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La parte attribuita alle giovani donne uscenti somiglia, infatti, a una compensazione, a una
retribuzione per saldo finale del lavoro fornito negli anni, piuttosto che ad una ripartizione
patrimoniale. Sotto forma di dote, tuttavia, essa resta un aggravio, un onere, in altri termini una
perdita patrimoniale passiva non recuperabile come apporto al patrimonio comune. Sotto forma di
parte, essa rimane mutila, poiché, in nessun modo, la nuova famiglia costituita dalla donna uscente
e dal suo sposo potrebbe protrarre nel tempo il flusso genealogico di cui la sposa faceva parte.
Combinando i caratteri della prestazione dotale e quelli della ripartizione patrimoniale, il nuovo
fenomeno apre una crepa insidiosa, molto vicino alle fondamenta, nella piramide apparentemente
compatta dalla famiglia poli-nucleare contadina.
4. L’ultimo e il pinzo. Ordine di nascita e ordine di scissione tra le famiglie dei mezzadri
toscani
Uno dei tratti di base nella morfologia della famiglia mezzadrile toscana consiste nella coabitazione
di diversi nuclei familiari legati non soltanto da rapporti di residenza, ma anche di comunità
parentale, economica e demografica. Che si tratti di una catena di fratelli, o di un padre, antenato
vivente, al vertice della piramide dei suoi discendenti immediati, l’asse della coesione consanguinea
sarà inevitabilmente maschile. In virtù del loro nuovo statuto di spose, le donne acquistano un posto
previsto entro una comunità di casata che precede la loro apparizione. Il sistema d’accoglienza ha
bisogno di importare donne feconde: nessuna figlia o sorella può assicurare la continuità familiare.
Solo delle spose straniere sono in grado di fornire alla comunità domestica i suoi continuatori. La
famiglia mezzadrile imita, senza saperlo, l’assetto dinamico proprio di quei sistemi che, in altri
contesti, includeremmo sotto la denominazione classica di descent groups.
Una serie minuziosa di convenzioni consuetudinarie sancisce i legami di solidarietà paritaria tra i
diversi segmenti di fronte alle necessità dell’uno e dell’altro. Non soltanto le spese per le cure dei
malati, o gli oneri causati dalle più gravi sventure, o le assenze (per il servizio militare ad es.)
verranno sostenute in solido dai fratelli e dai cugini del parente colpito, ciascuno con il suo nucleo,
o piuttosto, tutti assieme, in quanto membri di una totalità familiare indivisa. Le occasioni di festa o
i piccoli lussi legati ai passaggi nel ciclo della vita (matrimoni, nascite…), così come le necessità
quotidiane, l’abbigliamento, l’allevamento dei bambini, la dote per le figlie ed anche le attenzioni
ed i piccoli regali per la sposa entrata, mobilitano i doveri di mutualità genealogica. Viene garantito
ad ognuno dei fratelli, in virtù dell’eguaglianza formale, lo stesso capitale dinastico, ovvero, le
stesse possibilità di conseguire paternità, e, a partire da questa, diventare vertice di un potenziale
segmento di discendenza?
Tre principi di tendenza:
Innanzitutto, riguardo all’ordine dei matrimoni, il primo a sposarsi tra i fratelli sarà, quasi sempre, il
primogenito. In secondo luogo la distribuzione dei matrimoni lungo la catena dei fratelli segue
abbastanza regolarmente una curva che fa progredire la differenza d’età alle nozze tra il
primogenito ed i fratelli più giovani: i fratelli maggiori si sposano più giovani dei cadetti. Il terzo
principio rivela che i fratelli maggiori sono meno esposti al rischio di celibato dei fratelli minori.
Appare evidente che gli intervalli tra un matrimonio e l’altro risentono sia del privilegio di
precedenza, in base alla seniorità, sia di un fattore di regolazione o di rinvio, più o meno calcolato,
per quel che concerne i cadetti. In tal modo i cicli riproduttivi degli uni e degli altri non si
sovrappongono; o almeno si sovrappongono molto meno di quanto non accadrebbe se fossero
lasciati alla spontaneità delle scelte individuali (quindi: precedenza per nascita precedenza di
matrimonio).
Lo scarto di età al matrimonio tra il primo e l’ultimo (nelle nostre serie abbiamo preso in
considerazione solo quattro posti) si estende sull’ampiezza di cinque anni. Tra il primo ed il terzo
dei fratelli tipo, in effetti l’età di accesso al matrimonio si sposta dai ventisette ai ventinove anni,
ma sembra muoversi ancora, oltre i trenta, quando si passa al quarto.
In realtà, è ben evidente che ci sono contesto in cui la legge dell’età si manifesta in modo più netto,
e altri in cui è invece più flessibile. Il modello Volpaia, Vignale e Minucci mostra una età al
matrimonio tendenzialmente più alta rispetto a quella del gruppo Pievina, Segale, Cetinale, Fratta,
con uno scarto di quasi tre anni fra i massimi del primo gruppo e i minimi del secondo.
Due scissioni: la scissione tra generazioni, che chiamerò verticale per semplificare, e la scissione
tra fratelli o cugini, alla stessa generazione, che potremmo chiamare orizzontale.
