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Sulle presunte e attese obbligazioni connesse alla closure si costruiscono

scambi di reciprocità, che presuppongono il riconoscimento dell’identità altrui

quale riflesso di aspetti del sé e ponte per fortificare le opportunità sociali,

culturali ed economiche alla base della socialità. Il vincolo fiduciario si pone

alla base dell’ethos condiviso e proiettato sul comportamento individuale.

La closure in ogni caso ha subito una mutazione genetica dal suo

inquadramento come consummatory nel pre-moderno alla sua nuova natura

strumentale nel moderno.

E’probabilmente l’indebolimento della consummatory alla base delle reti

sociali, o ancora l’affievolimento del valore semantico del macrosociale a

determinare la multidimensionalità della crisi moderna, tanto da indurre alcuni

studiosi, tra cui Coleman, ad individuare agenzie alternative in sostituzione a

quelle primordiali ormai scollate (famiglia, scuola, religione).

Il collasso dei principi primordiali

Nella società contemporanea questi meccanismi di costruzione del capitale

sociale hanno vacillato, mettendone in crisi il significato.

Con il processo di modernizzazione, il cambiamento sociale, strutturale e

organizzativo ha determinato l’alterazione fisiologica dei principi di solidarietà

che si riflettono sul tipo di relazioni sociali, non più costruite su basi

eticamente fiduciarie, ma improntate su principi di utilitarismo e di

individuazione. Portes racconta il passaggio alla funzione strumentale del

capitale sociale.

Si indeboliscono criteri condivisi alla base dei processi di socializzazione e

vacilla l’obiettivo dell’integrazione socio-culturale, per una politica liberista

improntata prevalentemente sul grado di responsabilità del singolo e sulla

sua capacità di interiorizzare e metabolizzare la morale e la cultura da

tramandare anche alle future generazioni. In questa configurazione, è difficile

condividere socialmente regole e sanzioni comportamentali che si basino su

principi societari. Il soggetto non sente e non agisce più secondo precetti

morali, del bene pubblico e collettivo, quali non sono interiorizzati e spesso

sono sganciati dal contesto storico e sociale contemporaneo. Il concetto di

bene pubblico perde progressivamente di rilevanza a vantaggio di quello

privato, personale e quindi strumentale. La percezione dell’immobilismo e

della disintegrazione sociale diffondono la consapevolezza del grado di

importanza individuale e di altrettanto immobilismo nel riformismo culturale,

che destabilizzano e svuotano di significato il processo di individualizzazione

della prima modernità.

Genesi dell’implosione

Probabilmente l’individuo non si percepisce parte integrante di una collettività

politica, economica da cui non si sente tutelato e per la quale non è disposto

a investire. Questo può essere un primo indicatore di indebolimento della

closure. Parte della responsabilità di questo distacco è imputabile ai

meccanismi e alle organizzazioni di mediazione culturale e sociale (es. i

partiti), che contrattano la questione pubblica in un’ottica utilitaristica

personale o corporativa, perdendo di vista la mission democratica di cui

dovrebbero essere investiti.

Una qualsiasi comunità o entità collettiva che chiede fiducia e rispetto deve

meritare tale richiesta e garantire altrettanto secondo un principio di reciproca

responsabilità. La closure dunque può essere ripristinata dal basso ad opera

di un gruppo di persone per la proliferazione di un senso morale collettivo,

civile, democratico, non necessariamente frutto di corporazioni politiche ed

economiche. Un altro fattore destabilizzante della closure è il sempre più

diffuso processo di livellamento verso il basso di cui parla Portes nel saggio,

che è diventato una strategia di controllo corporazionale all’interno delle

istituzioni per il mantenimento di un apparente equilibrio sociale. In questa

ottica, il talento, la produttività, l’impegno e l’intelligenza, concretizzata in un

progetto di successo, sono spesso sottaciuti, ridimensionati e svalutati

soprattutto quando rischiano di rivelare con troppa evidenza lo stacco

produttivo dell’eccellenza del singolo rispetto al livello medio diffuso di

produzione economica o culturale.

In questo quadro lo sfondo è sempre dominato da una cultura individualista,

utilitarista e poco proiettata al cambiamento e soprattutto all’innovazione

sociale. Tale condizione denuncia crisi e insufficienza di capitale sociale.

I legami della socializzazione

I soggetti non sempre interiorizzano un senso di appartenenza culturale al

sistema sociale, per il quale assumere comportamenti rigorosi di

valorizzazione e di rispetto coscienzioso. Lo stesso “individualismo” alla base

di questo comportamento non sempre si traduce in intraprendenza, maturità

valoriale e cognitiva.

