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VELVET GOLDMINE.1. OSCAR WILDE, DAVID BOWIE E LA NASCITA DELLA POP STAR POSTMODERNA
Nel film del 1998 di Todd Haynes, Velvet Goldmine, viene narrata la vicenda del glam rock dei primissimi anni Settanta attraverso la figura del cantante Brian Slade. Nel film troviamo vari parallelismi tra la figura di Slade ed Oscar Wilde, e Slade/Maxwell Demon (il suo alter-ego musicale), Bowie/Ziggy Stardust. Slade viene sottoposto ad un interrogatorio da vari giornalisti che rimanda al processo subito da Wilde per oscenità nel 1895, al quale risponde con un celebre aforisma dell'autore anglo-irlandese: "l'uomo è meno se stesso quando parla in prima persona, dategli una maschera e vi dirà la verità".
È tutta l'epopea del glam ad essere piena di maschere, a partire da Bowie stesso, in modo da mettere in discussione l'approccio rigido nei confronti delle questioni di genere. L'ispirazione viene sicuramente da Wilde e dal suo approccio.
ironico all'identità di genere, che viene presentata nei termini di performance e costruzione. L'analisi del fenomeno glam rock in Gran Bretagna, nel film, permette a Todd Haynes di stabilire il forte collegamento che esso ha con la figura di Wilde. L'idea era quella di creare un'identità ibrida, fuori dagli schemi comuni dettati dal forte maschilismo presente nella musica del secolo precedente: trucco, gender bending, glitter, platform shoes. Il fenomeno era quello del Il ritratto di Dorian Gray. Il film ruota intorno a tre figure maschili (come ne): Arthur Stuart, che si ritrova ad indagare sulla scomparsa dell'altro personaggio principale, Brian Slade, e del divo americano con una complessa relazione con quest'ultimo, Curt Wild. Tutta la vicenda è rappresentata attraverso la parodia di Wilde, in grado di essere dissacrante anche nel nostro presente. Nel film Wilde viene rappresentato come un'icona pop postmoderna, che fa il suo.Ingresso sullaterra attraverso una navicella spaziale ( sottolineando la sensibilità aliena di Wilde rispetto al panorama vittoriano ), e già da bambino afferma di voler diventare una "icona pop". Wilde viene considerato come la prima pop star del secolo, il primo ad aver costruito una sua immagine ed averla venduta in modo da costruirsi uno status all'interno della società e trarne profitto. Wilde si era messo in uno stretto De Profundis, rapporto con la figura di Cristo nel ed era completamente consapevole della sua importanza artistica e culturale. Cercò di costruire la sua immagine proprio come quella di una celebrità, facendo anche un tour in America in modo da promuovere la sua immagine ( le sue più famose foto in pose da esteta risalgono a questo tour ). Durante questo tour un giornalista americano cercò di trascrivere il suo stile unico di lecturing, arrivando a creare un sistema di segni diacritici per rappresentare le
pause e le inflessioni che Wilde utilizzava per manipolare il pubblico. La sua lingua era utilizzata e pensata come se fosse musica, e gli permetteva di trattare cose superficiali come se fossero di grande importanza, e viceversa.
L'importanza di Wilde esprime il suo senso della vita attraverso chiamarsi Ernesto, una delle sue opere più celebri con un focus specifico su maschere, identità doppie e inversioni di genere che rappresentano la figura dell'autore: l'importanza di chiamarsi Ernesto si traduce nell'importanza di chiamarsi Oscar, che diventa così simbolo della vita come teatro e dell'approccio ironico all'identità.
L'Ernesto, Ne la queerness viene non solo citata ma definita, anche se troppo spesso è stata semplificata. La sovversione dell'identità di genere rispetto alla società vittoriana che Wilde mette in scena prende una grandissima importanza, e viene esemplificata anche da
Gwendoleen che si oppone alle norme di comportamento femminili. Nonostante i processi per omosessualità e i due anni di reclusione ai lavori forzati, Wilde rifiutava qualsiasi posizione che fosse unica ed esclusiva della sessualità. Da alcuni veniva visto non come omosessuale ma come possessore di effeminatezza, termine che implica non essere femminile ma trascorrere molto tempo con le donne, di trovarsi a proprio agio in ambienti femminili e contemporaneamente anche in quelli maschili.
Velvet Goldmine: la presenza di Wilde è resa costante da un oggetto, una spilla, che lo scrittore indossa sin dalla nascita. La spilla passa anche per le mani di Slade, di Wild, che rappresentano la sensibilità aliena proprio come Wilde.
Il glam prendeva profondamente le distanze dall'ossessione maschista americana, con cow boys e rock n' roll, costruendo un'identità di genere fluida, ibrida. Per il glam cosa molto importante fu la moda: trucco marcato,
glitter, capelli tinti, boa di struzzo, tute argentate e dorate (nel caso di Ziggy Stardust). Bowie le utilizzerà proprio per rendere il suo alter-ego "alieno", distante da questo mondo. Brian Slade, come Bowie, metterà in scena l'uccisione del suo alter-ego Maxwell Demon; la trovata però delude profondamente i fan, che gli voltano le spalle facendo finire la sua carriera. Il racconto è narrato dal giornalista Stuart, che ricostruisce la vicenda attraverso i racconti della moglie e del primo produttore di Slade. Slade si è trasformato in Tommy Stone, un autore di facili successi e mascolinità normativa - altro richiamo alla figura di Wilde, che allo stesso tempo era sia un mainstream social deviant.
