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ANALISI COMPETITIVA

1. I confini dell’arena competitiva

Prima di iniziare un’analisi competitiva, è necessario stabilire a priori i confini dell’arena competitiva, ovvero

scegliere chi includere e chi escludere dall’analisi. In merito, la microeconomia e l’economia industriale hanno

dato il loro contributo nel secolo scorso, dopodiché si sono aggiunti anche l’economia aziendale e il marketing.

Per tutti questi studiosi, innanzitutto, l’analisi competitiva si deve intendere come lo studio di una porzione

del sistema economico, cioè un “sottoinsieme” che raggruppa operatori in concorrenza tra loro, il quale è

stato chiamato “mercato”, “settore”, “business” o “area di business”. A prescindere dalla terminologia, però,

l’arena competitiva, oggetto di studio dell’analisi competitiva, può definirsi quindi come “una porzione del

sistema economico che raccoglie imprese simili che, offrendo prodotti simili, sono in concorrenza tra loro”.

Nella letteratura economica sono state presentate diverse soluzioni al problema della suddivisione in parti

del sistema economico. Inizialmente, lo schema neoclassico tradizionale riconobbe il carattere fondamentale

per considerare più imprese appartenenti a uno stesso mercato nella similitudine tra prodotti, intesa come

la capacità dei prodotti di soddisfare uno stesso bisogno dell’uomo. In seguito, fu constatato che nella realtà

le imprese tendono a vendere prodotti sempre più differenziati e di conseguenza venne formulato il concetto

di “mercato imperfettamente concorrenziale”, ovvero un mercato in cui i prodotti sono sostituti imperfetti.

Chamberlein propose un concetto di mercato elastico, anch’esso basato sulla sostituibilità tra i prodotti, ma

intuendo che è possibile individuare diverse ampiezze del settore (“grande gruppo” o “piccolo gruppo”), a

seconda del grado di interdipendenza tra gli agenti. Kaldor, quindi, propose di misurare tale interdipendenza

con l’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo. Successivamente, però, Chamberlein e Robinson

trovano un modo più facile per aggregare le imprese, cioè sulla base di un’omogeneità in termini di tecnologia

produttiva che esplicita una similarità nei processi produttivi, e non sulla base di un’omogeneità di prodotti

(in questo modo i prodotti di imprese simili possono essere anche molto diversi agli occhi dei consumatori).

Quindi, per essere classificate in uno stesso contesto competitivo le imprese devono avere tre caratteristiche:

- una similitudine tra i prodotti (sostituibilità dal lato della domanda);

- una similitudine tra i processi produttivi (sostituibilità dal lato dell’offerta);

- un’elevata interdipendenza tra i produttori.

Per definire in concreto come individuare i concorrenti è possibile seguire alcuni suggerimenti:

- scomporre il processo produttivo del prodotto/servizio in una filiera formata da stadi differenti;

- decidere quali stadi aggregare insieme;

- precisare i confini geografici del mercato;

- precisare quali sono i prodotti sostituti inclusi nel mercato;

- precisare quali sono le tecnologie considerate;

- (eventualmente) restringere ulteriormente l’arena competitiva a un segmento più dettagliato.

L’arena competitiva così descritta rappresenta un costrutto teorico soggettivo e non oggettivo che dev’essere

utile al ricercatore o all’impresa; non esiste un mercato giusto o sbagliato, l’arena competitiva perfetta è

quella tagliata su misura per la singola impresa.

L’approccio più recente degli economisti industriali allo studio dell’arena competitiva si distingue tra gli

economisti industriali più teorici e gli economisti industriali empirici.

I primi sostengono che un settore è formato da imprese che sono tra loro in concorrenza diretta o indiretta.

Più precisamente, i produttori di beni j e k si possono dire “concorrenti diretti”, cioè appartenenti allo stesso

settore/mercato, se condividono almeno un consumatore potenziale, ovvero se vi è almeno un consumatore

che tiene in considerazione i due prodotti j e k per un medesimo acquisto. Tale relazione può essere espressa

anche in termini matematici attraverso un sistema:

Questo concetto di concorrenza diretta e indiretta comprende sia il carattere della sostituibilità tra prodotti

sia il carattere dell’interdipendenza tra le imprese, mentre si esclude la similarità dei processi produttivi.

I secondi, invece, danno per scontato che il problema definitorio non sia risolvibile con assoluta precisione

ed estendono il concetto di settore ad un maggior numero di imprese interdipendenti tra di loro. In generale,

gli economisti industriali empirici pongono maggiore attenzione sull’interdipendenza tra gli agenti più che

non la similarità di prodotti e la similarità dei processi produttivi. Di conseguenza, lo studio di un settore

considera non solo le imprese con qualche caratteristica comune ma anche altre imprese di fatto

interdipendenti, collegate, o che comunque possono condizionare il comportamento degli agenti tipici.

I gruppi di soggetti che gravitano intorno alle imprese e che incidono nel gioco concorrenziale sono quattro:

- i potenziali entranti, capaci di condizionare le imprese di un settore anche prima di entrarvi;

- fornitori, capaci di esercitare un potere contrattuale più o meno forte;

- clienti, capaci di esercitare un potere contrattuale più o meno forte;

- produttori di beni sostituti, che soddisfano lo stesso bisogno generico del consumatore.