Si tratta di un individualismo mascherato in cui l’io è costruito all’interno di

confini sociali taciti di accettabilità e riconoscimento sociale, prevalentemente

mediocri, che non prevedono leadership, carisma e competenza

specializzata. L’individualismo rischia di diventare un’etichetta dietro cui

nascondere processi di omologazione culturale. Il soggetto non è interessato

ad eccellere, a diversificarsi, ma a conformarsi culturalmente alla massa nella

finta veste individualista. Questa assimilazione verso il basso altro non è che

il rifiuto culturale del sacrificio, dell’obbligazione, del rispetto, della fatica,

dell’impegno e della responsabilità che rappresentano i meccanismi alla base

della closure. Il soggetto consapevolmente rifiuta tutto ciò che trasforma la

socializzazione in un percorso ad ostacoli. Ciò induce a una demotivazione di

fondo per tutte le questioni sociali e culturali che portano a una

disaffermazione del soggetto per la cosa pubblica e a una disintegrazione

sociale. La mancanza di fiducia si manifesta anche nei rapporti

intergenerazionali alla base della socializzazione, quando non sempre si

lavora adeguatamente sulla edificazione di un ponte comunicativo

trasparente tra giovani-adulti.

Intervengono altre variabili non controllabili sulla costruzione dell’io, tra cui i

molteplici input provenienti dai pari anche attraverso la mediazione delle

tecnologie comunicative. La mancata applicazione delle sanzioni, la diffusa

accettazione e mancata denuncia di comportamenti poco etici, di fatto

inducono a un abbassamento della soglia sociale della closure fino ad essere

interiorizzata nelle azioni individuali e trasmessa nei processi di

socializzazione.

Capitale sociale: le sue origini e applicazioni nella sociologia

moderna

Di Alejandro Portes

Definizioni

La prima analisi sistematica contemporanea del capitale sociale è stata

prodotta da Boudieau  lo definì come “l’insieme di risorse basate sulla

reciproca conoscenza e sul reciproco riconoscimento”. A causa della lingua

francese, l’articolo non ha suscitato grande attenzione nel mondo anglofono.

La sua riflessione sul concetto è strumentale, si focalizza sui benefici che

maturano a favore degli individui in forza della loro partecipazione ai gruppi e

della deliberata costruzione di socialità al fine di creare questa risorsa. Il

capitale può essere scomposto in due elementi: il primo è la relazione sociale

in sé, che legittima gli individui ad avanzare pretese di accesso alle risorse

possedute dagli altri associati; il secondo elemento è la quantità e la qualità

delle risorse. Attraverso il capitale sociale gli attori possono acquisire un

accesso diretto alle risorse economiche; essi possono aumentare il loro

capitale culturale attraverso contatti con esperti o specialisti; o

alternativamente, possono affiliarsi a istituzioni che conferiscono competenze

di valore.

Loury  le teorie sull’economia ortodossa erano troppo individualiste in quanto

focalizzate esclusivamente sul capitale umano individuale e sulla creazione di

un campo paritario di competizione basato su tali abilità. Da soli, i divieti

sanciti dalla legge contro i gusti razziali dei datori di lavoro e

l’implementazione di programmi volti a favorire eguali opportunità non

ridurrebbero le diseguaglianze razziali. Quest’ultime potrebbero ripresentarsi

sempre per due ragioni: la povertà ereditaria dei genitori di colore, trasmessa

ai figli sotto forma di risorse materiali limitare e ridotte a opportunità di

istruzione; il secondo luogo i giovani lavoratori di colore hanno meno

collegamenti col mercato del lavoro e non posseggono sufficienti informazioni

sulle opportunità disponibili.

Loury non si è spinto verso uno sviluppo più dettagliato del concetto di

capitale sociale ma ha colto l’accesso differenziale alle opportunità attraverso

connessioni sociali per giovani appartenenti a minoranze o non.

Il lavoro di Loury ha aperto la strada a una più rifinita analisi dello stesso

processo elaborata da Coleman.

Coleman  ha definito il capitale sociale in base alla sua funzione come “una

varietà di entità con due elementi in comune: presentano tutte alcuni aspetti

delle strutture sociali e facilitano l’azione di alcuni attori all’interno della

struttura”. Questa definizione piuttosto vaga ha aperto la strada

all’incorporazione di un numero notevole di differenti e anche contraddittori

processi all’interno della nozione di capitale sociale; Coleman stesso

contribuì a tale proliferazione.

Le risorse ottenute attraverso il capitale sociale hanno, dal punto di vista del

ricevente, il carattere di un dono. Perciò è importante distinguere le risorse

stesse dall’abilità di ottenerle in virtù dell’appartenenza a differenti strutture

sociali, una distinzione esplicita in Bourdieu ma oscura in Coleman.

E’ ugualmente importante la distinzione tra le motivazioni dei beneficiari e

quelle dei donatori negli scambi mediati dal capitale sociale. Il desiderio dei

beneficiari di guadagnare l’accesso a vantaggi di valore è facilmente

comprensibile. Più complesse sono le motivazioni dei donatori, ai quali è

richiesto di rendere i vantaggi disponibili senza nessun ritorno immediato.

Un trattamento sistematico del concetto deve distinguere tra:

I possessori di capitale sociale (quelli che presentano le richieste);

• Le fonti del capitale sociale (quelli che accolgono queste richieste):

• Le risorse stesse

Beker  ha definito il concetto come “una risorsa che gli attori reperiscono da

specifiche strutture sociali e che poi usano per perseguire i loro interessi; tale

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Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher clau_miu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Cortoni Ida.
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