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IRPEF
Le imposte sui redditi sono due, IRPEF e IRES, e sono disciplinate nel TUIR (testo unico delle
imposte sui redditi (d.lgs.917/86 modificato dal 344/2003).
Il reddito inteso dal legislatore è ha l’accezione di reddito come prodotto. Un’entrata ha natura
reddituale solo se deriva da una fonte produttiva, ovvero una delle categorie presenti nell’art. 6.
Il presupposto soggettivo è chi detiene capacità contributiva dalla quale deriva l’obbligo di
pagamento, mentre il presupposto oggettivo è il possesso di redditi.
L’IRPEF è un’imposta personale che colpisce il reddito della persona fisica, tenendo conto della
sua condizione soggettiva. Al contrario, l’IRES è un’imposta reale.
Uno dei principi cardine dell’IRPEF è la territorialità, ovvero si va a colpire il reddito nel territorio in
cui viene prodotto. Da questo va distinto il principio della residenza fiscale, secondo il quale colui
che ha residenza in Italia e produce reddito all’estero viene tassato in Italia.
L’IRPEF è annuale, quindi colpisce il reddito prodotto e incassato nel corso dell’anno. Il nostro
ordinamento fa riferimento al principio di cassa e non a quello di competenza.
I soggetti passivi sono le persone residenti e non residenti nel territorio italiano. Questi devono
dichiarare i redditi che hanno prodotto nel corso dell’anno e, in base a questa somma, determinare
l’aliquota da applicare.
I redditi considerati nell’art. 6 sono i seguenti (riporto anche i criteri utilizzati per la loro
determinazoine):
• reddito da capitale: criterio di cassa;
• reddito da lavoro dipendente: criterio di cassa allargato;
• reddito da lavoro autonomo: criterio di cassa;
• reddito fondiario: criterio di titolarità;
• reddito d’impresa: criterio di competenza;
• redditi diversi: criterio di cassa.
In particolare, i criteri di determinazione dei redditi sono:
• cassa: si considera il reddito incassato entro il 31/12;
• competenza: si considera il reddito maturato entro il 31/12;
• titolarità: si considera il reddito presunto solo per il fatto che si possiede un bene immobile.
Detto questo, per determinare il reddito complessivo si svolgono i seguenti passaggi:
• reddito di ogni categoria: si otterrà sempre un valore positivo, a meno che non si svolga
un’attività;
• reddito complessivo: sommatoria dei precedenti;
• deduzioni: oneri che il contribuente può dedurre dalla propria dichiarazione dei redditi per
garantire la personalità;
• base imponibile: deve essere moltiplicata per le varie aliquote degli scaglioni;
• IRPEF dovuta;
• Detrazioni;
• IRPEF da pagare.
Il contribuente potrebbe trovarsi alla fine con un credito, che deriva da precedenti acconti, crediti
d’imposta o ritenute fiscali.
Riguardo i metodi di pagamento bisogna nominare le ritenute fiscali. Queste possono essere a
titolo di acconto o a titolo d’imposta (definitivo). A differenza delle seconde, le prime non
esauriscono l’obbligazione tributaria.
CATEGORIE DI REDDITO
La prima suddivisione che il legislatore ha proposto è quella riguardante i redditi da lavoro, che
vengono distinti in: redditi da lavoro dipendente e redditi da lavoro autonomo.
I redditi da lavoro dipendente sono disciplinati dall’art. 49 del dpr. 917/86.
Al comma 1 viene stabilito che “sono redditi da lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti
aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la
direzione di altri” (compreso il lavoro a domicilio). Gli aspetti più importanti sono dunque la
prestazione di lavoro, la dipendenza e la direzione da parte di altri e, infine, il contratto di lavoro.
Al comma 2 viene stabilito che “costituiscono anche redditi da lavoro dipendente le pensioni e gli
assegni”. Per redditi da pensione si intendono i redditi percepiti dai soggetti che, avendo avuto
un’attività lavorativa e avendo versato i contributi previdenziali nel tempo, per legge, hanno diritto
di ricevere un sostegno per vivere una vita dignitosa.
Per la determinazione dell’imposta, in questo caso vale il principio di cassa
I redditi da lavoro autonomo sono disciplinati dall’art. 53 del dpr. 917/86.
Al comma 1 viene stabilito che “sono redditi da lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio
di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione
abituale, non esclusiva, di attività di lavoro autonomo”.
Per la determinazione dell’imposta, in questo caso bisogna considerare la relazione ricavi-costi. È
imposto l’obbligo della tenuta delle scritture contabili per fini informativi e di controllo.
Nella normativa tributaria viene sancito che il professionista può dedurre i costi relativi all’attività,
sulla base dell’inerenza.
I redditi fondiari sono disciplinati dall’art. 25 del dpr. 917/86.
