Riassunti di Biologia cellulare
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LA SINTESI PROTEICA (fase di trascrizione)
Introduzione alla sintesi proteica ] Ci sono geni che codificano per la formazione di proteine istoniche, le quali
sono fondamentali per tanti aspetti. Ad esempio:
le proteine istoniche assieme al DNA tendono a compattarsi a formare la eucromatina e l'eterocromatina
– le proteine istoniche assieme all'r-RNA formano i ribosomi, gli organuli sede della sintesi proteica
– Studiando nel dettaglio la composizione delle proteine istoniche abbiamo visto che più o meno la loro
sequenza amminoacidica è similare in ogni individuo vivente. Questo non può altro che significare che
anche i ribosomi sono molto simili in ogni individuo vivente. Se infatti andiamo a vedere nel passato,
notiamo che i ribosomi sono strutture altamente statiche dal punto di vista evolutivo, in pratica
possiamo affermare che non hanno subito alcun tipo di cambiamento. Questo è dovuto sicuramente al
fatto che i ribosomi devono effettuare uno dei processi più importanti e complessi che ci sia, ovvero la
sintesi proteica. La sintesi proteica è quel processo unidirezionale che permette al DNA di essere
trascritto di m-RNA (trascrizione), che successivamente viene tradotto in amminoacidi (traduzione).
Gli amminoacidi successivamente andranno a legarsi formando proteine tridimensionali
Differenza fra la sintesi proteica negli eucarioti e procarioti ] Quando si parla di sintesi proteica dobbiamo
considerare che avviene differentemente a seconda che si parli di organismi procarioti o eucarioti. Una cosa
diversa sussiste nel luogo della trascrizione. Infatti:
Negli organismi eucarioti morfologicamente parlando sono costituiti da un nucleo, caratterizzato da una
– membrana nucleare che a sua volta separa il materiale genetico (DNA) dall'ambiente citoplasmatico.
Per questo motivo la fase di trascrizione avviene nel nucleo, mentre la fase di traduzione avviene nel
citoplasma a contatto coi ribosomi. Per poter passare dal nucleo al citoplasma e raggiungere i ribosomi,
ricordo che l'm-RNA trascritto deve passare attraverso i pori nucleari. I pori nucleari sono molto stretti,
e per questo motivo solo gli esoni (tratti codificanti di ridotte dimensioni) riescano a passare, mentre gli
introni (tratto non codificanti di notevoli dimensioni) non riescono a passare. Per questo motivo il
filamento di m-RNA subisce il processo di maturazione, in cui vengono eliminati gli introni.
Con l'eliminazione degli introni l'm-RNA può passare tranquillamente attraverso i pori nucleari e
raggiungere i ribosomi nel citoplasma, andando incontro a traduzione.
Negli organismi procarioti morfologicamente parlando non c'è il nucleo, in quando il DNA si trova
– immerso in una regione casuale del citoplasma che prende il nome di “Nucleoide”. Per questo motivo la
trascrizione e la traduzione avvengono entrambe nel citoplasma, una dietro l'altra. La rapidità della
sintesi proteica in questi organismi è notevolmente maggiore, in quanto non vi è la fase di maturazione.
La rapidità della sintesi proteica è di fondamentale importanza, infatti i batteri per sopravvivere devono
essere in grado di adattarsi il prima possibile alle continue variazioni dei parametri fisici-chimici-
ambientali!! TIPI DI RNA TRASCRITTI A PARTIRE DAL DNA
m-RNA ] sta per “RNA-messaggero”, ed è una molecola a singolo filamento che una volta trascritta va incontro
alla traduzione e quindi alla formazione di amminoacidi. Quest'ultimi poi si legheranno a formare proteine.
