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In ogni impresa la gestione di esercizio può essere suddivisa, utilmente, in quattro aree complementari,
caratterizzate da una differente matrice gestionale:
• Area caratteristica (o operativa), che comprende i costi e ricavi relativi all’attuazione ed alla vendita
della produzione, e in questo caso troviamo il reddito operativo.
• Area finanziaria, che comprende invece i valori (costi e ricavi) relativi al finanziamento della
produzione, e dalla somma algebrica di tali costi e ricavi ne scaturisce il saldo dell’area finanziaria.
• Area extra caratteristica, che comprende costi e ricavi ritenuti atipici in quanto collegati ad attività
collaterali alla gestione caratteristica, confrontando i costi con i ricavi si ottiene il saldo dell’area
(extra caratteristica);
• Area straordinaria, che comprende i costi e i ricavi dipendenti da fatti non ricorrenti o eventualmente
imprevedibili, confrontando i costi con i ricavi si ottiene il saldo dell’area (straordinaria).
Il valore aggiunto è un saldo intermedio, ed è definito come la parte del prodotto di esercizio che, coperti i
costi relativi ai fattori produttivi esterni, serve per la copertura dei costi relativi ai fattori produttivi interni e dei
successivi oneri delle altre aree di gestione.
Nel risultato di esercizio (o reddito netto) rimangono i redditi che in letteratura vengono indicati come costi
figurativi, ovvero i compensi spettanti all’imprenditore per i conferimenti fatti all’azienda e ai familiari impiegati
in azienda.
Sottraendo al reddito netto i costi figurativi relativi al capitale fondiario (Bf) e al capitale di esercizio (interessi
sul capitale di esercizio) si ottiene il reddito da lavoro familiare che rappresenta la somma algebrica della
remunerazione del lavoro manuale, intellettuale e del valore residuale, definito profitto, che spetta
all’imprenditore.
Sottraendo al reddito netto i costi figurativi della manodopera familiare manuale e intellettuale e del capitale
di esercizio si determina il reddito fondiario, che rappresenta la remunerazione del capitale fondiario.
Sottraendo, infine, al reddito netto i costi figurativi la manodopera familiare manuale e intellettuale, e del
capitale fondiario si determina il reddito agrario, che è la remunerazione del capitale di esercizio e del profitto
residuale.
12.2.2 Analisi del bilancio di esercizio: lo stato patrimoniale
12.2.3 Gli indici di bilancio (ratio analysis) 21
L’analisi dell’efficienza basata sul bilancio di esercizio viene realizzata attraverso la costruzione di vari
rapporti tra le poste dello stato patrimoniale e/o del conto economico. Generalmente vengono presi in
considerazione due tipi diversi di indici, talora usati in modo alternativo, altre volte in modo complementare:
gli indici quozienti e gli indici differenza. Nel primo caso si perviene ad un confronto tra una serie temporale
di bilanci di una medesima azienda, da cui è possibile comprendere l’andamento della gestione nel tempo;
nel secondo caso si perviene ad un confronto tra un insieme di bilanci di aziende comparabili fra loro, da cui
è possibile rilevare le analogie e le differenze fra le varie gestioni. Il fine ultimo della costruzione degli indici è
di valutare l’andamento della redditività, che è l’attitudine del capitale a produrre reddito e dell’economicità,
ed è il rapporto che esiste tra costi e ricavi dell’attività aziendale e di valutare la situazione finanziaria
dell’impresa. La possibilità di comparare gli indici nel tempo e nello spazio fornisce, infatti, delle indicazioni
utili per individuare i punti di forza e di debolezza dell’impresa e per impostare gli eventuali interventi di
correzione.
Gli indici di redditività
• ROE, indice di redditività del capitale di rischio lordo o netto;
• ROI, indice di redditività del capitale investito sulla base del reddito operativo o netto;
• ROS, indice di redditività delle vendite sulla base del reddito operativo o netto;
• R , indice di rotazione del capitale investito;
ci
• L , dato dal rapporto tra il capitale investito e il capitale di rischio.
f
Gli indici di economicità
• Indici di economicità generale, che viene calcolato dividendo il valore della produzione totale per i
costi totali relativi all’utilizzo dei fattori necessari a determinarla. Esprime, ovviamente, l’andamento
dell’economicità della gestione nel suo complesso e deve avere un valore superiore all’unità;
• Indici di economicità parziali, sono calcolati ponendo a confronto il valore della produzione totale con
i costi del lavoro, delle materie impiegate, di ammortamento e così via. Questi permettono di
controllare l’incidenza del costo del lavoro, degli approvvigionamenti e così via.
Gli indici per la valutazione della situazione finanziaria
• Indici di composizione, attraverso i quali si determina il peso di ciascun impiego o di ciascuna fonte
sul loro rapporto totale, oppure il rapporto esistente tra un impiego ed un altro oppure una fonte ed
un’altra.
a) Indice di elasticità degli impieghi, che misura il grado di elasticità del capitale investito,
b) Indice di rigidità degli impieghi, che misura il grado di indebitamento del capitale finanziario.
