò che è illecito da ciò che è illegale:
1. Illegale: è un’attività illegale una qualunque attività nella quale sono necessarie autorizzazioni che
non sono state concesse.
2. Illecita: è una qualunque attività contraria alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. La
conseguenza di un nego