Come abbiamo visto prima nei procarioti il singolo filamento di m-RNA viene trascritto nel citoplasma e
– viene tradotto immediatamente dopo sempre a livello citoplasmatico a contatto coi ribosomi
Negli eucarioti invece la presenza del nucleo, fa si che il singolo filamento di m-RNA venga per prima
– cosa trascritto nel nucleo, successivamente maturato (attraverso processo di maturazione, in cui
vengono eliminati gli introni) ed infine vada incontro a traduzione nel citoplasma a contatto coi ribosomi
t-RNA ] sta per “RNA-transfert”, ed è la molecola che partecipa alla traduzione come trasportatore di
amminoacidi (amminoacil-tRNA) e peptidi (peptidil-tRNA). I t-RNA possono essere di 32 tipi diversi, anche se
hanno praticamente tutti la stessa forma e la stessa dimensione, che varia dalle 73 alle 93 paia di basi.
Strutturalmente parlando ogni t-RNA assomiglia moltissimo ad un trifoglio, ma prima di formare questa classica
struttura, il t-RNA deve andare incontro al processo di maturazione.
All'inizio abbiamo la presenza di un singolo filamento di RNA che presenta un estremità 3'OH ed una
– estremità 5'P.
successivamente rimossa una sequenza intronica dall'estremità 5'P
– dopo di che a livello dell'estremità 3'OH, viene trasformato un codone AUU in un codone ACC.
– Questa parte andrà a costituire il sito di legame per l'amminoacido
a questo punto viene rimosso un introne presente in un ansa, formando l'anticodone
– infine vengono modificate alcune basi organiche azotate, formando l'Ansa D e l'ansa T
–
Dopo la fase di maturazione, si sono formati ben quattro steli e anse a doppio filamento. Questi steli e anse si
formano in virtù della complementarietà intracatena che consente a brevi tratti di RNA di interagire fra loro a
formare doppi filamenti. Questi steli sono:
Stelo accettore ] non è altro che un tratto di t-RNA che presenta un estremità libera 3', alla quale
– generalmente di lega l'amminoacido corrispondente alla tripletta dell'anticodone
Ansa D ] è un tratto di t-RNA che presenta la 5,6-di-idrouridina, che rappresenta una uridina ridotta da
– due idrogeni. Ricordo che l'uridina è ribonucleoside, che nello specifico è caratterizzato da un uracile
legato ad una molecola di ribosio
Ansa variabile ] è quella parte di t-RNA che può variare le sue dimensioni. Sulla base del tipo si ansa
– variabile, ricaviamo difatti i 32 tipi di t-RNA conosciuti fino ad ora
Ansa dell'anticodone ] è un tratto di t-RNA formato da tre nucleotidi corrispondenti alla tripletta che
– codifica per l'amminoacido legato allo stelo accettore
Ansa T ] è un tratto di t-RNA che presenta che presenta una ribotimidina
–
r-RNA ] sta per “RNA-ribosomiale”, ed è una molecola a singolo filamento lineare che, può assumere
conformazioni tridimensionale molto complesse. Tale molecola rappresenta l'impalcatura su cui si ancorano le
proteine ribosomiali al fine di formare il ribosoma. Alcuni filamenti di r-RNA
la molecola che si associa alle proteine ribosomiali per formare i ribosomi.
RNA-interference (RNA-i) ] Sostanzialmente dobbiamo sapere che nelle cellule di un mammifero:
una piccola percentuale del DNA va in contro a trascrizione formando m-RNA che a sua volta verrà
– tradotto in amminoacidi
una grande percentuale del DNA produce invece RNA a doppio filamento non codificanti, che
– sembrerebbero i diretti responsabili della complessità funzionale dei nostri meccanismi cellulari.
Questi RNA non codificanti vengono definiti come ncRNA (No Coding RNA) e sono alla base del
meccanismo della “Interferenza a RNA”
L'interferenza a RNA è stato scoperto da Craig Mello e Andew Fire, che per questo vinsero il premio nobel nel
2006. Si tratta praticamente di un meccanismo epigenetico grazie al quale è possibile ottenere una forma di
silenziamento genico, cioè vengono inattivati determinati geni. Questo meccanismo avviene dopo la trascrizione,
in quanto agisce direttamente a livello degli m-RNA.
