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DIRITTO DI OPZIONE
Rappresenta una forma di tutela nei confronti dei soci che già fanno parte della
società.
È il diritto dei soci attuali di sottoscrivere, in proporzione al numero delle azioni
possedute, le azioni emesse in sede di aumento oneroso del capitale. Se nella società
ci sono 2 soci e uno possiede 2/3 e l’altro 1/3, il nuovo aumento verrà sottoscritto
rispettivamente per 2/3 e 1/3.
Qual è lo scopo del diritto di opzione?
L’obiettivo è far sì che il peso proporzionale di ciascun socio rimanga inalterato.
Questo fa sì che, a sua volta, rimanga inalterato il peso che ciascun socio ha nella
formazione della volontà sociale e quindi in ogni delibera, in ogni votazione e in ogni
espressione della volontà della società stessa. Se un socio possedeva il 60% e oggi
all’interno della
può sottoscrivere le nuove azioni sempre per il 60%, il suo peso
società resterà inalterato.
Inoltre, sappiamo che le azioni rappresentano una proporzione rispetto al capitale
sociale (se un socio possiede il 60% delle azioni, ha il 60% del capitale e quindi su un
capitale di 100 ha 60). Nella società, oltre al capitale, la ricchezza può essere
rappresentata dalle riserve e quindi, poter mantenere il peso proporzionale, vuol dire
garantire a quel determinato socio di mantenere inalterato il suo peso anche rispetto al
valore delle riserve. Quindi il valore reale delle azioni del socio non viene
determinato solo rispetto al capitale ma rispetto a tutta la ricchezza e il diritto di
opzione deve garantire al socio la possibilità di mantenere inalterato il peso rispetto a
tutto il patrimonio e quindi il valore reale di ciascuna partecipazione azionaria. 29
Art. 2441 c.c. 2° comma
In sede di delibera di aumento del capitale sociale, deve essere prevista l’offerta delle
azioni innanzitutto in opzione ai soci che possono sottoscrivere le nuove azioni entro
che deve durare non meno di 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
un periodo
Si discute sulla natura del diritto di opzione. Alcuni l’hanno apparentato ad un diritto
di prelazione, altri (osservando che essa, al contrario di una prelazione non pone una
tra più “acquirenti” ma consacra un vero e proprio potere esclusivo in
preferenza
capo al suo titolare) hanno ritenuto opportuno apparentarla al diritto di opzione di cui
all’art. 1331 c.c.
Questo deve essere considerato un vero patto di opzione ai sensi dell’art. 1331 o
piuttosto un diritto di prelazione?
Per capire la differenza consideriamo l’esempio di un contratto di locazione di un
appartamento. Nei contratti di locazione talvolta si prevede che, nel caso in cui il
locatore (cioè il proprietario dell’appartamento) decide di vendere, il conduttore ha
diritto di prelazione, cioè ha diritto ad essere preferito nell’acquisto
dell’appartamento rispetto a terzi (per garantire la continuità dell’abitazione). Questo
è un diritto di prelazione perché sorge solo nel momento in cui il proprietario decide
di vendere. L’opzione, invece, si ha quando nel contratto si stabilisce un diritto del
conduttore di comprare l’appartamento ad un prezzo predeterminato. Quindi, in
l’appartamento, ma sarà il
questo caso, non sarà il proprietario a decidere di vendere
conduttore, in base alle condizioni stabilite, a decidere di acquistare l’appartamento
stesso. È come se ci fosse già una proposta che il conduttore può decidere di accettare
o meno. Quindi, mentre nell’opzione c’è già una proposta che può essere accettata o
meno, nella prelazione si ha il diritto ad essere i primi destinatari di una proposta che
non è detto che ci sarà.
Quindi, l’opzione vale a consentire al socio di mantenere inalterata, dopo l’aumento,
la propria posizione relativa alla società; il diritto di prelazione, invece, serve al
socio per accrescere quella posizione che l’esercizio del diritto di opzione ha
preservato. 30
Ritornando al diritto di opzione, la questione deve essere posta in questi termini: una
volta che nasce la delibera, il diritto di opzione è un diritto di prelazione o un diritto
di opzione?
Secondo alcuni, tale diritto è una prelazione perché la società non è obbligata ad
aumentare il capitale e dovrà favorire i soci solo nel momento in cui decide di
deliberare l’aumento.
Secondo altri, invece, guardando il tutto in un’ottica successiva alla delibera di
aumento di capitale, si tratta di opzione perché i soci possono acquistare le azioni
senza una successiva e ulteriore proposta da parte della società.
Entrambe le teorie possono essere considerate valide. Dipende se consideriamo
all’interno della fattispecie anche la delibera o consideriamo il fenomeno prima che la
delibera sia stata emessa.
Le azioni della società possono essere vendute salvo che non ci siano clausole che
limitano il trasferimento delle azioni stesse. Nel caso in cui il socio decidesse di
vendere le azioni, deve offrirle agli altri soci, allo stesso prezzo, in modo da evitare
che terzi estranei possano entrare all’interno della società.
Consideriamo che la società ha deliberato un aumento che viene offerto ai soci che
hanno la possibilità di esercitare il diritto di opzione entro 30 gg. Può il socio
vendere ad un estraneo o ad un altro socio tale diritto?
