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Cap.7 IL MEDIANO E LA TRIGLOSSIA
L’emergenza del mediano
Ferguson avventava una previsione generale sul destino della situazione linguistica nel
mondo arabo: i vari dialetti si sarebbero progressivamente visti elevare a rango di
neolingue indipendenti ed ufficiali, sostituendo quindi la fusha e relegandola al ruolo di
lingua classica, disattivata ed obsoleta.
A molti è sfuggito che durante il periodo coloniale, accanto a lahja per la vita quotidiana
e fusha per l’identità e la tradizione, esisteva la terza alternativa della lingua europea
dell’occupante.
Con le indipendenze alla fusha sono stati riattribuiti una serie di ruoli, che prima erano
monopolio della lingua europea.
Durante il periodo coloniale la lingua europea rappresentava un livello di lingua medio
fra livello alto e livello basso, poi dopo le indipendenze era inevitabile che prendesse
forma un livello medio arabo, venuto in un certo senso ad elevare B e a dare maggior
disinvoltura ad A.
Nuova situazione di triglossia: la varietà di mezzo riceve in lingue europee il nome di
ىطسولا ةيبرعلا.
arabo mediano, cioè
L’arabo mediano non è una varietà chiaramente definibile di arabo, in quanto esso
rappresenta un atto linguistico individuale, momentaneo e condizionato da un
ventaglio di fattori, fra i quali la padronanza della fusha da parte del parlante.
Il mediano è costituito da una trama sintattica dialettale (caratterizzata dall’assenza
delle vocali brevi) in cui la fusha interviene marcatamente a livello di lessico e di
particelle (coordinanti, subordinanti).
Caratteristiche :
Assenza vocali brevi e tanwin
- = ىى ىىىى
Es un mio amico
- Espressione del complemento indiretto tramite preposizione li- non agglutinata
- alla forma verbale es ىى ىىى ىىىىى
Uso del hal invece del consecutivo
- ن أ
Ricorso al subordinante spesso facoltativo nei dialetti con verbi dichiarativi
- ّ ل ام
Negazione dell’imperfetto con invece che con
- Mancato ricorso al preverbio del presente
- Uso di un tema dimostrativo più classico
- ذ
Tentativo di restauro di da parte di un palestinese con risultato z
-
La formazione del mediano ha introdotto anche nel mondo arabo il fenomeno degli
allotropi lessicali: sono allotropi due vocaboli che condividono la stessa etimologia, ma
hanno avuto esiti fonetici differenti per via di trasmissione diversa, diretta la prima,
mediata dal linguaggio la seconda.
Il mediano si configura quindi per ora non come un neodialetto, ma come un livello di
lingua, varietà diafasica cui i parlanti ricorrono in situazioni di tensione.
Il tendere verso il modello fusha, condiviso dall’insieme dei mediani, fa sì che la
comprensione reciproca fra arabi dialettalmente differenziati, si riveli più agevole
quando ognuno elegga a tale scopo la propria varietà mediana.
Cap.8 LA TRANSGLOSSIA
Si ha transglossia laddove una comunità:
Condivida due lingue una delle quali è storicamente estranea al retaggio
- culturale della comunità in questione e vi è presente come eredità di un passato
coloniale
Intrecci l’uso delle due lingue a prescindere dalla situazione in cui si trovino i
- parlanti
Nel corso dell’ultimo secolo almeno la dinamica linguistica dell’arabo ha visto interferire
in misura marcata la pressione di due lingue occidentali in particolare: inglese e
francese.
In transglossia i parlanti commutano continuamente dall’una all’altra in maniera
apparentemente anarchica, senza specializzazione di ruoli o ambiti e senza che si riveli
possibile identificare contesti particolari per l’uso dell’una e dell’altra.
La transglossia può essere:
Interfrastica, i parlanti alternano enunciati in L e L1
- Intrafrastica, l’alternanza si realizza all’interno del singolo enunciato
- Traduttiva, il parlante ripete in L1 quello che ha appena detto in L o viceversa
-
In termini psicolinguistici la transglossia rappresenta un atto di duplice lealtà linguistica.
Cap.9 L’ARABO PARLATO ATTRAVERSO IL TEMPO
La lingua araba si sdoppia sin dai suoi esordi in due filoni ben distinti: parlato e scritto.
L’arabo classico, quindi la lingua scritta, può essere periodizzato nel modo seguente:
Arabo preislamico
- Arabo coranico
- Arabo medievale
- Arabo standard moderno
-
Tale periodizzazione dell’arabo classico è in realtà sostanzialmente inadeguata,
soprattutto se la si equipari a quella di altre lingue, occidentali e non.
L’arabo classico del Medioevo può venir detto arabo medievale, per motivi cronologici,
in realtà è una lingua che fondamentalmente riproduce l’ideale linguistico della fusha
coranica.
Cap.10 IL MEDIOARABO
Il medioarabo è quella forma di arabo scritto che vorrebbe essere in fusha ma che
presenta forti intrusioni di arabo parlato, cioè di dialetto.
La maggioranza degli arabografi è fatta di arabofoni di madrelingua, i quali non sono
mai di reale lingua materna fusha ma di lingua materna lahja.
Cap.11 LA GENESI DELLA FUSHA
Contraddizione:
non è concepibile che tutti i poeti della Jahiliyya siano ricorsi per le proprie
1.
composizioni artistiche ad un unico dialetto
è inverosimile ritenere che sull’intero territorio della Penisola araba fosse
2.
in uso una lingua monoliticamente unitaria
Unica via d’uscita è postulare che i poeti ricorressero non già alla propria parlata, nè ad
un dialetto appositamente eletto tra i tanti, ma ad un’apposita forma linguistica
sovradialettale letteraria.