L'esperimento di Mello e Fire consisteva costruire inizialmente in laboratorio tre RNA differenti:
uno senso (a singolo filamento)
– uno antisenso (a singolo filamento)
– uno a doppio filamento (costituito da un filamento senso ed un filamento antisenso)
–
Inserirono questi tre RNA in tre gruppi differenti di nematodi e videro che nel nematode i qui avevano inserito il
filamento senso o il filamento antisenso, non succedeva nulla. Nei nematodi in cui avevano inserito l'RNA a
doppio filamento si notavano dei movimenti incontrollati dell'animale. Da qui dedussero che solo l'RNA a doppio
filamento era stato in grado di inibire determinati geni che avevano cambiato il comportamento dell'animale.
Ripetettero l'esperimento anche con altri animali, come ad esempio i vermi, ed anche in tal caso i risultati furono
gli stessi. La deduzione fu che quindi c'erano molecola di RNA a doppio filamento in grado di inibire la
trascrizione ed inattivare cosi determinati geni dell'animale.
L'interferenza a RNA si è scoperto poi col tempo che può avvenire in ben tre modalità:
o viene bloccata la traduzione del filamento di m-RNA
– o viene idrolizzato il filamento di m-RNA, che per tanto non può andare incontro a traduzione
– viene promossa la formazione di eterocromatina (avente DNA inattivo, il quale non subisce trascrizione)
–
Determinando il blocco della traduzione o l'idrolisi del filamento di m-RNA trascritto, non si viene a formare
nessuna proteina. Infatti ciò che notiamo visivamente è che abbiamo il DNA e l'm-RNA, ma nessuna proteina.
1 ] Guardiamo come avviene il meccanismo dell'interferenza a RNA attraverso l'idrolisi dell'm-RNA:
inizialmente abbiamo gli ncRNA (No Coding RNA). Gli ncRNA vengono tagliati da un particolare
– enzima del tipo ribonucleasi che prende il nome “Dicer”.
Una volta tagliati gli ncRNA, si formano tanti piccoli frammenti più piccoli chiamati “siRNA”.
– Gli siRNA sono caratterizzati da RNA a doppio filamento, di cui un filamento è detto “filamento
passeggero”, l'altro filamento è detto “filamento guida”
successivamente i siRNA vengono caricati in un complesso proteico chiamato “pre-RISC”.
– Tale complesso proteico è caratterizzato da un proteina argonauta, caratterizzata da tre domini detti
“dominio PAZ”, “dominio PIWI” e “dominio MID”
grazie ai propri domini la proteina argonauta è in grado di interagire coi filamenti di siRNA, nello
– specifico abbiamo che:
- il filamento passeggero viene legato al dominio PAZ e viene tagliato in due parti col conseguente
distacco immediato
- il filamento guida viene legato al dominio MID formando il cosiddetto “Complesso RISC”
- il dominio PIWI non è altro che un canale carico positivamente che attrae i filamenti di siRNA carichi
negativamente)
il complesso RISC ottenuto, a questo punto interagisce con un m-RNA bersaglio. Questo accade grazie al
– fatto che il filamento guida, direziona la proteina argonauta verso un filamento di m-RNA bersaglio.
Una volta che è arrivato a destinazione, la proteina argonauta idrolizza in due parti il filamento di m-
RNA grazie alla propria attività ribonucleasica
l'm-RNA non è quindi più in grado di andare incontro a traduzione, per tanto non può più formare
– amminoacidi. Senza gli amminoacidi non si formano le proteine.
Abbiamo quindi terminato il meccanismo dell'interferenza a RNA!!
–
2 ] Guardiamo come avviene il meccanismo dell'interferenza a RNA tramite il blocco della traduzione dell'm-
RNA: inizialmente abbiamo un filamento di RNA a singolo filamento contente delle basi complementari molto
– vicine che permettano al filamento di ripiegarsi su se stesso formando un RNA a doppio filamento con
un ansa ad una delle due estremità. Tale RNA prende il nome di pri-miRNA
il pri-miRNA è riconosciuto da un complesso multiproteico chiamato “Complesso del Microprocessore”
– che a sua volta è formato da due proteine: la DGCR8 e la Drosha.
