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DI MERDA

Le riforme precedettero lo sviluppo economico, quindi la società turca degli anni 30 è una

società prevalentemente rurale, in cui manca solida borghesia e una classe operaia industriale.

La popolazione femminile, per la maggior parte apolitica, fatica a identificarsi con la nuova

figura femminile idealizzata da Ataturk.

Un secondo filone interpretativo sostiene che le riforme kemaliste portarono ad un femminismo

di stato che non modificò sostanzialmente la concezione patriarcale e tradizionale dei ruoli di

genere. Queste riforme si proposero di fornire alle donne turche un bagaglio di nozioni e

strumenti da trasformarle in madri e mogli migliori, in grado di contribuire al patriarcato

repubblicano.

Una nazione moderna aveva bisogno di madri istruite in grado di allevare cittadini moderni. La

maternità era assunta a valore e ruolo primario da Ataturk.

Donne, abbigliamento e performance della modernità nella formazione della Repubblica

turca

Dato che la nuova figura femminile doveva riflettere il carattere moderno, laico, occidentalizzato

della nuova Repubblica, venne imposto alle donne di rendere visibile la propria modernità

attraverso una specifica politica del corpo. Svelare le donne assume i questo periodo un

significato simbolico capitale.

Nel 1915 fu emesso un decreto imperiale che permetteva alle donne di non utilizzare il velo

durante orari di ufficio .

L’abbigliamento assume per la prima volta un ruolo estetico e morale di primaria importanza nel

definire la modernità e il progresso in contrasto a costumi retrogradi e tradizionali.

Ataturk mantiene una certa ambivalenza, se da una parte chiede ai nuovi cittadini di diventare

moderni secondo canoni internazionali, dall’altra si ingiunge di non abbandonare la propria

identità e autenticità culturale in favore di una mera imitazione dell’Occidente.

La nuova donna doveva essere istruita, occidentalizzata e svelata ma doveva mantenere vive e

visibili le sue naturali doti e virtù femminili. Le donne quindi dovevano essere buone madri per il

bene della nazione, in grado di educare e istruire le nuove leve che sarebbero diventate futuri

cittadini.

La questione femminile in Turchia

Ciò che contraddistingue la politica di Ataturk è l’imposizione di un’idea di progresso inteso

come cesura con il passato in favore di un’idea di civilizzazione che altro non è se non

l’assunzione indiscriminata dei tratti della cultura europea.

Si assiste tra fine 800 e inizio 900 a un processo di indigenizzazione, traduzione e ibridazione

secondo una molteplicità di binari, di ideologie europee come liberalismo, socialismo,

femminismo e nazionalismo. Esponenti e intellettuali del movimento dei Giovani Ottomani prima

e dei Giovani Turchi poi, si ersero a difensori delle libertà femminili che essi, a differenza di

Ataturk, non vedevano in contrasto con l’Islam.

Lo Stato interviene anche in ambito di statuto personale: le autorità religiose lo consideravano

loro appannaggio. Conflitto fra religiosi e uomini di Stato attorno all’adozione di un moderno

Codice civile nell’Impero. Ahmet Pasha (influente funzionario dell’Impero ottomano) era

favorevole all’adozione integrale del Codice civile francese del 1804, ma l’iniziativa fu bloccata

dagli ulama. Fu quindi costretto a far leva sulla sua autorevolezza per proporre un moderno

Codice civile ottomano basato sui principi della scuola hanafita.

Ci fu una commissione che produsse un Codice civile ottomano, ma fu bloccata dal sultano

Abdelhamit II su richiesta dell’establishement religioso nel 1888 nel tentativo di impedire che la

moderna codificazione potesse interessare anche gli ambiti della famiglia e dell’eredità. Ciò

portò alla formazione di un sistema giuridico duale in cui corti laiche operavano sotto il controllo

del ministero della Giustizia mentre corti religiose agivano sotto il controllo della giurisdizione

religiosa.

Sotto Abdelhamit II ci furono pochi passi avanti per le donne, ci fu soltanto nel 1858 una legge

che consolidava il diritto delle donne all’eredità, nel 1842 apertura prima scuola per ostetriche e

nel 1869 per insegnanti.

L’ideologia dei Giovani Ottomani (fra cui Nemik Kemal e Ziya Pasha) traeva spunto da una

molteplicità di repertori e mescolava elementi di nazionalismo ottomano, islamismo e

costituzionalismo. Non potevano non risentire dell’influenza del nazionalismo e del liberalismo

europei. Da una parte si invocava il progresso specialmente in campo europeo, dall’altra si

faceva riferimento ad un ideale e immaginario Stato islamico del passato.

Sulla questione femminile furono espresse posizioni interessanti e eterogenee. L’idea che la

segregazione femminile dovesse essere superata era diffusa fra i Giovani Ottomani che si

mostravano fortemente critici verso l’occidentalizzazione importata dalle riforme.

I primi riformatori si iscrivevano in una prospettiva islamica modernista suggerendo che

l’emancipazione delle donne non solo non era contraria all’Islam ma si sarebbe rivelata un

toccasana per l’intera società. Ponevano l’Islam come unico legittimo terreno morale e culturale

dall’interno del quale proporre un avanzamento dei diritti delle donne. Fatma Aliya Hanim fu una

delle prime donne ottomane a prendere parola pubblicamente sulla questione femminile.

La politica assolutista del sultano si scontrerà con la formazione, da fine XIX sec, di un

movimento di militari, intellettuali e giovani ambiziosi di orientamento turco che prese il nome di

movimento dei Giovani Turchi.

