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2. IL SOSTEGNO ALLA FUNZIONE GENITORIALE

La consapevolezza dell’impatto della qualità delle cure sullo sviluppo di problemi nei figli, del ruolo

inconscio che i sintomi di un figlio svolgono nella dinamica delle relazioni familiari, e l’attenzione all’origine e

alla funzione interpersonale, oltre che intrapsichica, delle difese modifica sostanzialmente l’approccio

terapeutico ai problemi dell’età evolutiva, a partire dalla consultazione, che diventa l’occasione per

ricollocare il problema del figlio nel contesto del funzionamento familiare complessivo e individuare la via

d’ingresso di volta in volta più opportuna per favorire lo sviluppo di capacità riparative. Per facilitare

trasformazioni nella relazione genitori-figlio è necessario indirizzare il lavoro terapeutico alla genitorialità in

modo focale, attraverso quegli interventi a cui ci si riferisce frequentemente con il termine di “sostegno alla

funzione genitoriale”. Si tratta di una modalità specifica di trattamento che richiede una conoscenza

approfondita dei processi psicodinamici attivi nella relazione genitori-figli, in particolare per quanto riguarda

i processi psichici che si attivano nella fase di transizione alla genitorialità, oltre alla conoscenza dei bisogni

fase-specifici dei figli che i genitori devono poter riconoscere e soddisfare. L’intervento può essere rivolto

alla coppia genitoriale o al singolo genitore, ma va differenziato sia dalla psicoterapia individuale che da

quella di coppia: il focus è sulla genitorialità, mentre gli aspetti problematici che riguardano i genitori come

individui o come coppia coniugale vanno evidenziati ma trattati solo per l’impatto che possono avere sulla

relazione con il figlio, ed eventualmente rimandati ad una terapia dedicata in altro setting e con un altro

psicoterapeuta. L’obiettivo è quello di attivare o riparare aspetti della genitorialità in crisi, affinché i genitori

possano attribuire un senso alle difficoltà del figlio, comprendere il significato emozionale delle sue

comunicazioni comportamentali o sintomatiche e rispondere con maggiore adeguatezza ai suoi bisogni.

Sostenere la funzione riflessiva e potenziare gli aspetti positivi. La funzione riflessiva si attiva quando il

genitore può immaginarsi, senza sentirsi in pericolo grazie al contenimento esercitato dallo psicoterapeuta,

gli stati mentali propri e del bambino in una nuova relazione tra loro, in modo da poter comprendere gli

scambi relazionali e recuperare i fraintendimenti. La funzione di contenimento delle ansie e delle emozioni

dei genitori è un aspetto cruciale di questo intervento. I genitori che mostrano difficoltà nel prestare ascolto

all’esperienza interna propria ed altrui hanno sperimentato una storia personale di carenza di

contenimento: spesso hanno vissuto nell’infanzia relazioni insoddisfacenti, disorganizzate o traumatizzanti.

Appare inoltre importante riconoscere e potenziare da subito gli aspetti di competenza che i genitori

mostrano, evidenziando le loro risorse in modo da contrastare i vissuti di inadeguatezza che possono esitare

in un’attitudine depressiva rinunciataria. La valorizzazione degli aspetti positivi e gratificanti della relazione

con il figlio contribuisce a connotare la funzione del clinico come supportiva, con il risultato di consolidare

l’alleanza terapeutica e la fiducia nel potenziale evolutivo: l’esperienza di sentirsi capiti e la condivisione di

emozioni positive – tra genitori e figlio come tra terapeuta e paziente – svolge una funzione protettiva nel

sostenere l’autostima e rafforza la relazione reciproca.

Un approccio mirato a promuovere la capacità riflessiva e a sottolineare le risorse positive porta ad una

riduzione delle difese, in particolare della proiezione, dell’identificazione proiettiva, della dissociazione e del

diniego, e si accompagna a un livello più ampio di funzioni dell’Io e di difese e a enormi cambiamenti nelle

rappresentazioni e nelle relazioni oggettuali.

Elaborare il conflitto di genitorialità. Un aspetto cruciale del lavoro con i genitori consiste nell’aiutarli a

riflettere in modo dinamico sulle connessioni tra passato e presente per rendere comprensibili i

collegamenti tra la propria esperienza attuale di genitori e la propria esperienza infantile con le proprie

figure genitoriali. Inoltre, quando le condizioni lo consentono, e in ragione del grado di vulnerabilità dei

genitori e della presenza di un transfert positivo verso il terapeuta, è possibile lavorare esplicitamente sulle

identificazioni proiettive sui figli allo scopo di liberare il funzionamento psichico del bambino dal

sovraccarico delle proiezioni e dei conflitti genitoriali che contribuiscono alla produzione dei sintomi.

Tuttavia, non viene utilizzata l’interpretazione.

3. PENSARE IN MODO TRANSCULTURALE: UNO STRUMENTO PER IL LAVORO CLINICO NELLA SOCIETÀ

MULTIETNICA

Il concetto di involucro culturale. Si parla di involucro culturale per definire l’ambito all’interno del quale si

struttura l’identità delle persone che condividono la medesima lingua, le tradizioni, le rappresentazioni e, in

una parola, i riferimenti culturali. Fanno parte della costruzione dell’involucro culturale anche elementi

legati al contesto geografico (come la luce e la vegetazione) e la storia e la mitologia. Il clinico deve sempre

saper prendere le distanze dal proprio involucro per entrare nella prospettiva dell’altro: tale posizione,

definita decentramento culturale, costituisce uno dei fondamenti dell’approccio clinico transculturale.

