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AD AGGREGARE I MEMBRI DEL GRUPPO È:
Freud: la libido Bion: la valenza, ovvero la capacità
individuale di combinarsi con altri individui
La finalità della valenza è la costituzione di un gruppo di base, che condivide un assunto di
base: la partecipazione a un gruppo di base è istantanea, istintiva e inevitabile.
L’individuo è disposto a combinarsi con altri e agire secondo gli assunti di base.
Al contrario, la partecipazione a un gruppo di lavoro non è dovuta alla forza della valenza,
ma è volontaria e razionale e richiede collaborazione fra i membri.
Tutti gli individui hanno una valenza, che sia alta o bassa; essa non richiede alcun processo
mentale per funzionare, perché funziona a un livello primitivo detto “protomentale”.
Al livello protomentale starebbero sospesi gli assunti di base che non influenzano la vita
mentale del gruppo. In questo livello le attività psichiche e fisiche sono indifferenziate e le
emozioni sono indistinte.
Il protomentale è una zona transindividuale, che non distinguere il senso di sé dal senso
dell’altro: questa caratteristica permette la trasmissione delle emozioni da un partecipante
del gruppo all’altro. 25
Per questo i fenomeni protomentali sono una funzione del gruppo e il livello stesso è una
dimensione gruppale interna all’individuo. Gli assunti stessi sono fenomeni primitivi a
questo livello, e l’individuo coinvolto in dinamiche di gruppo può regredire fino a questo
livello, recuperando i meccanismi mentali dei primi momenti di vita.
La regressione si sperimenta per l’incapacità dell’individuo di far fronte ai difficili compiti
che il gruppo gli richiede; essa comporta il timore per la perdita della propria individualità.
Questo timore di depersonalizzazione favorisce l’emergere di stati emotivi primitivi nel
gruppo. Questa è la condizione in cui si attivano processi mentali volti a strutturare gli
assunti di basi nel gruppo.
Bion, d’accordo con Freud, dichiara che la psicologia dell’individuo non si può differenziare
da quella del gruppo, in quanto l’individuo fa sempre parte di un gruppo – “animale da
gruppo” lo chiama, per dire che la vita individuale è completa solo all’interno di un gruppo.
L’individuo nel gruppo attiva quella parte della sua psiche riferita allo sviluppo della
società; non solo, Bion ipotizza la presenza di una matrice di pensiero interna al gruppo che
sostiene il bisogno individuale di vitalità e sicurezza. (gruppo è sostentamento per singolo)
Bion e Freud hanno però visioni diverse sulla leadership del gruppo:
FREUD BION
- Il capo è il sostituto del padre, a cui i Il capo è un individuo che risponde alle
membri si identificano, in quanto richieste della leadership, ovvero in grado
costituisce un Io ideale per loro. di annullare la propria individualità per
- Il leader crea il gruppo. assumere il ruolo di guida e di combinarsi
con ogni altro membro del gruppo.
Il capo è in grado di soddisfare i bisogni del
gruppo di base, indipendentemente dal
suo ruolo nel gruppo di lavoro.
Bisogna attuare una distinzione tra:
- Il capo del gruppo di lavoro: la sua autorità è radicata nel rapporto con la realtà
- Il capo del gruppo di base: l’autorità dipende dalla capacità di fare da catalizzatore degli
stati emotivi del gruppo.
Bion identifica i gruppi di lavoro specializzato; gruppi altamente organizzati, dove ogni
membro è legato agli altri membri e al capo da una struttura libidica.
Lo scopo di questi gruppi è manipolare, controllare e contrastare l’assunto di base per
impedirgli di ostacolare la realizzazione dei propri obiettivi.
- La Chiesa contrasta l’assunto di dipendenza
- L’Esercito l’assunto di attacco-fuga
- L’Aristocrazia l’assunto di accoppiamento
Ogni gruppo di lavoro specializzato deve ostacolare i fenomeni dell’assunto di base da cui è
alimentato; se questi fenomeni prendessero il sopravvento il gruppo fallirebbe, perché
impedirebbero l’attività del gruppo di lavoro. Per fare ciò, il gruppo adegua alla realtà tutti
i concetti e sentimenti derivanti dall’assunto di base, elaborando comportamenti idonei. 26
Ma non si può tradurre direttamente l’assunto di base: il gruppo traduce la potenziale
azione derivante dagli assunti di base in azioni mentali consone alla realtà.
Nei gruppi terapeutici tendono a formarsi sottogruppi di lavoro specializzato che mediano
tra analista (capo) e i membri del gruppo. Il sottogruppo di accoppiamento è l’unico che
instaura legami libidici tra capo e membri, e funge da interprete tra i due.
Bion introduce la figura del mistico.
Il gruppo ha bisogno di preservare coerenza e identità, ma ha anche bisogno di individui
eccezionali e di prendere dei provvedimenti a loro riguardo.
Il mistico è un individuo o un’idea che produce nuove visioni nel gruppo, che ne infrangono
le categorie. Il mistico è portatore di innovazione potenzialmente distruttiva per il gruppo.
