Riassunto di Marketing
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3 – SEGMENTAZIONE E TARGETING
INDIVIDUAZIONE DEL MERCATO OBIETTIVO
È un processo sequenziale e nessuna fase può essere saltata l’azienda deve necessariamente
passare per tutte queste fasi
IDENTIFICAZIONE DELLA COMBINAZIONE PRODOTTO/MERCATO
L’azienda ha un’idea generale del mercato e dei competitor con cui dovrà scontrarsi e individua lo
spazio competitivo; è una fase esplorativa, piuttosto confusa e in cui difficilmente l’azienda ha idee
chiare
Le dimensioni che compongono la matrice prodotto-mercato sono i bisogni (di cosa ha bisogno il
cliente), i gruppi di clienti (quali clienti percepiranno il bisogno) e la tecnologia (come soddisfare il
bisogno)
La matrice intercetta la concorrenza dell’azienda:
• Concorrenza diretta i competitor rispondono agli stessi bisogni, servono gli stessi clienti
con la stessa tecnologia (perfetta compatibilità con i competitor)
• Concorrenza indiretta/potenziale i competitor differiscono su 1 o più delle dimensioni
DECISIONE DI DIFFERENZIAZIONE
L’azienda differenzia perché uno stesso bisogno è percepito in maniera diversa da soggetti diversi
L’azienda affronta in maniera diversa la pluralità di soggetti che fanno parte del mercato (es. il
bisogno di spostarmi può essere soddisfatto con un’auto ma quelli che comprano un’auto hanno
diverse strutture di preferenze e diversi processi di acquisto-consumo)
Uno stesso bisogno (es. fame) può sorgere in contesti diversi (es. colazione vs. merenda in
università) e da ciò derivano diversi competitor
Se l’azienda riconosce che esistono meccanismi diversi tra i vari consumatori, deciderà di
veicolare diverse proposizioni di valore.. altrimenti veicolerà solo una proposizione di valore
Se il prodotto è percepito come una commodity (es. zucchero) spesso si tende a non diversificare
(tuttavia alcuni differenziano perché individuano comunque comportamenti di acquisto diversi tra i
clienti)
Differenziare = offrire profili diversi a segmenti diversi
Senza differenziare il prodotto l’azienda potrebbe perdere molte occasioni di mercato (es. facendo
solo le bottiglie da 1,5 litri soddisfo il bisogno di chi vuole bere a casa, ma perdo il mercato relativo
a chi vuole bere durante l’intervallo).. però differenziare determina ↑costi e ↓economie di scala
Le imprese che vogliono differenziare devono necessariamente intercettare 2 criteri:
• Rilevanza il consumatore deve ritenere importanti gli elementi discriminanti
• Percepibilità il consumatore deve facilmente percepire le dimensioni su cui l’impresa
decide di differenziare, cioè l’impresa deve veicolare facilmente le differenze di proposizioni
di valore
SEGMENTAZIONE E PROFILAZIONE
Se l’azienda decide di differenziare le strategie e di offrire diverse proposizioni di valore, essa
individua gruppi di consumatori che si comportano nello stesso modo
Un segmento è un gruppo di persone che si comportano nello stesso modo
I segmenti sono omogenei al loro interno + eterogenei tra di loro dato il segmento come un
gruppo di persone, le persone all’interno del gruppo si comportano nello stesso modo e si
comportano in maniera diversa da persone appartenenti a gruppi diversi
Se non c’è omogeneità all’interno o eterogeneità tra i segmenti, allora quello non è un segmento
Il segmento deve intercettare anche altre dimensioni:
• Descrivibilità e misurabilità l’impresa sa descrivere ciascun segmento (es. sesso diverso);
se l’impresa può stimare (misurare) il segmento è ancora meglio ma non è fondamentale
Se i criteri di descrizioni sono oggettivi, allora più probabilmente i segmenti sono misurabili
• Sostanzialità il segmento deve essere composto da un numero minimo/accettabile di
persone; la dimensione minima dipende dal mercato ma deve garantire la stabilità
• Stabilità i criteri devono essere certi e non mutevoli nel breve periodo
• Differenziabilità ci deve essere un criterio per cui si può appartenere a un solo segmento
(es. sesso, età..)
