vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Opposizione al limite di durata nei contratti
Attraverso una specifica tecnica della norma era consentita la posizione del limite di durata nel limite delle ipotesi specifiche tassative elencate. Venivano inserite specifiche situazioni in cui era possibile derogare alla regola dell'indeterminatezza del vincolo contrattuale.
Di lì a poco, nel volgere di un decennio, rileviamo un fenomeno che ha impresso un corso particolare allo sviluppo del lavoro. Diviene centrale il tema della flessibilità nel periodo delle grandi prime crisi economiche, vi è l'esigenza di una maggiore flessibilità portata dalle imprese che si riflette sulla disciplina del lavoro a termine mediante la richiesta di una maggiore apertura all'ipotesi del contratto di lavoro caratterizzato dal limite di durata: queste sono richieste che vengono riflesse nella legge 56/1987 art. 23 alla luce del quale il sistema delle causali tipizzate ossia.
quel sistema dell'elencazione tassativa di ipotesi legittimanti la posizione del limite di durata viene modificato nel senso che questo articolo consente alla contrattazione collettiva ( = l'esito della negoziazione dei soggetti rappresentativi del mondo di lavoro) di ampliare le ipotesi tipizzate nella legge 230 e quindi era possibile prevedere ipotesi ulteriori caratterizzate dalla temporaneità e comunque coerenti allo schema legislativo implicito alla legge 230/1962 (una ipotesi aggiunta dalla contrattazione collettiva era l'assunzione a termine dei lavoratori in particolare debolezza come i disoccupati di lunga durata). Era data facoltà alla contrattazione collettiva di ampliare le ipotesi purché l'assunzione a termine in tali casi non superasse specifici limiti percentuali: non era possibile operare una flessibilizzazione assoluta ma veniva aperto uno spiraglio (questa legge ha rappresentato un primo tentativo nella prospettiva di un maggior)ampliamento dell'utilizzo di questi contratti): la legge aveva portato all'accentuazione del principio secondo il quale il lavoro a tempo indeterminato era la regola mentre il termine era l'eccezione. L'Unione europea interverrà attraverso una specifica direttiva relativamente ai contratti di durata (= quindi contratti a termini sotto il profilo della durata). È una direttiva di fine anni '90 con la quale l'UE ha cercato un bilanciamento/equilibrio tra richieste diverse opposte: da un lato le richieste del mondo delle imprese le quali puntavano a realizzare una regolamentazione che fosse flessibile e che portasse alla liberalizzazione di questo contratto e che facesse di questo contratto una forma negoziale libera da vincoli favorendone l'ampliamento. Da un altro le istanze del mondo del lavoro che sono quelle di realizzare contratti di lavoro a tempo indeterminato e che permettano anche lo sviluppo di una vita degna. Questa direttiva tenta unBilanciamento tra queste istanze. Cosasuccede? A questa direttiva occorre dare attuazione e da questo punto di vista già si fronteggiavano posizioni teoriche contrapposte: - alcuni studiosi avevano evidenziato la NON necessità di provvedere attraverso una norma di ricezione, questo in considerazione del fatto che il nostro paese aveva già disciplina organica in materia di contratto a termine. - Altri studiosi vanno sostenendo un'opinione opposta: questa direttiva 70/1999 invece doveva essere oggetto di un recepimento perché incorporava un principio della legislazione nazionale vigente; questa disciplina europea costituiva un elemento di discontinuità della disciplina interna, diversamente da questa la direttiva non incorporava un principio di disfavore ma puntava alla sua liberalizzazione, alla sua estensione e al suo sviluppo. Cosa ha prevalso? Si è imposta l'opinione secondo la quale occorreva operare un recepimento della direttiva prevedendo
l'abrogazione dell'art. 2097 del C.c. perché prevedeva elementi nuovi e diversi rispetto a quelli incorporati nella 230/1962. Prevale questa opinione e si dà corso alla ricezione di questa direttiva europea attraverso il decreto legislativo 368/2001, infatti ciò spiega perché nella legge Biagi non riscontriamo, purché sia molto rilevante, alcun riferimento alla disciplina del contratto a termine (era stato oggetto di una precedente legislazione).
Quando si è andati ad applicare questo decreto legislativo i giudici si sono posti questa domanda: abbiamo accolto un principio secondo il quale è prevista la liberalizzazione di questo contratto? Questo principio non era stato superato. Il contratto a termine doveva ancora essere considerato eccezione nonostante la nuova tecnica legislativa che viene impiegata nel decreto legislativo.
