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PARTE 2: LE TECNICHE DI GESTIONE DEL SISTEMA DI PRODUZIONE 17

INTRODUZIONE ALLA GESTIONE DEL SISTEMA DI PRODUZIONE

SUPPLY CHAIN: insieme dei processi che portano dalle materie prime fino al consumo finale del prodotto

finito attraverso collegamenti fornitore-utilizzatore (include: ricerca fornitori, approvvigionamento, piano di

produzione, gestione magazzini/scorte, trasporto, servizi informativi che regolano tutto ciò). Gestione delle

operazioni a monte/valle del prodotto: orientamento verso il cliente (creo/distribuisco come vuole lui),

servo un mercato globale, delocalizzazione, outsourcing (per focalizzazione sulle core competence),

incertezza (sulla domanda di mercato, fornitura: difficoltà di pianificazione).

Struttura: “supply side” (attori a monte: fornitori) Vs “demand side”

(attori a valle: clienti). Si crea una rete, “supply network”: più livelli ci

sono, più la supply chain è lunga; più attori ci sono in un livello, più la

supply chain è ampia a quel livello. Una singola azienda può far parte di

supply chain diverse. L’”azienda focale” è l’azienda più rilevante. I flussi

informativi sono sia fra parti di uno stesso livello sia fra un livello e quello

successivo: possono andare sia in avanti (da quelli più a valle a quelli a

monte) sia al contrario (per esempio per prodotti da rilavorare o in primis

per scambiarsi i dati sulla previsione della domanda).

Modello SCOR (Supply Chain Operations Reference): descrive e analizza i flussi logistici, informativi

e le relazioni di mercato tra azienda, clienti e fornitori. Si parte dall’identificazione del “as is”

(situazione attuale) per progettare il “to be” (situazione futura). 3 livelli: parto dal primo, più

generale, e vado avanti per dettagliare sempre più le attività di business per adattarle al cliente.

Al livello 1 si identificano i 5 sforzi gestionali secondo l’SCC (Supply Chain Council):

- Plan (pianificazione): delle attività di approvvigionamento, produzione e distribuzione per

bilanciare la domanda alle risorse disponibili. 5 categorie:

 P1 plan supply chain: sviluppo di piani di allocazione delle risorse della supply chain

per soddisfare la domanda;

 P2 plan source: sviluppo e attuazione di piani di approvvigionamento secondo le

esigenze dell’intera supply chain;

 P3 plan make: sviluppo di piani di utilizzo delle risorse produttive per soddisfare la

domanda che si manifesta lungo la supply chain;

 P4 plan deliver: sviluppo e attuazione di piani di reperimento e utilizzo risorse per

gestire la consegna lungo la supply chain;

 P5 plan return: piani relativi alle risorse per gestire il flusso di logistica inverso in

caso di resi imprevisti o pianificati;

- Source (approvvigionamento): identificazione/selezione fornitori, negoziazione, ricezione

materiali/servizi;

- Make (produzione): trasformazione MP/semilavorati in PF, immagazzinamento, controllo

qualità, packaging, distribuzione (o nel “make” o nel “plan”);

- Deliver (consegna): consegna PF per soddisfare la domanda, gestione ordini/trasporti;

- Return (logistica inversa): flussi per resi, supporto post-vendita, invio prodotto sostitutivo.

La freccia che torna indietro indica che questi 5 passi vengono fatti prima dai “fornitori dei

fornitori”, poi “fornitori”, poi … , poi “clienti, poi “clienti dei clienti”. Per ogni processo vengono

identificate metriche (tempo soddisfazione ordine, costo del venduto) e “best practice”

(tecniche gestionali ricavate da un’analisi di “benchmark”: mi confronto con le altre aziende per

apprendere e migliorarmi. Es: supply chain flessibile tanto più la domanda è volatile).

Al 2 livello si identificano tre categorie di processi: 18

- Planning (processi decisionali): pianificazione delle attività, bilanciamento

domanda/fornitura, obiettivi di prestazione, di scorte e magazzini;

- Execution (gestione operativa): trasformazione dei materiali, movimentazione dei prodotti

verso il processo successivo;

- Enable: preparare, mantenere, gestire informazioni e relazioni su cui fanno affidamento i

processi di planning ed execution.

Definizione dello stato del “to be”:

- Plan: livello di aggregazione a cui si vuole lavorare;

- Source: oggetti della fornitura e disposizione geografica dei fornitori;

- Make: localizzazione dei siti e scelta delle strategie produttive;

- Delivery: canali di distribuzione, gestione delle scorte;

- Return: siti per la gestione dei flussi inversi e metodi da utilizzare.

Prestazioni rispetto alle quali si possono stabilire i target della supply chain:

- Orientate al cliente: affidabilità, reattività, flessibilità;

- Orientate all’interno: costi, gestione degli asset.

Ultima fase: implementazione, accompagnata da una misurazione periodica dei risultati

raggiungi, per identificare eventuali scostamenti dagli obiettivi.

PLAN: è la gestione del sistema di produzione, cioè l’insieme delle attività decisionali ed esecutive che

consentono di ottenere PF con tempi e costi determinati in un processo produttivo:

 Cosa produrre: scelgo (oppure reagisco ad un evento) il prodotto da produrre;

 Quanto produrre: grandezza del lotto, scelgo se produrre più della domanda per tenere a scorta;

 Dove produrre: stabilimenti;

 Quando produrre: scelgo se produrre dopo la domanda o se tenere a scorta;

 Come produrre: ciclo di lavoro più o meno rapido (quando), manodopera o macchina (dove), da

quali materiali partire.

