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DOMANDA
Negli anni’50, invece, la famiglia tipica era composta da: padre operario, madre casalinga e figli a
scuola (in Italia il numero medio di componenti era 4). Oggi è più elevata la possibilità che: i
genitori non siano sposati o abbiano nazionalità diverse, i figli possano essere adottati o arrivare da
unioni precedenti e che i nonni siano ancora in vita. Inoltre, elevato è il rischio che il bambino
sperimenti la rottura dell’unione e trascorra una parte della propria adolescenza con un solo
genitore. Rispetto agli anni’50, la donna è più restia a dedicarsi alla famiglia e ai figli, assumendo
più importanza nella società.
In relazione a fattori colturali e socio-economici, la formazione della famiglia poteva essere di tipo
neolocale (un proprio nucleo abitativo separato rispetto alla famiglia dei genitori) o patrilocale (si
rimaneva a vivere con la famiglia del marito). Erano quindi comuni famiglie allargate (più nuclei
coniugali) ed estese (singoli parenti aggiunti). Una prima variazione rispetto alle configurazioni
delle società pre-industriali è il cosiddetto processo di “nuclearizzazione”, il quale corrisponde ad
un aumento del numero di unità domestiche e a una riduzione del numero di componenti (più
famiglie ma meno componenti). In Italia, con il censimento del 1951, il numero medio di
componenti era 4; nel 2002 si è passati al 2,5, con una quota di famiglie unipersonali salita a oltre 1
su 3. Un altro aspetto rilevante è la diminuzione della centralità del matrimonio. La famiglia non è
una struttura statica, ma un organismo dinamico; gli eventi che essa produce/subisce non solo
ne alterano dimensione e forma, ma stanno alla base della stessa evoluzione della popolazione.
Nel passato, la struttura familiare variava a causa degli eventi di nascita e morte: era molto comune
che l’unione di coppia si interrompesse precocemente per la morte di uno dei coniugi; oggi, durante
la fase riproduttiva, la vedovanza è diventata rara mentre è diventato comune lo scioglimento per
scelta. Vi era inoltre abbondanza di fratelli e ogni componente contribuiva all’economia della
famiglia in base a sesso, età e capacità. Nei primi anni della repubblica, la famiglia risulta invece
essere più una unità di consumo che di produzione. La situazione tipica era: padre operario, madre
casalinga e figli a scuola. Oggi è più elevata la possibilità che: la coppia abbia un solo figlio, i
genitori non siano sposati, i genitori abbiano nazionalità diverse e che i nonni siano ancora in vita.
Decisamente più alto, rispetto al passato, è il rischio che il bambino sperimenti la rottura
dell’unione e che trascorra parte della sua adolescenza con un solo genitore. Si tratta di
cambiamenti che producono un aumento delle strutture familiari; in particolare, ciò è dovuto: alla
bassa fecondità, all’alta longevità e la diversa formazione delle unioni.
LE TRASFORMAZIONI NELLA FORMAZIONE DELLE UNIONI.
Con la fine degli anni’60, anche in Italia si afferma la postponement transition e la patnership
revolution. La prima indica il progressivo rinvio dell’uscita dalla casa dei genitori e la
posticipazione della data delle nozze; infatti, è dimostrato che l’età media al matrimonio si è alzata
di 7 anni. La partnership revolution indica, invece, la rivoluzione del modo di intendere la vita di
coppia prima ancora di costituirla e viverla . Con la “new home economics” cambia il ruolo della
donna all’interno della società: essa è sempre più autonoma e meno disposta a sposarsi presto per
dedicarsi in modo esclusivo al ruolo di madre e moglie. Infatti, si assiste a una forte diffusione delle
coppie di fatto, ossia famiglie senza vincoli legali/formali. Le principali tipologie di unioni
informali sono: alternativa al matrimonio (contrari ad esso), periodi di prova (chi preferisci
convivere prima di sposarsi) e la non praticabilità al matrimonio (chi convive e vorrebbe sposarsi
ma non può). La crescita del fenomeno della convivenza informale è provato dall’aumento delle
nascite extra nuziali, salite a oltre 1 su 4 alla fine del 2010.
Le unioni coniugali possono essere formali (matrimonio/unione civile) o informale (coppie di fatto),
uno o entrambi i patner possono avere fallimenti coniugali alle spalle, i figli possono provenire da
unioni precedenti e la coppia può avere o meno figli propri.
LE TRASFORMAZIONI NELLA FORMAZIONE DELLE UNIONI.
Il processo di formazione di una nuova unione aveva le seguenti caratteristiche:
L’entrata nella vita di coppia avveniva attraverso il matrimonio.
- L’età dei nuovi coniugi era relativamente bassa.
- Molto limitata era la quota di chi non si sposava.
-
Le unioni erano quasi ed esclusivamente coniugali. Tutto questo inizia a cambiare alla fine degli
anni’60. La propensione a sposarsi si riduce sensibilmente nel ’20 secolo. Sono sempre più quelli
che rinunciano al matrimonio e chi si sposa lo fa in età avanzata. In Italia, l’età media delle nozze è
salita di 7 anni e il numero dei matrimoni si è dimezzato. Quello che si realizza è una partnership
revolution, ovvero una rivoluzione del modo di intendere la vita di coppia prima ancora del modo
di costituirla e viverla. Con la “new home economics” cambia il ruolo della donna all’interno della
società: essa è sempre più autonoma e meno disposta a sposarsi presto per dedicarsi in modo
esclusivo al ruolo di madre e moglie. Le società tardo-moderne proiettano l’individuo in un contesto
sempre più complesso e in continuo cambiamento: si diffonde maggiormente l’unione informale
(convivenza).
