Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
• S O C I O L O G I A •
L E SOCIETÀ PREMODERNE
1. L’evoluzione delle società umane e il concetto di cultura
Oggi, a differenza di un secolo fa, gli studiosi sono concordi nell’accettare la teoria dell’evoluzione.
Essa considera la specie umana come il risultato di un lungo e lento processo di evoluzione genetica
a partire dalle scimmie antropoidi, che a loro volta derivano da altre specie animali.
1. Due o tre milioni di anni fa, l’uomo aveva già acquisito la posizione eretta, nonché la capacità di
contrapporre il pollice alle altre dita della mano. Non aveva invece ancora sviluppato le corde
vocali;
2. L’uomo di Pechino, che risale circa a 300.000 anni fa, comunicava probabilmente coi propri
simili emettendo suoni e facendo dei gesti, non ancora organizzati in un vero e proprio
linguaggio;
3. L’homo sapiens sapiens, ovvero dotato di un organismo del tutto simile al nostro, è apparso in
Europa (provenendo probabilmente dall’Africa) circa 42.000 anni fa. Egli era in grado di
produrre e usare strumenti, fuoco e linguaggio. Questi sono tutt’oggi gli elementi che
distinguono la specie umana attuale dalle altre specie di animali e di ominidi.
Tra tali elementi non compare invece l’organizzazione sociale; infatti, anche gli animali
cooperano fra di loro. Va però sottolineato che la maggior parte dei modelli di comportamento
non vengono, per così dire, “appresi”, ma sono iscritti nei cromosomi che ogni esemplare riceve
alla nascita dai suoi genitori. La specie umana ha invece sviluppato forme di organizzazione
sociale, che si fondano principalmente sulla cooperazione ottenuta attraverso la comunicazione
ed il linguaggio, mediante processi di apprendimento. L’insieme di queste informazioni
costituisce la cultura.
“La cultura comprende gli artefatti, i beni, i processi tecnici, le idee, le abitudini e i valori che
vengono trasmessi socialmente.”
Malinowsky
2. Le società di cacciatori e raccoglitori
2.1 L’attività predatoria e il nomadismo
Se facciamo uguali a 24 ore oltre i 3 milioni di anni che la specie umana abita la Terra, possiamo
dire che per 23 ore e 55 minuti gli uomini hanno vissuto in società di cacciatori-raccoglitori. Alcune
di queste società (nelle Americhe, in Africa, in Australia e nelle regioni artiche) sono vissute in
isolamento, e sono giunte quasi fino ai giorni nostri.
Esse non sono impegnate in vere e proprie attività produttive, ma attingono al patrimonio di
risorse offerto dalla natura per sopravvivere. A questo stadio, l’attività umana risulta essere
essenzialmente predatoria; è la natura stessa che provvede a ricostituire le capacità produttive
consumate dall’uomo. Le risorse consumate, infatti, sono rinnovabili senza l’intervento umano:
quando sul territorio i frutti alla selvaggina si fanno scarsi, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori
sono costrette a spostarsi in zone limitrofe.
Queste società sono in genere molto piccole (30-50 membri), e dovendosi spostare frequentemente
possono accumulare solo pochi oggetti personali (qualche arma e strumento), anche perché non
dispongono di tecniche per la conservazione del cibo: ciò che viene raccolto o catturato, dev’essere
consumato subito. 8
2.2 L’organizzazione sociale
La caccia e la raccolta sono attività che vanno quasi sempre insieme. In tutte le società di
cacciatori-raccoglitori vige una divisione sessuale del lavoro: la raccolta è quasi sempre compito
femminile, mentre alla caccia si dedicano esclusivamente gli uomini.
• L’unità sociale di base è la famiglia nucleare, e la sua funzione è essenzialmente riproduttiva.
Non si tratta di famiglie numerose (4-6 membri), da un lato a causa dell’elevata mortalità
infantile, e dall’altra per i lunghi periodi di allattamento che non consentono alla donna di
allevare più di un bambino ogni 3-4 anni.
• Più famiglie nucleari (circa una decina) costituiscono una banda, ovvero un gruppo solitamente
esogamico; i matrimoni sono vietati tra i membri della stessa banda. Le bande vicine sono
spesso concorrenti per le risorse del territorio, ed i rapporti tendono quindi frequentemente ad
essere di ostilità. Questa tendenza viene però controbilanciata dalla necessità di stabilire legami
che consentano scambi matrimoniali su una base pacifica.
• Quando si sale a 500-600 membri, si inizia a parlare di tribù, ovvero di un gruppo endogamico.
Emilie Durkheim ha studiato le identità collettive e le credenze religiose delle tribù di aborigeni
australiani, e ha constatato che i membri:
- si riconoscono come appartenenti allo stesso gruppo;
- vengono identificati come tali delle tribù vicine;
- parlano la stessa lingua;
- si ritengono discendenti da un capostipite comune.
In quest’ultimo caso, la tribù corrisponde anche al clan. Il mito della comune origine si trova
rappresentata nel totem, che corrisponde quasi sempre al nome mediante il quale si
riconoscono e vengono riconosciuti gli appartenenti ad una tribù. Le tribù spesso non hanno un
capo vero e proprio, ma vi è al suo interno una figura che gode di un certo prestigio e di alcuni
privilegi: lo sciamano. 3. Le società di coltivatori e pastori
3.1 Dall’attività predatoria all’attività produttiva
Un coltivatore deve disporre di una notevole capacità di astrazione, poiché deve poter concepire
l’esistenza di qualcosa che non è immediatamente percepibile con i sensi (a differenza del
cacciatore, che non necessita di astrarre la morte dell’animale, essendo simultanea alla caccia).
