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COERCITIVO, ovvero serve a forzare il debitore ad adempiere.
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genesi e legittimazione del processo formulare:
il modo in cui, dalla procedura delle LEGIS ACTIONES, si sarebbe poi passati al processo classico ovvero quello PER FORMULAS non è facile da
determinarsi. in realtà, vi sono in merito 3 teorie:
1) chi pensa che tale cambiamento sia il frutto di una INTERNA EVOLUZIONE delle LEGIS ACTIONES che avrebbe portato alla sostituzione del loro
rituale con quello meno rigido delle FORMULAE
2) chi pensa che tale secondo processo abbia avuto origine all'interno del tribunale del PRAETOR PEREGRINUS, creato nel 242 a.C al fine di
amministrare la giustizia relativa alle controversie tra peregrini e romani, e fra gli stessi peregrini
3) chi ritiene che tale procedura si sarebbe SVILUPPATA INDIPENDENTEMENTE dagli stranieri nel tribunale del PRAETOR URBANUS, per la necessità
di TUTELARE NUOVE SITUAZIONI che lo ius civile non conosceva e per le quali non si sarebbe pertanto potuto ricorrere alle LEGIS ACTIONES.
altra problematica era però rappresentata dal fatto che le FORMULAE, una volta nate, dovevano necessariamente, pena la loro stessa esistenza e validità
essere poste sullo stesso piano delle LEGIS ACTIONES; e pertanto, come confermato da Gaio, per la legalizzazione della nuova procedura molto
importanti fuorono:
la LEX AEBUTIA
2 LEGGI IULIAE
la nuova forma di procedura, fondata inizialmente sull'IMPERIUM del MAGISTRATO, sarebbe stata interamente legalizzata dalla LEGGE EBUZIA, nel
senso che tutte le leggi sarebbero state poste sullo stesso piano delle LEGIS ACTIONES, le quali ultime, sarebbero rimaste in vita fino alla loro FORMALE
ABOLIZIONE per mezzo della LEGISLAZIONE DI AUGUSTO.
tuttavia, secondo altri autori, si sarebbe arrivati all'abolizione delle LEGIS ACTIONES in favore della nuova procedura in seguito allo sviluppo promosso
dalle leggi SILIA e CALPURNIA col semplificare la procedura e l'introdurre le formule per un nuovo tipo di processo.
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classificazioni di azioni e definizione di actio:
Gaio enuncia una classificazione concernente i vari tipi di azione o GENERA ACTIONUM, asserendo che sarebbero stati sostanzialmente 2:
AZIONI IN REM: azioni che si hanno quando si afferma che una COSA CORPORALE è nostra ( rei vindicatio), o che ci compete qualche diritto, come
quello di usare e godere dei frutti altrui, o quando si neghi l'esistenza di diritti del genere a favore del proprio avversario.
AZIONI IN PERSONA: azioni dirette contro una determinata persona, obbligata nei nostri confronti da contratto o da delitto, e di cui si afferma sia
necessario che dia, faccia, o presti qualcosa
questa prospettazione di 2 tipi di azione, assume un rilievo ed una fondamentale importanza poichè costituisce la RAPPRESENTANZA DINAMICA delle 2
differenti POSIZIONI SOGGETTIVE elaborate dalla moderna dottrina in merito ai DIRITTI REALI e DIRITTI DI CREDITO.
tornando a Gaio, notiamo che egli, accanto alla distinzione sopra effettuata, ne introduce anche un'altra, e cioè :
1) AZIONI REIPERSECUTORIE: volte al conseguimento di una cosa, come quelle nascenti da contratto, e come in seguito aggiungerà Giustiniano, tutte
le AZIONI IN REM e PENALI volte ad infliggere al convenuto una PENA PECUNIARIA per l'illecito commesso
2) AZIONI MISTE : ( definite così dallo stesso Giustiniano) in cui la condassa poteva essere inflitta nel doppio contro chi negasse
per quanto riguarda Giustiniano, egli ci presenta la definizione di AZIONE, come al solito con una DEFINIZIONE che risulta essere stata formulata da un
grande giurista classico: CELSO!
AZIONE ( ACTIO)> "diritto di perseguire in giudizio ciò che ci è dovuto"
da essa, sembra trasparire che l'azione viene intesa in SENSO CONCRETO, ovvero come un vero e proprio MEZZO PROCESSUALE che compete solo a
chi abbia effettivamente una PRETESA SOSTANZIALE da far valere.
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il procedimento formulare:
Gaio passa ad illustrare da vicino le nuove parti della formula del nuovo tipo di processo.
Orbene, mentre al tempo delle legis actiones, le parti si presenvano in tribunale e qui recitavano delle dichiarazioni solenni, secondo degli schemi fissi,
nel nuovo tipo di processo,
compiendo nel medesimo tempo dei gesti pressoché rituali, caratterizzato dall'impiego di parole adattate al caso di volta in
volta (verba concepta), le parti stesse espongono liberamente le loro ragioni al pretore (in iure), davanti al quale sono comparse, su iniziativa di una di
esse, ossia dell'attore (che, ha appunto provveduto alla relativa in ius vocatio).
Il pretore, udite le richieste delle parti, concede di norma la formula già prevista nell'Editto, adattandola al caso concreto, o quella che viene prospettata
allora per la prima volta da lui stesso o dalle parti, ma può anche rifiutarsi di fare ciò (denegatio actionis).
tale rifiuto può avvenire per svariati motivi che per lo più riguardano aspetti formali , ma potrebbero anche derivare da valutazioni concrete della vicenda
stessa, realizzando un efficace STRUMENTO DI TUTELA per il convenuto.
