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ECONOMIA DELLA COOPERAZIONE E DEL NON-PROFIT
PARTE PRIMA: ISTITUZIONI DEL TERZO SETTORE IN ITALIA
Oggetto di questo libro è l’economia della cooperazione e del non-profit: tratta cioè di organizzazioni che appartengono a quello che è comunemente noto come terzo settore (il terzo settore è quel complesso di istituzioni che all’interno del sistema economico si collocano tra lo Stato e il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva). Al termine “organizzazione” i giuristi preferiscono il termine “ente”, nel libro sono usati indifferentemente. Il terzo settore è l’insieme degli enti di natura privata e a controllo privato che producono beni o servizi e che fanno parte o del settore della cooperazione tradizionale o del settore non-profit. Il settore istituzionale della cooperazione si compone a sua volta di due sotto-settori: cooperazione tradizionale e cooperazione sociale (fa parte anche del settore non-profit). Terzo settore = settore diverso rispetto al primo settore, cioè quello del mercato e delle organizzazioni lucrative, e al secondo settore, ovvero quello pubblico in senso lato. Servizio = è produzione di servizi qualsiasi attività diversa dalla produzione di beni materiali, purché non svolta dalle pubbliche amministrazioni. Il terzo settore:
- Coop. Tradizionale
- Coop. Sociale
- Altri enti non-profit
La natura economica della cooperazione tradizionale
Ogni organizzazione che svolge un’attività economica ha una molteplicità di soggetti interessati alla sua attività in quanto da essa è direttamente o indirettamente influenzato il loro benessere. Questi sono gli stakeholder dell’organizzazione, alcuni dei quali hanno rapporti formali con essa, mentre altri no. Tra tutti gli stakeholder l’organizzazione ne privilegia alcuni, a favore di cui è primariamente (non esclusivamente) gestita e che costituiscono il gruppo beneficiario; l’insieme dei soggetti che detengono il potere di indirizzo e di controllo sull’organizzazione è detto gruppo dominante. Il ruolo svolto dai membri di questi due gruppi cambia al variare del tipo di organizzazione e sulla base di questi possiamo identificare classi di organizzazioni simili. Un elemento utile per la classificazione è il grado di integrazione dei due gruppi. I casi rilevanti sono tre:
- i) il gruppo beneficiario include il gruppo dominante;
- 2) i due gruppi sono parzialmente sovrapposti;
- 3) i due gruppi sono separati.
A ciascuno di questi casi corrisponde uno specifico assetto organizzativo.
Una prima caratteristica che accomuna le organizzazioni cooperative tradizionali è l’inclusione del gruppo dominante nel gruppo beneficiario(assetto 1): coloro che governano l’organizzazione sono sempre beneficiari. In queste organizzazioni possono essere anche presenti figure di beneficiari che non sono controllori, come ad esempio i soci di cooperativa nelle società cooperative(se sono presenti siamo davanti all’assetto 2). Ciò che , congiuntamente alla struttura organizzativa, caratterizza la cooperazione tradizionale è lo scopo mutualistico. Lo scopo mutualistico si contrappone allo scopo di lucro. In qualsiasi organizzazione (impresa, ente non-profit, ecc.) vi sono solitamente soggetti che investono capitale di rischio nell’organizzazione e che genericamente chiamiamo investitori. Lo scopo di lucro è la ricerca attraverso l’investimento di un beneficio economico privato che può realizzarsi in diversi modi(es: dividendi). Il lucro non è l’unica strada per ottenere benefici dall’attività di un’organizzazione e questo si verifica in particolare quando sono beneficiari di un’organizzazione soggetti che svolgono in essa una funzione economica diversa dal fornire capitale di rischio(es: lavoratori che prestano la loro opera
nella’ organizzazione). (obiettivo org. di lucro= remunerazione investimento; obiettivo org. mutualistica= remunerazione prestazioni)
Diciamo che un’organizzazione persegue uno scopo mutualistico se l’insieme dei beneficiari-controllori è costituito da una qualche categoria di soggetti (persone fisiche o giuridiche) che svolgono nell’organizzazione funzioni diverse da quella di investitore e sono beneficiari rispetto a queste attraverso l’attività che i membri stessi del gruppo svolgono al suo interno.
