Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 17
Riassunto esame antropologia sociale, Prof. Viazzo, libro consigliato Dietro ragionevoli scelte, Micheli Pag. 1 Riassunto esame antropologia sociale, Prof. Viazzo, libro consigliato Dietro ragionevoli scelte, Micheli Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame antropologia sociale, Prof. Viazzo, libro consigliato Dietro ragionevoli scelte, Micheli Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame antropologia sociale, Prof. Viazzo, libro consigliato Dietro ragionevoli scelte, Micheli Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame antropologia sociale, Prof. Viazzo, libro consigliato Dietro ragionevoli scelte, Micheli Pag. 16
1 su 17
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Alcune voragini della memoria collettiva che hanno segnato la storia europea del Novecento

possono essere ricondotte a più o meno inconsapevoli strategie di disconferma o di diniego. Talora

si tratta di scelte delle élite politiche, consapevoli, goal-oriented, razionali, frutto di ragion di Stato,

come nel silenzio delle democrazie europee di fronte al genocidio armeno o alla carestia pilotata

che ha sterminato il popolo ucraino. Altre volte sono collettività intere coinvolte, come nel caso del

doloroso autoinganno del popolo tedesco sull’Olocausto. In alcuni casi poi l’esercizio della strategia

di disconferma può anche produrre esiti straordinariamente positivi, individuando una via di uscita

costruttiva da un vicolo cieco. A Iskenderun i cristiani rimasti in poche unità hanno abbattuto le

barriere confessionali, e maroniti, armeni, melchiti e latini si sposano tra loro. Un ecumenismo nato

dalla solitudine è una risposta di disconferma della barriera tra confessioni cristiane di fronte a una

situazione insostenibile senza vie d’uscita. È quando le strategie di disconferma dei singoli individui

si sommano che esse possono diventare visibili e deflagranti fino a essere magari etichettate come

nuove epidemie sociali. Una nuova epidemia sociale, apparentemente unica, è per esempio quella

che compare e si diffonde negli anni novanta in Giappone.

Tamaki Saito ha definito hikikomori una sindrome psicologica emergente che consiste nel totale

ritrarsi da ogni forma di vita sociale da parte di molti giovani giapponesi. La più condivisa tra le

letture del fenomeno addebita il disagio dei giovani del sol levante alla pressione da parte dei

modelli culturali e delle attese sociali riposte su un giovane di classe media, perché si conformi alle

norme e all’obbligo di una vita di successo, nonché all’unico e condiviso percorso accettabile per

raggiungere questo obiettivo: una istruzione prestigiosa. Oltre alla società, la scuola ed il mercato

del lavoro, il quarto imputato è la famiglia giapponese e per più di una ragione. Alcune hanno a che

fare con modelli culturali di comportamento lontani del nostro modo di pensare: “se mio figlio si

rinchiudesse in camera busserei e aprirei la porta”, ci diciamo, mentre l’educazione familiare

giapponese non prevede forzature e si limita a supportare dolcemente il figlio autorecluso. Ma altri

aspetti del rapporto tra genitori e figli riecheggiano straordinariamente la cultura mediterranea: un

padre assente perché fagocitato dall’impegno lavorativo, un rapporto madre-figlio così stretto da

assumere forme di compulsiva co-dipendenza, da tempo catalogate in psichiatria transculturale, un

rapporto di collusione-complicità in cui la madre accudente alleva figli che non hanno seri motivi e

stimoli ad andarsene di casa. Prima che emergesse questa sindrome, Masahiro Yamada aveva reso

celebre l’etichetta parasite single per indicare i Tanguy suoi conterranei, giovani uomini e donne

trentenni, che continuano a vivere con i genitori anche dopo essere diventati economicamente

indipendenti, sfruttando fino in fondo le comodità di quella condizione di celibato. Ogni epoca

fornisce poi i modi, le occasioni, i canali più confacenti per il manifestarsi del disagio stesso.

Inoltre, il quinto attore della nuova fenomenologia hikikomori è costituito dalle tante sindromi di

Internet Addiction Disorders: giochi di ruolo interattivi (in cui l’individuo partecipa costruendosi la

sua seconda vita) inghiottono la persona in una dimensione virtuale senza limiti di estensione nel

tempo.

5. Perché a identiche apocalissi risposte diverse?

L’attacco al cuore della stessa sopravvivenza di un individuo o di una comunità può portare reazioni

differenti, anche antitetiche: a volte collassi e a volte rigurgiti di reattività. Prendiamo come

esempio il caso di due apocalissi storiche, assai simili per il contesto geografico e per le dinamiche,

e che tuttavia hanno avuto sbocchi discordanti: il prosciugamento delle popolazioni amerinde del

sud durante il XVII secolo e la ripresa demografica delle tribù amerinde del nord coinvolte nel

movimento del Grande Spirito.

Alla fine del Quattrocento, ottanta milioni di abitanti vivevano nelle regioni dell’America centrale e

meridionale, per lo più addensati lungo la linea degli altopiani. L’uomo occidentale irrompe in

questo scenario portandosi dietro il dono avvelenato dei microbi e dei virus. I Guaranì (popolo delle

foreste) passarono così da un milione e mezzo a centotrentamila. Questa eclissi non fu solo il

risultato dell’impennarsi delle morti, che fossero per spada o per malattia, essa è dovuta anche al

crollo improvviso della fecondità. La caduta del favore degli dei di quelle culture e il frantumarsi

della loro rappresentazione trascendente del mondo hanno spinto quelle civiltà a una epocale

disconferma di se stesse, marcando il crollo con un inconfondibile segno materiale.