• Raggiungibilità i segmenti devono appartenere allo spazio competitivo dell’impresa,
altrimenti sarà difficile veicolare una proposizione di valore; tanto più un segmento è
descrivibile quindi conoscibile, tanto più riesco a raggiungerlo
Ci sono 2 approcci alla segmentazione:
• Management driven (strategia push) è l’impresa a definire a tavolino i criteri attraverso
cui segmentare il mercato
• Market driven (strategia pull) è il manager a definire i criteri attraverso cui segmentare il
mercato sulla base del comportamento dei consumatori
• A priori riconoscere l’esistenza di una diretta relazione tra le caratteristiche dei clienti e i
loro comportamenti; riguardano spesso variabili oggettive (“dentro o fuori”)
Criteri geodemografici età, sesso, luogo di residenza
o Criteri sociografici reddito, professione, titolo di studio (segmentare sul prezzo)
o Criteri psicografici stili di vita, personalità, valori
o
• A posteriori analizzare i comportamenti dei clienti e segmentare i clienti per i loro
comportamenti sulla base delle loro motivazioni
Benefici ricercati ricercano benefici diversi (funzionali vs. emozionali)
o Tipo di utilizzo prodotto usato in maniera diversa (occasione “quando” - intensità
o “quanto”)
Livello di soddisfazione
o Fedeltà alla marca
o Sensibilità alle variabili di marketing
o
VANTAGGI della segmentazione a priori SVANTAGGI della segmentazione a priori
Dati facilmente disponibili (NO ricerche di Soggetti facenti parte dello stesso segmento
mercato) possono comportarsi in maniera diversa
Segmenti facilmente categorizzabili e
descrivibili
Mappa Eurisko segmenta la popolazione italiana over14 anni rispetto a 4 driver (individualismo-
donazione + protagonismo-ripiegamento), lavorando su un campione di 10.000 individui ogni anno,
e specifica i singoli gruppi rispetto a logiche di segmentazioni a priori
VANTAGGI della segmentazione a posteriori SVANTAGGI della segmentazione a posteriori
È più efficace perché guarda davvero cosa È complessa e costosa
fanno i consumatori
Profilazione dei segmenti Dopo aver identificato i segmenti bisogna descriverli; una volta
stabilito un criterio di segmentazione (a priori o posteriori) poi lo descrivo usando criteri più specifici
(se uso segmentazione a priori li descrivo con variabili della segmentazione a posteriori, e
viceversa)
TARGETING
L’impresa sceglie quali sono i segmenti target, cioè quelli a cui indirizzare le proposizioni di valore
I segmenti sono stati già descritti in profondità, quindi l’impresa va a intercettare quali segmenti
sono più coerenti con le caratteristiche dei prodotti
Valutazione qualitativa iniziale (descrizione) + valutazione quantitativa finale in termini di:
• Domanda potenziale (volume e valori)
• Pressione competitiva (quanti competitori offrono già lo stesso prodotto?)
• Rischiosità (quanto è stabile la concorrenza?)
• Accessibilità
• Redditività
L’impresa dovrebbe comunque aver già fatto in parte questa valutazione quantitativa
Targeting concentrato focalizzazione su un solo segmento
Targeting specializzato focalizzazione su diversi segmenti
ANALISI DI POSIZIONAMENTO
Una volta identificati i segmenti ideali, l’azienda decide come veicolare la proposizione di valore;
più sono numerosi i segmenti cui l’azienda decide di veicolare la proposizione di valore, più
saranno i posizionamenti
4 – RICERCHE DI MERCATO
Le ricerche di mercato stanno alla base di qualsiasi decisione di marketing. Esistono 2 ricerche:
• Costumer insight ricerca sul consumatore
• Market sensing ricerca di mercato
La ricerca di mercato è un processo che riguarda il dipartimento di marketing costantemente
CUSTOMER INSIGHT
Insight output della ricerca sul consumatore; serve a conoscere a fondo il consumatore e
sostenere il processo decisionale
Viene identificato come una verità che riguarda un gruppo di individui, quindi per riconoscere un
insight deve valere la frase “tutti sanno che..” (es. tutti sanno che ai bambini fanno schifo le
verdure)
L’insight non è temporaneo, riguarda sempre un lasso di tempo medio/lungo
Obiettivo comprendere gli individui in qualità di “individui”, non “consumatori”, in modo tale da
poter intercettare/anticipare meglio le esigenze degli individui
È difficile fare ricerche di customer insight perché riguarda dimensioni che attengono di più alla
personalità degli individui.. non riguarda il prodotto!
MARKET SENSING
La capacità di esplorazione del mercato è fonte di VC, specialmente quando l’impresa si approccia
al mercato prima/meglio di come lo facciano gli altri
E’ un’attività costante e va fatta in maniera strutturata
Prima di fare una ricerca di mercato (che costa) dobbiamo chiederci se ne vale la pena le
informazioni possono essere ottenute in modo diverso o a costo zero? Mi daranno benefici
maggiori al costo sostenuto per la ricerca?
