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Labelling approach e devianza primaria: sia il labelling approach che il pensiero di Athens si sviluppano
nell’interazionismo simbolico di Mead.
Per i labellers il comportamento deviante è il prodotto di ripetute violazioni delle norme e di parallele
esperienze di reazione sociale di disapprovazione, degradazione e isolamento. Essi esaltano l’importanza
del Me, inteso dai suoi esponenti quale centro riassuntivo degli atteggiamenti altrui. Athens si pone
diversamente, superando il concetto di Me (e altro generalizzato) mediante la formulazione del concetto di
comunità-fantasma. Athens si muove inoltre
nella prospettiva interpretativa inaugurata da Blumer e si sottrae a quella del labelling approach. Accusa
questa teoria di non aver spiegato le cause che conducono alla prima infrazione della norma sociale, per
concentrarsi sugli effetti negativi della stigmatizzazione e dalla successiva assunzione di una stabilite
identità deviante. Inoltre Athens imputa loro di non essere stati in grado di considerare che le persone,
quando delinquono, si trovano già lungo quel sentiero che li potrebbe condurre poi a divenire criminali
violenti secondari. E’ solo nella quarta e ultima fase della violentizzazione che il criminale, fino ad allora
deviante primario, viene etichettato come pericoloso e diviene un criminale violento secondario. La
stigmatizzazione non crea il criminale, ma lo consolida. Mentre il labelling approach è una teoria non del
tutto sociale, Athens indaga l’origine sociale di una sofferenza reale, costruendo una teoria capace di
comprendere le esperienze di brutalizzazione.
Prevenzione e strategie d’intervento: dato che la teoria dimostra che criminale violenti non si nasce ma si
diventa dopo un lungo percorso, il miglior strumento di prevenzione è quello di arrestare il processo al più
presto. Per cui la fase più adatta su cui intervenire sarebbe la fase di brutalizzazione, ossia quando
l’educazione alla violenza e alla paura pone le sue fondamenta motivazionali. Tuttavia in questa fase è
difficile intervenire perché si svolge all’interno del proprio gruppo primario. Nella fase di belligeranza invece
può essere meno impraticabile intervenire. Athens propone come strumento quello di tipo terapeutico,
volto a riorganizzare i pensieri e le emozioni che lo caratterizzano. Un ruolo privilegiato può essere svolto
dalla scuola, alla quale dovrebbe essere delegato il compito di individuare e progettare programmi
educativi. Quando però le persone entrano nella fase delle performance violente, diviene necessario un
intervento molto più energetico rispetto al counselling psicologico; è necessaria una sorta di
risocializzazione speciale all’interno di un gruppo primario non violento. Nella fase di virulenza, l’unico tipo
di intervento possibili sarebbe la neutralizzazione. I criminali violenti pericoloso sono refrattari a qualunque
forma di riabilitazione e quindi l’unica soluzione per evitare la commissione di nuovi crimini sarebbe isolarli
dal resto della comunità.
7. Conflittualismo normativo, segregazione, comunità fisiche minori e corpi in lotta per il
dominio
Per osservare il fenomeno criminale violento dal punto di vista della comunità bisogna discostarsi dal piano
soggettivo d’analisi sull’attore. Athens nel 1998 pubblica l’articolo “Dominance, ghettos and violent crime”,
in cui cerca di rispondere alla domanda sul perché in alcune comunità il crimine violento è più diffuso che in
altre. La spiegazione deriva dai concetti di disorganizzazione/organizzazione sociale di Thomas, Znaniecki e
Sutherland.
Thomas e Znaniecki parlano di disorganizzazione sociale riferendosi a quei contesti in cui le norme che
regolano la vita collettiva non esercitano più un controllo effettivo sui membri della comunità; tale
influenza può avere diversi gradi (dall’infrazioni di regole singole al decadimento delle istituzioni). Il
fenomeno criminale si manifesterebbe proprio come conseguenza dell’inadeguatezza e dell’inefficacia di
tali norme nei confronti della attuali esigenze della società. In questa fase di erosione normativa può
avviarsi un cambiamento sociale che nella fase di riorganizzazione conduce alla formazione di nuove
norme più consone alle esigenze comunitarie; ora il crimine perde consistenza.
Il concetto di organizzazione sociale differenziale di Sutherland, che indica che un gruppo è coeso attorno a
valori antagonisti, presuppone all’interno della collettività un conflittualismo normativo e culturale. I
principi normativi e valoriali che identificano e organizzano i gruppi sociali potranno così ammettere o
vietare condotte definite criminali. La definizione di ciò che è illecito è frutto di un processo che prende
avvio quando un gruppo che ha potere riesce a mobilitare lo Stato per vietare un comportamento tenuto
da un altro gruppo meno influente che mette in pericolo i valori del primo. Il gruppo che detiene il potere
ottiene allora di sancire l’illiceità della condotta in oggetto.
Athens incrocia queste due teorie: il cambiamento sociale e l’estensione del crimine sono uniti da una
logica sequenziale che si articola in un processo composto da 3 fasi:
- Civiltà: tipo iniziale di organizzazione sociale.
- Turbolenza: fase di disorganizzazione.