Nella prassi, avviene sempre la cessione del diritto di opzione. Questo però potrebbe
essere un mezzo utilizzato per permettere ad un terzo di entrare in società aggirando,
ove previsto nello statuto, la clausola di prelazione in caso di trasferimento delle
azioni. Infatti, se prima di vendere le azioni un socio deve offrirle agli altri soci, se
fosse possibile vendere il diritto di opzione ad altri soggetti questi, sottoscrivendo
l’aumento, diventerebbero soci della società. Questo invece non sarebbe possibile nel
caso in cui il socio dovesse prima sottoscrivere l’aumento (perché per vendere le
azioni dovrebbe prima offrirle agli altri soci). Quindi, da parte di molti autori, si
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sostiene che debbano essere applicate, anche alla cessione dell’opzione, le limitazioni
riguardanti il trasferimento dei titoli azionari.
Art.2441 c.c. 2°comma
L’articolo pone, da un lato, una normativa di tutela e garanzia di tale diritto fondata
su un obbligo di agire posto a carico degli amministratori in conseguenza della
delibera di aumento del capitale sociale; l’obbligo degli amministratori riguarda la
pubblicazione dell’offerta di opzione, ossia un documento pubblicitario autonomo
rispetto alla pubblicità della delibera assembleare, presso il registro delle imprese.
Tale offerta deve indicare gli estremi della delibera assembleare, il numero delle
cifra dell’aumento del capitale disponibile per i
azioni offerte in opzione (ovvero la
soci) ed il termine di validità dell’opzione “non inferiore a 30 gg dalla pubblicazione
dell’offerta”.
È possibile derogare al termine previsto dalla norma?
È necessario prendere in considerazione sempre la regola degli interessi pubblicistici
che prevalgono su quelli privati. Infatti, se l’interesse è di carattere pubblico o
generale e non attiene alla persona del singolo socio, non può essere leso e prevale
sempre; nel caso in cui l’interesse riguarda i singoli soci può essere derogato se vi è il
consenso unanime di tutti i soci.
L’interesse a dare pubblicità all’offerta dell’opzione con un termine non inferiore a
30 gg è un interesse dei soci o è di carattere pubblicistico?
Il diritto di opzione (il cui scopo è di mantenere inalterata la partecipazione dei soci)
va a garantire un interesse privato quindi con il consenso unanime dei soci (che
vedrebbero lesa la possibilità di mantenere inalterata la partecipazione) si potrebbe
prevedere un termine diverso rispetto a quello dei 30 gg. 32
PRELAZIONE SULL’INOPTATO
Art.2441 c.c. 3° comma
La particolarità di questo istituto è che i soci che esercitano il diritto di opzione
devono fare contestuale richiesta nel caso in cui vogliano esercitare il diritto di
sull’inoptato. La condizione necessaria è che la richiesta venga effettuata
prelazione
contestualmente al momento in cui viene esercitato il diritto di opzione (la richiesta
quindi non può essere differita).
Qual è lo scopo della prelazione sull’inoptato?
nel caso dell’opzione lo scopo è mantenere inalterata la partecipazione dei
Mentre
soci, per quanto riguarda la prelazione sull’inoptato lo scopo è evitare l’ingresso di
terzi estranei in società. Infatti, è vero che la spa è una società aperta al mercato, ma
l’ingresso di nuovi soci è possibile solo con il consenso di coloro che già fanno parte
della società stessa (questo per quanto riguarda le spa chiuse, cioè non quotate in
borsa). La spa infatti è strutturalmente chiusa dal punto di vista della
regolamentazione perché i soci sono favoriti rispetto ai terzi.
La norma ammette all’esercizio di tale prelazione anche chi abbia acquistato i diritti
dai titolari originari, quindi anche chi, al momento della delibera, non era socio e,
quindi, non disponeva di una posizione sociale da difendere e da conservare.
Si deve, ancora, evidenziare come sia fisiologia alla prelazione la previsione di un
prezzo maggiore rispetto a quello di opzione; è stato scritto efficacemente che la
misura della partecipazione del socio si risolve non solo in una frazione percentuale
al nominale del capitale sociale, ma anche in un vero e proprio diritto quotale sul
patrimonio sociale comprensivo delle riserve di vario tipo, dei saldi attivi, ecc… Si
può dunque affermare che alla quota sociale ineriscono dei plusvalori che sono
appunto determinati dalla differenza tra capitale e patrimonio e dunque espressione
dei beni che costituiscono il patrimonio della società.
Se il socio (o il terzo che sotto tale profilo ad esso va equiparato) sottoscrivesse
l’inoptato alle medesime condizioni stabilite per l’offerta in opzione, esso si
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avvantaggerebbe di quei plusvalori inerenti ai titoli che non spettavano
originariamente alla sua quota e che dunque gli erano estranei.
In altri termini, si verificherebbe un indebito arricchimento di chi sottoscrive
l’inoptato, non solo a danno dei soci che non hanno potuto o voluto esercitare il
diritto di opzione.
Infatti, a parte le ipotesi di aumento del capitale con esclusione o limitazione del
(in cui l’imposizione di un sopraprezzo &