Per prima cosa la proteina DCGR8 si lega al pri-miRNA a doppio filamento e riconoscono l'ansa presene
a livello dell'estremità terminale. Successivamente interviene la proteina Drosha che taglia il filamento
di pri-miRNA a livello dell'ansa terminale andando a formare il pre-miRNA
(l'azione del complesso multiproteico del microprocessore avviene completamente nel nucleo)
il pre-miRNA è esportato dal nucleo al citoplasma attraverso i pori nucleari. Questa esportazione è resa
– possibile da proteine come le “Esportine” e le “Proteine Ran GTP”. Infatti le esportine si legano al pre-
miRNA ed interagiscano successivamente con le proteine Ran GTP. Tali proteine vanno incontro a
defosforilazione formando proteine Ran GDP (forma inattiva delle proteine Ran), grazie alla reazione
[Ran GTP → Ran GDP + Pi ]. Tale reazione è fortemente esoergonica. L'energia liberata viene utilizzata
dalle esportine per trasportare i pre-miRNA dal nucleo al citoplasma cellulare
il pre-miRNA una volta arrivato nel citoplasma va incontro ad un processo di maturazione attuato
– dall'enzima Dicer (ribonucleasi), che sostanzialmente lo taglia. Si viene quindi a formare un piccolo
“mi-RNA” a doppio filamento lungo circa 21-24 nucleotidi. Un filamento è detto “filamento passeggero”,
mentre l'altro è detto “filamento guida”
successivamente il mi-RNA viene caricato in un complesso proteico chiamato “pre-RISC”.
– Tale complesso proteico è caratterizzato da un proteina argonauta, caratterizzata da tre domini detti
“dominio PAZ”, “dominio PIWI” e “dominio MID”, con al centro una molecola di magnesio situata nel
sito attivo della proteina, che permette alla proteina argonauta di interagire con altre molecole
sostanzialmente grazie ai propri domini e al sito attivo, la proteina argonauta è in grado di interagire coi
– filamenti di mi-RNA. Nello specifico abbiamo che:
- il filamento passeggero viene legato al dominio PAZ e viene tagliato in due parti col conseguente
distacco immediato
- il filamento guida viene legato al dominio MID formando il cosiddetto “Complesso RISC”
- il dominio PIWI non è altro che un canale carico positivamente che attrae i filamenti di mi-RNA
carichi negativamente)
il complesso RISC a questo punto interagisce con un m-RNA bersaglio. Questo accade grazie al fatto che
– il filamento guida, direziona il complesso RISC verso un filamento di m-RNA bersaglio. Una volta che è
arrivato a destinazione, il filamento guida si lega ad una regione parzialmente complementare del
filamento di m-RNA ed inibisce l'avvio del processo di traduzione
il fatto che sia parzialmente complementare lo si vede dal fatto che, una volta che il filamento guida si è
– legato alla regione dell'm-RNA, si forma una piccola ansa, a manifestare proprio la non totale
complementarietà fra i due filamenti
l'm-RNA non è quindi più in grado di andare incontro a traduzione, per tanto non può più formare
– amminoacidi. Senza gli amminoacidi non si formano le proteine.
Abbiamo quindi terminato il meccanismo dell'interferenza a RNA!!
