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Bisogni esterni, come: autoespressione (impressionare e farsi riconoscere), affiliazione (creare e mantenere

o relazioni soddisfacenti) e imitazione (basare i propri comportamenti su quelli altrui);

Bisogni interni, relativi alla relazione tra individuo e ambiente, come: curiosità (cercare novità e varietà),

o indipendenza (sentirsi liberi, individualità) e categorizzazione (creare sistemi di classificazione di riferimento).

Il legame tra bisogno e motivazione può essere reattivo (se non si pensa, ma si agisce direttamente) o proattivo (se si è

consapevoli del bisogno e ci si attiva dopo un ragionamento).

Il marketing lavora sulla motivazione, ossia sulla spinta per cui il consumatore, riconosciuto un bisogno non soddisfatto,

reagisce in maniera automatica, routinaria o pianificata. Essa innesca il processo di attivazione e determina la direzione del

comportamento, in alcune categorie merceologiche più facilmente che in altre. L’energia alla base della motivazione è

l’intensità di tale reazione, misurata con la velocità di attivazione e l’investimento di tempo, risorse cognitive e denaro

destinati alla ricerca della soluzione.

Il rischio percepito può essere di tipo: finanziario, di sicurezza, sociale, psicologico (es.: si inserisocno le tecnologie in

contesti quotidiani per rendere il pubblico abituato ad esse), di tempo e performance.

Inoltre, si possono generare conflitti motivazionali a causa di spinte intense verso direzioni contrastanti, che generano

frustrazione (che a sua volta creerà nuove esigenze, come ridurre il senso di colpa) e deteriorano la forza del processo

decisionale. Tali conflitti possono essere:

• Positivo-positivo, quando le alternative sono ugualmente desiderabili;

• Positivo-negativo, quando una spinta è rivolta in una direzione desiderabile ma è collegata ad una che conduce ad esiti

negativi (es.: sensi di colpa);

• Negativo-negativo, quando le spinte sono entrambe in direzioni negative, ma il consumatore deve comunque

effettuare una scelta (es.: acquistare una marca alternativa alla solita con valore percepito inferiore, cambiare punto

vendita o rimandare l’acquisto).

Il coinvolgimento consiste invece nell’importanza e nel significato che il consumatore attribuisce a oggetti, azioni o attività.

Egli è quindi soggetto contemporaneamente a: concetto di sé (aspirazioni), motivazione (energia) e coinvolgimento

• Situazionale, se relativo solo a un problema particolare del momento;

• Durevole, se legato a una categoria di prodotti o mirato ad un acquisto di lungo periodo che spinge a una lunga ricerca

di informazioni.

Le caratteristiche del consumatore (esperienza, valori, personalità) e del prodotto (impegno di tempo, prezzo, funzioni),

assieme al contesto (situazione d’acquisto, urgenza, ambiente sociale), determinano infatti il coinvolgimento (risposta

affettiva e conoscenza di attributi e valori) e, quindi, a processi di interpretazione e integrazione.

Il brand può misurare il coinvolgimento nell’acquisto in termini di tempo ed energie investite, per capire le componenti

affettive e le conoscenze che i consumatori assorbono e memorizzano, a seconda dei valori rilevanti, del prodotto e

dell’ambiente.

Il modello di Assael (1987) divide le tipologie di comportamento d’acquisto in base alle differenze percepite tra le marche e

al livello di coinvolgimento:

• Comportamento abituale, con poca differenza percepita e basso coinvolgimento;

• Ricerca della varietà, con significative differenze percepite e basso coinvolgimento;

• Riduzione della dissonanza cognitiva, con poca differenza percepita e alto livello di coinvolgimento;

• Comportamento d’acquisto complesso (fedeltà alla marca), con significativa differenza percepita e alto coinvolgimento.

Le aziende possono quindi intervenire diversamente a seconda del mercato.

Sono state formulate diverse ipotesi sul sistema cognitivo delle persone e su come questo opera in fase di acquisto:

• I processi cognitivi sono spesso automatici, rapidi e inconsci. L’abitudine compromette quindi la ricerca di

informazioni;

• La razionalità limitata spinge a selezionare modeste quantità di informazioni. Occorre perciò far passare il concetto in

poco tempo in modo efficace;

• La conoscenza attivata nella memoria in risposta ad uno stimolo condiziona attenzione e comprensione, permettendo

di riconoscere la marca senza spiegare il prodotto;

• L’interpretazione può essere intesa come un processo di interazione tra informazioni dell’ambiente e conoscenza

immagazzinata. Occorre quindi conoscere il consumatore per capire come ciò si realizza.

L’esposizione è la capacità fisica e mentale di ricevere uno stimolo, che può predisporre alla ricezione di informazioni e

all’attenzione, che spinge a comprenderne e successivamente a parlarne. Essa non è un’attività cognitiva in senso stretto,

poiché può anche essere solo fisica e, quindi, potenziale. Gli stimoli sono generalmente di marketing, ed assumono quindi

rilievo in relazione a un processo d’acquisto, ma, se in eccesso, possono consumare energia e concentrazione a causa dello

switch di contesto. L’esposizione può essere: intenzionale, con alto coinvolgimento, o viceversa accidentale (quando

abbiamo le barriere abbassate).

