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TEMPO E MEMORIA: EFESTO

Il fenomeno della bellezza costituisce in chiave fenomenologica il darsi delle

cose stesse. Sappiamo poi che la riduzione fenomenologica può rilevare il

fenomeno- bellezza nei suoi due significati: come apparizione e

manifestazione e come fenomeno intenzionale. Quel che attiene all’apparire si

condensa sul così detto lato oggettivo del fenomeno-bellezza, il lato per cui

esso è trasformazione del visibile in visto.

Il versante intenzionale porta l’attenzione verso il polo soggettivo

dell’apprendimento della bellezza. L’esperienza vissuta della bellezza è

esperienza che si salda alla formazione: guardo la bellezza, imparo a guardare

me stesso, creo una nuova forma. La memoria non è mai una narrazione che

espone ciò che è stato, ma è gesto che realizza. La memoria è ciò che narra.

Parlare di arte della memoria come via di apprendimento nel tempo descrive la

laboriosità formativa del gesto di memoria, la sua valenza pericolosa, di

rischio e trasgressione. La memoria compie quindi lo sforzo di riempire, di

riportare nel presente ciò che è rimasto nel passato, con il compito di preparare

il futuro.

Tale preparazione è intenzionalità.apprendere è quindi un processo lento che

attinge all’esperienza circolarmente produce altra esperienza. Così

l’apprendimento si incarna nel tempo e diviene disvelamento delle forme e dei

metodi adottati che, riempiendo di significato il passato, gli attribuisce

intenzioni di senso,

è in tale gesto che la memoria immersa nel tempo si confronta con la

dimensione della bellezza. Nabokov completa l’attività della memoria, che

produce armonia in un quando, ovvero nel momento della sua attività di

raccolta e restituzione. Quel quando è la possibilità e la sua intenzionalità. La

bellezza si produce nel tempo e nella memoria.

La memoria non restituisce fedelmente quel che le viene affidato, la

conservazione non è immutabile. La forma può deteriorarsi: in tal caso la

forma originaria sembrerebbe perduta. Ecco allora la deformità. Ma la

deformità è anche mancanza del gesto di coltivare quella forma che richiede di

essere frequentata, visitata, pretendono che non le si lasci mute ed inespresse.

Il gesto da compiere è di trasformazione. La forma reclama una sua

storia;rivuole movimento e divenire. La formazione così intesa rende la

memoria gesto di narrazione di una storia. La produzione di tale forma è

movimento che modella. La bellezza è gesto. La vicenda estetica della bellezza

si traccia come una storia di variazioni di prossimità e distanze tra bello e

brutto. Il brutto ha conosciuto e conosce diverse scansioni di senso e di tempo;

attraversa, come il bello, epoche e concezioni. È stato disordine negazione

insidiosa del bello. È assenza. In Platone il brutto, in quanto privazione del

bello, è vuoto e non essere. È mancanza di forma e di ragione. Diviene un

interessante luogo di attraversamento, un luogo da esplorare.

Troviamo Efesto non nello spazio dei cieli ma nel fondo dei crateri vulcanici,

chiuso nella sua fucina dove lavora instancabilmente oggetti preziosi. Efesto è

zoppo ed è un instancabile lavoratore. Esistono diverse versioni del mito.

Secondo una, Efesto sarebbe nato zoppo dalla madre Hera e questa, vedendolo

deforme, lo avrebbe scaraventato per la vergogna giù dall’Olimpo. Per altre

letture, Hera, gelosa del fatto che Zeus, il proprio coniuge, avesse dato alla

luce Atena autonomamente, partorendola dal proprio cervello, avrebbe deciso

di dare la vita e Efesto senza collaborazione del padre. Per questo motivo Zeus

avrebbe scagliato il figlio giù dall’Olimpo azzoppandolo.

Efesto diventa così un rifiuto. La dimensione o deiezione coinciderebbe con

l’assenza di consapevolezza del proprio ruolo di agente del mondo. Efesto la

supera o la trasforma apprendendo un mestiere, ovvero mediante un gesto di

tipo educativo: la pratica della formazione diviene pratica di libertà. Il modo in

cui Efesto affronta il proprio tempo, il proprio esserci come memoria della

propria condizione è capacità di trasformazione del mondo per farne

strumento, occasione, opportunità per chiamare la mente al diritto-dovere di

‘pensare altrimenti’ quegli oggetti e i sentimenti. Efesto apprende. Fa del

progetto lo strumento per sottrarsi alla disposizione nell’inautenticità,

decidendo così la propria possibilità. Egli lavora in vista del superamento della

gettatezza, non si adatta alle possibili forme di esistenza mancata. Egli assume

il coraggio di ex-sistere, percorrendo la libertà di apprendimento che diviene

apertura al possibile. Il superamento incessante della gettatezza è consentito

dall’agire dell’apprendimento, dall’agire del cambiamento. Efesto ci mostra

che la propria caduta è produttiva in quanto misura di responsabilità. La

dimensione della possibilità è la radice dell’eventualità di questo gettare e

gettarsi in avanti.

Ed Efesto apprende, impara e divenire maestro. Fa, del proprio essere scagliato

e respinto, un progetto che assume presto il linguaggio, che si fa arte.