I dati possono essere:
• Primari realizzati attraverso ricerche ad hoc
• Secondari non servono ricerche ad hoc perché già presenti:
Fonti interne (es. realizzati attraverso ricerche ad hoc passate)
o Fonti esterne (es. internet, acquistabili/ottenibili da fonti accreditate tipo ISTAT)
o
I dati secondari permettono all’azienda di risparmiare in termini di tempo e costi ma hanno anche
dei limiti
• Non risponde perfettamente agli obiettivi dell’azienda
• Non sono controllabili
• Non sono accurati
• Non sempre sono aggiornati
• Non sono disponibili in tutte le forme utili (es. mi servono dati sui bambini di 1 anno ma me
li danno sui bambini di 2 anni)
PROCESSO DI RICERCA DI MERCATO
DEFINIZIONE DEL PROBLEMA DI RICERCA
L’obiettivo di una ricerca deve sempre essere né troppo ampio, né troppo stretto (rischio di
ottenere info non sufficientemente dettagliate vs. perdita di conoscenza laterale)
Ci sono 3 tipi di ricerca:
• Esplorativa ottenere informazioni su un fenomeno non noto (obiettivo ampio + dati
qualitativi)
• Descrittiva descrivere le caratteristiche di un fenomeno noto (dati quantitativi/qualitativi)
• Causale spiegare nessi di causalità fra variabili (dati quantitativi)
SELEZIONE DEL DISEGNO
L’output è il piano di ricerca documento che specifica l’obiettivo e mette insieme le informazioni
utili per ottenerlo (tempo + ricerca + campioni)
SELEZIONE DEL CAMPIONE
L’azienda decide qual è la tipologia di raccolta dati più adatta (qualitativa/quantitativa)
Ricerca qualitativa usa un campione non probabilistico (opportunistico) cioè le persone che fanno
parte del campione vengono selezionate sulla base delle informazioni che l’azienda è in grado di
veicolare; garantisce una ricerca di mercato più dettagliata
Ricerca quantitativa usa un campione probabilistico cioè rappresentativo della popolazione;
garantisce una ricerca di mercato più generalizzabile
STRUMENTI DI RACCOLTA DATI
TECNICHE QUALITATIVE
• Interviste in profondità è un colloquio registrato tra intervistatore e intervistato
Strumento utilizzato: traccia/griglia + tecnica proiettiva
Intervista non strutturata l’intervistatore fa una domanda aperta e permette
o all’intervistato di raccontare “a braccio”
Intervista semi-strutturata l’intervistatore fa più di una domanda ma lasciando
o all’intervistato la possibilità di rispondere “a braccio”
Intervista strutturata l’intervistatore fa domande specifiche
o
• Focus group l’intervistatore lancia un input e agevola le discussioni di gruppo; è un
moderatore fra più intervistati
Strumento utilizzato: protocollo + tecnica proiettiva
• Tecniche proiettive risponde alla domanda “se tu fossi..”; si intercetta il parere di una
persona in forma indiretta, abbattendo le barriere con l’intervistatore ma necessita di
persone molto competenti per interpretare i risultati (es. psicologi)
• Etnografia + netnografia sono forme di immersione nel contesto di consumo; nella prima
il contesto è fisico/reale, nella seconda il contesto è virtuale (es. facebook, tripadvisor..)
La etnografia è poco costosa e garantisce l’anonimato (quindi più alto grado di veridicità)
Immersione in forma partecipata il soggetto fa le stesse cose delle persone che
o studia
Immersione in forma non partecipata il soggetto si immerge ma osserva e basta
o
TECNICHE QUANTITATIVE
• Questionario può essere veicolato con modalità diverse (es. telefono, online..anche
intervista personale); consente risparmio di tempo e costi
• Osservazione strutturata realizzata in un contesto (come l’etnografia) sulla base di un
questionario/griglia da compilare
• Esperimento ha l’obiettivo strutturale di valutare i nessi di causalità; innesta una modifica
in una variabile indipendente e coglie le conseguenze su altre variabili
Blind test esperimento in cui una dimensione è tenuta nascosta (es. ti vendono la
o coca-cola al cinema e poi ti dicono che è coca-cola zero)
PROCESSO DI RICERCA DI MARKETING + ANALISI DEI DATI
Raccolgo i dati della ricerca e li analizzo; spesso i dati vengono analizzati da 3 soggetti per avere 3
prospettive diverse
REPORT DI RICERCA
Dà l’insight a partire dai quali l’azienda può sviluppare ciò di cui ha bisogno
5 – INNOVAZIONE
INNOVAZIONE
L’innovazione è fondamentale per le imprese (in alcuni casi è condizione di VC, in altri è
condizione di sopravvivenza), perché:
• I mercati sono dinamici
• Oggi sono pochi i casi in cui il prodotto ha successo perché è frutto di un’intuizione di un
manager (poche innovazioni disruptive che consentono all’impresa di avere un vantaggio a
medio/lungo termine)
• Ogni innovazione viene bruciata in poco tempo (es. coca-cola mette i nomi sul packaging e
nutella lo copia pochi mesi dopo)