Le risposte creano gli “ordini di produzione”: il “piano di produzione” è l’insieme di tutti gli ordini

emessi per un certo orizzonte temporale; il “riordino” avviene quando emetto un ordine per rifornire le

scorte a magazzino. Elementi di criticità:

- INCERTEZZA: esterna (attribuibile ai clienti: variazione di specifiche in corso d’ordine. Generata dai

fornitori: ritardi, prodotti non conformi/errati. Tutto ciò si traduce in costi extra per l’azienda) Vs

interna (manodopera che non lavora in modo eccellente/assenze, tempi di set up, guasti macchine,

prodotti di scarto tradotti in scarti o in seconda scelta, materiale non conforme alla macchina. Tutto

ciò porta l’azienda a prendere misure cautelative come avere più scorte e questo comporta costi).

Tanto più un sistema è incerto, tanto meno si potranno prevedere correttamente domanda,

risposta dei fornitori, disponibilità di risorse;

- COMPLESSITA’: va di pari passo con la profondità e l’ampiezza della distinta base.

1. B-B: prodotti semplici, si usano modelli

matematici e a volte si trova l’ottimo;

2. B-A/A-B: c’è un elemento poco prevedibile o

complesso quindi mitigo l’incertezza o esprimo

dei vincoli per semplificare la complessità;

3. A-A: collaborazione con il cliente. 19

- Processo di OTTIMIZZAZIONE: tra le n combinazioni di risposte, devo scegliere quella da tramutare

in piano esecutivo. L’obiettivo è quello di minimizzare i costi

rilevanti: al crescere della soglia del livello di servizio (es:

disponibilità prodotto in un punto vendita), il fatturato cresce

e crescono anche i costi. Le curve permettono di identificare

la differenza fatturato – costi massima, cioè l’ottimo: se offro

un servizio superiore ho extra-costi, se offro un servizio

inferiore ho perdite di opportunità di fatturato superiori ai

risparmi di costi. Iterando il processo nel tempo, ci si rende

conto che per mantenere gli stessi volumi di vendita al

crescere della competizione devo aumentare il livello di

servizio (quindi curva fatturato più a destra) e che

l’esperienza/tecnologie con il tempo abbassano i costi (quindi

curva costo in basso a destra).

La difficoltà sta nel trovare un compromesso fra gli obiettivi delle singole risposte: per avere un alto

livello di servizio devo produrre al momento ma, producendo al momento, ho numerosi costi di set

up. Quindi l’obiettivo rimane minimizzare la somma dei costi, risolvendo un problema di

ottimizzazione vincolata (complessità) in condizioni di rischio (incertezza);

- DATI del problema: elaborare numerose informazioni a causa della complessità e, quando le

informazioni scarseggiano, siamo in presenza di un fenomeno molto incerto;

- TEMPO a disposizione: vincolo temporale, amplifica la complessità.

Logica PULL: produzione a fabbisogno, nel momento in cui si

manifesta la richiesta, la previsione qui è implicita nel senso

che so che manodopera e capacità produttiva sono sufficienti

per le richieste che potrebbero arrivarmi e quindi non

necessito di avere delle scorte, “Assemble To Order” (ATO)

Logica PUSH: produzione a scorta, in anticipo rispetto alla

richiesta, in base alle previsioni dei fabbisogni, “Make To

Stock” (MTS: lead time di produzione non compatibile con il

delivery lead time del cliente quindi anticipo la produzione).

In base alla scelta pull o push vengono usate strategie gestionali differenti: con un approccio a scorta (push

per la configurazione del sistema) reagisco ad eventi che accadono a valle del reparto per cui si devono

prendere decisioni (pull per la tecnica gestionale); con un approccio a fabbisogno (pull per sistema) prendo

decisioni in base ad eventi che interesseranno in futuro il reparto (push per tecnica gestionale).

“Strategia delle operations”: creare un sistema logistico-produttivo in linea con la strategia aziendale.

 FOCALIZZAZIONE/TRADE OFF: non si può eccellere in tutte le dimensioni competitive, bisogna

creare una scaletta di priorità per le decisioni di progettazione/gestione. Competizione sul prezzo

(grandi volumi di prodotti a basso costo, standardizzati, economie di scala), sulla qualità (materiali

di qualità, prezzo più alto per difficoltà di reperimento, processo produttivo per minimizzare i

prodotti di scarto), per un elevato livello di servizio (prontezza, puntualità, no ritardi, scorte), per

risposta flessibile (elevate scorte di PF, mezzi di produzione insaturi per garantire un ordine

imprevisto). 20

“Frontiera efficiente”: il miglioramento di una prestazione si può ottenere

solamente a discapito di un’altra. Migliorando una prestazione partendo dal

punto a, una volta raggiunta la frontiera b potrei migliorare solo a discapito di

un’altra prestazione c. Ci sono 2 modi per sorpassare la frontiera:

- Una volta raggiunti il punto b o il punto c, bisogna

trovare delle azioni di miglioramento che permettano

di superare la frontiera, per muoversi verso b’ e c’ (le

utilitarie oggi hanno optional e servizi che un tempo erano utilizzati solo

sulle auto d

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A.A. 2016-2017
52 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/17 Impianti industriali meccanici

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lumpy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Gestione dei sistemi logistici e produttivi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Sianesi Andrea.