Gruppo e mistico sono in un rapporto di interdipendenza: il mistico può operare solo
all’interno di un gruppo e il gruppo per evolvere ha bisogno del mistico. 3 tipi di legame:
- Conviviale: mistico e gruppo coesistono pacificamente
- Simbiotico: mistico e gruppo sono in contrasto, stimolante per la reciproca crescita
- Parassitario: m e gruppo interagiscono negativamente, fino alla reciproca distruzione
Secondo periodo – analisi degli schizofrenici
Bion in questa fase si ispira sia al modello kleiniano che quello freudiano. Nel suo studio
delle psicosi, Bion le considera come disturbi del pensiero.
In effetti Freud vedeva la nevrosi come un deficit di principio di realtà, lo stesso principio
che permette l’affermarsi del pensiero. A differenza di Freud, Bion però non pensa che
nella psicosi vi sia un ritiro dalla realtà, ma che questa sia oscurata da una fantasia
distruttiva della realtà stessa. Il ritiro vero e proprio è sostituito da una fantasia di ritiro,
che l’individuo sente come reale, per la sua onnipotenza, comportandosi di conseguenza.
Se l’Io come dice Bion non si ritira dalla realtà, e quindi mantiene un rapporto con essa,
vuol dire che nella psicosi vi sono fenomeni nevrotici. Una personalità psicotica
convivrebbe con una personalità non psicotica.
La psicosi origina da meccanismi attivati sia dalla personalità del soggetto che
dall’ambiente esterno. Tra i tratti della personalità psicotica vediamo:
- Una prevalenza di impulsi distruttivi
- L’odio per la realtà interna e esterna
- Intensa angoscia di annientamento
- Relazioni oggettuali fragili, caratterizzate da una forte dipendenza dall’oggetto.
Nell’analisi il paziente psicotico sfrutta l’identificazione proiettiva, proiettando sull’analista
i frammenti della propria personalità. Le sue attività mentali sono separate dagli impulsi,
che non trovano più espressione. Per liberarsi dallo stato di confusione dovuto all’identif.
proiettiva, il paziente cerca di sfuggire al rapporto con l’analista. 27
Gli aspetti della personalità psicotica sono dovuti all’uso dell’identificazione proiettiva, che
impedisce il passaggio alla posizione depressiva (Bion riprende la Klein.) la personalità
psicotica vi ricorre per distruggere l’apparato cosciente, motivata dall’odio per la realtà.
La frammentazione della coscienza porta a espellere tali frammenti all’esterno; essi
divengono presenze minacciose per il paziente, che si sente imprigionato in un mondo di
oggetti bizzarri che lo circondano.
Bion parla di particelle composte dai frammenti di personalità e da oggetti reali. Questi
ultimi sono imprigionati nel frammento e sentiti come pieni di odio e in cerca di controllare
quel frammento di personalità. La particella è sentita come oggetto concreto, poi usata
come prototipo ideativo delle parole. Per la relazione che vi è fra oggetto e frammento, il
paziente tratta le parole come se fossero gli oggetti che simboleggiano.
Significa che il paziente non è capace di simbolizzazioni, e si trova in un mondo di oggetti;
questa condizione gli impedisce di sognare – può solo avere allucinazioni.
Lo psicotico è anche incapace di introiezione, quindi non può reintegrare le parti di sé che
ha espulso. La capacità di integrazione è stata anch’essa espulsa dall’identif. proiettiva. Per
recuperare quei frammenti allora compie un processo di identificazione proiettiva inversa,
che gli permette di raggrupparli in agglomerati, non di integrarli perché non può.
Se l’introiezione avvenisse, sarebbe percepita come attacco violento da parte dell’oggetto.
Lo psicotico è incapace anche di rimozione: gli oggetti non sono mai rimossi, ma solo
spostati dentro o fuori con l’identificazione proiettiva. Il soggetto vive in un mondo di
oggetti proiettati.
IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA
Normale: mette ordine nel mondo del Patologica: generatrice di confusione nel
neonato, fino al momento in cui la sua mondo interno dell’individuo, impedisce
psiche non sarà capace di integrare le l’organizzazione del pensiero, rompendo i
esperienze di oggetto buono e cattivo. legami tra le esperienze del soggetto.
il linguaggio dello psicotico ha tre diversi usi: 1) modo di agire, 2) forma di comunicazione,
3) metodo per pensare.
Egli usa non la riflessione ma l’azione; e l’azione è la scissione sugli oggetti interni per
realizzare un controllo mediante l’i.p. le parole sono utilizzate come se fossero oggetti, o
frammenti di sé, per metterle all’interno dell’analista. Questo uso del linguaggio è tipico di
un pensiero incapace di formare simboli. La simbolizzazione non è permessa dalla scissione
e dall’identificazione proiettiva. Perché essa possa avvenire, è necessario aver
abbandonato la posizione schizoparanoide per quella depressiva, in modo da poter
assimilare oggetti totali e integrare le parti di sé scisse.
L’integrazione assume un ruolo cruciale nello sviluppo: segna il passaggio di posizioni e
permette la simbolizzazione e l’affermarsi del pensiero verbale. Con lo sviluppo delle 28
capacità simboliche, il paziente acquisisce consapevolezza del proprio mondo interno e
della propria condizione, e impara a distinguere fantasie, allucinazioni e deliri.
Con il passaggio alla posizione depressiva il paziente si trova davanti all’angoscia
depressiva e non riesce a tollerarla; si rende conto che il nuovo eloquio, espressione di un
nuovo tipo di pensiero, porta c