- Malvagità: tipo finale di organizzazione sociale.
Segregazione e comunità fisiche minori: ogni società sviluppa una prima forma embrionale di
organizzazione creando e ritagliando al proprio interno un certo numero di comunità fisiche minori,
attraverso il processo della “segregazione” = processo di vaglio e selezione attraverso cui le persone
gravitano verso gruppi per i quali le loro esperienze di base sono più adeguate (Park). Si parla di mosaico
sociale composto da varie comunità che hanno anche una peculiare connotazione spaziale e geografica e i
cui confini sono sempre permeabili ma prevedono sbarramenti. Le varie comunità possono distinguersi in
base al tipo di norme adottate per risolvere i conflitti sul dominio: si forma un ordinamento giuridico che
definisce una scala gerarchica al cui vertice c’è un tipo individuale predominante, espressione dei rapporti
di dominio e dei modelli normativi della comunità. Questo tipo individuale predominante è, insieme alla
sua comunità fantasma, il modello da seguire nella comunità fisica. Generalmente ogni comunità fisica è il
riflesso di una determinata comunità-fantasma.
Esistono diversi tipi di comunità minori:
- Civili: il tipo individuale predominante è pacifista, presenta una comunità fantasma antiviolenta che rifiuta
lo scontro fisico anche per legittima difesa.
Al di sotto del pacifista abbiamo la persona marginalmente violenta, presenta una comunità fantasma non
violenta, fornisce sostegno solo ai gesti violenti necessari per difendere sé e le persone più prossime
(interpretazione fisica difensiva). La comunità lo percepiscono come non violento e dato che questo
giudizio si accorda con quello formulato dalle loro comunità-fantasma, anche le rispettive immagini di sé
sono non violente.
Profilo normativo delle società civili: la loro regola prevalente stabilisce che le lotte per il dominio devono
essere risolte con modalità non violente. La violenza è simbolizzata e sublimata attraverso un uso
specifico del linguaggio e il ricordo a una particolare visione delle relazioni sociali nelle quali si usa la
parola piuttosto che il gesto. Sebbene tali soluzioni siano senz’altro non violente a livello fisico, a livello
psicologico sono moralmente gravose e invasive. Si cerca di forzare gli antagonisti a rinunciare alle proprie
pretese di ottenere posizioni più elevate. Dato che i confini tra le diverse comunità sono permeabili, gli
individui violenti possono talvolta entrare e cercare di stabilirvi; tuttavia entrano in un mondo contrario
alla propria comunità fantasma e sono percepiti come disadattati sociali; questo stabilisce un possibile
innesco per un drammatico cambiamento di sé verso la non violenza.
- Malefiche: il tipo individuale predominante è una persona ultra-violenta, presenta una comunità-
fantasma di violenza non attenuata che appoggerà uno scontro fisico in tutti i tipi di interpretazione della
situazione. La comunità malefica lo percepisce come sempre pronto ad aggredire. L’immagine di sé è di
tipo violento.
Al di sotto dell’ultra-violento, nella scala gerarchica, vi è la persona violenta accompagnata da una
comunità-fantasma di violenza attenuata, che si pronuncerà a favore di attacchi fisici solo nel caso di
un’interpretazione fisicamente difensiva o frustrativo-malefica. Questi attori hanno un’immagine di sé
inizialmente violenta, ovvero caratterizzati da una chiara propensione a commettere gravi azioni violente
solo in risposta a provocazioni estreme. La comunità-fantasma degli individui ultra-violenti è in totale
conflitto con la comunità-fantasma della più estesa comunità fisica di cui la comunità malefica fa parte;
questo suggerisce che il tipo civile prevale su quello malefico.
Profilo normativo delle comunità malefiche: il principio cardine che identifica il mezzo più efficace per
risolvere i conflitti è la violenza fisica. L’assuefazione alla violenza genera insensibilità nei sui confronti, e
l’individuo ultraviolento si ritrova a esser e il più adatto e il più equipaggiato a vivere in questa realtà. In
queste comunità i pacifisti e i marginalmente violenti sono percepiti come disadattati sociali.
- Turbolente: non si riscontra un tipo individuale predominante ma solo una mescolanza di tipi. Gli individui
ultra-violenti, violenti, marginalmente violenti e pacifisti vivono in stretta vicinanza e l’ambiente sociale e
relazionale che deriva è costantemente problematico.
Profilo normativo: non esiste una regola prevalente per regolare i conflitti per il dominio e così essi
esplodono disordinatamente non solo per decidere la posizione che ciascuno occupa nella gerarchia
sociale ma anche per stabilire i mezzi più idonei per risolverli. Il caos simbolico che pervade la comunità
di questo tipo impedisce di fissare stabili gerarchie e di sapere in anticipo che cosa aspettarsi quando
divampano le lotte per il dominio.
Queste 3 comunità fisiche minori sono in continuo divenire, presentano fasi di transizione e di stabilità. Se i
criminali ultraviolenti e violenti entrano nelle comunità civili e i pacifisti e i marginalmente violenti se ne
allontanano, allora degenerano lentamente in comunità malefiche; se poi gli individui ultra-violenti
conquistano pos