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Capitolo 8 – Una transizione prolungata: aspetti demografici della famiglia europea
1 – Introduzione: una rivoluzione silenziosa nella demografia europea
Dal 1914 la famiglia europea attraversa una rivoluzione silenziosa, ma che ebbe un grosso impatto sulla popolazione.
Ci furono più matrimoni tra persone giovani di quanto sia mai avvenuto prima, quindi un abbandono delle
tradizionali restrizioni matrimoniali che fu accompagnato anche da un controllo delle nascite all’interno delle coppie
sposate. In generale l’aumento di matrimoni e la diminuzione del tasso di fecondità è una tipica caratteristica della
societa europea occidentale del 20 secolo. Per quanto riguarda l’est dalla linea Hajnal (trieste-san Pietroburgo) i dati
a disposizione sono pochi. In entrambe le zone comunque nel 1914 tutti miravano al matrimonio e la popolazione
europea continua a crescere rapidamente, tanto che la sovrappopolazione costituiva una minaccia reale. 70 anni
dopo i giovani furono pionieri di un’alternativa al matrimonio: molti di loro andarono a convivere, in modo
permanente oppure qualche anno prima di sposarsi. E allo stesso tempo fecero crescere anche i divorzi. L’evoluzione
della famiglia è un ciclo al cui inizio e alla sua fine vi è un evento di carattere demografico, come il matrimonio e il
divorzio o la morte. In questo capitolo ci si occuperà dei fattori demografici chiave della famiglia europea del 20
secolo: il matrimonio e la fecondità, infine si tratterà la seconda “transizione demografica”.
2. uno schema della riproduzione europea nel 900
Il 900 potrebbe essere definito come il periodo del calo della mortalità in europa. Per la prima volta nella storia
dell’umanità il tasso d crescita della popolazione sale. Questo comportamento demografico ha caratteristiche
specifiche: il numero e l’età degli individui che contraevano matrimonio cambiò bruscamente. Durante i primi 70
anni questi mutamenti andarono in direzione del matrimonio universale, ma in seguito emerse una nuova tendenza
contraria. Allo stesso i tempo il numero dei figli nati per donna si ridusse significativamente. Secondo il Princeton
European Fertily Project a inizio 900 ancora il tasso di fecondità è ancora elevato, ma già a partire dal 1930 il tasso
crolla in tutti i paesi e dal 1960 cala notevolmente, anche se sorprendentemente aumenta la nuzialità. Negli ani 80 lo
stesso. Si evince che i mutamenti riguardanti la nuzialità furono meno rivoluzionari di quelli verificatisi nella
fecondità.
3 – la nuzialità
a) L’evoluzione quantitativa
I primi cambiamenti nella nuzialità cominciarono a farsi interessanti solo nella seconda parte del 900. Tra il 1900 e il
1930 la media europea era quasi stabile un con calo marginale. Dopo la 2ww la nuzialità aumentò notevolmente
(boom di matrimoni rimandati causa guerra). Nel 1960 il tasso aumenta e continua fino a stabilizzarsi nel 1980. Gli
studi condotti riguardano tutti i paesi europei al cui loro interno esistevano forti oscillazioni. Ma è da sottolineare
come in tutti i paesi era evidentemente in corso una reazione alle medesime cause. Tra il 1960 e il 1980 si
delinearono due tendenze divergenti tra i due blocchi europei: nell’europa orientale e in quella meridionale
l’elevamento del tasso di nuzialità fu un fenomeno che si prolungò nel tempo, mentre europa occidentale e
settentrionale sembrarono alla testa di una tendenza verso proporzioni minori di persone sposate. Questa
evoluzione quantitativa di nuzialità, perché si è sviluppata in questo modo?
b) Il mutamento dei modelli coniugali
Per capire l’evoluzione quantitativa bisogna fare diversi confronti. Il modello coniugale europeo preindustriale aveva
delle caratteristiche molto specifiche che perdurano fino a metà inoltrata del 900. I vari regimi matrimoniali europei
erano diversi tra loro ovviamente, ad esempio in europa occidentale sin dal rinascimento il matrimonio era riservato
a quegli uomini che erano in grado di mantenere una famiglia con un introito fisso. Il resto era condannato al
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celibato. Quindi si contraeva matrimonio in un’età ben oltre la maturità sessuale. Nel modello occidentale Fino agli
anni 70 la mortalità era stata considerata come il fattore determinante principale della dimensione della popolazione
nelle società preindustriale, ma invece oggi si sa che furono le limitazioni delle opportunità di matrimonio e l’età alta
di coloro che riuscivano a sposarsi a mantenere un equilibrio tra popolazione e risorse. Quindi il fatto che gli uomini
si sposassero tardi, diminuiva inoltre anche il numero di anni fecondi di cui una donna disponeva durante il periodo
di vita coniugale. Questo modello preindustriale iniziò a cessare intorno a fine 19 secolo dove la maggior parte delle
condizioni dei paesi europei occidentali migliorò notevolmente, grazie a nuove conoscenze mediche e progressi nelle
cure. Per questo i tassi di mortalità scesero a livelli mai visti prima. Ma ancora le persone si sposavano tardi,ed erano
ancora soggette a restrizioni. Per quanto riguarda il modello europeo orientale l’età di chi si sposa è notevolmente
inferiore all’occidente. In media le coppie si sposano intorno ai 20 anni e la percentuale di celibi e nubili è molto