Il concetto di trauma migratorio. La migrazione costituisce un’esperienza traumatica nel senso che, anche

se avviene in condizioni ottimali, mette le persone di fronte alla rottura del proprio involucro culturale.

L’impatto con una nuova cultura determina una fragilizzazione delle proprie competenze nel far fronte al

mondo esterno e un vissuto di disarmonia, di mancanza di efficacia, di inadeguatezza e di messa in

discussione della propria identità. In alcuni casi la situazione traumatica si risolve nel corso del tempo,

attraverso nuovi apprendimenti e adattamenti e con l’individuazione di risorse proprie e dell’ambiente di

accoglienza che assumono una funzione di accompagnamento alla transizione. Altra volte, il trauma

migratorio attiva meccanismi difensivi che non ne favoriscono il superamento: in questi casi, la sofferenza

causata dalla rottura dei legami e il vissuto di solitudine e di non appartenenza vengono affrontati

attraverso meccanismi di tipo scissionale, che apparentemente portano un sollievo da vissuti dolorosi, ma

sono costosi dal punto di vista dell’equilibrio psichico e degli investimenti affettivi. Altre volte si verificano

reazioni più chiaramente depressive, con espressioni ansiose e isolamento. Talvolta, nel lavoro con le

famiglie si evidenzia come i meccanismi di tipo scissionale, messi in atto dalla generazione che ha compiuto

la migrazione, trasmettano ai figli messaggi ambivalenti o non chiari rispetto alle emozioni presenti nella

famiglia e rispetto ai progetti di vita attesi. Moltissimi elementi non espressi esplicitamente e legati alla

storia familiare producono messaggi inconsci che rendono difficile la costruzione identitaria dei figli, dalle

condizioni di solitudine all’aspettativa di successi scolastici dei figli come compensazione delle fatiche che i

genitori hanno dovuto affrontare, fino all’ingiunzione ambivalente di crescere adeguandosi al mondo

d’accoglienza mantenendo nello stesso tempo i principi e le abitudini del mondo d’origine. Tale fenomeno

prende il nome di trasmissione del trauma. Attraverso il racconto della storia migratoria, gli elementi di

trasmissione inconscia del trauma migratorio possono venire alla luce e ne rendono possibile l’elaborazione.

Counselling – Modello Tavistock e Brent

Definizione del counselling e delle professioni di counselling

Il counseling può essere considerato: d’aiuto;

1. una professione indipendente, un tipo particolare di relazione

2. un insieme di abilità, chiamate counseling skills, che possono essere applicate ad altre professioni

(ad esempio, l’insegnamento o l’assistenza sociale);

3. un corpo di conoscenze che si situa in interscambio diretto con la psicologia (counseling psicologi-

co).

A questi tre punti corrispondono tre operatori con diversa formazione, applicazione e regolamentazione:

1. counselor professionale;

2. altri professionisti che applicano le counseling skills alla loro professione;

3. il counselor psicologico.

La Tavistock Clinic

Il Servizio di Counselling per giovani presso la Tavistock Clinic di Londra dipende, dal punto di vista

amministrativo, dal Reparto Adolescenti, ma è, dal punto di vista clinico, del tutto indipendente. Tale

servizio offre fino a un massimo di quattro appuntamenti con la possibilità, nel caso venga richiesto, di un

nuovo incontro a distanza di pochi mesi. I clienti sono in genere giovani che si autosegnalano, ma a volte si

presentano anche genitori e giovani coppie, in quanto non è sato fissato un rigido limite di età. Il setting è

quello di un'Università all'interno di una Clinica di vaste dimensioni.

L’obiettivo della Tavistock è quello di favorire un contenimento delle ansie, un’accresciuta consapevolezza

dei meccanismi di difesa adottati adottati e dei relativi costi psichici e una capacità di intravedere il

contributo di esperienze e relazioni infantili nel dare forma a una particolare immagine del mondo.

L’autosegnalazione, centrale nel modello Tavistock, è ritenuta importante in quanto presuppone una certa

consapevolezza dell’esistenza di un problema e segnala l’incrinatura di un precedente assetto difensivo. Un

ulteriore, fondamentale aspetto di tecnica di questo modello è l’alleanza con le parti adulte del paziente,

che possono associarsi al terapeuta in un lavoro condiviso di esplorazione e riflessione.

Viene inoltre prestata attenzione al transfert, ossia il rivivere nel qui ed ora sentimenti e fantasie associate a

relazioni e situazioni conflittuali del passato: queste prime relazioni interiorizzate colorano l’immagine del

mondo che l’individuo si costruisce e determinano pertanto il suo modo di comportarsi. Altrettanta

attenzione è riservata al controtransfert, che ha acquisito nel tempo due diversi significati:

1. controtransfert come interferenza alla comprensione: coincide con il transfert dell’analista: i suoi

problemi irrisolti interferiscono con la visione del suo paziente;

2. controtransfert come aiuto a comprendere: ossia i sentimenti evocati in modo appropriato nel

counsellor come risultato delle proiezioni del cliente.

Il Brent Consultation Centre

Il servizio, che viene definito un lavoro a porte aperte, è designato a soddisfare i bisogni degli adolescenti, e<

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
15 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paulweston di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Counseling e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Sala Alessandra.