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LIBRO VII:
Il discorso tematico del libro precedente viene esplicitato attraverso il “mito
della caverna”, allegoria del filosofo che si solleva dal sensibile alle idee e
ritorna nel mondo per governarlo. Nella sua educazione, che ha il compito di
convertire il suo sguardo verso il bene, la musica e la ginnastica devono
essere affiancate da altre discipline:
5 Matematica: doppiamente necessaria, sia per l’aspetto militare, sia per
o l’aspetto filosofico; infatti, è fondamentale per il generale che deve
ordinare l’esercito ed è necessario al filosofo per stimolare l’intellezione
poiché gli opposti stimolano la mente.
Geometria: necessaria al generale per disporre le truppe, al filosofo
o perché lo costringe a contemplare l’essere e le idee.
Stereometria: affatto studiata al tempo di Platone, deve invece essere
o approfondita analogamente alla geometria piana.
Astronomia: da studiare solo teoricamente, perché la conoscenza si
o ottiene elevando lo spirito e non lo sgaurdo.
Armonia: da studiare solo teoricamente perché è inutile anteporre le
o orecchie all’anima razionale.
Dialettica: che ha come ipotesi e conoscenza finale il bene, il cui
o principio non è basato sull’ipotesi.
Vengono poi esposti i criteri di scelta dei futuri filosofi dialettici, le loro qualità
e la loro educazione graduale, a partire dall’infanzia; dopo un periodo
propedeutico di educazione ginnica, essi dovranno studiare le varie discipline
e solo a 30 anni cominceranno ad essere avviati alla dialettica, per un
tirocinio di 5 anni che precederà la loro attività pratica all’interno della città.
Infine, dopo i 50 anni, i filosofi governeranno lo Stato.
LIBRO VIII:
Socrate annuncia di voler ritornare alla tesi sulla felicità del giusto e l’infelicità
dell’ingiusto. Inoltre, formulata la legislazione dello Stato ideale, Socrate
procede ad esaminare in quale rapporto esso sia con gli stati esistenti a suo
tempo; lo stato ideale è il culmine della perfezione a cui può arrivare uno
stato terreno, ma tuttavia non è eterno. Questo decadimento si origina dopo
un periodo di 12.960.000 giorni, cioè 36.000 anni; questo numero di ottiene
da relazioni matematiche. A tale proposito, conduce un’analisi delle quattro
forme di governo esistente, cui corrispondono quattro tipi di uomo: timocrazia,
oligarchia, democrazia e tirannide. La timocrazia nasce dalla corruzione dello
Stato: ciò accade perché i guardiani non determinano con esattezza il
“numero nuziale”, che regola il ciclo delle nascite. Socrate delinea il carattere
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del regime timocratico, dove regnano l’ambizione e un occulto amore per il
denaro; di conseguenza l’uomo timocratico, la cui anima è guidata
dall’elemento impulsivo, è ambizioso e avido. Quando l’amore per il denaro
diventa palese nasce il regime oligarchico, basato sul censo e diviso al suo
interno in Stato dei poveri e Stato dei ricchi. Anche nell’uomo oligarchico
prevale l’elemento animoso. Dalla rivolta contro questo regime nasce la
democrazia, caratterizzata da una libertà che degenera in anarchia, poiché
sia lo Stato sia l’uomo democratico sono dominati dal’elemento
concupiscibile.
LIBRO IX:
Socrate pone l’accento sulla presenza in ogni individuo di desideri sfrenati e
contrari alla legge, che si manifestano soprattutto nei sogni; infatti, il tiranno
non si ferma di fronte a nulla pur di soddisfare tutti questi appetiti. Viene poi
contrapposta la perfetta felicità dello Stato regio, cioè della città ideale, alla
perfetta infelicità dello Stato tirannico, e si adducono le prove dell’infelicità del
tiranno. La prima è di natura politica: l’uomo tirannico, come regime che
rappresenta, è schiavo e perciò infelice; al contrario la massima felicità spetta
all’uomo regale, essendo il grado di felicità di ciascun regime
proporzionalmente al suo grado di perfezione. La seconda prova concerne la
divisione dei piaceri in tre specie, rispondenti alle tre parti dell’anima: il
filosofo si dedica solo ai pacieri della parte razionale, che sono superiori agli
altri. La terza prova, di carattere metafisico, viene dall’esame della natura dei
piaceri. Si passa poi all’analisi degli affetti prodotti dalla giustizia e
dall’ingiustizia. La tripartizione dell’anima implica una triplice composizione
dell’uomo, che consta di un mostro policefalo, un leone e un uomo. Quando
l’uomo, con l’aiuto del leone, tiene a freno il mostro policefalo, prevale la
giustizia; mentre, quando il mostro domina sulle altre due parti si ha
l’ingiustizia.
LIBRO X:
Questo libro sembra differente per lo stile; in realtà, questo non fa parte della
“Repubblica” vera e propria, ma è stato pubblicato da Platone come
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appendice, nella quale approfondire meglio gli argomenti trattati
superficialmente. La discussione torna sulla poesia e l’imitazione, e si opera
la distinzione teorica tra le idee, gli oggetti sensibili e gli oggetti dell’arte. Il
pittore e il poeta imitano gli oggetti sensibili, cioè ciò che è come appare: la
loro arte, imitazione dell’apparenza, è per ciò tre gradi lontana dalla verità.