La prima categoria designa una separazione meno scissionista e meno distruttiva rispetto alla
seconda. Essa è, formalmente, una divisione tra padre e figlio. Accade spesso che sia il primogenito,
già sposato e probabilmente padre di una progenie iniziale, a staccarsi dalla linea principale. Nella
pratica, dunque, si tratta più di un distacco che di una scissione vera e propria. Un indicatore
interessante dello stato della visione ci è fornito dalla distribuzione dei mobili, degli attrezzi e degli
utensili domestici. Saranno i mobili e le suppellettili di valore collettivo, quelli che giocano un ruolo
centrale per la comunità familiare, quelli che marcano la continuità, ad essere attribuiti al segmento
continuatore, o, ad ogni modo, al segmento che si trova nella posizione più quotata in termini di
anzianità genealogica: il grande tavolo da pranzo, il paiolo, la marmitta per la battitura, i capifuochi,
la botte più grande, la pentola migliore.
Nella seconda categoria di divisione, tra segmenti orizzontali, fratelli e cugini, sembra prevalere una
più ampia libertà di uscita. Accade spesso che in questo caso siano i fratelli più giovani a lasciare gli
altri, talvolta il secondo, talvolta l’ultimo. Qui la disuguaglianza instaurata per effetto degli
automatismi ritorna. Il peso in gradazione, in valutazione per punti, riconosciuto al primo, avrà
maggiori possibilità d’imporsi, considerato che il suo capitale familiare è più consistente e che la
sua età gli fornisce un titolo quantificabile in graduatoria. Così, il numero di anni vissuti lavorando
presso la struttura familiare, e il numero di figli relativamente grandi e in grado di contribuire al
lavoro, fa sì che lo squilibrio fra fratelli sia riconosciuto e sancito al momento dell’uscita di uno di
essi.
Parte seconda – transizioni
5. Genealogie nel presente
L’avvicendamento tra famiglia ascendente e famiglia discendente avviene necessariamente nel
tempo. Ognuna di queste due formazioni ha le proprietà di una struttura a tempo, fino al punto di
esigere l’estinzione dell’una per la vita dell’altra: perché una nuova unità familiare si possa
costituire quella precedente deve sciogliersi. La struttura ascendente si dissolve nel processo stesso
nel quale quella discendente si costituisce.
L’auto-dissolvimento della famiglia, di ogni famiglia, al termine del suo percorso riproduttivo e di
socializzazione sembra sancire concettualmente una legge d’indipendenza, un’indipendenza che
richiede, così come uno zero finale, uno zero iniziale. Bisogna che lo statuto di figlio sia
neutralizzato per far posto a quello di padre; bisogna che la dipendenza nella catena generativa sia
rovesciata per far sì che si affermi la piena personalità adulta, la sua piena titolarità fondatrice di
nuovi rapporti familiari. Questo decisivo passaggio richiede che la custodia amorosa verso i
discendenti venga allentata e infine negata. È grazie a questo rovesciamento di parentela che la
nuova opera di istituzione procreativa potrà attivarsi all’esterno della vecchia istituzione. La
formula “da zero a zero” prevede delle varianti significativamente diverse: quella basata sullo
spodestamento dei padri e quella basata sull’uscita dei figli.
La variabilità delle forme di famiglia è comunque ristretta entro una gamma di posti
d’avvicendamento e di larghezza relativa a seconda che si tagli verso l’alto o verso il basso. Nel
primo caso il posto del progenitore funziona come norma: c’è un solo capofamiglia, l’unica
possibilità di perpetuarne la presenza è quella di promuovere al ruolo di padre uno dei figli e di
declassare il precedente titolare una volta che sia troppo vecchio per mantenere un ruolo attivo. In
altri termini: c’è un unico padre, e il figlio ammesso a perpetuare la casata diventerà titolare quando
diventerà a sua volta il padre (personificazione della figura preminente). Nel secondo caso, è il
padre che allontana i figli: nessun successore può diventare padre dentro la famiglia d’origine. Non
bisogna mai dimenticare che la famiglia unisce categorie di persone che appartengono a tempi
diversi.
Nel caso delle famiglie coloniche poli-nucleari si ha a che fare con comunità di lavoro
domesticamente riprodotte. Comunità domestiche gerarchizzate e auto-selettive: dinastie rurali di
lavoro la cui speranza di continuità dipende proprio dalla conservazione, per trasmissione e per
discendenza, del loro posto di dipendenza.
6. Parentela e transizione demografica. Interrogativi antropologici
1. Strategie altruiste
“Un padre campa cento figli, cento figli non campano un padre”.
In regime di fecondità elevata stabile, le famiglie numerose non ricaverebbero alcun beneficio dalla
riduzione del numero di figli, nella loro strategia riproduttiva, proprio per il particolare rapporto fra
genitori e figli nel flusso delle risorse. Infatti, via via che i figli raggiungono un’età sufficiente per
fornire lavoro e sostegno familiare, il flusso di ricchezza scorre continuamente dai più giovani ai più
vecchi, dai discendenti agli ascendenti. L’idea d’insieme è quella d’un sistema che si autoriproduce,
ingrandendosi ed utilizzando i suoi prodotti umani, i suoi ri-prodotti umani, come forze e risorse per
la sua prosperità. I padri guadagnano ricchezza ed importanza dall’aver mogli e figli. I figli
lavoreranno per loro, estenderanno la forza di gruppo delle famiglie, alla testa delle quali gli anziani
concentreranno e distribuiranno poteri e benefici.
Per noi oggi l’espressione famiglia numerosa ha un significato connotato: si direb