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“teoria del comportamento pianificato” (theory of planned behaviour, TPB). I vari studiosi hanno introdotto il concetto di norma
soggettiva (SN, subjectibe norm) come fattore determinante l’intenzione, che misura le credenze di un agente in merito a ciò
che gli altri pensano che debba fare. Il modello aspettativa-valore è stato rinominato “teoria dell’azione ragionata” di Fishbein e
Ajzen. Quest’ultimo ha introdotto il concetto di controllo percepito (PC, perceived control), che misura le credenze di un agente
sulle opportunità di un’azione, basate su fattori ambientali e abilità dell’agente. La forza relativa di tali variabili determina
l’azione, variando il proprio peso a seconda della categoria.
Con la TPB è quindi possibile spiegare il comportamento. Il controllo comportamentale rappresenta un fattore più debole del
controllo comportamentale poiché può non avere effetti diretti sul comportamento.
L’uso di scale bipolari (es.: -3, +3) anziché unipolari (es.: 1-7) per misurare la valutazione della probabilità ha dimostrato che la
correlazione tra variabili subisce variazioni a seconda della scala utilizzata.
Gli utilizzatori del prodotto possiedono infatti un numero maggiore di credenze salienti rispetto ai non utilizzatori. Occorre però
valutare l’associazione tra salienza e accessibilità: quest’ultima è misurabile tramite il ritardo nella reazione, riscontrando che le
credenze individuate più rapidamente risultavano più accessibili.
La teoria del comportamento pianificato considera le variazioni nelle credenze una spiegazione sufficiente dei cambiamenti di
atteggiamento, intenzione e comportamento. Le variabili esterne alla teoria (es.: esperienze passate, personalità, età, sesso)
sono associate al comportamento solo se collegabili alle credenze. Se le variabili demografiche spesso sortiscono un effetto
minimo, tuttavia, le esperienze passate esercitano un influsso diretto.
Acquisendo esperienza, le persone si trovano a disporre di una quantità di informazioni sempre maggiore, che modifica la base
delle credenze delle azioni future: i consumatori che si avventurano in un mercato sconosciuto diverranno via via più esperti con
la ripetizione dell’acquisto e mostreranno intenzioni d’acquisto più forti. Il passaggio progressivo da consumatore ingenuo a
consumatore esperto comporta quindi uno spostamento da un comportamento basato su SN ad A e PC: in assenza di
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conoscenze, ciò che glia altri ritengono dovrei fare è più facilmente deducibile rispetto a benefici e opportunità.
Fazio definisce gli atteggiamenti come automaticamente attivati dall’osservazione dell’oggetto dell’atteggiamento: essi guidano
la percezione dell’individuo, che diventa coscienze degli elementi dell’ambiente collegati all’atteggiamento. La definizione
dell’evento si ottiene correlando tali percezioni a una comprensione normativa della situazione: l’atteggiamento si attiva quando
oggetto e valutazione si sono ben consolidati nella memoria, grazie a un’esperienza comportamentale diretta.
La teoria include come unica norma soggettiva ciò che gli agenti ritengono che gli altri pensano che dovrebbero fare, ma le
azioni effettivamente compiute dagli altri (norma descrittiva) esercitano sul comportamento un’influenza distinta, che aumenta
le previsioni. Per prevedere l’intenzione di utilizzare nuovi sistemi si può inoltre usare il modello di accettazione tecnologica
(technology acceptance model, TAM), che tiene conto di utilità e facilità di utilizzo percepite.
7. Elaborazione delle informazioni e processo decisionale
Secondo Crocker, Fiske e Taylor, uno schema è una struttura conoscitiva che
• Aiuta a strutturare, organizzare e interpretare le nuove informazioni;
• Specifica gli attributi rilevanti di un dominio di stimoli e le interrelazioni tra questi;
• Facilita codifica, immagazzinamento e recupero delle informazioni, influendo sul tempo necessario all’elaborazione.
Quando esiste più di uno schema adeguato, le persone cercano di dare senso allo stimolo attraverso la competizione delle
risposte possibili. Gli stimoli a cui si è soggetti più di frequente vengono richiamati con maggiore facilità, ma anche, secondo
Taylor, quelli dinamici, con colori vivaci o caratterizzati da tratti distintivi, capaci di attrarre l’attenzione e quindi influenzare i
giudizi. Il pensiero è quindi basato sull’accessibilità cognitiva: quanto più rapidamente l’idea viene richiamata alla memoria, più
è facile che gli individui la tengano in considerazione nel processo cognitivo di elaborazione. Tale effetto, detto retrieval bias, è
parallelo all’accessibilità nell’ambiente fisico. Inoltre, i concetti legati ad esperienze dirette vengono recuperati più facilmente
rispetto a quelli basati sulla comunicazione, gli eventi rispetto agli stati permanenti, gli avvenimenti recenti rispetto ai passati e i
concetti definiti rispetto ai vaghi.
La negoziazione e le altre forme di influenza possono avere successo manipolando la selezione degli schemi utilizzati dalle
persone. Le reazioni avranno infatti in base al grado di attivazione/eccitazione (arousal) della persona coinvolta: l’attivazione è
alta de le persone sono sotto-stimolate o sovra-stimolate. Gli individui preferiscono tuttavia bassi livelli di attivazione e sono
quindi spinti a cercare un grado intermedio di stimolazione: i conflitti concettuali possono quindi essere accolti positivamente
solo quando siamo inattivi.