–
3 ] Guardiamo come il meccanismo dell'interferenza a RNA promuove la formazione di eterocromatina:
la cellula come abbiamo visto precedentemente è in grado di formare determinati tipi di RNA chiamati
– “si-RNA” e “mi-RNA” che sono in grado non solo di inibire la sintesi proteica, ma anche di regolare lo
stato della cromatina. Per “regolazione dello stato della cromatina”, intendiamo dire che viene regolata
la quantità di eterocromatina ed eucromatina presente nella cellula
nello specifico i siRNA inducono una metilazione a livello dei residui di lisina 9 e lisina 27 che
– compongono l'istone H3. Questo comporta una compattazione della cromatina e la formazione
dell'eterocromatina
invece i frammenti di mi-RNA che partecipano a questo processo si legano nelle vicinanze dei residui di
– lisina da metilare dell'istone H3 ed attivano l'enzima “Istone-metil-transferasi” (HMT). Tale enzima è in
grado di metilare i residui di lisina dell'istone H3 inducendo una compattazione della cromatina e la
formazione dell'eterocromatina
l'eterocromatina formata a partire dai si-RNA e mi-RNA viene mantenuta attraverso altre proteine
– come la HP1 e la SWI6 che si associano alla eterocromatina regolando il giusto grado di compattazione
sno-RNA e maturazione dell'r-RNA ] sta per “RNA nucleolari a piccole dimensioni” ed è costituito da corti RNA
a singolo filamento composti da circa 100-300 nucleotidi. Tali sno-RNA sono particolarmente importanti per il
processo di maturazione dell'r-RNA. La maturazione dell'r-RNA avviene in una regione particolare del nucleo
definita come “Nucleolo”. Durante la maturazione dell'r-RNA, quello che succede è che:
inizialmente alcuni filamenti di sno-RNA si associano con proteine ribosomiali portando alla formazione
– di tante piccole molecole chiamate snoRNP (proteine-ribo-nucleiche a piccole dimensioni)
le snoRNP iniziano ad associarsi al r-RNA immaturo, che prende il nome di “pre-r-RNA”.
– Il pre-r-RNA è sostanzialmente formato dagli sno-RNA-U3 ed una dozzina di proteine snoRNP differenti
fra loro
le pre-r-RNA successivamente vengono modificate grazie all'azione enzimatica del complesso
– “Exosoma”, che sarebbe un complesso multienzimatico caratterizzato da ben 12 esonucleasi diverse
a seguito delle modifiche apportate dall'exosoma, come ad esempio la conversione di una uridina in una
– pseudouridina o la metilazione a livello del carbonio C2 del ribosio di un nucleotide, si ha che il
pre-r-RNA diventa un r-RNA maturo
r-RNA maturo può essere di quattro forme differenti negli eucarioti : r-RNA 28s, r-RNA 18s, r-RNA 5,8s
– e r-RNA 5s. Fra queste forme di r-RNA, possono essere formate tutte tranne l'r-RNA 5s, che viene
codificata da un gruppo di geni differenti ad opera direttamente della RNA-polimerasi III.
Questa forma di r-RNA 5s, infatti non subisce alcuna modificazione chimica da parte dell'exosoma!!
r-RNA maturo può essere di tre forme differenti nei procarioti: r-RNA 23s, r-RNA 16s e r-RNA 5s
–
RNA-telomerico ] è una componente strutturale dell'enzima “Telomerasi”
TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI
La trascrizione differentemente dalla replicazione, è un processo che non comprende tutto il DNA, ma è un
evento circoscritto al singolo gene. Inoltre la replicazione è un processo che in alcune cellule non avviene, infatti
ci sono cellule che non proliferano mai, mentre la trascrizione avviene continuamente in tutte le cellule viventi.
La trascrizione nei procarioti avviene interamente nel citoplasma, per via dell'assenza del nucleo. Tale processo è
reso possibile grazie alla presenza di un particolare enzima chiamato “RNA-polimerasi-DNA-dipendente”, detto
generalmente anche “RNA-polimerasi”. L'RNA-polimerasi delle cellule procariote è diverso da quello delle
cellule eucariote. Generalmente quello dei procarioti è un enzima caratterizzato da quattro subunità proteiche:
due subunità alfa (alfa-1 e alfa-2)
– due subunità beta (beta e beta')
–
Talune subunità si legano ad una proteina chiamata fattore-sigma o subunità sigma, ed assieme formano il
cosiddetto “Oloenzima” che permette l'apertura della bolla di trascrizione e l'avvio della trascrizione.
Le due subunità alfa e le due subunità beta sono prevalentemente implicate nella sintesi dell'm-RNA.