L’imitatore non ha né scienza né retta opinione di ciò che imita; l’arte genera
illusione e si volge alle passioni e alle parti inferiori dell’anima, come
dimostrano gli effetti negativi che la poesia tragica e comica produce sugli
spettatori. Si passa quindi all’analisi per arrivare alla dimostrazione
dell’immortalità dell’anima. L’anima non perisce né per il male suo proprio,
cioè l’ingiustizia, né per il male altrui, del corpo. La sua composizione è
perfetta, ma la si può contemplare nella sua purezza solo dopo che si è
staccata dal corpo. Infine si passano in rassegna i premi concessi alla virtù e
alla giustizia dagli uomini nella vita terrena e dagli dei in quella ultraterrena.
Verso la fine si ha il “mito di Er”, che in una grandiosa rappresentazione della
struttura dell’universo, governato da una perfetta armonia, descrive il giudizio
cui le anime vengono sottoposte all’aldilà e la loro reincarnazione. L’opera si
conclude con l’affermazione di Socrate che solo il giusto è felice, in questo e
nell’altro mondo. COMMENTO “REPUBBLICA”
La "Repubblica" è un libro composto a sua volta da 10 dialoghi dove in
particolare energe il pebsiero politico platoniano; Platone era rimasto molto
deluso dalla politica della sua città che aveva condannato il suo uomo più
giusto e per lui lo Stato ideale è quello in cui l'uomo giusto può trovare il suo
collocamento senza essere tormentato. Si dice spesso che lo Stato
platoniano sia un'utopia , vale a dire un qualcosa che non sta da nessuna
parte. Nell'analisi dell'opera netta pare la distinzione tra il primo "libro" della
Repubblica, probabilmente scritto in gioventù, e gli altri. A partire dal 2° libro
Socrate (interlocutore principale) imposta il suo discorso cambiando
prospettiva, sostenendo che il modo migliore per esaminare l'uomo giusto sia
vedere le cose più in grande. Socrate aveva già affermato più volte che la
giustizia rende automaticamente felici: nel libro 10° della Repubblica Platone
ci spiega attraverso un mito escatologico che la giustizia conduce alla felicità
anche nel mondo ultraterreno. La città ideale di Platone è aristocratica, cioè
governata da coloro che risultano essere i migliori ed i più idonei a svolgere
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tale compito; i migliori vengono selezionati in base al loro talento e non al
fatto che i loro genitori potessero essere dei governanti; tuttavia egli ammette
che ci sia una sorta di ereditarietà: ciò non significa che i giovani venissero
selezionati per la loro discendenza, ma è dato di fatto che coloro che
mostrano maggiori attitudini per il governo sono proprio i figli dei governanti.
Bisogna tenere a mente che Platone sta sì parlando per bocca di Socrate per
delineare la giustizia statale ideale ma solo per tratteggiare l'uomo giusto: si
serve dello Stato per poter operare su un modello più grande. La
"Repubblica" viene spesso letta solo in chiave politica sebbeno la politica sia
in secondo piano: il tema centrale è proprio l'uomo giusto e la sua
formazione. Per Platone infatti lo Stato va amministrato da chi non vuole
farlo, da chi ha raggiunto un alto livello di educazione e ha compreso che ciò
che più conta è il sapere, e non da chi vuole amministrarlo, in quanto lo
farebbe solo per interessi personali. Platone viene anche criticato per aver
creato uno Stato totalitario, che vuole organizzare totalmente la vita dei
singoli, la cui vita non conta nulla di per sè, se non in funzione dello Stato; si
può portare come esempio il caso che Platone cita in uno dei 10 libri:
l'eugenetica (dal Greco eu=bene, gignomai= nasco, =nascere bene); lo Stato
sceglie gli individui da far accoppiare in modo tale da avere una discendenza
perfetta. Un filosofo di posizione liberale, Popper, criticava la società di
Platone, perfetta e totalitaria, ed era in favore di una società aperta, che
avesse la possibilità di correggersi e di migliorare; Popper era del parere che
creare una società perfetta fosse impossibile perchè l'uomo stesso è
imperfetto per natura. La società aperta è inferiore a quella totalitaria
platonica, ma ha conoscenza della propria inferiorità e sa correggersi
cambiando in continuazione: una ocietà perfetta non ha motivo di fare questo.
Platone insiste invece sull'immutabilità: la società per lui è perfetta così come
è e non deve assolutamente cambiare. Popper ha però commesso un errore
dimenticandosi che Platone parla di un'idea statale: un'idea, per definizione,
non è mai realizzabile, ma è solo un punto verso cui muovere. La
"Repubblica" può anche essere vista in chiave di trattato pedagogico-
educativo volto all'istruzione dei futuri governanti; Platone ci indica qui i
diversi livelli di conoscenza e contrappone la filosofia ad altri metodi di
educazione, primo tra tutti quello della retorica capeggiato da Isocrate. Per
Platone la vera retorica è quella che si fonda sulla piena conoscenza della
verità e delle persone cui ci si rivolge, non come la intendevano tutti i suoi
contemp