• Circa la metà del fatturato di un’impresa deriva da prodotti lanciati negli ultimi 5 anni
La capacità innovativa dell’impresa deriva da:
• Customer insight
• Market sensing
• Cambiamenti di normativa
• Scoperte tecnologiche rivoluzionarie
NU NEW TO THE MARKET NEW TO THE WORLD
OV (DISRUPTIVE)
• Nuovo segmento
O Tasso innovativo talmente alto da rompere
PE le regole del mercato; prodotto che il
• Nuovo paese
R I consumatore non ha mai visto sul mercato
MIGLIORAMENTI DI PRODOTTO
CLI NEW TO THE FIRM
EN (INNOVAZIONE Novità nelle risorse utilizzate o nel
TI processo produttivo
INCREMENTALE) • Nuove linee di prodotto
• Cambi di packaging • Nuovi prodotti all’interno di una linea già
• Nuovi formati esistente
• Nuove soluzioni di prodotto NUOVO PER
L’IMPRESA
PROCESSO INNOVATIVO
È un processo ideale (alcune fasi possono essere saltate) e sequenziale (l’ordine delle fasi non
può essere cambiato) + ad imbuto (nel corso delle fasi alcune idee vengono scartate)
IDENTIFICAZIONE DELLE OPPORTUNITA’
La spinta innovativa può provenire dall’interno dell’azienda (es. R&D customer insight + market
sensing) o dall’esterno
PRODUCT CONCEPT
È la fase in cui vengono prodotte idee a partire dagli insight ottenuti nella fase 1; non esiste ancora
nulla che assomigli al prodotto finale, è una mera descrizione di prodotto. Solitamente l’idea è
composta da:
• Forma aspetto fisico e componenti
• Tecnologia tecnologia impiegata
• Fabbisogno a cosa serve il prodotto
VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE
È la fase in cui l’impresa identifica quali idee saranno fallimentari e quali idee saranno un successo
(FIT tra idea-impresa-mercato). I criteri di valutazione sono:
• Coerenza con le strategie aziendali
• Capacità dell’impresa di produrre e commercializzare il prodotto
• Potenziale commerciale (es. tasso di crescita del mercato, vulnerabilità dei concorrenti..)
L’impresa è costretta a valutare il FIT in maniera teorica perché il prodotto non esiste ancora
incertezza
L’incertezza può essere ridotta attraverso un concept test mera descrizione di prodotto a livello
teorico che viene sottoposta al target ideale che percepisce quel fabbisogno a cui quel prodotto
vuole rispondere, chiedendo al target cosa ne pensi di quel prodotto
L’obiettivo è capire in che termini il prodotto può essere potenziato/cambiato
PIANO DI MARKETING
Attività di marketing che correlano le idee che hanno superato le fasi precedenti; viene sviluppato il
prototipo di prodotto
Product test il prototipo viene sottoposto ad un panel ridotto di consumatori; al panel viene fatto
provare il prodotto
LANCIO SUL MERCATO
Market test l’impresa ha già il prodotto finito (non più modificabile) corredato del piano di
marketing e viene lanciato in una specifica area geografica; l’impresa monitora l’andamento delle
vendite e le dimensioni inerenti al piano di marketing (es. prezzo, distribuzione, comunicazione..)
VANTAGGI SVANTAGGI
Possibilità di verificare l’efficacia e l’idoneità Elevato investimento necessario per garantire
della politica commerciale adottata la significatività del test
Possibilità di ottenere informazioni utili alla L’impresa si scopre sul mercato possibilità di
modificazione della strategia prima del lancio essere anticipata/imitata dai concorrenti
Possibilità di stimare volume di vendita + quota Allungamento del processo decisionale
di mercato raggiungibile dal prodotto maggior tempo + maggiori costi
POTENZIALE DI MERCATO
BENI AD UTILITA’ SEMPLICE beni che vengono utilizzati una volta sola (es. pane)
Potenziale di mercato = N*P*O*DP
N = numero di potenziali acquirenti
P = % di acquirenti che non hanno impedimenti oggettivi ad acquistare il prodotto (propensi
all’acquisto)
O = frequenza di impiego di prodotto
DP = quantità di prodotto utilizzata
BENI AD UTILITA’ RIPETUTA beni che prevedono più atti di consumo (es. detersivo)
Potenziale di mercato = N*P – U + U
uso sost
N = numero di potenziali acquirenti
P = % di acquirenti che non hanno impedimenti oggettivi ad acquistare il prodotto (propensi
all’acquisto)
U = unità di prodotto già in uso
uso
U = unità di prodotto in uso prossime alla sostituzione
sost 6 – PRODUCT MANAGEMENT
PRODUCT MANAGEMENT
Product management gestione delle scelte aziendali relative ai prodotti e alle marche
dell’azienda
La gestione è perpetua (viene fatta di continuo) + ciclica (parte dall’innovazione e passa per la
strategia)
Prodotto = mezzo per conseguire valore
DEFINIZIONE DEL MIX DI PRODOTTI
Mix/assortimento/gamma/portfolio di prodotti insieme di prodotti offerti dall’azienda
Bisogna tener conto anche di tutti i brand (es. Unilever ha Algida, Grom...)
