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Archivio Fabrizio de André, è suddividibile in tre serie:
Atti e documenti (connessi a necessità burocratiche e familiari, frutto di una
naturale sedimentazione di documenti prodotti dal soggetto nel corso della sua
vita) ;
Corrispondenza, circa duecento lettere che rendono l’epistolario piuttosto
scarno, ma bisogna considerare che l’artista aveva già sperimentato il
vantaggio della comunicazione telefonica che quindi limitava lo scambio di
lettere, più 350 lettere inviate da ammiratori;
Materiali di studio e di lavoro, è invece collegata all’attività intellettuale di De
Andrè, alcuni riferiti alla fase creativa e altre ad attività esterne come
preparazione e promozione degli album, scalette dei concerti, ecc.
La terza parte dell’archivio è costituita da 400 libri il cui valore non sta nel numero
quanto nel fatto che l’artista vi ha lasciato vari commenti e annotazioni e che possono
essere collegati grazie ad esse ad altri materiali di lavoro, creando un vincolo
strettissimo tra tutta la documentazione dell’artista.
Gli archivi dei politici tra fondazioni e partiti.
di Linda Giuva.
Tra gli archivi di persona, a suscitare per primi l’attenzione dell’amministrazione
statale per l’esercizio della tutela e quella degli storici come arricchimento per le
ricerche, sono stati gli archivi delle personalità politiche, ovviamente non legandosi ai
soli grandi nomi, ma anche alle personalità minori e spesso altrimenti anonime.
Tali archivi sono conservati oggi presso istituti che si ritiene possa valorizzare il loro
significato storico e simbolico, dunque la destinazione non è una scelta casuale. Nella
determinazione dei luoghi della memoria politica personale è possibile individuare tre
fasi, che vanno rispettivamente dall’Ottocento a metà Novecento, la seconda metà del
Novecento e la fine del Ventunesimo secolo.
Nella prima fase gli istituti privilegiati sono gli Archivi di Stato e raramente i lasciti
erano affidati a archivi comunali, istituti di storia o biblioteche, ma a lasciare la loro
memoria accanto a quella delle istituzioni statali erano ovviamente le grandi
personalità politiche.
Nel corso della seconda fase invece la scena politica cambia e si affermano i partiti di
massa, mutando anche le caratteristiche degli archivi personali, e soprattutto
comincia ad essere dato spazio ad archivi e biblioteche come luoghi di conservazione,
infatti negli anni successivi al secondo dopoguerra nascono i primi istituti e fondazioni
come Istituto per la storia del movimento Liberazione, gli Istituti per la Resistenza, i
vari Istituti dedicati a Gramsci, a Sturzo, a Croce, ecc. Questi si occupavano quindi di
storia e problemi contemporanei e richiamandosi a una figura emblematica
rappresentavano famiglie politiche o ideologie a partire dalla valorizzazione dei
documenti lasciati dal personaggio cui facevano riferimento a voler dimostrare come
la memoria del passato possa dar forma al futuro, promuovendo il recupero di archivi e
biblioteche e premendo su valori che potessero dare vita a una nuova classe dirigente.
Queste tendenze si sviluppano maggiormente nel corso della terza fase e sorgono
molte istituzioni culturali, come la Fondazione Pastore, la Fondazione Turati, la
Fondazione Spadolini, l’Istituto La Malfa, la Fondazione de Gasperi e l’Accademia di
studi storici Aldo Moro, dislocate tra il centro-nord; stavolta, a differenza della fase
precedente, il richiamo è sempre meno alla famiglia politica e sempre più alla singola
personalità del fondatore, con richiami ai monumenti dedicatigli, opere e riferimenti
alla sua figura, dunque si indebolisce il legame con l’agenzia politica anche grazie ai
mutamenti che nel corso del Novecento la investono, tanto che il luogo di destinazione
delle memorie non è più scelto in base alle ideologie politiche, ma magari è
condizionato dalla disponibilità del territorio; crolla in un qualche senso il rapporto tra
istituti culturali e appartenenza politica ed ideologica.
Archivi di uomini politici all’Archivio Centrale dello Stato.
di Luisa Montevecchi.
L’Archivio Centrale dello Stato conserva archivi di uomini politici, in quanto considerati
fonti preziose per approfondire la storia del paese e per ricostruire il dibattito politico
del loro tempo. Un notevole incremento nelle acquisizioni c’è stato dopo l’adozione del
Regolamento degli Archivi di Stato nel 1991, che prevedeva infatti la tutela e indicava
i modi per il recupero di documentazione statale rimasta presso privati che avevano
ricoperto cariche pubbliche; altri fondi furono acquisiti tra il ’40 e il ’50 dopo
l’emanazione della legge del ’39.
Ma poiché allo Stato interessava recuperare le carte relative all’attività politica svolta,
spesso le carte private venivano tralasciate e quindi gli archivi smembrati, con le parti
private soggette a donazioni o depositi volontari solo dopo gli anni Cinquanta.
Tra il 1980 e il 1990 ci fu l’acquisizione di 56 archivi di personalità politiche, le quali in
alcuni casi avevano svolto attività politica rilevante per il paese, come quello di La
Malfa, quello di Parri, di Nenni e di Moro. Tutti questi sono stati utili per lo studio e la
comprensione della storia del Novecento, poiché aumentano in questo secolo le
personalità politiche realmente attive nella vita della nazione e nei partiti politici.
Ogni archivio presenta comunque delle caratteristiche proprie che le distingue dagli
altri, reca infatti l’impronta di chi lo ha prodotto e permette quindi di capire aspetti del
personaggio anche dall’organizzazione dei documenti, dalle annotazioni, dai ritagli di
giornali e allo stesso modo sono utili anche tagli, silenzi particolari, documenti
volontariamente distrutti. Quindi capire a pieno un archivio di persona significa calarsi
nelle intenzioni del soggetto, bisogna quindi anche saper leggere tra le righe e non
lasciarsi sfuggire nulla.
Nell’archivio di Nenni è per esempio presente un appunto tratto da un colloqui con
Bonomi; i due avevano discusso riguardo la formazione di un governo con a capo il
CLN. Quindi anche la lettura delle agende, dei taccuini, di documenti meno espliciti