• Indici di correlazione, attraverso questi si determinano le correlazioni esistenti tra gli impieghi e le
fonti.
a) Indice di autonomia finanziaria, viene misurata rapportando il capitale di rischio al capitale
investito;
b) Indice di dipendenza finanziaria, calcolata rapportando il capitale di credito al capitale investito.
7.0 Politiche agroalimentari (LEZIONE 12)
7.1 Introduzione
L’economia politica studia il funzionamento dei mercati, così come risulta dal libero comportamento dei
singoli operatori, la politica economica studia l’intervento delle autorità pubbliche volte a modificare il
funzionamento del mercato. L'intervento pubblico ha lo scopo di ottenere obbiettivi che l’azione privata non
realizzerebbe e che le autorità ritengono invece meritevoli di essere perseguiti in quanto capaci di
accrescere il benessere della società.
7.2 Le motivazioni dell’intervento
Uno dei problemi di fondo della teoria della politica economia è quello del perché e in che misura lo stato
debba intervenire in economia ed in riferimento a quale concetto di benessere sociale debbano essere
definiti gli obbiettivi della politica economica. Per rispondere a tali problemi la teoria della politica economica
si avvale di altre scienze sociali, come la scienza politica e la filosofia morale.
22
La scienza politica studia il problema dell’attribuzione del potere ad una autorità centrale, in termini di
tipologia, estensione e legittimazione del potere. I filosofi critici dell’intervento dello stato in economia
sostengono che questo limiterebbe eccessivamente la libera iniziativa privata, invece, i filosofi politici che
sono maggiormente disposti ad accettare l’intervento dello stato in economia, vedono tale intervento come
capace di accrescere, anziché ridurre, la libertà individuale, nella misura in cui esso risponde agli obbiettivi di
garantire i diritti umani fondamentali e di aumentare la giustizia sociale.
Rimanendo nel campo della teoria dello stato liberale, che pone come sue fondamenta l’individuo e la
garanzia della massima libertà di quest’ultimo, la visione dei filosofi politici riguardo all’intervento dello stato
in economia varia dallo stato minimale, a quello sociale e infine etico.
• Nel caso dello stato minimale l’intervento dell’autorità pubblica si deve limitare a proteggere la
proprietà privata e a garantire l’esecutorietà dei contratti.
• Nel caso dello stato sociale viene ammessa la possibilità dell’intervento pubblico solo per correggere
l’agire delle libere forze del mercato.
• Nel caso dello stato etico, esso deve e può definire un largo spettro di obbiettivi di carattere sociale
in base a un criterio di valutazione etica e che per conseguirli possa disporre di un elevato numero di
risorse.
La filosofia morale invece aiuta ad indagare sulle modalità attraverso cui è possibile definire il concetto di
miglioramento del benessere sociale
Lo stato interviene in economia per tre motivi:
1) Correzione dei fallimenti del mercato, e lo stato svolge un ruolo allocativo in quanto cerca di porre
rimedio alla distorsione nell’allocazione delle risorse indotta dai fallimenti del mercato.
2) Stabilizzazione dei sistemi capitalistici, lo stato cerca di controbilanciare l’andamento ciclico delle
economie capitalistiche e di stabilizzare le variabili aggregate.
3) Redistribuzione del reddito e conseguimento di obbiettivi sociali e etici, l’obbiettivo non è più il
raggiungimento di una generica posizione di ottima allocazione delle risorse ma quello di una
allocazione che rispetti il principio dell’equità, intesa come una equa distribuzione dei redditi e della
ricchezza, sia come parità nelle possibilità di accesso alle opportunità e alle risorse economiche.
7.3 I fallimenti del mercato e la funzione allocativa dello stato
Il primo teorema dell’economia del benessere afferma che in un sistema economico che funzioni in regime di
concorrenza perfetta e in assenza di beni pubblici, esternalità e problemi informativi, le scelte dei singoli
agenti conducono ad un equilibrio generale che è un ottimo paretiano, ossia è una posizione di ottima
utilizzazione delle risorse. Se una o più ipotesi del teorema non venga rispettata il sistema si troverà in una
posizione sub ottimale, e in tal caso si ha un fallimento del mercato, nel senso che esso non garantisce
un’allocazione delle risorse efficiente in senso paretiano.
La rimozione della causa del fallimento del mercato, vale a dire la restaurazione della validità dell’ipotesi
disattesa consente di riorientare il sistema verso una allocazione ottimale.
In questa sezione vengono esaminati gli effetti delle altre cause di fallimento del mercato, vale a dire
l’esistenza di beni pubblici, l’esternalità e asimmetria informativa.
I beni pubblici sono quei beni per i quali vale la non escludibilità (nessuno può essere escluso dall’uso del
bene) e la non rivalità (il consumo da parte di un soggetto di tale bene non ne riduce la disponibilità di altri
soggetti), e a secondo della presenza di uno, nessuno o di entrambi i requisiti di non escludibilità e non
rivalità, si parla di beni pubblici, beni privati, commons e beni di tipo club.
Quando una transazione tra un acquirente e un venditore ha effetto diretto su una terza parte, l’effetto diretto
subito dalla terza parte si chiama es