Zajonic osserva che l’esposizione ripetuta a un nuovo stimolo lo rende più apprezzato: tale effetto di mera esposizione genera
un cambiamento nella valutazione dell’osservatore, senza l’uso del rinforzo. Harrison misura la competizione delle risposte come
il tempo che intercorre tra una qualsiasi risposta allo stimolo, che si riduce all’aumentare del numero di esposizioni: gli stimoli
che apprezziamo sono riconosciuti più facilmente.
La risposta valutativa può esistere anche senza riconoscimento: Zajonic ha dimostrato infatti come pensiero e sentimento siano
inizialmente elaborati in modo indipendente e come le risposte valutative avvengano un attimo prima del riconoscimento.
Nel processo decisionale, l’azione osservabile si riduce alla scelta manifesta, sebbene quando le alternative siano fisicamente
presenti, sia possibile osservare la direzione dello sguardo e dedurre l’alternativa che l’individuo prende in considerazione.
Gerard ha scoperto che i soggetti guardano soprattutto l’alternativa che non scelgono, tentando di accettare di non avere
quell’alternativa. East ha individuato un meccanismo inconscio che porta a prestare maggiore attenzione alle alternative che
hanno più valore: non siamo in grado di stabilire su quale alternativa si dirige l’attenzione. Russo e Leclerc hanno invece usato
un’attrezzatura video per simulare l’esperienza in un supermercato, misurando il numero di volte in cui gli occhi si fermano sulle
alternative, che risulta maggiore per l’alternativa scelta. Sembra quindi che la valutazione guidi l’attenzione, sebbene, se
un’analisi approfondita dell’opzione inizialmente preferita conduce a risultati negativi, sarà dedicato più tempo alle alternative.
Le persone possono inoltre essere incoraggiate ad acquistare una marca a cui attribuiscono inizialmente un valore inferiore,
fornendo informazioni o usando pubblicità comparative. East ha notto come il tempo di attenzione di allunghi quando le
alternative ottengono valutazioni simili, che causano un conflitto maggiore nei consumatori, poiché la tendenza a scegliere
un’alternativa contrasta con l’opportunità di averne altre.
Kanheman descrive l’euristica della disponibilità come l’associazione tra probabilità e facilità di recupero: le persone
attribuiscono maggiore probabilità alle idee facilmente recuperabili dalla memoria. Lichtenstein suggerisce, infatti, che le
persone amplificano alcuni rischi perché ne sentono parlare più spesso dai media. L’euristica della rappresentatività p invece la
tendenza a giudicare le probabilità di un evento prendendo in considerazione somiglianze visibili piuttosto che la probabilità
reale: il giudizio si basa quindi sullo stereotipo e ignora le informazioni di base (es.: quota di mercato). I dati provenienti da un
background fisso non destano la stessa attenzione degli eventi, così che le persone attribuiscono un peso maggiore a dati anche
casuali. Kahneman propine il concetto di pensiero intuitivo per spiegare come la percezione sembri essere governata da
meccanismi su cui abbiamo un ridotto controllo conscio.
Un buon management si orienta solitamente verso un approccio proattivo, ma tale valutazione è spesso legata ai costi: a volte è
infatti più opportuno adottare il management by exception (MBE), ossia concentrarsi solo dopo sulle soluzioni al problema. Oltre
al retrieval bias, ne esiste quindi uno contro l’intervento proattivo: una prevenzione di successo non produce risultati visibili ed è
quindi meno disponibile cognitivamente.
Il rapporto tra valore oggettivo e utilità venne analizzato da Bernoulli, che affermò che la curva dell’utilità in funzione del valore
si appiattisce all’aumentare del valore, con conseguente diminuzione dell’utilità marginale. Per un individuo in possesso di una
scorta del prodotto, l’utilità marginale di altre unità di prodotto sarà bassa. Nel confronto tra scelte che comportano un
guadagno ed altre che comportano una perdita, possono generarsi alcuni effetti:
• Avversione alla perdita (endowment effect): le perdite incidono più dei guadagni, quindi le persone chiedono di più per
rinunciare a un oggetto di quello che sarebbero disposte a pagare per acquistarlo. Le persone sono pertanto riluttanti a
partecipare a scommesse con uguali probabilità di guadagno o perdita;
• Effetto riflesso (reflection effect) di Kahneman e Tversky: gli individui sono avversi al rischio per le vincite ma propensi per
le perdite quando gli esiti hanno una probabilità medio-alta (e non quando essa è bassa). Si preferisce la disutilità minore,
la scelta meno dolorosa: vincite sicure anziché possibilità di vincite più alte, rischiare di perdere una cifra alta anziché
perderne sicuramente una più bassa.
Il punto fino a cui il costo è psicologicamente correlato a un beneficio è variabile. Quando si paga un costo fisso per un servizio,
indipendentemente dalla frequenza di utilizzo, l’uso viene separato dal pagamento, poiché ogni utilizzo extra è gratuito.
Analogamente, pagare con la carta di credito e aggregare i costi nel