Linea di prodotti insieme di prodotti correlati tra di loro
Le variabili possono essere diverse (es. segmentazione, linea di produzione, prezzo, benefici
ricercati...)
A volte il portfolio è talmente semplice (es. monoprodotto) che non ci sono linee di prodotti (es.
Fonzies)
Prodotto tipo di prodotto
Stock Keeping Unit (SKU)/referenze/articolo singole unità di prodotto (cioè se il prodotto può
essere specificato ancora più a fondo, es. uno da 1 litro e uno da 1,5 litro)
Non in tutte le imprese però esiste un mix di prodotti organizzato in linee di prodotti aventi diverse
unità di prodotti (es. non esistono linee)
Scelte strategiche di product mix:
• Un solo prodotto per tutto il mercato
• Strategia selettiva pochi prodotti per pochi segmenti
• Strategia intensiva molti prodotti per pochi segmenti
• Strategia estensiva molti prodotti per molti segmenti
GESTIONE DELL’ASSORTIMENTO
Ampiezza numero di linee con cui è organizzata la gamma
Lunghezza numero di prodotti offerti all’interno di una specifica linea
Profondità numero di referenze all’interno di una specifica linea/prodotto (es. diversi formati,
gusti, forme...)
Omogeneità legame tra le varie linee di prodotto offerte
Ci deve essere un criterio univoco secondo cui l’impresa organizza gamma e linee (es. Vitasnella
organizza la linea “yogurt” sulla base della composizione dello yogurt)
GESTIONE NEL TEMPO DEL MIX DI PRODOTTI
Ampliare creare nuove linee
Allungare inserire nuovi prodotti in una linea
Approfondire inserire nuove referenze in una linea
STRATEGIE AD HOC DI GESTIONE NEL TEMPO DEL MIX DI PRODOTTI
OBIETTIVO: rafforzare il posizionamento e allargare il target
Trading up ampliamento/allungamento con ↑ prezzo e posizionamento
Trading down ampliamento/allungamento con ↓ prezzo e posizionamento
La variazione di prezzo va valutata rispetto al prezzo dei miei prodotti già esistenti, non mi
interessa cosa fanno i competitor
OBIETTIVO: mantenere lo stesso target aumentandone l’intensità di utilizzo
Flankering approfondimento
OBIETTIVO: non c’è uno specifico obiettivo strategico, sono strategie che partono da un’analisi
profonda del consumatore (es. analisi etnografiche)
Up selling veicolare nel punto vendita una versione migliore di prodotto ad un consumatore che
ha già deciso di acquistarlo; viene concretizzata solo all’atto di vendita dal personale di vendita (es.
aggiungendo 1 € hai il formato grande)
Cross selling ampliamento/allungamento/approfondimento in funzione dei bisogni del
consumatore che l’impresa ha valutato nel punto vendita (es. McDonald ha notato che i suoi clienti
volevano il dolce e quindi successivamente ha messo il McCafé)
L’impresa deve rispettare 2 principi coerenza + evitare la cannibalizzazione
VALUTAZIONE DEL MIX DI PRODOTTI
Question mark l’impresa deve decidere tra strategia di sostegno e strategia di disinvestimento
Star l’impresa è competitiva + sono i prodotti su cui l’impresa fa affidamento
Cash cow sono mercati statici/maturi + sono i prodotti i cui investimenti sono funzionali al loro
mantenimento sul mercato (es. innovazione incrementale)
Dog l’impresa deve disinvestire o, più raramente, fare innovazione disruptive
Introduzione immissione del prodotto sul mercato + vendite lente + investimenti non ancora
coperti dai profitti + l’impresa fissa il suo posizionamento
Crescita tasso di crescita più rapido + aumentano le vendite + l’impresa monitora la sua strategia
+ si possono scatenare guerre di prezzo con i competitor
Maturità fase più lunga + vendite raggiungono i picchi massimi fino ad un livellamento +
l’impresa sviluppa iniziative di marketing che reagiscono a stimoli provenienti dai competitor o dai
consumatori
Declino innovazioni disruptive + diminuzione delle vendite
Ritiro del prodotto dal mercato? Investimenti nel mercato? Taglio dei prezzi?
