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Il governo adotta una strategia di incentivi economici (tasse):
Vediamo adesso cosa succede al mercato del lavoro: w = salario; esso aumenta a causa della tassa
ambientale (t). Si va a traslare verso l’alt la
curva dell’offerta del lavoro da LS0 a LS1 per
riequilibrare questi effetti dovuti alla tassa
ambientale.
Gli effetti indiretti di tasse ambientali sulla
competitività delle imprese possono
riguardare il breve periodo ( restare
competitive diminuendo i profitti oppure
perdere competitività) oppure il lungo periodo
(sfruttare le innovazioni in tecnologie verdi, delocalizzare nei cosiddetti paradisi di inquinamento)
Un altro effetto indiretto di tasse ambientali molto significativo è il doppio dividendo. Dal punto di vista del
bilancio pubblico, le tasse ambientali si possono utilizzare: per aumentare la spesa pubblica, per sanare il
deficit, per ridurre altre imposte (a parità di saldo). Il primo effetto di questo doppio dividendo è il
miglioramento del benessere collettivo tramite riduzione delle emissioni; il secondo effetto riguarda il
riutilizzo entrate fiscali derivanti dalle tasse (revenue recycling effect).
Chiamando più lavoratori, la curva di domanda si sposta verso l’alto ma i salari più alti porteranno
all’aumento del prezzo finale del bene. L’effetto finale del doppio dividendo è veramente irrilevante e viene
spesso criticato poiché si può riassumere con tre tipologie di aumenti: aumento dei salari reali, aumento
dell’occupazione, aumento dei prezzi finali dei beni.
LEZIONE 8 I permessi negoziabili:
L’idea fondamentale che sta alla base della commercializzazione dei permessi è semplice. Primo, si
determina un livello accettabile di inquinamento. In seguito viene rilasciato un certo numero di permessi
relativi ad un dato livello di emissione, fino a raggiungere il livello tollerabile. Se, per esempio, è possibile
concedere 100 unità di inquinamento, saranno concessi 100 permessi ciascuno relativo ad un’unità di
emissione. Esistono vari modi per decidere la distribuzione iniziale dei permessi: l’approccio storico
prevede che i diritti di inquinamento sono stabiliti sui livelli di emissione relativi al passato; questo
approccio non fa nulla per ridurre l’inquinamento o lo sfruttamento eccessivo delle risorse a meno che
l’assegnazione sia limitata ad un livello complessivo di inquinamento inferiore a quello già esistente oppure
l’assegnazione iniziale sia ridotta nel tempo.
L’inquinatore A ha il permesso di emettere 10 unità di inquinamento, ma, nella realtà ne emette 8. Egli può
allora commercializzare il credito di 2. Se i costo della riduzione dell’inquinamento di 2 unità è inferiore al
ricavo ottenuto con la vendita di permessi per 2 unità, l’inquinatore A ha un vantaggio dalla
commercializzazione del credito. In termini tecnici, vi è un incentivo a vendere i permessi se i costi di
abbattimento sono inferiori al prezzo dei permessi attualmente in vigore e vi è un incentivo ad acquistarli
se i costi di abbattimento sono superiori al prezzo dei permessi. In pratica, il permesso è venduto se il
prezzo dello stesso è superiore ai costi da sostenere per la riduzione dell’inquinamento richiesta dalla
vendita dei permessi. L’inquinatore ad altri costi, d’altro canto, trova conveniente acquistare permessi e il
loro prezzo è inferiore ai coti che dovrebbe sopportare per conseguire una corrispondente riduzione
dell’inquinamento.
L’ allocazione dei permessi può essere effettuata mediante asta competitiva oppure mediante distribuzione
gratuita (approccio grand-fathering).
LEZIONE 9 Cambiamenti climatici
Col termine “cambiamento climatico” intendiamo il cambiamento di clima attribuito direttamente o
indirettamente all’attività umana che altera la composizione dell’atmosfera terrestre e che, oltre la
naturale variabilità climatica, è osservata per lunghi periodi di tempo (FCCC).
Un’altra definizione riguarda invece il cambiamento climatico dovuto a cambiamenti interni del sistema
climatico o dovuto dalle interazioni delle sue componenti, o a causa di cambiamenti esterni sia naturali che
dell’attività umana. Le proiezioni dei cambiamenti climatici futuri come riportati dal IPCC considerano
l’influenza sui cambiamenti climatici degli incrementi di gas serra provocati dalle azioni antropogeniche o
altri fattori umani. (IPCC).
L’IPCC ha creato numerosi modelli e grafici che ci fanno capire gli effetti dei cambiamenti climatici. Ad
esempio, è tato diviso il globo terrestre in tante piccole aree quadrate al fine di determinare la pressione
che quell’area ha provocato per il cambiamento climatico. Questi modelli e grafici però prendono come
riferimento un asse temporale di 100 anni che è considerato piuttosto lungo per le incertezze che ci
saranno nel futuro e che evolvono molto rapidamente.
I cambiamenti climatici sono osservabili prendendo in considerazione soprattutto il fatto che la
temperatura media è aumentata di circa 0,85°C, il livello delle acque è aumentato di 3.2 mm/anno tra il
1993 e il 2010, i ghiacciai si sono sciolti del 3.5-4.1% dal 1979 al 2012.
Le opinioni e la letteratura attorno al dibattito dei cambiamenti climatici è molto contrastante nell’ambito
di coloro che lavorano nel campo delle scienze naturali.