I moti costituzionali dei Giovani Turchi vanno visti come continuità delle idee dei Giovani

Ottomani.

Tra il 1914 e il 1916 le università aprono le porte alle donne e la domanda fu talmente elevata

che le autorità dovettero aprire nuove sezioni dapprima femminili e poi miste.

Nel 1916 fu fondata l’Associazione islamica per l’impiego delle donne ottomane che mirava a

promuovere l’impiego delle donne in lavori onesti.

Nel corso del secondo periodo costituzionale (?????) la questione femminile assunse una

nuova centralità nelle più ampie discussioni sulla natura dell’Impero in lenta dissoluzione, dando

vita a posizioni distinguibili in islamista, filo-occidentale e filoturca.

Gli islamisti pensavano che le ragioni del declino dovessero essere ricercate nel rigetto di leggi

e istituzioni islamiche. Essi sostenevano che si dovesse ritornare alla shari’a e proponevano

ripristino del califfato come modello di Stato islamico ideale.

I filo-occidentali sostenevano che la superiorità dell’Occidente non era tecnologica ma risiedeva

nell’approccio razionalista e positivista che si contrapponeva al carattere irrazionale della

religione. Questi i tratti considerati responsabili della subordinazione delle donne.

I filo-turchi nacquero dai Giovani Turchi che intendevano perseguire una politica economica e

culturale improntata all’identità turca, ritenendo che né il panislamismo né l’ottomanesimo

fossero ideologie adeguate.

Uno dei maggiori esponenti filoturchi fu Gokalp, sostituì il concetto di società con quello di

nazione. Il creare un’identità collettiva forte e coesa che fosse nazionale, turca e islamica fu il

preludio per i giovani turchi di una politica di esclusione delle minoranze. (qualche anno più tardi

sfocerà nel genocidio armeno). L’obiettivo di Gokalp era di enfatizzare il carattere turco della

nazione e per farlo enfatizzò miti, leggende, ecc che riportassero alla luca la natura turca della

nazione.

L’Iran dei Pahlavi: modernizzare la nazione, svelare le donne

Le storiche dell’Iran sostengono che ci siano due periodi in cui la questione femminile è stata

proposta come elemento simbolico centrale della cultura politica e della politica culturale del

paese:

- Tra fine 800 e inizio 900 in cui il discorso della modernità europea si impone come

centrale

- Da metà anni 60 in poi, segna il rigetto del paradigma modernizzatore, attraverso la

nasciata di un’alternativa politica e di una modernità islamica

Fra il 1911 e il 1925, periodo noto come periodo postcostituzionale, Reza Shah diede vita alla

dinastia Pahlavi con il progetto di costituire uno Stato-nazione modernizzato e occidentalizzato.

Shah va al potere con un colpo di Stato nel 1921 e nel 1925 depone l’ultimo regnante della

dinastia Qajar, dichiarandosi shah della nuova dinastia e governando fino al 1941 quando

venne rimpiazzato dal figlio Mohammed Reza Pahlavi che intensificò l’influenza occidentale in

Iran.

Nel 1951 Mohammed Mossadeq (leader del fronte nazionale) fu eletto primo ministro e

nazionalizzò l’industria petrolifera.

Nel 1953 sotto la pressione del movimento nazionalista, Mohammed Reza Pahlavi fu costretto a

lasciare l’Iran. Nel giro di pochi giorni un colpo di Stato riportò lo shah al potere.

Reza Shah va al potere in un contesto di profonda crisi legata soprattutto alla mancanza di un

governo centrale. La sua filosofia si ispirava ad un’idea di ordine, ripristino di un governo

centrale forte, anche con l’aiuto dell’esercito. Voleva creare una nazione di cittadini obbedienti,

disciplinati, efficienti. ERA UN DITTATORE INSOMMA.

Il ruolo delle donne per Reza Shah era destinato alla costruzione della nuova società attraverso

un duro lavoro di partecipazione al nation-building. Lo Stato doveva divenire moderno e questo

si rifletteva nell’abolizione di usi e costumi (es. velo) visti come antiquati.

Nel 1936 viene imposto alle donne l’obbligo di svelarsi in pubblico. Alcune donne si

arrabbiarono, molte manifestarono e continuarono ad indossare il velo, anche se in forme meno

appariscenti.

Però Reza Shah non aveva in mente di forgiare una classe operaia e di incoraggiare le donne

ad entrare nel mercato del lavoro, le donne erano spinte ad entrare come insegnanti e

impiegate.

Ci furono modernizzazioni anche nell’ambito domestico e familiare: la donna doveva essere

istruita e diventare la governante dell’ambito domestico, un manager della casa. Questo

cambiamento però portò alla rottura con pratiche viste come tradizionali, ad esempio devono

rinunciare a protezione e mantenimento, come previsto dal contratto matrimoniale. Alcune

donne tentennano ad abbandonare quel minimo livello di protezione garantito loro.

Nel 1967 e 1975 ottennero un codice di famiglia che garantisce loro eguale accesso al divorzio,

alla custodia dei figli, abolizione del permesso del marito per lavorare fuori casa.

Sotto Mohammed Reza ci fu un periodo di modernizzazione-repressione: dagli anni 50 fino a

metà anni 60 si assiste ad un cambiamento della natura dello Stato da monarchia tradizionale a

uno Stato “sultanistico&rdquo

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
19 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher itscay di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia del Medio Oriente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Sacchi Paola.