Nel secondo caso, la percezione del sistema cognitivo consiste nella ricezione delle sensazioni che i nostri sensi avvertono

in risposta allo stimolo, che sono alla base del marketing esperienziale. La sensazione è più forte del processo cognitivo,

ma può essere innescata anche in assenza del prodotto in sé (ad esempio attraverso il packaging). La percezione

rappresenta quindi l’interfaccia tra la realtà esterna e la conoscenza presente in memoria.

La percezione può essere sfruttata dal marketing grazie alla soglia differenziale, ossia alla differenza di intensità:

• Si può ridurre la possibilità dei consumatori di percepire differenze tra 2 stimoli (es.: coca e coca zero),

• Si vuole che i consumatori percepiscano la differenza tra due stimoli (es.: aumentando il contenuto del prodotto senza

modificare il prezzo).

Gli stimoli sono inoltre selezionati in base al grado di coinvolgimento, dato da:

• Livello di interesse (esposizione intenzionale) e distinzione degli stimoli (esposizione accidentale);

• Caratteristiche degli stimoli, dato da posizione nello spazio e contrasto (es.: Esayjet che utilizza la vespa nelle sue

campagne): tramite l’innovazione è più facile generare passaparola e ascolto;

• Caratteristiche individuali, ovvero: sensibilità alla comunicazione (es.: il target sarà più facilmente catturabile dal

linguaggio usato), livello di vigilanza (ciò che piace attira anche se non se ne ha bisogno), adattamento e assuefazione

(all’inizio alcuni prodotti sembrano inusuali, ma poi entrano nel quotidiano), processi automatici (abitudini), principio

di difesa (es.: rimozione inconscia o barriere alte contro alcuni messaggi).

Essendo infatti sempre più concentrati su notizie ed eventi, occorre che la creatività venga utilizzata per attivare

l’attenzione con idee innovative.

L’attenzione consiste nell’attivazione, da parte dello stimolo, dei processi mentali che trasferiscono la sensazione percepita

al cervello per la successiva elaborazione. Il passaggio da esposizione ad attenzione si realizza quando si acquisisce la

consapevolezza e si genera quindi un processo cognitivo, un impiego di energia. Ciò implica selettività e consapevolezza, e

dipende da:

• Condizioni emotive,

• Rilevanza dello stimolo rispetto all’ambiente (non è importante tanto che se ne parli quanto che sia coerente con

l’ambiente),

• Grado di coinvolgimento (es.: ordinare la spesa in maniera interattiva per poi passarla a riprendere tornando a casa,

quindi risoluzione di un problema).

Possiamo distinguere l’attenzione:

• Pianificata, se ricerchiamo gli stimoli;

• Spontanea, se siamo predisposti all’attenzione;

• Involontaria, in cui l’informazione può essere registrata per necessità future.

La comprensione consiste invece nell’aggiunta di contenuti e significati alle informazioni grezze e nell’integrazione della

nuova conoscenza con quella esistente. La comprensione, invece, coinvolge:

• Dimensione affettiva: alle stimolazioni si reagisce con emozioni, stati d’animo e sentimenti.

• Dimensione cognitiva: tramite un processo interattivo (non accumulativo, ma con sovrascrittura delle precedenti

informazioni) tramite cui, mentre i nuovi input vengono arricchiti di significati esistenti, le conoscenze esistenti

possono essere modificate (o riconfermate) dalle caratteristiche dei nuovi input. Si verificano inoltre 3 processi:

1. Organizzazione: identificazione di concetti e idee in base agli stimoli, che verranno quindi assegnati a tali

strutture, per tipologia e non per importanza. Vanno inoltre osservati 3 principi:

Contesto: la comprensione dipende dalla collocazione,

▪ Integrazione: gli stimoli individuati vengono letti in modo unitario,

▪ Raggruppamento: la tendenza alla ricerca di nessi che facilitino la divisione in categorie di elementi legati tra

▪ loro. Ciò può avvenire tramite: prossimità (stimoli vicini sono percepiti come appartenenti a una categoria),

similarità (stimoli simili sono considerati appartenenti allo stesso concetto, come nel caso di un’offerta ampia

dello stesso prodotto) e continuità (stimoli ordinati in sequenza sono percepiti come appartenenti a uno

stesso concetto, tecnica usata dalle aziende per semplificare il ragionamento dei consumatori);

2. Categorizzazione: attribuzione di significato ai nuovi stimoli e collocazione nella gerarchia di categorie, che

aiutano il cervello a gestire meglio le informazioni, dividendole ad esempio in classe/settore, tipologia, marche e

modelli di prodotto;

3. Inferenza: interpretazione o convinzione non basata sulle informazioni presenti nell’ambiente (es.: prezzo elevato

come sinonimo di qualità), ma interiorizzata come valore. L’azienda gioca qui su mancanza di informazione e

approssimazione.

La comprensione può quindi essere definita come l’anticamera della conoscenza, che implica appropriazione, integrazione,

assorbimento. Le imprese cercano quindi di comprenderne i meccanismi per assecondarli: capire la gerarchia dei brand

significa comprendere il target ideale di ciascuno.

Il comportamento del consumatore può essere spiegato attraverso la catena mezzi-fini, in cui si passa:

1. Dalla conoscenza del prodotto, che a sua volta si compone di diverse fasi:

a. Attributi concreti: caratteristiche fisiche tangibili, percepibili, oggettivi, funzionali e misurabili del prodotto (es.:

ba

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
16 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Consumer and shopping behaviour e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Iacovone Rita.