Trasforma il metallo in linguaggio e quindi fa del proprio pro-gettarsi una

costruzione di relazione con l’altro. Efesto è fratello di Atena. Se questa è dea

della filosofia, Efesto è dio della filotechnia. È tecnica e apprendimento, in

quanto la facoltà con cui si pone rispetto alla propria condizione e verso il

mondo , è la facoltà del desiderio, quello di dar forma all’essere. Il legame di

fratellanza tra Atena ed Efesto mostra quanto la forma dell’agire sia

inscindibilmente fusa con la forma del pensare e del rappresentare. La magia

di Efesto ha strette connessioni col tempo; Efesto concilia intuizione e

pensiero in un attraversamento di tempo denso di suggestioni. L’arte di Efesto

possiede un senso che trascende l’elemento estetico, ma si fonda sul senso

etico, sull’utilità delle funzioni degli oggetti che egli produce. Efesto e Zeus

possiedono entrambi il fuoco. Zeus amministra un fuoco olimpico, uro. Efesto

è lontano dal monte degli dei: il suo è un fuoco separato dal mondo, è rattenuto

in esso dalla terra e soprattutto dall’arte. Zeus usa il fuoco sporadicamente.

Ermes (fratello di Efesto) si trova in mezzo tra i due ‘fuochi’ o ‘fuochisti’. La

disponibilità e il più facile accesso all’incontro con Ermes ne fanno un dio che

è marca di alterità e socievolezza. Il modo in cui Efesto amministra il tempo e

il fuoco è definibile con le parole ‘concentrazione costruttiva’. Casualità,

sintonia e focalità costituiscono modalità di relazione educativa con il tempo.

Quel che Efesto insegna, con la sua pazienza laboriosa, è l’attenzione alla

responsabilità dei gesti. Senza la concentrazione di Efesto non sapremmo

vivere la sorpresa dell’istante casuale di Zeus e non apprezzeremmo

l’immediatezza delle visioni di Ermes. L’operosità di Efesto è paragonabile

alla produzione di scrittura: mostra contemporaneamente il farsi del gesto,

nella sua lentezza progressiva, nel suo durare, esibisce un prodotto, un risultato

che èp opera d’arte, nel senso più proprio ed originario. Le belle arti sono a

dire i gesti, non solo i loro prodotti. Le belle arti sono nella bellezza di

trasformare, di apprendere e dare forme nuove al mondo. Le arti stanno nel

tempo e hanno durate differenti. L’opera di Efesto e anche di tipo

tecnologico. Efesto protegge e progetta la propria solitudine, ma è proprio

grazie al suo lavoro che la penombra in cui vive è toccata d’allegria. In questo

modo coglie la consapevolezza nel non aver gettato il suo essere- gettato. Per

ciò l’agire di Efesto è poetico: realizza una diversa forma del tempo. Non è

diretto al solo presente. Le opere del dio deforme sono caratterizzate da una

perfezione impareggiabile (contrasto tra deformità e conformità). Per i

colleghi-parenti dell’Olimpo la perfezione era faccenda semplice, non

presupponeva pensiero. Efesto media e fa scaturire dall’imperfezione la

perfezione più ammirata; quella dell’intuizione, dell’ingegno e della paziente

fatica. Efesto apprende la bellezza nel divenire conforme ( e nel creare opere

conformi) alla propria potenza di bellezza. Si modella mentre modella. Lui è il

dio che non solo subisce la trasformazione ma la agisce. Mostra sia il prima

che il dopo del cambiamento prodotto con l’apprendimento.

Dare forma a ciò che prima è distinto non è quindi solo un gesto creatore ma è

il passaggio proprio del lavoro educativo che assume su di sé il paradigma del

progetto,, del lavoro faticoso che fa emergere qualcosa senza rinunciare mai

all’uso del suo metodo elettivo: la conversazione, la relazione, lo scambio.

Il fare metallurgico di Efesto libera la bellezza e l’espressività.

La suggestione dei piedi ritorti di Efesto che ci ha accompagnato fin ora è

quella della multi-formità e diversitè della direzioni del suo agire e dei di-versi

incontri di bellezza che egli intrattiene. I passi difformi dell’apprendimento

che Efesto illustra sono all’insegna di una prospettiva di cultura

dell’educazione che ripercorre diversi principi:

- principio della prospettiva: capacità di interpretare e cogliere l’oggetto di

apprendimento risulta fondamentale per produrre un cambiamento. - principio

della limitazione: dove esiste un limite naturale è possibile creare struemnti

culturali - principio dell’interazione: Efesto ha scambi con gli altri dei ma crea

anche una scuola per trasmettere ad altri il suo sapere

- principio dell’esternalizzazione: Efesto libera la propria attività cognitiva

trasformandola in prodotto: ciò rende il suo agire di apprendimento più

esplicito e negoziabile. - principio dello strumentalismo: la formazione

produce conseguenze nell’agire di chi ne usufruisce. - principio dell’identità e

dell’autostima: efesto forma la materia e forma anche la propria personalità/

professionalità. La sua identità corrisponde alla costruzione di un sistema

concettuale che organizza una sorta di documentazione degli incontri attivi con

il mondo.

- principio narrativo: è la modalità di pensiero che crea una visione del mondo

con uno spazio per sé. L’ultimo principio ci riporta alla connessione tra Efesto

e la memoria. La memoria di Efe

Dettagli
A.A. 2016-2017
35 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marta.franceschina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Mancino Emanuela.