Al comma 1 viene stabilito che “sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati
nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto
dei terreni o nel catasto edilizio urbano”.
Al comma 2 viene stabilito che “i redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali, redditi agrari e
redditi dei fabbricati”.
Il catasto è un registro dove sono iscritti i beni immobili, distinti in terreni e fabbricati.
La legge catastale obbliga tutti i titolari di diritti reali di godimento a iscrivere l’immobile al catasto.
Con l’iscrizione si ha l’attribuzione della rendita, in quanto il loro possesso fa corrispondere, oltre
ad una ricchezza patrimoniale, una rendita presunta.
La rendita non è altro che una potenziale redditività che un immobile potrebbe avere, il che rende i
proprietari obbligati a pagare l’imposta anche se non percepiscono tale redditività.
Dato l’alto livello di evasione fiscale nel mercato degli affitti, chi possiede dei redditi derivanti da
locazione immobiliare può optare per una tassazione alternativa a quella ordinaria: la cedolare
secca. Questa permette di pagare un aliquota fissa (15-20%) non versando più imposte di bollo e
di registro. In questo modo non si paga l’aumento del contratto dato dall’aggiornamento istat e si
cerca di recuperare un minimo di evasione agevolando le persone fisiche. Tuttavia questa
soluzione è adottabile solo per immobili affittati ad uso abitativo.
I redditi d’impresa sono disciplinati dall’art. 32 del dpr. 917/86 e dall’art. 2195 cc. Tali redditi sono
quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si
intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art.
2195, e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi
stabiliti anche se non organizzate in forma d’impresa.
Sono inoltre considerati redditi d’impresa:
• I redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla
prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195;
• I redditi derivanti dall’attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e
altre acque interne;
• I redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art.
32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle snc e alle sas nonché alle stabili
organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa.
I redditi d’impresa sono i redditi derivanti da un’attività d’impresa. Il criterio che viene utilizzato per
tassare tale reddito è quello di competenza.
Se l’attività imprenditoriale viene svolta da una persona fisica questa è soggetta all’IRPEF, mentre,
se viene svolta in forma societaria è soggetta all’IRES.
Riguardo la determinazione dell’imposta, questa viene derivata dal bilancio di esercizio. Questo
documento deve essere redatto con criteri civilistici, mentre le tassazioni vengono effettuate
secondo criteri fiscali.
I criteri civilisti e quelli fiscali sono diversi, e ciò fa nascere l’esigenza di revisionare il bilancio.
I principi che ci interessano riguardo il reddito d’impresa sono due:
• È un criterio che tende a considerare tutti i costi e tutti i ricavi maturati nell’esercizio di
competenza. Per le persone fisiche viene considerato l’anno solare, mentre per le società
viene considerato il periodo d’imposta che può coincidere con l’anno solare;
• Il principio di certezza e di determinazione oggettiva: questo prevede che i valori del conto
economico siano certi e determinati in modo chiaro.
I redditi finanziari derivano dalle attività e dagli investimenti detenuti nel mercato finanziario. Sono
divisi in due classi:
• Redditi da capitale: disciplinati dall’art. 44 del TUIR, che elenca gli interessi sui depositi
bancari, i titoli di Stato, i dividendi delle azioni o gli utili distribuiti da società, i proventi da
fondo comune di investimento. La loro caratteristica è la certezza dell’esistenza ma
l’incertezza sull’ammontare. La tassazione colpisce il valore al lordo delle spese sostenute;
• Redditi diversi da natura finanziaria: disciplinati dall’67 del TUIR, che elenca le plusvalenza
e le minusvalenze derivanti dalla variazione di valore degli strumenti finanziari quali anche i
proventi da contratti derivati.
I redditi finanziari sono soggetti ad imposta personale progressiva ma, a differenza degli altri,
vengono versati (o meglio ritenuti) attraverso la banca o altri soggetti che applicano direttamente
un’aliquota pari al 12.5% o il 27% se si tratta di depositi.
I redditi diversi sono disciplinati dall’art. 67 del TUIR. La categoria in questione è residuale, in
quanto contiene ciò che non può essere inserito nelle precedenti cinque categorie.
DICHIARAZIONE DEI REDDITI
Per determinare la base imponibile e quindi capire il reddito generato nel periodo d’imposta, la
legge prevede una serie di regole che permettono al contribuente di quantificare tale ammontare.
Nel mese di giugno si deve compilare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente, per
poter emettere i modelli F24 attraverso i quali provvedere al versamento degli acconti.
La compilazione della dichiarazione prevede il calcolo delle 6 tipologie di reddito analizzate nel
capitolo precedente. Vengono quindi seguite e applicate procedure diverse a seconda delle varie
categorie. Naturalmente non &egr