L'anno della scoperta di Stuart è il 1984, che rimanda ad Orwell ed alla paura di una società omologata e strettamente controllata, priva d'inventiva. Haynes rappresenta anche le debolezze della rivolta glam:
L'aver lasciato le donne come semplici spettatrici della vicenda, senza che vi partecipassero attivamente. Velvet Goldmine sottolinea l'importanza del glam per la figura del giornalista, durante la sua adolescenza, dei suoi travestimenti glam e dello "sconvolgimento emotivo" che l'aveva portato ad un conflitto con i genitori. Il film si conclude con l'incontro casuale di Stuart e Wild: quest'ultimo donerà proprio la spilla di Oscar Wilde al giornalista, che voleva far sua l'esperienza di una mascolinità reinventata, basata sull'ironia e sulla continua reinvenzione di sé stessi.
ASHES TO ASHES.2. BOWIE, LINDSAY KEMP E L'ORIENTE Bowie ha più volte affermato, sin dagli inizi della sua carriera, la sua insofferenza ed odio nei confronti del rock degli anni Sessanta, al maschismo e glam all'omosessualità come tabù, sottolineando come il fosse una contro risposta a questi fenomeni. David desiderava
distaccarsi completamente dalla scena contemporanea e decise di adottare il cognome Bowie. Desiderava distaccarsi dal decennio precedente, sentendo finalmente suoi gli anni Settanta, volendo creare un discorso artistico in cui la musica diventasse teatro e costruisse una mascolinità nuova. Bowie incontrò Kemp nel '67, un mimo inglese che lo introdusse al teatro e alla cultura queer di quegli anni. Il cantante, agli inizi della sua vicenda artistica, adottò uno stile di recitazione che riusciva a comunicare al suo pubblico quanto quello che stesse facendo fosse da "decostruire", simaschere. Nascondeva dietro delle Bowie iniziò a prendere parte agli show di Pierrot in Tourquoise, interpretando Cloud, una maschera studiata apposta per lui che gli permetteva di eseguire canzoni del suo album senza avere una approfondita conoscenza del linguaggio del mimo. Nel 1968 mise in scena anche The Mask, dove il performer diventava così.Legato al suo abito di scena che distinguere uomo e maschera diventava difficile. L'opera si chiudeva con il performer strangolato dalla maschera. In realtà, l'identità in Bowie non era altro che uno spostamento continuo, giocare molteplicità, e metterà in atto il suo con questo concetto di maschera Ashes to Ashes, con il brano nel quale video, Bowie è vestito da Pierrot e si fa riferimento al Major Tom di Space Oddity. La grandezza di Kemp stava nel saper coniugare arte, design, danza e teatro in una nuova unità. Il rapporto tra Kemp e Bowie andava ben oltre la semplice collaborazione di due artisti; l'arte di Kemp era stata in grado di illuminare la parabola bowiana. Le performance di Kemp si avvicinava molto al teatro giapponese, ma si distaccava notevolmente dal teatro anglosassone. Derek Jarman, egli stesso gay e autore di una poetica queer, sottolinea quanto fosse importante la figura di Kemp nel cambiamento della visione.
Dell'omosessualità nel mondo dell'arte, alla pari di David Bowie. Negli anni Settanta Kemp metterà in scena un'arte capace di generare un'arte che metteva in stretta relazione anarchia e disciplina, libertà e controllo, ovviamente vedendo l'idea della sessualità come fluida e complessa e non stretta al maschismo degli anni Sessanta. In Bowie e Kemp la persona nella performance riesce a far trasparire contemporaneamente sé e altro, due storie diverse.
Il ritratto di Kemp è composto da diversi strati, da quello della danza, dell'Inghilterra, della Commedia dell'Arte, della serietà professionale. È caratterizzato anche da una compresenza di opposti, "l'amore e l'odio, l'amicizia e il tradimento, Lindsay Kemp e sua madre grandiosa e borghese", simile a Bowie e Wilde. Lo stesso Wilde sarà un punto di riferimento molto importante per Kemp: oltre ad averlo
consigliato come lettura a Bowie, rimarrà affascinato dall'opera Salomè, che rappresenterà in maniera personale. L'opera era intrisa di esteticismo ed erotica decadenza, dai quali Kemp è rimasto profondamente attratto, aggiungendo poi la sua "magia". Fu Kemp ad insegnare a Bowie a liberarsi dalla paura e dalle costrizioni, aiutandolo ad accettare la frammentazione come dimensione integrante dell'identità. Questa collaborazione, a detta di Kemp stesso, riuscì a far uscire fuori l'angelo e il demone di Bowie. Un'altra fonte di ispirazione per Bowie fu la filosofia e il design orientale, che gli permetteva di presentare l'androginia attraverso creature mono o bisessuate. Bowie collaborò spesso con artisti giapponesi, come Kansai Yamamoto, creatore di alcuni dei più costosi costumi utilizzati da Bowie per Ziggy St.