Di seguito sono presentati i contributi alla definizione del concetto di settore di alcuni economisti empirici.

Bain, dopo aver suddiviso il sistema economico in dieci macrosettori (“sectors”), definisce così il settore: “Le

imprese […] si possono approssimativamente raggruppare in sottogruppi in modo che, in ogni sottogruppo,

gli output siano stretti sostituti tra loro e siano sostituti più lontani con tutti gli altri output”.

Momigliano individua l’arena competitiva in base al criterio della “capacità di sottrazione della domanda di

mercato”, la quale può realizzarsi non solo con la similitudine dei processi e la soddisfazione dello stesso

bisogno ma anche in altri casi, ad esempio tra prodotti offerti su uno stesso canale distributivo.

Grillo e Silva attribuiscono un peso maggiore alla sostituibilità tra prodotti rispetto alla similarità dei prodotti

e alla similarità dei processi produttivi; tale sostituibilità si misura con l’elasticità incrociata della domanda,

la quale, seppur sempre positiva e maggiore di un certo valore k, dipende da settore a settore.

Il settore, però, non è l’unica possibile unità di indagine. Gli economisti industriali hanno usato anche altri

concetti teorici per studiare porzioni di sistemi economici:

- distretti;

- cluster;

- filiere;

- mercati a più facce.

I distretti sono composti da una moltitudine di imprese tra di esse interdipendenti in quanto legate tra loro

dall’evoluzione della domanda, da una sostanziale comunanza culturale e di conoscenze tecniche, da una

tradizione nella specializzazione in una particolare attività produttiva e dalla vicinanza geografica. Tuttavia,

gli agenti di un distretto possono occuparsi di diverse parti del processo produttivo: la lavorazione delle

materie prime, la produzione di semilavorati e la produzione dei prodotti finali. Ad esempio, in Italia ci sono

alcuni famosi distretti economici come quello dell’oreficeria ad Arezzo, della pelletteria e delle calzature a

Firenze, del marmo a Carrara, della seta a Como o delle macchine per l’imballaggio a Bologna.

I cluster sono raggruppamenti di imprese basati soltanto sul criterio della vicinanza geografica, mentre sono

esclusi i vari elementi sociali e culturali; si tratta di una specializzazione territoriale spiegabile da economie

esterne, economie di agglomerazione e da rendimenti crescenti.

Le filiere produttive raggruppano una serie di stadi complementari e connessi alla produzione di un bene;

quindi, l’aggregazione degli agenti della filiera, eterogenei ma interdipendenti, si basa su una sostanziale

dipendenza dalla domanda finale del prodotto finito. Ai fini di un’analisi di settore appropriata può rivelarsi

più opportuno analizzare i singoli stadi in arene competitive indipendenti, soprattutto se le caratteristiche

strutturali di ciascuno degli stadi sono molto differenti da quelle degli altri. Ad esempio, spesso si considerano

due arene competitive diverse per la produzione e la distribuzione.

I mercati a due (o più) facce sono alcuni particolari mercati in cui una “piattaforma” serve due domande

distinte con due diverse offerte. Ad esempio, la televisione commerciale serve da un lato la domanda delle

imprese che domandano spazi pubblicitari e dall’altro lato quella degli utenti attratti dal palinsesto. Inoltre,

tutti i segmenti serviti dalla piattaforma sono interdipendenti tra di loro e generano delle esternalità di rete;

ad esempio, riprendendo il caso della televisione commerciale, gli spazi pubblicitari valgono di più se il canale

ha un’elevata audience e gli utenti sono tanto più numerosi quanto maggiore è la qualità del palinsesto.

Infine, il problema dei mercati a due o più facce è la scelta dei prezzi da applicare ai diversi segmenti di clienti

in modo da massimizzare le esternalità generate da ognuno dei due mercati sull’altro e quindi il fatturato.

Le istituzioni statistiche nazionali e internazionali hanno interesse a suddividere il sistema economico in

singole attività produttive per studiarne l’evoluzione nel tempo o per confrontarlo con quelli di altri paesi.

L’Istat in Italia ed altri istituti statistici a livello internazionale propongono alcune particolari classificazioni.

La classificazione dell’Istat delle attività economiche italiane, chiamata ATECO 2007 (ATtività ECOnomiche),

classifica le imprese in base alla loro attività economica prevalente. In quest’ultima versione esistono sei

diversi gradi di aggregazione delle imprese, dalle sezioni (21) alle sottocategorie (1224). Si tratta di un sistema

ad albero all’interno del quale non esistono settori ma solo una serie di aggregati più o meno ampi a seconda

del grado di aggregazione desiderato. Ad ogni impresa è assegnato un codice identificativo composto al più

da sei cifre: le prime due cifre (comprese tra 01 e 99) individuano la divisione, la terza cifra (compresa tra 0

e 9 e separata dalle prime due con un punto) individua il gruppo, la quarta cifra (compresa tra 0 e 9) individua

la classe, la quinta cifra (compresa tra 0 e 9) i

Dettagli
A.A. 2019-2020
45 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Michele Leskaj di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi competitiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Barbarito Luca.