Il fattore sigma serve invece per riconoscere il promotore, ossia quella regione del DNA dalla quale ha inizio la
trascrizione. L'enzima RNA-polimerasi ha un attività di Proof reading molto scarsa, per tale motivo fa molti
errori durante la formazione del filamento m-RNA (circa un errore ogni 10000 nucleotidi). Nonostante i molti
errori, tale attività è comunque compatibile con la vita. Inoltre la RNA-polimerasi ricordo che non necessita di
nessun innesco, è sempre processiva ed attiva a svolgere la propria funzione a differenza della DNA-polimerasi
Il processo di trascrizione nei procarioti è caratterizzato da una fase di inizio, di allungamento e di terminazione:
FASE DI INIZIO ] inizialmente il fattore sigma della RNA-polimerasi riconosce il promotore.
Il promotore è una sequenza del DNA procariote molto breve, caratterizzata da due regioni distinte:
la regione meno dieci (regione-10) viene definita anche col nome di “Pribnow box” ed è la regione del
– promotore posizionate a 10 nucleotidi dal punto di inizio della trascrizione. Essa è caratterizzata da 6
paia di basi organiche azotate, tutte adenine e timine. Questa non è una casualità, infatti adenine e
timine sono legate assieme da soli due legami a idrogeno (ricordo che invece citosine e guanine sono
legate da tre legami ad idrogeno), e questo gli permette di essere una regione facilmente despiralizzabile.
Non a caso è proprio in questa regione del promotore che avviene l'apertura del DNA.
la regione meno trentacinque (regione-35), è la regione del promotore posizionata a 35 nucleotidi dal
– punto di inizio della trascrizione
Una volta che il promotore è stato riconosciuto dal fattore sigma, inizia il legame effettivo fra l'RNA-polimerasi e
il promotore.
per prima cosa il fattore sigma riconosce e si lega alla regione -35, formando il cosiddetto complesso
– chiuso, che determina la fase di “Standby”. Nella fase di standby il promotore modica parzialmente la
propria topologia
successivamente il fattore sigma riconosce e si lega alla regione-10, formando il complesso aperto, in cui
– la doppia elica del DNA inizia a despiralizzarsi
al momento in cui il fattore sigma si è legato stabilmente con le regioni -10 e -35 del promotore, si forma
– la cosiddetta “bolla di trascrizione”, che consiste in una sequenza di circa 12 nucleotidi
il fattore sigma interagisce con le subunità alfa-1 e alfa-2 dell'RNA-polimerasi II e si ha la formazione
– dell'oloenzima (fattore sigma + RNA-polimerasi II) che permette l'apertura della bolla di trascrizione e
da il via al processo di trascrizione stesso
FASE DI ALLUNGAMENTO ] una volta che è iniziata la trascrizione l'RNA-polimerasi trascrive solo uno dei
due filamenti di DNA. L'altro filamento non trascritto viene definito come “filamento senso”.
