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Un altro filone ancora incentra gli studi sui fini immediati più che sulle aspirazioni a lungo termine di cui

parla la teoria della tensione.

La versione contemporanea più conosciuta della teoria della tensione è quella di Agnew: aggiunge oltre ai

fini che hanno connotazione positiva di cui parla la teoria tradizionale, anche il desiderio di evitamento di

situazioni dolorose/negative.

Un altro adattamento contemporaneo è quello di Messner e Rosenfeld, detto teoria istituzionale della

tensione: affinché l’anomia agisca non basta il divario tra mezzi e fini ma è anche necessario che le

istituzioni sociali (famiglia, scuola..) siano indebolite.

Il tipo di politica che deriva da questa teoria dovrebbe essere volto alla modifica della struttura sociale dalle

fondamenta (eliminare le classi, razzismo, pregiudizi..) con l’allargamento anche delle opportunità

educative.

6. Teorie della subcultura

Le teorie criminologiche degli anni ’50 e ’60 si concentrarono soprattutto sulla delinquenza giovanile.

Inoltre, i lavori sui conflitti naturali della Scuola di Chicago andarono a formare il concetto di subcultura.

Mettendo insieme queste due tematiche, i criminologi tentarono di studiare soprattutto le subculture

delinquenziali e le bande giovanili tentando di unire gli studi della Scuola di Chicago e la teoria dell’anomia

di Merton (criminalità urbana, giovani di classi inferiore soprattutto maschi).

- Subcultura della delinquenza di Cohen - “Delinquent boys” (1955): tenta di studiare come prende avvio

una subcultura delinquenziale. Cohen riscontra che la delinquenza si verifica più spesso tra maschi delle

classi inferiori soprattutto all’interno delle bande giovanili. Le subculture giovanili si caratterizzano per

comportamenti di tipo non unitario, prevaricatorio e negativo; non trova nelle subculture una

motivazione razionale ad eccezione per la ricerca di uno status tra pari. Queste bande erano versatili,

edoniste e autonomiste. Tutti i giovani, secondo Cohen, vanno alla ricerca di uno status sociale, ma quelli

provenienti da classi inferiori non possono competere con quelli di classi superiori, perché non hanno

vantaggi. I problemi di status tra diverse classi emergono fin da bambini: infatti le scuole e le istituzioni

riflettono valori e fini delle classi medie e li usano per giudicare anche coloro che vengono da classi

inferiori che inevitabilmente riceveranno un giudizio negativo frustrazione da status + meccanismo di

reazione-formazione, che porta a una reazione ostile ai valori delle classi medie. In alcuni casi,

l’adattamento sarà rappresentato da una soluzione collettiva che rende necessario modificare i mezzi per

raggiungere lo status subcultura delinquenziale: abbandonano e rovesciano il sistema di valori delle

classi medie, andando a inserirsi in una banda in cui possono ottenere uno status; quindi la subcultura

delinquente è una soluzione in risposta alla frustrazione di status dei giovani maschi delle classi inferiori.

La soluzione delinquenziale, poi, si diffonde attraverso la trasmissione di valore da un giovane all’altro

sviluppando poi una subcultura delinquenziale permanente, che attribuisce uno status a un

comportamento negativo e non utilitarista.

Cohen formula anche una teoria sulla delinquenza femminile e una su quella per gli appartenenti alle

classi medie. Le donne sarebbero frustrate dal doppio standard sessuale a cui reagiscono assumendo

comportamenti devianti di natura sessuale; gli uomini delle classi medie, invece, provano l’impulso di

esprimere la loro mascolinità per reagire alla crescente responsabilità delle donne, così la reazione-

formazione porta alla subcultura delinquenziale maschile che esalta comportamenti tipicamente maschili.

- Teoria delle opportunità differenziali di Cloward e Ohlin: secondo Cloward non esiste solo un insieme di

mezzi legittimi (teoria dell’anomia), ma anche una struttura illegittima delle opportunità. Quindi esistono

due canali (strutture di opportunità) che non sono accessibili allo stesso modo da tutte le classi sociali:

nelle aree urbane abitate dalle classi inferiori le possibilità legittime sono limitate, così si ricorre a quelle

illegittime che sono anche esse ben strutturate e limitate nell’accesso, come nel caso della struttura

legittima. Ogni forma di subcultura delinquenziale dipende dal grado di integrazione tra fasce d’età e tra

gruppi legittimi o no presente nella comunità. Sia le strutture illegali che quelle legali condividono il fine di

raggiungere profitto, di appartenere all’organizzazione sociale e di partecipare al processo politico. 3 tipi

ideali di subculture di gang delinquenziali:

1. Subcultura delinquenziale, tipica di una comunità pienamente integrata, in cui le bande giovanili

funzionano da apprendistato alle attività criminali.

2. Subcultura conflittuale, tipica di una comunità disgregata: manca una struttura illegale ben organizzata

ed esercita un controllo comunitario debole sui giovani. Le bande che si sviluppano in queste

comunità manifestano comportamenti incontrollati. Quindi comunità disgregate creano anche bande

disgregate, riflettendo sulle relazioni dei giovani e relazioni precarie e instabili all’interno del quartiere.

