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•ONNIPOTENZA SEMANTICA
Con la lingua si può esprimere un qualsiasi contenuto anche proveniente da un
altro codice, ma non è possibile viceversa.
•PLURIFUNZIONALITÀ
Con la lingua si può adempiere a molte funzioni che possono essere sintetizzate
nello schema di Jakobson.
Nella comunicazione intervengono anche contemporaneamente 6 fattori:
-f. emotiva, che esprime le sensazioni del parlante;
-f. referenziale, che si riferisce alla realtà esterna;
-f. conativa; volta a far agire il ricevente;
-f. fàtica; volta a sottolineare il canale di comunicazione tra emittente e ricevente;
-f. poetica: sfrutta le caratteristiche di significante e significato →
-f. metalinguistica: la lingua quando parla di sé stessa diventa metalingua
RIFLESSIVITÀ
•PRODUTTIVITÀ
Con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi. E’ resa possibile dalla
doppia articolazione.
•RICORSIVITÀ
Il procedimento col quale si creano nuove espressioni è applicabile all’infinito. La
finitezza del processo risiede nella capacità del parlante.
•DISTANZIAMENTO e LIBERTÀ DA STIMOLI
Con la lingua si possono formare messaggi relativi a cose o tempi lontani dal
momento in cui si svolge l’azione
•TRASMISSIBILITÀ CULTURALE
Ogni lingua viene trasmessa per tradizione e viene appresa spontaneamente
all’interno di una società; è una proprietà che non ha niente a che vedere col
patrimonio genetico (che trasmette invece la facoltà del linguaggio).
L’uomo anche se può apprendere più lingue parla quella che è propria
dell’ambiente in cui è cresciuto che non deve essere necessariamente quella dei
genitori biologici. La capacità con la quale l’uomo impara una lingua ha in sé una
componente genetica e una culturale-ambientale. Questa combinazione
presuppone che ci sia un altro periodo oltre a quello della prima infanzia
particolarmente importante per l’apprendimento linguistico, la prepubertà
linguistica (11-12 anni).
•COMPLESSITÀ SINTATTICA
I messaggi linguistici hanno un alto grado di elaborazione strutturale e la
disposizione dei segni non è mai indifferente.
•EQUIVOCITÀ
La lingua è un codice equivoco perché per vari motivi a un significante possono
corrispondere più significanti: omonimia, polisemia e sinonimia.
L’equivocità rappresenta un vantaggio per il codice lingua che consente al
sistema linguistico una certa flessibilità a ogni contesto.
La lingua umana è una caratteristica propria dell’essere umano e l’uomo sarebbe
l’unico ad avere le caratteristiche necessarie:
-una efficace memorizzazione dei fonemi;
-una corretta articolazione fonica.
Per esaminare la lingua si possono utilizzare analisi e criteri diversi:
-se intendiamo la lingua lungo lo sviluppo temporale usiamo un criterio
diacronico (diacronia), se si guarda invece la lingua in un certo momento
temporale usiamo un criterio sincronico (sincronia);
-si parla di LANGUE quando ci si riferisce al sistema astratto della lingua, di
PAROLE quando si indica l’uso corretto della lingua. Distinzione data da da
Saussure. Altri linguisti (Coseriu) individuano la categoria intermedia della
NORMA: filtra le possibilità grammaticali che teoricamente sarebbero possibili ma
nella realtà e concretamente no;
-quando si forma una frase si deve tener conto di due assi, quello paradigmatico
(scegliere dal paradigma di un dato elemento quella forma corretta) e quello
sintagmatico (scegliere tra tutte le forme quella che meglio combacia con gli altri
elementi presenti nella frase).
FONETICA e FONOLOGIA
La fonetica studia la componente fisica della comunicazione verbale. Si suddivide
in articolatoria (come i suoni vengono articolati), acustica (come i suoni vengono
trasmessi) e uditiva (come vengono percepiti).
Normalmente i suoni vengono prodotti tramite l’espirazione e quindi vengono
chiamati foni EGRESSIVI. Tramite l’inspirazione si hanno i suoni INGRESSIVI.
Molto rari sono i foni AVULSIVI che avvengono senza la partecipazione dei
polmoni.
I foni egressivi vengono prodotti a partire dalla laringe, dove l’aria incontra le
pliche vocali che durante la fonazione possono contrarsi o tendersi. Da qui il
flusso d’aria arriva alla faringe e poi può giungere o alla cavità orale o nasale in
base all’innalzamento del velo palatino. Nella cavità orale la lingua, il palato, gli
alveoli, i denti e le labbra contribuiscono all’articolazione del suono.
I suoni quindi vengono prodotti frapponendo un ostacolo al passaggio dell’aria.
Questi vengono chiamati CONSONANTI. Quelli che vengono prodotti senza
ostacoli sono le VOCALI.
Per descrivere i suoni vengono utilizzati 3 criteri:
-MODO DI ARTICOLAZIONE:
OCCLUSIVO APPROSSIMANTE NASALE
FRICATIVO LATERALE
AFFRICATO VIBRANTE
-LUOGO DI ARTICOLAZIONE:
(BI)LABIALE PALATALE GLOTTIDALE
LABIODENTALE VELARE
DENTALE UVULARE
ALVEOLARE FARINGALE
-SONORO/SORDO: vibrazione o meno delle corde vocali. Le consonanti possono
essere o sorde o sonore, le vocali sono tutte sonori.