Sulla che consiste in uno schema scritto, contenente il programma per il giudice privato, che dovrà emanare la sentenza, nella seconda fase
formula,
del processo (apud iudicem), le parti contendenti si accordano con un atto che dicesi e che fra i vari suoi effetti produce, per le parti
litis cóntestatio,
obbligo
stesse di sottostare alla sentenza che sarà emanata dal giudice.
il nome di LITIS CONTESTATIO, indicante chiaramente di per sè una CHIAMATA A TESTIMONI, potrebbe spiegarsi con quella che era stata la struttura
originaria dell'atto stesso nell'ambito delle LEGIS ACTIONES.
Se chi era inoltre chiamato in giudizio e non si presentava,nè al suo posto vi era qualcuno dei RAPPRESENTANTI PROCESSUALI, il processo non si
poteva fare,poichè esso necessitava della collaborazione delle parti. In questi casi, gli SVANTAGGI ECONOMICI per il convenuto erano altrettanto gravi
rispetto alla sentenza di condanna ; in quanto il pretore, non solo interviene con una AZIONE IN FACTUM, ma consente a colui che aveva fatto la IN IUS
VOCATIO di entrare in possesso di tutti i beni del convenuto con possibilità anche di procedere alla vendita degli stessi.
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le varie parti della formula:
la formula si compone sostanzialmente di 4 parti:
DEMONSTRATIO: è definita da Gaio come quella parte della formula che si pone all'inizio per indicare la questione di cui si tratta . essa non compare in
tutte le formule, ma solo in quelle in cui l'INTENTIO non indica in contenuto della PRETESA, come avviene prevalentemente nei GIUSIZI DI BUONA
FEDE.
INTENTIO: La parte più importante, tipica di tutte le formule, ossia la parte in cui, per dirla con le parole dello stesso Gaio,l’attore esprime suo 'desiderio'
— o, per dirla più modernamente, esprime la sua pretesa — e che ha, come ci è già capitato di notare, la forma della protasi di un periodo ipotetico.
ADIUDICATIO: essa tuttavia ricorre solo nei giudizi divisori (quali quello comuni dividundo e quello familiae erciscundae), e con cui si dà al giùdice il
potere di assegnare ai singoli contendenti la loro quota della cosa o delle cose comuni, assegnazione avente VALORE COSTITUTIVO e NON VALORE
DICHIARATIVO, nel senso che essa NON accerta un diritto già esistente, ma lo pone effettivamente in essere per la prima volta.
CONDEMNATIO: contenente l'ordine al giudice, ma anche il conferimento a questi del relativo potere, di condannare il convenuto o di assolverlo, in base
alle risultanze del processo .
gaio, sottolinea inoltre come la INTENTIO, seguita solitamente dalla CONDEMNATIO potesse trovarsi talvolta sola nei PRAEIUDICIA, volti soltanto
all'accertamento dello status di un soggetto.
nella formula c'era innanzitutto un parte iniziale nella quale si provvedeva all'indicazione del GIUDICE o più giudici scelti con la collaborazione delle parti.
in ius e formule in factum:
________________________________________________________________________________________formule
successivamente all'esposizione delle varie parti della formula, Gaio fa un'altra importante distinzione tra:
FORMULE IN IUS: ovvero quelle con l'INTENTIO fondata sullo ius civile
FORMULE IN FACTUM: nelle quale non vi è una INTENTIO del genere, ma si indica all'inizio ciò che è avvenuto, e si dà subito al giudice il potere di
assolvere o condannare. queste ultime sono frutto del POTERE DISCREZIONALE DEL PRETORE, e non vanno confuse con le azioni in factum in
SENSO STRETTO o DECRETALI, in quanto esse, non essendo previste nell'editto vengono per la prima volta concesse dal pretore tramite un decreto.
per certi rapporti, conferma Gaio, esisteva sia una formula in ius che una in factum, come per DEPOSITO e COMODATO.
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pecuniarietà della condanna:
Ritornando sulla condemnatio, Gaio avverte esplicitamente che essa, in qualsiasi tipo di ha sempre e comunque una caratteristica
formula,
fondamentale, quella di essere pecuniaria, di comportare cioè una stima in danaro in ordine all'oggetto della lite.
anche nel caso in cui si trattasse di una COSA CORPORALE, come un fondo, uno schiavo, una veste, oro , argento, il giudice NON condanna il
convenuto a consegnare la cosa,ma fattane la stima, lo condanna al pagamento di una somma di danaro corrispondente.
nella LEGIS ACTIO SACRAMENTI il giudice si limitava a dire chi avesse vinto e chi no, senza limitarsi al trattamento della cosa controversa che veniva
quindi provvisoriamente assegnata ad uno dei contendenti. processo formulare,
Tutto considerato,parrebbbe dunque che la fosse una caratteristica del non riscoscontrabile in
pecuniarieta della condanna
quanto accadeva una volta (nonché in quanto succederà inseguito con una nuova procedura della cognitio extra ordinem).
per quanto riguarda i motivi di tale questione, si pensa debbano essere ricercati in ragioni economiche , connesse con il nuovo tipo di economia
monetaria; e che essendo il giudice solo un privato cittadino, anche se investito di pubbliche funzioni, non potesse ordinare di restituire o di consegnare
materialmente una cosa.
Non si dovrà, tuttavia, trascurare il fatto che almeno nelle azioni in rem, come era esplicitamente previsto dalla c.d.clausola arbitraria o
contenuta nella formula, il convenuto avrebbe potuto evitare la condanna, obbedendo all'invito, che il giudice, una volta accertato i buon
restitutoria,
fondamento della pretesa dell'attore, era tenuto a condannarlo.
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