Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 6
Riassunto esame Antropologia Culturale, prof. Padiglione, libro consigliato "Le parole degli altri", Clemente Pag. 1 Riassunto esame Antropologia Culturale, prof. Padiglione, libro consigliato "Le parole degli altri", Clemente Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 6.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Antropologia Culturale, prof. Padiglione, libro consigliato "Le parole degli altri", Clemente Pag. 6
1 su 6
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

ISCORSIVITÀ

Geertz scredita l’introduzione delle voci del “there” in antropologia, in quanto complicherebbero il

problema della discorsività e dell’autorialità. L’uso del documento locale, e quindi l’inclusione delle

voci proprie del mondo del terreno, rappresenta un ostacolo per la densità della scrittura. Per Geertz,

non si può concepire un’antropologia eteroglottale (annullamento dello here a vantaggio del there) o una

dispersione dell’autore (l’antropologo mediatore della voce dell’altro). Egli non accetta il riconoscimento

di “autori altri”: il “gioco dell’autore indigeno” è una “illusione positivista ”, un modo di nascondere

che il potere discorsivo e testuale resta sempre nelle accademie e negli autori legittimati.

Secondo Clemente, tale approccio pone qualitativamente più in basso rispetto alla scrittura (intesa come

opera finale) sia l’intervista agli informatori che la scrittura del diario. L’uso del saggio per esprimere i

risultati della ricerca antropologica, infatti, non concede autonomia ad altre fonti (fotografia, film, disegni).

Le autobiografie di Franci e Magni sono chiari esempi dell’irruzione in ambito antropologico di quello che

Geertz definiva “discorso sociale bruto”. Ciò che Franci e Magni fanno è interpretare la società rurale

toscana in cui hanno vissuto, alla luce della loro storia personale. Si può quindi affermare che la loro

è un’opera di “interpretazione primaria”, in quanto raccontano un mondo ed una vita che, benché

vissuti, non sono tuttavia “immediati”, ma costruiti ed interpretati.

In conclusione, essendo sempre più usato il documento indigeno, è necessario creare nuovi modelli di

descrizione densa e riconoscere nuove forme di “autorialità”, ampliando quelle visioni che vogliono

l’antropologo come unico possibile autore e quindi come filtro opaco dell’esperienza del there.

Se il “discorso sociale bruto”, sotto forma di racconti di vita o di rappresentazioni visive di cerimonie,

irrompe nelle nostre fonti, bisogna riconoscerne la densità e la non-brutalità, adottando un approccio

3

interpretativo. Tutto ciò senza rinnegare le idee di Geertz, ma allargandone gli orizzonti e le possibilità:

includendo, cioè, una “seconda autorialità” di natura critico-interpretativa, quella dello studioso.

4. INTERPRETAZIONI

Le sono indispensabili per capire le culture e, quindi, l’antropologia: aiutano a vedere la

STORIE DI VITA

cultura come qualcosa di dinamico, aperto, in cui l’individuo ha un ruolo diversificante.

Le storie di vita (Egidio Mileo) non solo arricchiscono il punto di vista dello studioso nei confronti della

società analizzata, ma esercitano a sviluppare quella che Clemente definisce “ ”:

IMMAGINAZIONE MORALE

tramite esse, infatti, l’Io del lettore è stimolato a compiere un salto immaginativo e di immedesimazione

all’interno della realtà narrativa. Così facendo, è in grado di “decodificare dal basso” gli orizzonti di

vita vissuta, estraniandosi dalle ricostruzioni storico-sociali (“analisi dall’alto”) del contesto in

questione. Nel guardare l’altro, nell’entrare nella sua intimità soggettiva, il lettore si guarda e si sente

guardato, oggettivato: riscopre sé stesso specchiandosi nell’altro.

In questo consiste lo spirito della moderna . Le storie di vita permettono di

ANTROPOLOGIA RIFLESSIVA

«vedere una cultura dall’interno di una vita, e una vita dall’interno di una cultura».

Chiaramente, l’utilità di una storia di vita non prescinde dalla conoscenza approfondita del contesto

(storia, politica, società): per ovviare a ciò si ricorre alla , ovvero all’inserimento di

CONTESTUALIZZAZIONE

avvertenze, informazioni e consigli su come affrontare il testo. Questa operazione, atta a creare vere

e proprie “cornici interpretative”, è importante per comprendere il testo ed evitare fraintendimenti.

4.1 - AUTOBIOGRAFIE AL MAGNETOFONO

Nella metà degli anni ’70, le iniziano ad essere studiate come temi rilevanti per la ricerca: il

STORIE DI VITA

movimento intellettuale detto “ ”, rivendicando il diritto di parola della gente comune, è

STORIA ORALE

stato fondamentale per poter riconoscere la disponibilità di un tipo di fonti non formalmente incluse

nel paradigma accreditato della storiografia. Per la diffusione della storia orale e dell’intervista è stata

decisiva l’introduzione del magnetofono: nonostante la crescente importanza dell’individualità, le fonti

orali entrano a far parte degli studi nel momento in cui il processo di diffusione tecnica è ormai maturo.

