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OPERATIVO AZIONE

FORMATIVA

1.3. Prospettive di una teoria generale della formazione

In altre occasioni l’autore aveva già sottolineato l’esigenza di delineare una teoria della formazione

manageriale come punto di convergenza e di sovrapposizione di tre differenti campi teorici:

- Teoria dell’organizzazione

- Teoria del management

- Teoria dell’apprendimento/cambiamento

L’efficacia della formazione dipende dalla presenza delle tre aree e come già si chiesero Burgoyne e

Stuart essa risiede non solo negli elementi osservabili del programma (obiettivi, contenuti, metodi)

ma anche in tutti quei piccoli processi che legano tutti questi elementi.

Bisogna considerare tutti quegli schemi concettuali di riferimento posseduti dal formatore che

vengono implementati nell’azione formativa, che sebbene non siano manifesti come gli altri

elementi sono di estrema importanza nel processo di apprendimento. La teoria personale del

formatore deve quindi rientrare nel discorso su una possibile teoria della formazione e ancora più

generale in una teoria sull’apprendimento. Sebbene possano sorgere dei dubbi sulla natura di questa

teoria di base del formatore, è evidente che essa vincola necessariamente l’azione formativa,

dunque occorre ri-esaminare il concetto di teoria.

TEORIA: è un insieme, più o meno ampio e articolato, di conoscenze sottoforma di asserzioni che

consentono la lettura (descrizione) di un certo oggetto/fenomeno. Anche le nostre azioni quotidiane

sono guidate da delle teorie che abbiamo elaborato col tempo grazie alla nostra esperienza

personale. Attraverso essa possiamo accumulare, consolidare, trasformare, dimenticare le nostre

conoscenze e dunque le nostre teorie. In genere il termine si riferisce non al sapere quotidiano ma a

quello ufficiale, scientifico, anche perché le nostre teorie personali si rifanno necessariamente anche

a queste oltre che alla nostra personale esperienza. A differenze delle teorie scientifiche quelle

personali soffrono di una certa “ingenuità” poiché non vengono sottoposte ad un duro esame

empirico, ed ecco perché vengono spesso chiamate credenze, speranze, convinzioni, pregiudizi.

Non per questo si può dire che esse non abbiano validità o che non siano la guida delle nostre

azioni, anzi, soprattutto quando queste sono finalizzate da obiettivi, magari di carattere

professionale, sono davvero evidenti e si fa così necessario passare dal piano ingenuo della vita a

quello del sapere scientifico o tecnico.

Nel caso della formazione, dar vita ad una teoria generale risulta molto complicato per la vastità

delle teorie che entrano in gioco e che non possono essere escluse: come tutte le scienze sociali

attuali, formate da un mosaico frammentato di vari indirizzi teorici. Ma non solo le diverse aree del

sapere son legati a varie teorie, bensì ciascun campo di azioni può necessitare il ricorso

contemporaneo a più teorie rivolte a diversi oggetti pertinenti tra loro. Si deve quindi eliminare

l’idea di creare una teoria che sia la sintesi di tutte le teorie che rientrano nella sfera d’azione della

formazione, e procedere piuttosto con l’elaborazione di un set di teorie andando oltre quelle

incongruenze che s’incontreranno per forza di cose.

Per via di tutti questi aspetti accennati, l’analisi sulla formazione verrà condotta a partire dai punti

di vista:

- Della sua complessità e vastità degli elementi che la compongono: ci riferiamo qui a tutte

quelle attività complesse che legano l’apprendimento ad un cambiamento vero e proprio

- Dei differenti campi di sapere che chiama in causa: soprattutto quello pedagogico e quello

organizzativo

- Dalle teorie di ciascun campo: la formazione deve trovare un piano di conciliazione tra

quelli ceh sono gli obiettivi individuali e quelli aziendali

- Dal set di teorie: oltre alle teorie principali si deve tener conto anche di tutti quei sotto-cmpi

del sapere

- Dai criteri che vincolano i differenti livelli di congruenza delle teorie del set: ogni campo di

sapere contiene più di una teoria.

- Dalla possibilità di riformulare il set in vista di una teoria generale della formazione.

Per la configurazione di una Teoria Generale della Formazione come sistema di sapere complessivo

nel senso di una pedagogia degli adulti vanno quindi inclusi:

a) Teoria sul sistema: conoscenze sulla natura e il funzionamento organizzativo

b) Teoria sul soggetto: sulla configurazione organizzativa delle figure manageriali

c) Teoria del cambiamento: idee sulle finalità delle azioni inserite nella dinamica del sistema

d) Teoria degli obiettivi:

e) Teoria dell’apprendimento

f) Teoria dei metodi

g) Teoria del formatore

vedi schema pag 27 fig. 1.9

Non si tratta quindi di una teoria che resta sottesa al programma ma piuttosto un intrecci odi teorie

che devono guidare o quantomeno orientare la progettazione e l’attuazione del programma in

termini di know how di tutto quanto contenuto nel sistema operativo formativo. In questo libro

troviamo una proposta di tgf, non un sistema compiuto, poiché il passaggio che deve compiersi da

un sistema scolastico ad uno più largamente formativo è obbligato. Inoltre, una teoria deve anche

risolversi in una vera e propria soluzione reale, che tenga conto quindi della concretezza e

dell’operatività sul piano quotidiano: non si tratta quindi di cambiare contenuti e metodi o obiettivi

ma piuttosto di ridefinire i criteri attraverso cui tali elementi risultano più o meno appropriati

(concreti).L’azione formativa quindi non è solo espressione del programma, ma deve essere anche

espressione di questo complesso di teorie che stanno alla base dell’apprendimento e che devono

fungere da guida. Come dice anche Lewin infatti “non c’è niente di più pratico di una buona teoria”

e non solo, il problema della concretezza è risolvibile dando una maggiore concretezza ai formatori

degli strumenti che usano restando nella linea del recupero del soggetto, anche se il soggetto, in

questo caso, potrebbe essere lo stesso formatore.