La cooperazione tradizionale comprende tutte le organizzazioni che perseguono uno scopo mutualistico e che hanno contemporaneamente l’assetto 1.
Lo scopo mutualistico si accompagna quasi sempre a un assetto organizzativo del tipo 1 (scopo mutualistico puro), ma vi sono delle eccezioni. Una di queste è rappresentata dalle cooperative sociali dove è presente lo scopo mutualistico ma congiuntamente ad altre finalità e inoltre il gruppo dominante non è interamente incluso nel gruppo beneficiario.
I beneficiari di un’organizzazione mutualistica possono anche contemporaneamente essere investitori in essa ma, affinché l’organizzazione sia mutualistica, l’obiettivo della gestione non può essere la remunerazione dell’investimento.
In alcuni enti della cooperazione si possono perfino avere beneficiari-controllori senza altra funzione che quella di investitori (soci sovventori nelle società cooperative): se esistono, il loro peso nel controllo è minoritario.
Dunque gli eventuali investitori puri beneficiari non possono essere la parte dominante del nucleo dei beneficiari-controllori negli enti mutualistici, il quale deve invece comprendere soggetti che svolgono una funzione economica diversa da quella di investitore. La funzione dell’investitore puro deve comunque rimanere in posizione marginale.
La cooperazione tradizionale nell’ordinamento italiano
Gli enti della cooperazione tradizionale hanno come caratteristiche fondamentali lo scopo mutualistico e l’assetto organizzativo di tipo 1
Nelle società cooperative, lo scopo mutualistico, si accompagna sempre ad un secondo elemento, il principio democratico, secondo cui il potere di controllo è distribuito in modo uguale tra i soci (“una testa, un voto” come negli organi politici democratici).
Per le società cooperative, l’art. 2538 c.c. pone come requisito irrinunciabile che ogni socio sia depositario di un voto qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute.
Questa regola si contrappone a quella propria delle società di capitali, secondo cui il potere è distribuito in modo proporzionale alle unità di capitale possedute.
Mentre lo scopo mutualistico è essenziale per ogni ente cooperativo, il principio democratico è essenziale per le società cooperative.
Tipologie di organizzazioni cooperative previste dall’ordinamento italiano, di cui le società cooperative sono solo una specie.
A) SOCIETA’ COOPERATIVE
Forma organizzativa della cooperazione tradizionale più diffusa. Oltre allo scopo mutualistico e al principio democratico essa presenta i seguenti tratti:
- Il capitale di rischio è fornito dai soci ma questi di massima devono svolgere nella società anche altre funzioni oltre a quella dell’investitore;
- Il capitale sociale può essere variato senza dover variare lo statuto e per questo le cooperative sono dette società a capitale variabile (opposto società capitale fisso, esempio società di capitali, dove la variazione richiede una variazione dello statuto;
- L’ingresso di nuovi soci non può essere limitato per statuto (principio della porta aperta) ma è soggetto all’accettazione da parte dei soci esistenti (amministratori).
In quanto società, le cooperative sono imprese anche se allo scopo di lucro si sostituisce lo scopo mutualistico.
Una modalità assai comune di classificare le cooperative è in base ai requisiti soggettivi del socio (ordinario) fissati dallo statuto o dalla legge o alla funzione economica primaria che esso svolge all’interno della società.
Abbiamo le cooperative di produzione e lavoro, i cui soci sono lavoratori; le cooperative di consumo, i cui soci sono acquirenti di beni di consumo; le mutue assicuratrici, i cui soci sono gli assicurati; le