Il crescente interesse per il ha contribuito a farlo considerare come il più ricco

RACCONTO AUTOBIOGRAFICO

documento orale e il più rappresentativo del punto di vista dell”altro”. Si può affermare che la biografia è

una sfida alla conoscenza sociale otto-novecentesca, oggettiva e generalizzante, in primo luogo

perché tende alla comprensione, riducendo ogni pretesa di “ spiegare ” in modo esauriente con dati

quantitativi e generalizzazioni. Ogni biografia ricostruisce grandi spaccati temporali, visti da angolature

diverse e da diverse “postazioni” rispetto a chi guarda la vicenda storica dall’alto. La biografia è uno

strumento qualitativo e individualizzante: gli aspetti più padroneggiati dalla conoscenza sociale (usanze,

proverbi, feste, cerimonie) non vanno separati dal racconto di vita e incasellati in altri universi di

riferimento, ma bisogna vederli “agire nel vissuto” e cercare di cogliere le modalità dinamiche del loro

uso sociale.

Infine, alle biografie si può legare la formula dei , poiché con essa si riconosce il ruolo

COAUTORI

“suscitatore” del ricercatore e, al contempo, quello attivo e non meramente esecutivo del testimone.

4.2 - IL RACCONTO DI DELIA

Nella biografia di D M , Clemente ribadisce l’importanza della biografia non professionale

ELIA EIATTINI

come fonte, per approfondire e posizionarsi in mondi altrimenti poco raggiungibili (mondo mezzadrile).

Inoltre, pur avendo a che fare con racconti di vita di persone analfabete o poco acculturate, come Delia,

è importante considerare che la cultura non coincide con il livello di scolarizzazione. La vivacità, la

forza comunicativa, la semplicità e l’immediatezza espressiva di Delia sono un esempio dello stretto

legame tra cultura e vita quotidiana: un legame che non dipende dal livello di scolarizzazione.

4

Nella scrittura biografica di Delia si può comprendere l’intersecarsi tra militanza politica e lotte

contadine nel mondo colonico del dopoguerra: un contesto vissuto “dall’interno”, con il sentimento

vivo della dignità, della difficoltà nel ricostruire la vita quotidiana, della precarietà e della solidarietà.

4.3 - SCRIVERE DI SÉ TRA DOLORE E PUDORE

Clemente affronta il dilemma del / all’interno delle testimonianze biografiche.

DICIBILE INDICIBILE

Secondo l’autore, le vite degli individui divengono raccontabili e ascoltabili entro specifiche soglie

che sono quelle in cui la singola cultura regola i confini del “dicibile” e del “tramandabile”.

Primo Levi, nel scrivere dei campi di sterminio, si autointerroga sulla veridicità delle testimonianze

soggettive dei sopravvissuti: una verità che, poiché si basa sulla memoria, non può essere oggettiva.

Tuttavia, aggiunge Clemente, la stessa autocritica non è esercitata dagli storici sulle fonti d’archivio: è

dato per scontato che queste siano fonti oggettive e veritiere ma, a ben pensarci, possono considerarsi

una “soggettività di istituzione”, poiché anch’esse si legano a una modalità di uso della memoria.

Il tempo della memoria, il tempo della è un tempo sempre meno

TRASMISSIONE TRA LE GENERAZIONI

presente nella nostra vita: le nuove tecnologie (televisione) e la crescente accelerazione del “ritmo del

tempo” sono fattori che rendono difficilmente possibile la trasmissione intergenerazionale.

Secondo Raffaello Ciucci, la massificazione della comunicazione e il controllo operato

dall’istituzionalizzazione dell’istruzione tendono a ridurre le differenze generazionali. Pertanto,

l’assimilazione e la rielaborazione di modelli delle generazioni precedenti perdono significato: le

nuove generazioni entrano in una sorta di “ ”, un processo di negazione della

ADOLESCENZA INTERMINABILE

morte che ferma il tempo e non favorisce bensì occlude il transito per le nuove generazioni.

Sotto l’influenza dei media e delle istituzioni, le generazioni che si confrontano con la modernità tendono

voler dimenticare il passato: i singoli riconoscono sempre più nelle istituzioni il luogo “pubblico”

di memorie che prima erano private e familiari.

Le storie di vita, oltre ad avere valore accademico, contribuiscono a restituire voce alla soggettività, a

ricostruire un dialogo intergenerazionale interrotto: in altre parole, possono farsi memoria delle

generazioni ulteriori poiché contengono il senso vissuto del tempo. Questo diviene tramandabile solo

in forma di comprensione dell’esperienza di una forma di vita, non in quanto mera informazione o

ricostruzione delle dinamiche degli eventi e dei protagonisti della storia. 5. LA

POSTURA DEL RICORDANTE

Come detto, l’antropologia non studia le leggi generali delle culture, ma il modo in cui dentro le singole

vite una cultura viene coniugata, trasformata: per questo motivo le memorie dei singoli sono un

deposito eccezionale di insegnamenti. Il senso delle memorie non sta nel conservare il passato, ma

nel non lasciare il futuro solo e senza risorse, nel farlo vivere come futuro: cioè, come dotato di

passato.

Clemente invita a considerare la lettura di una storia di vita alla stregua di un viaggio antropologico,

che consente di “procedere verso il futuro con la memoria di un passato”. Il guardare verso il

passato diviene strumento per il futuro: è così che, nel suo essere un paradigma interpretativo, la

postura del ricordante diviene la postura dello studioso, dell’autore.

La richiede una torsione della temporalità: nei diari della seconda guerra

POSTURA DEL RICORDANTE

mondiale di Francesco Stefanile, nei racconti del colonnello americano Alingdon nell’Italia

risorgimentale e nella poesia del Novecento (Pascoli) si incontrano spesso queste “torsioni”.

Nella novella di Pi

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
6 pagine
14 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher davril86 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Padiglione Vincenzo.