CAP. 2 GLI OBIETTIVI

Per costruire una tdo occorre pensare ad una teoria che non si rifaccia semplicemente ai modelli

procedurali già prefissati ma che sia indicativa sull’azione. La riflessione si svolgerà quindi

cercando di ridefinire l’oggetto e distinguerlo nella sua specificità considerando i vari contributi

dalla letteratura dell’ambito e tentando poi di abbozzare un ipotesi di tdo compiuta.

Nel campo degli obiettivi, definendo il suo oggetto specifico c’è il rischio di ricadere dal piano

teorico dove desideriamo stare a quello procedurale del programma. Si parte quindi dall’analisi dei

contributi degli autori che maggiormente condividono l’impostazione di questo testo per poi

definire i criteri e le condizioni che definiscono una tale teoria.

2.1. Criteri e condizione di una teoria degli obiettivi

Il valore intrinseco di ogni teoria risiede nel suo risolversi in maniera utile e concreta nel piano

operativo. Tale valore è dato:

- dalla capacità della teoria di ricolvere il suo oggetto (definendo il suo raggio di azione specifico e

gli oggetti ad esso affini e presentandolo come un’emergenza dotata di specificità)

- capacità di esprimere il suo oggetto in maniera chiara e completa

- capacità di aderire all’oggetto, ovvero di mantenersi pertinente ad esso

Secondo l’autore la letteratura in questo campo non è così vasta e flessibile da garantire i

presupposti sopra elencati. La causa di ciò potrebbe dipendere dalla duplice accezione in cui

vengono riconosciuti gli obiettivi. Si parla infatti sia di obiettivi nel senso di “traguardi

dell’insegnamento” (che ci rimanda al piano procedurale del programma e quindi ci manda fuori

pista) sia nel senso di “processi di apprendimento” (che è invece oggetto di una tda che riguarda

appunto il tema dell’apprendimento come esperienza soggettiva) che non danno certo specificità

all’oggetto di questa teoria. Bisogna quindi intendere l’azione formativa come ispirata ad una tda

ma guidata anche da una tdo come modello concettuale concernenete specifici contenuti di

apprendimento che ovviamente rimandano a dei corrispondenti traguardi formativi.

La tdo e la tda sono quindi due teorie differenti che interessano oggetti diversi seppure l’una

rimanda all’altra secondo un legame privilegiato, infatti:

- ciò che si può insegnare è una piccola parte di ciò che si può imparare

-ciò che si può apprendere è solo una parte di ciò che si può apprendere

- ciò che si può apprendere è limitato rispetto ad una capacità globale di apprendimento che può

essere oggetto di sviluppo “culturalmente” guidato (senza riferirci al determinismo biologico)

La tdo presenta un legame privilegiato anche con una tds cui si rifà necessariamente poiché le

finalità di cui tratta sono dei risultati che provocano dei cambiamenti nel soggetto.

Possiamo dividere i contributi della letteratura in proposito per comodità in:

a) TIPOLOGIE SEMPLICI: sono quei modelli che identificano gli obiettivi formativi con

altrettante aree di sapere distinguendoli tra:

- conoscenze…apprendimento cognitivo

- capacità… apprendimento operativo (pratico)

- atteggiamenti… apprendimento emotivo

Le tipologie base quindi implicitamente, non sono altro che teorie dell’apprendimento, e la loro

debolezza risiede nella loro tripartizione semplicistica che non tiene conto delle analogie concettuali

tra questi tre ambiti. Questo è molto evidente se consideriamo l’ambito comportamentale e quello

degli atteggiamenti che non possono essere separati neanche a livello concettuale, e sempre a livello

concettuale è difficile definire tout court un comportamento oggetto di apprendimento. Questi due

concetti inoltre non possono essere slegati dal concetto di cambiamento: solo quando c’è un reale

cambiamento nel soggetto si può affermare che c’è stato apprendimento individuale.

Sul piano linguistico possiamo quindi ovviare alla tripartizione delle tipologie semplici adottando

anziché i termini conoscenze, capacità e atteggiamenti i concetti più ampi :

- sapere

- saper fare

- saper essere

Questa sostituzione non elimina l’ambiguità di fondo ma semmai evidenzia il legame privilegiato

tra una tdo e una tds. Mancano quindi le condizioni preliminarei sopra elencate:

- individuazione di un oggetto differenziato da quello della tda

- individuazione del collegamento con una tds che è necessariamente implicata

- articolazione di questi elementi rispet

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silvia.furcas.1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e modelli della consulenza socio pedagogica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Mancino Emanuela.