Il decreto legislativo 368/2001 mutua dalla disciplina europea una nuova tecnica legislativa ossia un rovesciamento di
quella utilizzata negli anni '60: introduce la clausola generale. Prima vi era un sistema basato su ipotesi specifiche fuori dalle quali era inammissibile il contratto a termine e quindi vi era una elencazione tassativa di ipotesi (legge 230/1962) mentre ora è possibile apporre limite di durata ricorrendo una serie di ragioni:- ordine tecnico;
- produttivo;
- sostituivo;
- organizzativo;
Specificare le ragioni per le quali assume a tempo determinato. In caso contrario aggirerebbe il principio generale di indeterminatezza del principio contrattuale che non è stato travolto dalla nuova legislazione.
I giudici imponevano ai datori di lavoro di indicare la ragione nel contratto, ritenendo molti contratti a termine illegittimi nel momento in cui il datore di lavoro usava espressioni generiche tanto da aggirare l'obbligo di specificazioni delle ragioni, obbligo che i giudici consideravano in modo restrittivo.
I giudici consolidano questa interpretazione e diventa diritto vivente con il risultato che il legislatore con la legge 247/2007 inserisce e si avvale di una tecnica attraverso l'introduzione di un comma 01 al comma 1 del 368, attraverso il quale il legislatore recepisce questo diritto vivente secondo cui il contratto di lavoro si intende a tempo indeterminato.
Per come erano andate le cose il legislatore aveva lasciato insoddisfatti il mondo dell'impresa.
Perché non si era affermato in concreto quel principio per cui potevano accedere liberamente al contratto in quanto l'accesso al contratto era ancora vincolato all'idea secondo la quale si poteva accedere alla forma negoziale solo sussistendo delle ragioni che erano generiche nella norma ma che i giudici chiedevano essere specificate.
Il mondo delle imprese è rimasto insoddisfatto ed ecco che va maturando l'idea di un intervento di riforma su questo decreto n.368/2001 nel senso di poter accedere a questa figura negoziale a mani libere. Questa istanza viene raccolta dalla legge Fornero.
La legge Fornero per intercettare l'insoddisfazione che era emersa nel mondo delle imprese ammette la possibilità di sottoscrivere contratti a termine che se sono nel limite di durata di 12 mesi possono essere acausali: quindi non sono soggetta all'obbligo di specificare le ragioni per le quali accedo a quella forma contrattuale (= quando il contratto a termine ha la
durata massima di 12 mesi l'ordinamento prevede un'aderoga dal punto di vista della causale: è possibile non indicare le ragioni temporanee e quindi posso accedere a questa forma contrattuale in modo libero in modo tale che posso decidere alternativamente se avvalermi di un lavoratore a termine o a tempo indeterminato). La legge Fornero pensa quindi di promuovere l'impiego perché il datore di lavoro è meno vincolato. Quella esigenza di flessibilizzare l'impiego lascia scontento il mondo delle imprese. C'è stata una liberalizzazione non nei termini necessari. Jobs Act Atto I Per dare un segnale alle esigenze di maggiore occupabilità il governo Renzi dice che bisogna dare una scossa al mercato di lavoro favorendo un incremento nei numeri degli occupati. Il Jobs Act parte con il contratto a termine nella visione di una maggiore flessibilità. → Decreto Poletti: Decreto 34/2014 convertito con legge 78/2014. Questo decreto legge opera unaserie di modifiche che erano ricontenute e che poi sono confluite in uno dei decreti della legge di delega 183/2014 e segna l'inizio del job Act atto II. Attraverso il decreto legislativo 81/2015 le modifiche introdotte dal JobsAct atto primo al contratto a termine trovano oggi collocazione nell'81/2015 perché si era posta un'esigenza di razionalizzazione. Vediamo qual è oggi la disciplina del contratto a termine. Innanzitutto bisogna chiarire il fatto che oggi la disciplina del contratto a termine è contenuta non più nel decreto legislativo 368/2001 ma ora è nell'81/2015 dagli articolo 19 - 29. La regola generale è quella secondo la quale un contratto è da intendersi a tempo indeterminato. A seguito del decreto Poletti quale risposta possiamo dare alla domanda: In quali casi è ammissibile l'apposizione al limite di durata? È possibile accedere al contratto a termine senza causale, è stato decausalizzato.e acausale per un solo lavoratore, purché non superi il 20% del totale dei dipendenti. Inoltre, la decausalizzazione comporta l'obbligo per il datore di lavoro di motivare in modo specifico e dettagliato le ragioni che giustificano l'utilizzo del contratto a termine acausale. È importante sottolineare che la decausalizzazione non significa l'eliminazione totale dei vincoli, ma piuttosto una riduzione dei casi in cui è possibile utilizzare il contratto a termine acausale. In conclusione, la normativa prevede una serie di limiti e vincoli per l'utilizzo del contratto a termine acausale, al fine di evitare abusi e garantire una maggiore stabilità lavorativa.