Si inizia a parlare di Protocollo di Kyoto a partire dal 1988, quando si costituisce l’IPCC; nel 1994 entra in
vigore la FCCC e nel 2014 c’è la pubblicazione il quinto report dei cambiamenti climatici dell’IPCC grazie al
lavoro di 2.500 esperti , 800 autori, 130 paesi e circa 6 anni di lavoro. Questo lavoro è stato possibile grazie
a tre work group: il primo dedicato alle scienze ambientali, il secondo dedicato all’impatto, adattabilità e
vulnerabilità, il terzo dedicato alla mitigazione dei cambiamenti climatici. I termini ricorrenti sono
mitigazione dell’ecosistema dai cambiamenti climatici (che si riferisce alla riduzione delle emissioni per
alleviare i danni dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi) e adattamento dell’ecosistema ai cambiamenti
climatici (che si riferisce al grado a cui l’ecosistema riesce ad adattarsi ai cambiamenti).
Dal 1994 al 1997 c’è stata una fase di preparazione per il Protocollo di Kyoto, che poi è stato applicato nel
1997. Questo protocollo definisce per ogni Paese le percentuali da raggiungere entro il 2012 di riduzione
dei 6 gas serra rispetto ai livelli del 1990. Queste percentuali riguardano ad esempio: l’8% per Svizzera e
Unione Europea, 7% USA, 6% Canada, Ungheria, Giappone e Polonia ma ci sono anche Paesi che devono
stabilizzare le loro emissioni (Russia, Nuova Zelanda e Ucraina) e Paesi che hanno il permesso di
incrementarle (1% Norvegia, 8% Australia, 10% Islanda). Per entrare in vigore ha bisogno di un adesione di
almeno 55 paesi per una quota di emissione pari al 55%; la Russia firma solo nel 2002, Gli USA ritardano la
ratifica giustificandosi che dal 1990 loro adottano già dei meccanismi per la riduzione di emissioni; solo nel
febbraio 2005 si ha la piena entrata in vigore del Protocollo. L’Italia ratifica il Protocollo nel 2002
promettendo una riduzione del 6,5% di emissioni rispetto al 1990; nel Dossier Kyoto 2013 si rende noto che
l’Italia ha raggiunto questo obiettivo, altri dossier come l’EEA Italia si rende noto che l’Italia è stata
inadempiente per circa 20 milioni di tonnellate, questo perché i due dossier evidentemente utilizzano un
metodo di contabilizzazione delle emissioni diverso.
La riduzione riguarda il periodo di tempo 2008-2012; oggi ci troviamo nel periodo di tempo definito come
“oltre Kyoto”.
Sono stati adottati tre meccanismi di politica flessibile:
- CDM, i Paesi industrializzati implementano nei Paesi in via di Sviluppo progetti di tecnologia verde
ottenendo in cambio dei certificati verdi di emissioni grazie a delle procedure e richieste alle Nazioni Unite.
- JI, i Paesi industrializzati investono in investimenti verdi in altri paesi industrializzati in cambio di certificati
di emissione.
- ET, è i mercato delle emissioni dove avviene la compravendita di permessi di emissioni.
L’ EU ha intrapreso un passo importante per soddisfare gli obblighi del Protocollo di Kyoto lanciando nel
2000 lo European Climate Change Programme (ECCP). L’obiettivo del ECCP è quello di promuovere misure
di politica per ridurre i gas serra. Tra di esse un’importante misura di politica economia ambientale è quella
dell’Emissions Trading Scheme ETS (mercato Europeo delle emissioni), operativo dal 1 Gennaio 2005. L’ETS
crea un prezzo per il CO2 secondo il principio del costo-efficacia per tutti gli Stati Membri . Sebbene il
mercato EU concerne solo riduzioni di emissioni EU attraverso lo scambio di permessi negoziabili, l’EU
provvede alle riduzioni di emissioni in altri paesi attraverso l’uso del Clean Development Mechanism (CDM)
e Joint Implementation (JI).
Un permesso di emissione rappresenta il diritto ad emettere una tonnellata di CO2 per ogni impresa
partecipante al mercato delle emissioni. Un operatore acquista quote se emette più del target dichiarato;
vende se emette meno del target dichiarato.
Lo schema delle emissioni si articola in quattro fasi (originariamente nelle prime due):
- Fase I: 2005-2007 è definita come fase pilota, riguarda solo le emissioni di CO2 da grandi impianti
energetici e settori energetici industriali che sono i settori maggiormente inquinanti in EU. Durante la Fase I
il meccanismo di allocazione utilizza l’assegnazione gratuita più il meccanismo delle aste fino al 5% (delle
emissioni). Nella fase I circa 360 milioni di tonnellate di CO2 sono state scambiate per un valore di 7.2
miliardi di euro; i prezzi sono aumentati fino a 30 euro a tonnellata e le emissioni sono aumentate
dell’1.9%. Ciò vuol dire che la fase pilota non ha funzionato e non ha portato agli obiettivi sperati e che
quindi occorreva portare avanti misure correttive nella fase II e III aumentando il meccanismo di allocazione
delle aste fino al 10%.
- Fase II: 2008-2012 il mercato si estende a tutte le imprese appartenenti ai settori non energetici compreso
il settore dell’aviazione. Alla fine della fase II le emissioni sono calate del 3% a il prezzo del carbone, invece
di aumentare è sceso da € 22 alla tonnellata, agli € 13 – 15 alla tonnellata. Inoltre le sanzioni mentre nella
Fase I erano di 40 €/t ora sono aumentate ad 100 €/t, ancora del tutto irrisorie e basse.
- Fase III: 2013-2020 prevede che i ricavi provenienti dalle aste siano utilizzati per finanziare tecnologie
innovative low carbon senza far delocalizzare le imprese in territori con leggi più flessibili. Siccome questi
meccanismi di c