INDICI QUANTITATIVI
QUOTA DI MERCATO
Indica la “dominanza” dell’impresa sul mercato
QM = Quantità vendute dall’impresa/quantità vendute in totale sul mercato
TASSO DI SVILUPPO
Indica quanto sta crescendo la domanda all’interno del mercato
Tasso di sviluppo % = (Vendite – vendite )/vendite
t2 t1 t1
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
Indica la capacità del prodotto di coprire i CF
MCu = P – CVu
CONTRIBUZIONE NETTA DI MARKETING
Indica la bontà strategica in senso generico
Contribuzione netta di marketing = MC complessivo – spese di marketing
ROMI
Indica l’efficacia strategica
ROMI = Contribuzione netta di marketing/spese di marketing
BEP
Valori di vendita a partire dai quali l’impresa inizia a conseguire utili
BEP a volume = CF/(P – CVu)
BEP a valore = BEP a volume * P
7 – POSIZIONAMENTO
Posizionamento selezionare le caratteristiche distintive (rilevanti + differenzianti) del prodotto
che permettono di catturare l’attenzione del consumatore e che lo distinguono dai prodotti dei
competitor
Queste caratteristiche devono essere percepite dal consumatore:
• Immediatamente le caratteristiche non devono essere troppo complesse da percepire
• Univocamente il prodotto deve essere percepito nello stesso modo da tutti i target
• Memorabilmente si deve fissare nella memoria dei consumatori nel m/l termine
Il posizionamento prevede un monitoraggio costante, con l’obiettivo di rendere il prodotto speciale
(anche se è una commodity)
POSIZIONAMENTO DESIDERATO
Posizionamento desiderato strategia di posizionamento attivata dall’impresa (lo si capisce dal
CLAIM)
E’ il posizionamento visto dalla parte dell’impresa, ed è composto da 2 dimensioni:
• DOVE posizionare contesto competitivo (concorrenti) + segmenti target
• COME posizionare criteri di posizionamento (dimensioni su cui si fa leva), è la
dimensione che viene costantemente monitorata
CRITERI DI POSIZIONAMENTO
• Attributo di prodotto (es. tonno rio mare così tenero che si taglia con un grissino)
• Benefici ricercati (es. Rocchetta pulita dentro e bella fuori)
• Occasione d’uso (es. Tuc lo mangi quando hai fame fuori dai pasti)
• Categorie di utilizzatori (es. maschio vs. femmina)
• Rapporto qualità/prezzo (es. brand low cost)
• Confronto con i concorrenti (es. pubblicità comparativa)
• Confronto con una classe di prodotto (ci possono stare anche competitor indiretti)
• Valori (spesso un valore emozionale)
Il prezzo NON è mai una variabile del posizionamento, è una conseguenza
POSIZIONAMENTO PERCEPITO
Posizionamento percepito la posizione che il prodotto occupa nella mente dei consumatori
L’obiettivo dell’impresa è quello di monitorare il posizionamento desiderato affinché ci sia un match
perfetto tra il posizionamento desiderato e quello percepito
Per fare ciò, l’impresa attiva un processo di analisi sulla base di 2 mappe:
• Mappa delle preferenze strumento di rappresentazione dei cluster di consumatori
(segmenti) presenti sul mercato; identifica “quanto” i cluster sono soddisfatti rispetto ai
driver ritenuti importanti
Se ci sono dei vuoti significa che non ci sono cluster che ricercano quei attributi/benefici
oppure che non c’è rispondenza con i cluster in termini di percezione di valore
• Mappa delle percezioni strumento di rappresentazione dei brand concorrenti all’interno
di una stessa categoria; questa mappa lavora sul posizionamento percepito (non
desiderato) quindi “come i consumatori percepiscono i brand”
Il primo step per costruire entrambe le mappe è la costruzione degli assi intercettare sul mercato
quali sono gli attributi/benefici rilevanti per i consumatori per la categoria di prodotto in cui
l’impresa compete
L’ultimo step è la sovrapposizione delle mappe permette di capire quanto i brand sul mercato
siano in grado di rispondere in maniera adeguata alle richieste dei segmenti presenti sul mercato,
e permette quindi di individuare i vuoti d’offerta (nessun segmento si sovrappone ad un brand)
8 – BRAND
Brand universo di valori che connotano il prodotto e ne favoriscono la gestione
Prodotto insieme di caratteristiche tecnico-funzionali
Il brand risponde a 3 macro funzioni:
• Velocizzare il processo di acquisto del consumatore
• Garantire la qualità (riduzione della percezione di rischio)