3. Subcultura astensionista, sia in comunità integrate che disgregate ci possono essere dei giovani che

non hanno accesso a nessun canale di opportunità; questi individui così sviluppano un altro tipo di

subcultura le cui attività sono finalizzare all’assunzione di droghe e all’ottenimento di soldi per questo

fine. Sono i giovani che non sono riusciti a ottenere successo né in modo legale che illegale.

 Sono i modelli subculturali a determinare le forme di comportamento delinquente.

- Teoria incentrata sulle classi inferiori di Miller: secondo Miller i valori delle classi medie sono considerati

dalle bande delinquenti meno importanti di quanto dicessero Cohen e altri. Sottolinea soprattutto le

differenze tra le varie classi sul piano degli stili di vita. La società è strutturata in gruppi o classi sociali con

una propria subcultura; usa il termine preoccupazione focale, cioè dettagli o aspetti particolari che

richiedono attenzione e cura costante all’interno della subcultura. Ogni subcultura si struttura in modo

uguale, con valori e comportamenti tipici; quindi anche quelle criminali hanno caratteristiche generali

simili a quelle non criminali. Miller cerca di distinguere alcuni elementi essenziali caratteristici di ognuna

subcultura, descrivendo un insieme di preoccupazioni focali che sono alla base delle motivazioni e delle

ragioni di molte forme di comportamento criminale delle classi inferiori. Molti atti criminali derivano dai

tentativi di adeguarsi agli standard della loro classe di appartenenza, e non tanto da violazioni dagli

standard della classe media. Generalmente, nelle classi inferiori gli incentivi a intraprendere un

comportamento criminale sono più forti che nelle altre classi, e quelli per evitarlo più deboli. Inoltre, le

bande giovanili svolgerebbero alcune funzioni vicarie all’assenza di una figura paterna presente in molta

parte delle famiglie delle classi inferiori.

- La subcultura della violenza di Wolfgang e Ferracuti: l’idea di subcultura della violenza risulta dalla

combinazione di diverse teorie: cultura del conflitto, teoria dell’associazione differenziale, teoria

dell’apprendimento, ecc.. malgrado i valori dei membri di una subcultura siano diversi da quelli

dominante, non necessariamente essi sono opposti o in conflitto col resto della società. Coloro che fanno

parte di una subcultura della violenza apprendono la propensione a praticarla e condividono un

atteggiamento favorevole ai metodi violenti.

Sviluppi e implicazioni politiche: le teorie delle subculture si basano essenzialmente sul legame esistente tra

classi inferiori e criminalità. Ma questi dati furono criticati con l’arrivo del nuovo approccio metodologico

dell’autodenuncia, che mostrano come la relazione tra classe e criminalità in realtà è debole. Modifiche

apportate alle teorie delle subculture (Matza): critica la concezione di Cohen che i valori di classi inferiori e

medie siano all’opposto; non è necessaria l’opposizione, ma una serie di razionalizzazioni o neutralizzazioni

che faccia aggirare i valori convenzionali non sempre si seguono i valori dominanti, ma talvolta i valori

sotterranei all’interno della cultura generale, non necessariamente in conflitto con quelli dominanti ma solo

alternativi. Altre teorie derivate dalle subculture: quasi-gruppi, ipotesi della meridionalità, densità della

popolazione

Queste teorie hanno avuto importanti implicazioni politiche: dato che secondo queste teorie la delinquenza

deriva dalla struttura della società, i politici fecero grandi sforzi per tentare di risanare la società dalle

fondamenta, tentando di applicare i concetti principali della teoria dell’opportunità- il progetto sub

culturale più famoso degli anni ’60 fu il Mobilization for Youth Project e furono avviati progetti educativi

scolastici.

7. Teoria dell’etichettamento (teoria procedurale, classica; conflittuale)

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Anni ’60, svolta teoria nel campo della criminologia teoria dell’etichettamento si sviluppa a partire

dalle teorie precedenti ma guarda alla criminalità con un’ottica diversa, focalizzandosi sui vari modi in cui la

società reagisce ad essa, non tanto sulla devianza individuale (scuola della reazione sociale). I teorici

dell’etichettamento pongono in discussione la convinzione che faceva coincidere la natura dei criminali con

le loro azioni e mettono in evidenza il problema del significato di un’etichetta e l’effetto che ha sulla

persona etichettata.

Si fa risalire l’origine della teoria a un libro di Tannenbaum del 1938; la “drammatizzazione del male” deriva

dall’adattarsi di un individuo a un gruppo particolare, quindi la criminalità scaturisce dal conflitto tra un

gruppo e la società nel suo insieme in cui vi sono due definizioni opposte di comportamento conforme.

Secondo Tannembaum ogni volta che una persona viene sorpresa a commettere un atto deviante, gli viene

data un’”etichetta” che ne modifica l’autoimmagine e anche quello che gli altri pensano di lui l’affissione

delle etichette è il reale motivo della devianza.

Becker sostiene che l’esistenza della devianza dipende dai punti di vista di chi osserva perché i membri dei

vari gruppi hanno concezioni differenti di ciò che è giusto e conforme anche a seconda della situazione.

Inoltre per essere considerata tale deve essere scoperta da qualche gruppo che non ritiene conforme un

dato comportamento. Una persona può essere etichettata co

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Publisher
A.A. 2015-2016
19 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vers.13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Criminologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Ceretti Adolfo.