ridotta. La nuzialità è quindi molto più alta. Questo ha influito anche sulla fecondità. A inizio 900 i due modelli
iniziarono a convergere verso opposte caratteristiche: coppie giovani si sposavano in occidente, in oriente si inizia a
tardare l’età del matrimonio e un numero maggiore di persone restava celibe o nubile. In occidente l’introduzione
dei contraccettivi ha permesso matrimoni anche a quelle persone che nel secolo precedente restavano sole. Già dal
1930 si constata una diminuzione dell’età degli sposi e un calo di celibi e nubili. Dopo il 1945 si verifica un picco di
nuzialità poiché i matrimoni furono rimandati e contratti subito dopo la guerra. Al boom matrimoniale postbellico
fecero seguito negli anni 50 tassi di nuzialità in salita. La fine della guerra sembra segnare l’inizio di un periodo in cui
il matrimonio diventa molto allettante. L’età media è bassa. Nel 1960 si registra la minor percentuale storica di
donne nubili in Europa occidentale. Ma il boom del matrimonio ebbe solo breve durata. Negli anni 70 i tassi di
nuzialità iniziarono a calare in modo netto. In 20 anni il numero di persone non spostate è tornato a crescere. Inoltre
dagli anni 70 i giovani evitano il matrimonio, rimandandolo. Per quanto riguarda il divorzio il 900 è diviso in tre
periodi: fino alla 2ww i tassi di divorzio erano relativamente stabili e bassi. Negli anni 50 e 60 il divorzio si stabilizza
ad un nuovo livello, più alto. E dal 1965 c’è stato un aumento rivoluzionario dei divorzi in tutta europa. Solo quindi
negli ultimi decenni il divorzio è diventato un tasso degno di nota, soprattutto dagli anni 80 dove il 30-40% della
popolazione europea contraeva divorzio. Per spiegare l’aumento improvviso dei divorzi negli ultimi tre decenni si
potrebbe far riferimento alla nuova legislazione messa in atto dalla maggior parte dei paesi europei, ma è più giusto
affermare che le nuove leggi furono frutto di un cambiamento di mentalità nei confronti della dissoluzione del
matrimonio.
4 – la fecondità
a) L’evoluzione quantitativa
Il 20 secolo vede un calo senza precedenti nella fecondità coniugale. Prima di iniziare a limitare il numero di nascite
all’interno del matrimonio a tal punto che, nel considerare l’avere un altro bambino, avrebbero tenuto conto del
numero di figli che già avevano, i genitori europei erano ancora pronti ad averne. Ma già a inizio 900 il processo di
calo era iniziato e in quasi tutte le regioni europee iniziò ad essere una costante tra il 1890 e il 1920, anche se ci
furono alcune eccezioni come i paesi meridionali. Questo calo avvenne sicuramente grazie all’accettazione di
contraccezione (o aborto). Nel 1930 si era già dimezzato.
b) Un numero decrescente di figli di alta qualità
Il calo delle nascita dal 1900 fu inequivocabile e relativamente rapido. L’evoluzione della mortalità, della fecondità e
della nuzialità nei due secoli scorsi viene riassunta nella cosiddetta teoria della “transizione demografica”. Secondo
questa teoria, le popolazioni preindustriali si trovavano inizialmente in uno stato stazionario di crescita della
popolazione quasi nulla, causato dal bilanciamento tra gli alti tassi di natalità e gli alti tassi di mortalità.
Successivamente, grazie ai miglioramenti introdotti nella produzione di alimenti e all’approfondimento delle
conoscenze mediche, i tassi di motalità calarono mentre quelli di natalità si mantennero alti, dando il via ad un
periodo di rapida crescita della popolazione. La terza e ultima fase, quindi, copre il calo della fecondità e termina col
raggiungimento di un nuovo equilibrio nella popolazione, questa volta con i livelli di natalità e mortalità più bassi.
Nell’ambito di questa teoria si da molta importanza all’impatto degli sviluppi economici. Si sostiene che la
modernizzazione del regime di fecondità si verificò prima nelle regioni industriali e urbane. Ma fabbriche e città non
allevano bambini e le cause effettive vanno ritrovate nella testa di quelle persone che si trovarono a vivere in quelle
nuove condizioni. L’approccio economista al calo di fecondità comporta anche un altro problema. In Francia, paese
industriale fino agli anni 70, il calo iniziò prima che altrove, prima dell’Inghilterra, molto più industrializzata. Quindi
contrariamente a quanto sostiene la teoria non esiste nessuna soglia di sviluppo economico dopo la quale ha inizio
l’ultima fase della transizione demografica. Dato che l’approccio economista non ha chiarito l’enigma sulle cause del
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calo della fecondità europea, gli studiosi hanno iniziato a cercare altre soluzioni. In anni recenti molti hanno fatto
appello ad approcci orientali verso l’ambito culturale. La comunanza di lingua o religione o anche delle vicende
storiche ha di fatto contribuito all’omogeneità demografica. A parte le ragioni economiche e culturali è necessario
considerare anche il fattore della mortalità infantile. Negli anni 70 molti nuclei familiari avevano lo stesso numero
dei figli delle famiglie di inizio 900, nonostante il caso della fecondità. I genitori iniziarono a controllare la fecondità
in modo da avere il medesimo numero di figli e per raggiungere tale meta bastavano meno nascite, dato il calo della
mortalità infantile e minorile. Ma il tasso di moralità infantile non pu&ogr