Andiamo ora più a nord tre secoli dopo. La Danza del Grande Spirito dell’ultimo decennio

dell’ottocento fu un movimento di ribellione contro i bianchi che avevano occupato le terre dei

pellerossa. Le tribù che aderirono al movimento erano tra quelle che nei venti anni precedenti più

avevano ridotto i loro ranghi. Quelle stesse tribù nei brevi anni del movimento videro impennare i

loro tassi di fecondità. Questo movimento, pur destinato al massacro, si rivelò una straordinaria

macchina produttrice di self-respect e di perpetuazione lungo l’orizzonte temporale di vita.

A cosa attribuire questa divaricazione? Una strategia di riconferma o di disconferma, di

rivendicazione o di decostruzione dell’architettura identitaria di un individuo, non può essere ridotta

ad una scelta consapevole e razionale. Essa segue percorsi logici e sovra-costruzioni simboliche

oblique, accompagnate da manifestazioni emozionali indirette con cui occorre confrontarsi.

Analogamente, chi si interroga sugli slittamenti di comportamento che hanno segnato la demografia

mediterranea nell’ultimo quarto del ‘900 mette troppo poco in discussione il primato della chiave di

lettura rational choice. Meglio sarebbe scendere sotto la superficie dei processi logico-cognitivi.

Capitolo sesto. Strategie all’intorno

1. Incidentalmente

Esistono azioni, tuffarsi in piscina per esempio, che saranno davvero attuate solo se non ci si sta a

pensare sopra e solo se non sono troppo o troppo a lungo coltivate nell’orto delle scelte ragionevoli.

Il più ovvio esempio ha a che fare con l’essenza dell’homo oeconomicus: scelte imprenditoriali

innovative e pionieristiche non troverebbero spazio senza un pizzico di istintiva follia.

Perché un trentenne in bilico tra sopravvivenza e realizzazione personale, in un mercato del lavoro

irto di incognite, dovrebbe per propria scelta razionale uscire di casa o condividere la vita con

un’altra persona, dal momento che il prevedibile bilancio di una scelta del genere comporta rischi

elevati (caduta sotto il livello di povertà, insuccesso dei nuovi rapporti effettivi instaurati), senza la

rassicurante rete di salvataggio economica e affettiva della famiglia di origine?

Anche in questo caso scelte al buio, con vantaggi incerti e costi certi, soprattutto in un tempo in cui

le contingenze critiche sembrano erigere barriere difficilmente sormontabili, non troverebbero

spazio senza un pizzico di istintiva follia. Che dire poi della scelta di coppia di avere un figlio?

Anche la maternità e la paternità sono scelte prese al buio rispetto ai possibili benefici e alla

sostenibilità dei costi, con l’aggravante che si tratta di scelte senza possibilità di ritorno. Sarà poi

l’azione, incidentalmente (by the way), a produrre identità. Non è affrontandoli di petto che stati

finali desiderabili come quelli indicati si perseguono: contano assai più le condizioni al suo intorno

(stati d’animo, umori, climi entro cui la scelta si forma) che ridestino gli spiriti animali capaci di

trasformare l’intenzione in atto, e di rendere l’azione in sé produttrice di plusvalenza. Il guaio di

questi stati finali desiderabili è però che le condizioni all’intorno che possono farli raggiungere non

sono pianificabili in modo diretto. Elster definisce effetti essenzialmente secondari i risultati di

processi decisionali privi di un legame diretto e consapevole tra esito e intenzione. Tra gli esempi

che cita v’è la goffa e dolorosa impossibilità di prender intenzionalmente sonno quando si soffre di

insonnia, ma anche la naturalezza spasmodicamente perseguita da Stendhal.

2. Il disancoraggio delle azioni dalle intenzioni

Come avviene nella disperazione generalizzata che dà forma alla depressione, un effetto peculiare

degli stati d’animo di crisi è costituito proprio dalla perdita della capacità di reagire prendendo

decisioni. Una perdita dovuta al subentro di uno stato di indifferenza agli stimoli che è conseguenza

dell’intollerabilità degli stimoli stessi, e insieme riparo da essi. Ma anche a una degenerazione

paratattica del processo di formazione delle scelte che consiste nella perdita di un ordine di priorità

tra le alternative, tutte poste allo stesso livello, tutte da desiderare contemporaneamente e con la

stessa determinazione senza identificare precedenze, interdipendenze o priorità: è la filosofia del

tutto-e-subito. Una sindrome di questo tipo include:

- Incapacità di prendere decisioni;

- Senso di perdita del controllo;

- Ridotto interesse per gli altri;

- Auto-colpevolizzazione;

- Hopelessness;

Proprio quella discontinuità tra intenzioni e azioni segnala che ogni scelta è “scelta due volte”.

In ogni processo decisionale si nascondono due distinti lucchetti da aprire in sequenza: il primo è

quello del decidersi a prendere una decisione, non importa quale; il secondo è quello della selezione

di una scelta specifica. È questo doppio livello del processo decisionale il congegno entro cui può

andar perso l’ancoraggio dell’azione alle intenzioni. Negli snodi cruciali del corso di una vita capita

spesso di non riuscire a prendere la decisione preliminare. I desideri restano sconnessi dalle scelte

perché viene a mancare la forza effettuale di trasformare le intenzioni in azioni.

3. Strategie diversive: rimozione e cut-off

L’arte della battaglia non prevede solo strategie frontali ma prevede anche strategie mirate non

direttamente a prevalere nello scontro ma a modificare il teatro dell’azione: strategie mirate non al

cuore del nemico ma al suo intorno. Anche le strategie diversive possono puntare a scavalcare

l’ostacolo sia pur non frontalmente. Strategie all’intorno come la presa di distanza, l’enfatizz

Dettagli
A.A. 2017-2018
17 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandro.lora-1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Viazzo Pier Paolo.