• Forma di espressione di se stessi
L’obiettivo delle imprese è quello di avere, nel proprio portafoglio, -prodotti e +brand
Sono i consumatori a stabilire quanto un prodotto è forte da diventare un brand
Brand = combinazione di elementi per identificare e distinguere un prodotto/servizio da quello dei
competitor identità di marca
• Nome facile da ricordare/pronunciare/scrivere + comunica benefit di prodotto + distintivo
• Logo identità visiva del brand (rinforza e potenzia il significato del brand)
Analogico rimanda ad un tratto già esistente (es. rolex rimanda ad una corona)
o Astratto creato ex novo (es. nike)
o Coincidente con il nome (es. Google)
o
• Pay-off frase di poche parole che identifica il posizionamento del brand (es. das auto)
• Character personaggio usato per identificare il brand (es. capitan findus)
Questi elementi devono avere diverse caratteristiche:
• Riconoscibilità capacità di permettere l’identificazione
• Versatilità capacità di adattarsi a contesti diversi (es. 4 salti in padella non è molto
versatile)
• Tangibilità capacità di rendere concreto il prodotto/servizio o la promessa di marca
(promessa in termini di beneficio)
• Modificabilità adattabilità rispetto al tempo e rispetto ai gusti dei consumatori
Il valore del brand è tanto più elevato quanto sono alti:
• Brand awareness (notorietà) consapevolezza dell’esistenza di una certa marca; può
essere top of mind (la prima marca conosciuta dall’individuo, es. chiquita è la prima marca
di banane)
• Brand preference (preferenza) interesse che i consumatori hanno nei confronti della
marca, tale da preferirla rispetto ai concorrenti
• Brand loyalty (fedeltà) comportamento ripetutamente favorevole del consumatore verso
una marca
Brand equity valore aggiunto che una marca nota e rispettata conferisce a un prodotto nell’ambito
del mercato (effetto differenziale nella risposta dei consumatori al prodotto)
Si riflette sulla valutazione finanziaria della marca, è la valutazione finanziaria del brand
MARCA INDUSTRIALE vs. PRIVATE LABEL
Marca industriale marca creata da un’impresa di produzione (es. Algida, Barilla..)
Marca commerciale/private label marca creata da un’impresa della distribuzione (es.
esselunga, carrefour..)
STRATEGIE DI GESTIONE DELLA MARCA
A volte una stessa azienda può adottare più strategie contemporaneamente
• Individual brand l’impresa dà un nome specifico ad ogni prodotto (es. Unilever)
• Family brand l’impresa decide di agglomerare una serie di marche dando loro un nome
uguale per tutte in quanto hanno alcune caratteristiche in comune (es. Fiat ha Lancia, Alfa
Romeo..)
Tutti i prodotti indicano il nome del “cappello”
• Company brand l’impresa lancia la marca sul mercato dandole il nome dell’azienda; è la
strategia più semplice perché c’è una relazione diretta tra l’azienda produttrice e il brand
(es. Bic dà il suo nome a tutti i prodotti che lancia sul mercato)
• Soluzione intermedia alcune marche hanno un brand individuale ma con una parte del
nome uguale (es. Nestea, Nescafé..)
BRAND EXTENSION
Usare il nome di un brand di successo per lanciare nuovi prodotti (es. McDonald’s ha lanciato
ketchup e maionese da supermercato con il brand McDonald’s + Vespa usa il marchio Vespa sia
nei motorini che nel settore dell’abbigliamento)
Consente al produttore di risparmiare i costi della promozione del nuovo brand
Il rischio è di diminuire il valore della marca se ci si allontana tanto dal core business
• Estensione di linea lancio di nuove linee o nuovi prodotti in una linea già esistente
• Estensione di categoria lancio di nuovi prodotti in una categoria di prodotto in cui
l’impresa non era esistente
CO-BRANDING
Usare 2 brand congiuntamente per sfruttare la brand equity di entrambi è un meccanismo win-
win
I brand sono paritari, cioè non ce n’è uno che è più forte dell’altro
I 2 brand devono restare distinti e chiaramente visibili al consumatore finale (es. la carta Fidaty è
veicolata con i brand Esselunga e Mastercard)
Sarebbe meglio se ci fosse un fit di base tra i brand (spesso di valore o target)
BRAND LICENSING
È come il co-branding ma c’è un brand dominante e uno dominato
Un brand cede all’altro la possibilità di utilizzo della propria immagine dietro un corrispettivo (es.