Probabilmente, gli uomini si sono resi conto che i semi di particolari piante potevano essere
consumati anche qualche tempo dopo; alcuni di essi saranno sopravvissuti al consumo, e avranno
quindi germogliato. L’osservazione di questo fenomeno ha dato il via alla cosiddetta “rivoluzione
neolitica” (10.000 – 6000 a.C.).
3.2 Gli insediamenti permanenti
Più le tecniche di coltivazione progredivano, più gli insediamenti divenivano permanenti: i villaggi
dei coltivatori contavano inizialmente qualche centinaio di persone, e nell’arco di pochi millenni il
numero delle innovazioni crebbe notevolmente. Tuttavia, con l’aumento dell’ampiezza degli
insediamenti e della densità della popolazione, il terreno coltivato dagli abitanti di un villaggio
poteva diventare insufficiente per il loro sostentamento. Quando si rompeva l’equilibrio tra risorse
e popolazione, era necessario che una parte della popolazione del villaggio si spostasse su un altro
territorio, che avrebbe provveduto a disboscare e a coltivare.
3.3 Divisione del lavoro, disuguaglianze e organizzazione sociale
Appena un’area incominciava ad essere più densamente popolata, la guerra diventava un elemento
permanente nella vita quotidiana. Essa assorbiva a tal punto le energie di queste popolazioni che
non era infrequente trovare tribù dove la coltivazione dei campi era lasciata quasi esclusivamente
alle donne, mentre gli uomini si dedicano alle attività militari.
9
I villaggi erano solitamente autosufficienti, e non presentano un’organizzazione politica che
andasse al di là della dimensione dei villaggi. Vi era solitamente un capo militare che governava e
amministrava economicamente il villaggio.
Vi era inoltre una forma di embrionale specializzazione produttiva: il villaggio poteva scambiare le
sue eccedenze di un certo prodotto con le eccedenze di un villaggio vicino.
Solitamente un villaggio di coltivatori e pastori era endogamico, ma vigeva la proibizione di
sposarsi tra parenti stretti.
3.4 Le società di pastori
Come la domesticazione delle piante ha costituito un salto qualitativo rispetto alla semplice
raccolta, così la domesticazione degli animali ha rappresentato una rivoluzione rispetto alla caccia.
I coltivatori sono stati quasi sempre anche degli allevatori. Seppur rare, vi sono anche state delle
società che hanno trovato nell’allevamento la loro fonte principale di sussistenza: in questi casi,
l’organizzazione sociale ruotava attorno al bestiame e alle sue esigenze di sopravvivenza.
4. La nascita delle società di agricoltori
4.1 Innovazioni tecnologiche e produzione di surplus
Una decisiva innovazione tecnologica, come è ben noto, fu l’aratro (circa 3000 anni a.C.). Esso
consentì di incidere molto profondamente il terreno e di rivoltare la zolla, in modo che lo strato
superficiale – ricco di residui organici – venisse sotterrato, facendo affiorare gli strati più profondi
e ricchi di materiali. Ci si accorse in breve tempo che l’aratro poteva inoltre essere trainato da
animali, sostituendo così l’energia muscolare umana e facendo in modo che, con lo stesso numero
di ore di lavoro, si potesse coltivare in modo assai più efficace una superficie molto maggiore.
La quantità di produzione con l’aratro divenne fino a 40 volte maggiore, e comportò quindi la
creazione di un surplus (ovvero di una quantità di prodotti alimentari eccedenti). In questo caso, è
possibile che nelle società si formino dei gruppi che non partecipano direttamente alla produzione
del cibo che consumano.
4.2 La nascita delle prime città intorno al tempio
Parallelamente all’agricoltura, si sviluppò in Mesopotamia e nell’antico Egitto una forma
particolare di governo, chiamata teocrazia (“governo divino”). In questi luoghi, il potere era
concepito come diretta emanazione del Dio, o degli dei. A Dio appartiene la terra, che distribuisce
ai suoi sudditi; il tempio è la casa di Dio, al centro del quale una casta di sacerdoti amministra le
terre e provvede ai bisogni della collettività. Seguiamo quindi le operazioni fondamentali di questa
amministrazione:
1. La terra viene divisa tra i diversi villaggi;
2. Si provvede alla costruzione e alla manutenzione dei canali di irrigazione;
3. Vengono stabiliti i tempi per le operazioni agricole;
4. Il raccolto viene ammassato negli appositi magazzini;
5. Vengono prelevate e distribuite le quote per il sostentamento dei contadini.
Fondamentale per gestire l’amministrazione del tempio fu un’invenzione destinata a sconvolgere
l’umanità: la scrittura. Per ricordarsi tutte queste informazioni, il funzionario dovette inventare
una serie di simboli da apporre sui vari contenitori: nacque così la scrittura cuneiforme. Dunque, la
scrittura nasce nel tempio, e infatti un antico mito sumerico le attribuisce un’origine divina.
4.3 Forti disuguaglianze e grandi imperi
Come abbiamo visto, sia le società dei cacciatori-raccoglitori che quelle di orticoltori erano
tendenzialmente u