Tutto ciò rende quindi lecito sospettare che già ai tempi del Corano fosse in nuce
l’odierna situazione linguistica di diglossia e che i dialetti arabi preislamici fossero
numerosi già allora.
Il cosiddetto arabo classico non sembra mai essere stato una lingua spontaneamente
parlata.
Tratti arcaizzanti della fusha come retaggi poetici : Dei vari tratti arcaizzanti presenti
بارعإ
nella fusha, quello più sconcertante è senz’altro rappresentato dallo ovvero la
declinazione nominale a tre morfemi casuali -u -a -i.
Tale declinazione è perfettamente semitica.
Il problema sta nel fatto che il tramandarsi dell’i3rab nell’evoluzione storica delle lingue
semitiche non è lineare, esso si è perso ed è poi ricomparso.
Queste considerazioni hanno portato il linguista egiziano Ibrahim Anis 1977 a sostenere
che l’origine delle vocali finali fosse puramente fonetica, e che i grammatici in seguito
riflettendo per analogia e cercando regole generali avessero propriamente inventato la
declinazione fusha riproducendo quindi casualmente il sistema anticosemitico.
Questa congettura implicherebbe però per coerenza che anche le alternanze -un/-in per
il plur.masch., -an/-ayn per il duale, ecc fossero risultate a loro volta da riplasmazione
analogica e cioè -un ricreato a partire da -in, -an a partire da -ayn, la qual cosa appare
in definitiva molto tirata per i capelli. Occorre ipotizzare che:
Una varietà arcaizzante di semitico orientale abbia conservato saldamente la
1)
declinazione durante il I millennio a.C
Essa si sia spostata in Arabia
2) Abbia servito da modello grammaticale della fusha
3)
L’unica pista possibile atta a suffragare tali ipotesi è quella delle migrazioni del I
millennio a.C che portarono genti mesopotamiche a stabilirsi nello Yemen ed impiantarvi
la civiltà sudarabica.
La fusha sarebbe così un modello linguistico di origine sudarabica.
La fusha in Arabia deve quindi con ogni verosimiglianza venir considerata sin dai suoi
inizi un registro di lingua unicamente poetico.
La fusha pertanto va concepita come il più antico e glorioso cimelio degli arabi
preislamici, cui essi erano legati da un rapporto sentimentale molto potente e che la
successiva sacralizzazione come lingua di Dio non ha fatto ovviamente che rafforzare e
giustificare ideologicamente.
A favore della fusha parlata: i grammatici medievali
Il Medioevo islamico ha visto fiorire una tradizione di studi grammaticali altamente
approfonditi e rigorosi, il cui iniziatore, il persiano Sibawayhi VIII sec. è unanimemente
considerato il maggiore.
Scopo primario dei grammatici arabi medievali era quello di scoprire, descrivere e
َ
ةحاص ف
raccomandare la autentica purezza della lingua araba.
َ
Eseguivano apposite indagini presso informatori beduini di passaggio nelle loro città di
residenza volte a raccogliere dalla loro viva voce la lingua autentica, da essi chiamata
برعلا ملك
.
È perfettamente plausibile che alcuni gruppi nomadi per via dell’isolamento sociale e
geografico derivante dalla vita beduina nel deserto, avessero conservato più a lungo
tratti linguistici arcaizzanti scomparsi più precocemente dal linguaggio dei sedentari.
Altrettanto poco convincente è l’ipotesi del falso storico e del complotto ideologico da
parte di tutti i grammatici.
Occorre quindi cercare di interpretare diversamente il pensiero di questi linguisti
medievali.
Se i grammatici andavano in ceca di fusha, essi non si affidavano al primo beduino
incontrato ma soltanto a quelli esperti in materia.
Cap.12 L’ORIGINE DEI DIALETTI NEOARABI. TEORIE
Coinè protodialettale accanto a una fusha parlata
Nel corso del ‘900, alcuni arabisti vollero applicare alla storia dei dialetti arabi la teoria di
tipo genealogico suggerita dalle lingue romanze.
Ferguson postulò l’esistenza di una coinè protodialettale risultata dalla fusione delle
differenti coinè militari, ovvero un nuovo tipo di arabo formatosi spontaneamente
accanto alla fusha quale lingua colloquiale comune del nuovo impero araboislamico. La
fusha del Corano e della Jahiliyya sarebbe stata la forma letteraria di una lingua parlata
e poco differente.
Ferguson isolò 14 tratti comuni, condividi da tutti i dialetti ed ignorati dal classico:
Scomparsa del duale nel pronome, nel verbo e nell’aggettivo
1. Presenza di T enfatica nel numerali cardinali da 11 a 19
2. ىلعف لعفأ
Scomparsa dell’elativo femminile sostituito da
3. Riduzione del suffisso nisba
4. Generalizzazione del verbo jab yijib (portare) dall’univerbazione del
5.
sintagma ja’a bi-
Le ricerche dialettologiche effettuate dopo il 1959 hanno permesso di apportare alcune
modifiche a questo quadro pandialettale.
L’unico tratto comune a tutti i dialetti, in definitiva, finisce per essere un tratto fonetico,
ossia l’assenza del vocalismo breve finale.
Da una fusha parlata ad una pidginizzazione
L’arabista olandese Versteegh 1984 propose una nuova interpretazi