Il ruolo, i tempi e le modalità della diffusione della convivenza non sono omogenei nei vari paesi e
dipendono dalle specificità culturali, strutturali e istituzionali nei vari contesti. Possiamo distinguere
diverse situazioni:
Alternativa al matrimonio= è il caso di chi rifiuta il matrimonio per motivi ideologici.
- Preludio al matrimonio= è il caso di chi considera il vincolo coniugale come la condizione
- migliore per costruire una famiglia, ma non esclude la convivenza in una prima fase.
Periodi di prova= chi avvia la convivenza per valutare se l’unione funziona.
- Alternativa al vivere da soli= è il caso di chi non è interessato a formare una famiglia, ma
- ritiene la convivenza una sorta di accettazione sociale.
Non praticabilità al matrimonio= chi convive ma non può sposarsi.
-
La crescita del fenomeno della convivenza è provato dall’aumento delle nascite extra nuziali, salite
a oltre 1 su 4 alla fine del 2010. Le coppie di fatto presentano un maggior rischio di sciogliersi
rispetto a quelle con vincolo coniugale.
SEPARAZIONI E DIVORZI.
Il passaggio da una società nella quale la volontà individuale pesava in modo limitato sull’accesso
al matrimonio, a una nella quale è la scelta personale che determina la formazione e la durata
dell’unione, è senz’altro uno dei cambiamenti epocali di maggiore impatto. L’incidenza delle rotture
coniugali ha evidenziato un andamento crescente lungo tutto il ‘900 con un’accelerazione a partire
dagli anni’60. In Italia, il divorzio è stato introdotto nel 1970 e ciò ha portato ad un’impennata degli
stessi negli anni successivi. Si osserva che:
L’Italia risulta uno dei paesi sviluppati con durata media più alta dei matrimoni che esitano
- in divorzio.
Una percentuale rilevante di coppie italiane separate che non sanno se divorziare o
- ricomporsi.
FAMIGLIE RICOSTITUITE E NUCLEI MONOGENITORI.
All’aumento dell’instabilità delle unioni, corrisponde anche un aumento di persone che vivono da
sole. Sempre più patner provengono da situazioni coniugali precedenti. Si possono verificare due
situazioni:
La coppia ricostituita può essere sposata o solo convivere.
- Entrambi i patner possono avere un fallimento coniugale alle spalle o solo uno dei due.
- Possono esserci o meno figli di unioni precedenti.
- La coppia può avere o meno figli propri.
-
Una tipologia in forte ascesa è quella delle famiglie con un solo genitore come conseguenza di una
separazione o della maggiore autonomia della donna. Le famiglie mono genitore sono però più
vulnerabili.
COPPIE MISTE.
Le coppie miste sono formate da persone eterogenee per nazionalità. Ci sono diversi fattori
sottostanti da considerare:
Aumento dell’immigrazione straniera.
- Aumento della mobilità verso altri paesi.
- Aumento all’apertura al confronto multietnico e multiculturale.
- Nuovo ruolo della donna.
-
L’ISTAT definisce misto il matrimonio in cui uno dei due sposi è di cittadinanza straniera e l’altro è
italiano. L’unione coniugale tra un italiano e una cubana è considerata mista; quella tra un egiziano
e una cubana NO. La diffusione delle coppie miste è sintomo di una maggiore integrazione degli
immigrati, per i quali il matrimonio (con un patner italiano) può rappresentare una via di accesso
privilegiata alla cittadinanza italiana. Il matrimonio implica un maggiore riconoscimento sociale al
quale corrispondono diritti e doveri.
La propensione a scegliere un coniuge straniero è 4 volte maggiore per i maschi italiani rispetto alle
donne. Nelle coppie miste l’uomo italiano è generalmente più anziano e la donna straniera è più
giovane; il viceversa vale per le donne.
CAPITOLO 5. – FARE FIGLI.
La permanenza nel tempo della popolazione è assicurata dal susseguirsi delle generazioni attraverso
i processi di riproduzione. Affinché avvenga il “rimpiazzo” completo, ogni individuo che ne fa
parte dovrebbe mettere al mondo almeno un figlio. Naturalmente si tratta di un valore ideale: non
tutti gli individui hanno figli perché o non ne vogliono o non possono averne. Alcuni bambini non
vivono abbastanza a lungo per generare altri bambini. Gli individui che hanno figli, possono avere
comportamenti molto differenti in termini di intensità (quanti figli avere) e di cadenza (quando
averli), sulla base di scelte individuali, sociali e culturali.
LE MISURE DELLA FECONDITÁ: Intensità e cadenza.
La demografia si occupa prevalentemente di studiare la fecondità perché rappresenta il risultato
finale del processo riproduttivo. L’indicatore principale per misurare la discendenza finale di una
generazione è il tasso di fecondità totale (tFt) che indica il numero medio di figli messo al mondo da
ciascuna donna. Le donne per contribuire all’aumento d