Le vocali invece si classificano per:
-POSIZIONE della lingua:
ANTERIORE
CENTRALE
POSTERIORE
-SPOSTAMENTO della lingua verso l’alto:
ALTE
MEDIE
BASSE
-POSIZIONE delle labbra:
ARROTONDATE
NON ARROTONDATE.
C’è un’altra classe di suoni intermedia tra vocali e consonanti, le SEMIVOCALI,
suoni approssimanti molto vicini alle vocali. Esiste anche una differenza molto
sottile tra queste e le SEMICONSONANTI.
Ogni singolo suono viene reso con un simbolo grafico formatosi per convenzione:
le grafie alfabetiche. Tuttavia queste non sono univoche per vari motivi: allo
stesso suono possono corrispondere grafemi diversi (la C rende il suono di Cane e
Cena); un singolo suono può essere reso con più grafemi (SCI); a un grafema non
può capitare nessun suono (la H in italiano).
Per questi motivi si è deciso nel tempo di stilare uno strumento di
rappresentazione grafica dei suoni del linguaggio valido per tutte le lingue. Il più
diffuso e l’ I.P.A. (International Phonetic Association)
→
[tabella pag.74 del libro]
Come abbiamo detto l’unità minima del livello della fonetica è il fono, la
realizzazione concreta di un qualunque suono del linguaggio umano. Quando i
foni designano un certo suono e si oppongono ad altri suoni in altre parole si dice
che funziona da FONEMA, che è l’unità minima della FONOLOGIA. La fonologia
studia quindi il funzionamento e l’organizzazione dei suoni nel sistema
linguistico in base ai fonemi, che sono foni dotati di un VALORE DISTINTIVO che li
distingue dagli altri.
I fonemi sono anche le unità minime di seconda articolazione, quindi non sono
ulteriormente scomponibili:
/t/ è un’ OCCLUSIVA | ALVEOLARE | SORDA
ma realizzano contemporaneamente certe proprietà articolatorie: TRATTI
DISTINTIVI.
In base alla lingua il numero dei fonemi cambia, ad esempio l’italiano standard ne
ha 30. Stilare un inventario fonematico è molto problematico perché ci si deve
basare sulla fonia e non sulla grafia:
-consonanti doppie. In italiano non tutte le consonanti sono doppie in posizione
intervocalica perché altrimenti sarebbero altri 15 fonemi da aggiungere
all’inventario. La parola “canne” non si trascrive in [‘kanne] perché la n non può
essere una cons. doppia, quindi si trascrive utilizzando il simbolo che indica la
lunghezza della n, [‘kan:e]. Per questo in italiano solo i fonemi /ɲ/, /ʃ/, /ʌ/, /ts/ e
/dz/ sono doppie in questa posizione. Le altre consonanti non possono esserlo;
-differenze regionali. Molti foni vengono pronunciati in maniera diversa di
regione in regione e questo può essere un problema per la corretta trascrizione
fonetica;
-raddoppiamento fonosintattico: certe volte la consonante iniziale di una parola
si raddoppia.
Le minime combinazioni di fonemi che possono essere pronunciate sono le sillabe
che sono sempre costruite intorno a una vocale (chiamata nucleo della sillaba).
Una vocale da sola può formare una sillaba. Ogni lingua ha certe strutture
sillabiche canoniche, in italiano la struttura canonica è CV.
L’identificazione dei confini sillabici si basa su criteri fonologici. I più importanti
sono:
-due consonanti contigue possono trovarsi nella stessa sillaba solo se possono
anche essere utilizzate a inizio parola: in “ma-gro” il gruppo gr si trova insieme
perché esiste “gre-co”, ma in “man-to” il gruppo nt è separato perché in italiano
nessuna parola inizia per nt;
-le consonanti doppie si spezzano: gat-to.
A volte capita che i fonemi formino dittonghi (semiV + V) o trittonghi (due semiV
+ V).
In italiano sono possibili le strutture sillabiche: V/CV/CCV/CVC/CCCV.
I FATTI SOPRASEGMENTALI riguardano le relazioni tra i foni sull’asse
sintagmatico:
-accento: l’intensità della sillaba. In italiano è dinamico e in base alla posizione la
parola può essere tronca, piana, sdrucciola, bisdrucciola e in alcuni casi anche
trisdrucciola (fàbbricamelo);
-tono: l’altezza relativa di pronuncia di una sillaba. Nelle lingue tonali come il
cinese il tono ha un valore pertinente a livello di parola;
-intonazione: l’andamento melodico con il quale si pronuncia una parola.
Conferisce alla frase una curva melodica (ascendente o discendente).
Esempi di trascrizioni fonetiche corretti (dalla prof)
MORFOLOGIA
La morfologia studia la struttura interna della parola ed è il piano della prima
articolazione le cui unità minime sono i MORFEMI. E’ molto complesso dare una
definizione univoca di parola ma semplicemente possiamo intenderla come la
minima combinazione di morfemi costruita intorno a una base lessicale che funge
da entità autonoma.
Per scomporre una parola in morfemi la si confronta con parole molto simili che
contengano i morfemi che vogliamo individuare: prova di commutazione.
Come per la fonologia anche in morfologia c’è distinzione tra MORFEMA – MORFO
- ALLOMORFO. Per (2) s’intende il morfema come forma (in can – e il morfema del
singolare è dato dal morfo e). Il (3) è invece la variante formale di uno stesso
morfema che può avvenire per vari motivi (in venn - i e veng – o venn e veng
sono allomorfi). Si parla invece di SUPPLETIVISMO quando in parole derivate il
morfema ha una forma completamente diversa (buono-migliore-ottimo).
I morf