Siemens Hello Kitty, Siemens è dominante e Hello Kitty è dominata)
Il prodotto esce sul mercato con il brand dominante (nell’esempio esce col brand Siemens)
Vantaggi bassi costi + pubblicità gratuita + introiti dalle royalties
Svantaggi no controllo sulla produzione
9 – PRICE MANAGEMENT
Prezzo = ammontare di denaro che il consumatore deve sacrificare per avere ciò che desidera +
valore che il consumatore riconosce alle cose che desidera
Il prezzo può essere anche una variabile di segmentazione (es. le diverse offerte Vodafone)
PROCESSO
IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI DI INFLUENZA
I fattori che influenzano il prezzo sono:
• Obiettivi dell’impresa l’impresa deve decidere se adottare:
Prezzo di scrematura prezzo max che i consumatori sarebbero disposti a pagare
o con l’obiettivo di massimizzare il valore delle transazioni (premium price)
Prezzo di penetrazione prezzo < media di mercato per massimizzare i volumi e
o guadagnare rapidamente quote di mercato
• Posizione di mercato dell’impresa se l’impresa opera già sul mercato stabilisce un
prezzo coerente con il posizionamento che strutturalmente ha sul mercato, se invece è un
nuovo entrante si ritorna al punto precedente e decidere se adottare un prezzo di
scrematura o di penetrazione
• Dimensione della concorrenza attuale se il mercato è stabile anche i prezzi tendono a
restare stabili, se il mercato è in fermento anche i prezzi tendono a modificarsi; riguarda la
stabilità del prezzo
• Dimensione della concorrenza potenziale il prezzo può essere usato dai nuovi entranti
per rompere le regole del gioco, e da parte delle imprese già presenti sul mercato per
segnalare la loro posizione ed erigere una barriera all’entrata
• Vantaggi differenziali di prodotto il prezzo può essere usato per segnalare la
superiorità del prodotto (es. premium price esplicita un posizionamento elevato)
Il premium price è il prezzo max che il cliente è disposto a pagare rispetto al prezzo dei
concorrenti
• Atteggiamento del consumatore l’impresa deve tener conto di quanto sono disposti i
consumatori a spendere per quanto è importante per loro il prodotto
• Vincoli legali nei mercati regolamentati l’impresa non può maneggiare liberamente il
prezzo (es. mercato dei farmaci)
• Costi
PRICE SETTING
ORIENTAMENTO AI COSTI
Prezzo = costi di produzione/distribuzione/gestione + mark up
È il metodo più diffuso nel complex system
Un prodotto può essere venduto sottocosto, ma il sottocosto deve essere limitato nel tempo
Vantaggio il prodotto non viene venduto sottocosto
Svantaggio trascura l’interdipendenza tra il prezzo e i volumi di vendita; ecco perché a volte il
costi variabili
prezzo=
prezzo viene calcolato come (1−MC )
ORIENTAMENTO ALLA CONCORRENZA
Prezzo fotocopia stesso prezzo del price maker
Vantaggi non si scatenano guerre di prezzo
Prezzo differenziale prezzo maggiore/minore del price maker (si possono scatenare guerre di
prezzo)
Vantaggi nel breve termine il consumatore ottiene un vantaggio
Svantaggi nel lungo termine la guerra di prezzo può costringere l’impresa ad uscire dal mercato +
la guerra di prezzo determina una riduzione della qualità per il consumatore
ORIENTAMENTO ALLA DOMANDA
Il prezzo riflette la disponibilità massima a pagare del cliente
∆ Q/Q 1
¿
Elasticità della domanda ∆ P /P 1
Economic value for the customer (EVC) si confrontano i costi totali e i benefici del prodotto
rispetto a quelli di un prodotto che il cliente potrebbe utilizzare in alternativa o sta già usando
E’ un approccio che ha senso solo per beni durevoli ad utilità ripetuta
EVC = P – R + M + S + G
R = valore residuo del prodotto in uso M = costi di
manutenzione
S = costi di sostituzione G = costi di gestione
PRICE MANAGEMENT DEL SINGOLO PRODOTTO
In funzione del tempo cambiano le condizioni di mercato (fattori esogeni) + cambiano le
condizioni dell’impresa (fattori endogeni)
In funzione dello spazio prezzi diversi per mercati diversi
In funzione del segmento di clienti prezzi diversi per segmenti diversi (discriminazione)
La discriminazione di prezzo implica che ci siano prezzi diversi per clienti diversi per lo stesso
prodotto (se uno stesso prodotto è scontato in un punto vendita e non nell’altro non è
discriminazione)
STRATEGIE PARTICOLARI DI PRICE MANAGEMENT
Bundling/prodotti in bando l’impresa offre un’offerta in cui sono aggregati 2 o più beni.
Condizioni:
• Il cliente non può acquistare i beni separatamente
• Prezzo < somma dei prezzi dei beni
Il multipack non è un bundle (es. confezione da 4 bottiglie d’acqua) perché il prezzo non è minore
della somma dei prezzi dei beni
Prodotti complementari venduti separatamente ad un prezzo autonomo, ma il cliente deve
acquistarli entrambi perché uno è funzione dell’altro
Il prodotto principale viene venduto solitamente al prezzo medio di mercato, mentre il prodotto
complementare è quello su cui l’azienda fa margine serve ad agevolare l’acquisto del prodotto
principale e fare margine sul prodotto complementare
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fabiomere di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Marketing e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Bocconi - Unibocconi o del prof Solerio Chiara.
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