La trascrizione è resa possibile specificatamente dalla subunità beta e dalla subunità beta' della RNA-polimerasi,
che riescano ad allungare il filamento di m-RNA grazie alla nascita di nuovi legami fosfodiesterici che
intercorrono fra particolari nucleotidi attivati, detti “Ribonucleotidi Trifosfati”, i quali invece di avere un gruppo
fosfato, ne hanno ben tre, grazie all'azione catalitica delle pirofosfatasi. Dopo che sono stati polimerizzati una
decina di ribonucleotidi, viene rilasciato il fattore sigma che andrà a riconoscere altri promotori e rimane solo la
RNA-polimerasi attaccata al filamento di DNA. Il filamento di m-RNA continua quindi ad allungarsi fino a che
non andiamo incontro ad uno dei tre fattori di terminazione, quali:
“sequenza di terminazione”, detta anche “sequenza pseudo-palindromica”
– andiamo incontro alla proteina di terminazione Rho
– andiamo incontro ad eventi casuali che causano il distacco precoce dell'RNA-polimerasi dal DNA
–
FASE DI TERMINAZIONE ] la terminazione del processo di trascrizione può avvenire in tre modi:
ad un certo punto durante la trascrizione del filamento di m-RNA andiamo incontro alla sequenza
– pseudo-palindromica. Tale sequenza determina un incurvamento del filamento di DNA che forma una
struttura a forcina molto robusta per via della presenza di guanina e citosina, che si legano tramite
triplo legame a idrogeno. Questa struttura a forcina robusta destabilizza il legame fra il DNA e l'RNA-
polimerasi, che si distacca inesorabilmente. Col distacco della RNA-polimerasi termina anche la
trascrizione. Questo tipo di terminazione prende il nome di “terminazione Rho-indipendente”, perché
non dipende dalla presenza o meno della proteine Rho
ad un certo punto durante la trascrizione, alcuni geni codificano per la formazione di un complesso
– proteico caratterizzato da 6 subunità, detta “Proteina Rho”. Tale proteina si lega al DNA e lo
destabilizza, separandolo dall'RNA-polimerasi. Con il distacco dell'RNA-polimerasi termina la
trascrizione
ci sarebbe anche un terzo modo, molto più raro, in cui in maniera del tutto casuale si formano dei
– complessi di terminazione che distaccano precocemente il DNA dalla RNA-polimerasi. In tal modo viene
terminata la trascrizione e si viene a formare un filamento di m-RNA non funzionale. Per evitare ciò il
nostro organismo sintetizza continuamente delle proteine con funzione “Co-Trascrizionale”, che vanno
di pari passo alla RNA-polimerasi, stando attente a che tutto il processo vada correttamente!!
TRASCRIZIONE DEGLI EUCARIOTI
La trascrizione negli eucarioti avviene interamente nel nucleo. Tale processo è reso possibile grazie alla presenza
di un particolare enzima chiamato “RNA-polimerasi-DNA-dipendente”, detto generalmente anche
“RNA-polimerasi”. Negli eucarioti, l'RNA-polimerasi è diverso da quello delle cellule procariote. Ed inoltre
mentre nei procarioti abbiamo un unica molecola di RNA-polimerasi, negli eucarioti ne abbiamo ben 4 tipi:
RNA-polimerasi I. Tale enzima si trova nel nucleolo e si occupa dell sintesi degli r-RNA
– RNA-polimerasi II. Tale enzima si trova nel nucleo e si occupa della sintesi degli m-RNA,
– RNA-telomerico e alcuni RNA non codificanti come si-RNA e mi-RNA
RNA-polimerasi III. Tale enzima si trova nel nucleo e si occupa principalmente della sintesi del t-RNA
– RNA-polimerasi mitocondriale
–
Per capire la presenza dei quattro tipi di RNA-polimerasi fu fatto un esperimento con l'α-amanitina, una tossina
che prodotta da un fungo chiamato “Amanita falloide”. Tale tossina infatti interagisce in maniera differente con i
tre RNA-polimerasi:
non interagisce quasi per nulla con la RNA-polimerasi I
– è estremamente attiva nei confronti dell'RNA-polimerasi II
– è poco attiva nei confronti dell'RNA-polimerasi III
–
La RNA-polimerasi che interessa a noi nel processo di trascrizione è fondamentalmente la RNA-polimerasi II,
ossia colei che è in grado di trascrivere un filamento di DNA in un filamento di m-RNA
La Trascrizione negli eucarioti abbiamo visto che è resa possibile grazie all'enzima RNA-polimerasi II, che
trascrive un filamento di DNA in un filamento di m-RNA. Il problema è che questo filamento di m-RNA non è
del tutto continuo, ma presenta delle discontinuità, ovvero dei tratti sono molto brevi e codificanti, altri tratti
sono molto lunghi e non codificanti (non codificano per nessuna funzione). I tratti brevi prendono il nome di
“Esoni”, quelli lunghi prendono il nome di “Introni”. Questo è un grosso problema, perché il filamento di
m-RNA, una volta trascritto dalla RNA-polimerasi II, deve passare attraverso i pori nucleari e raggiungere i
ribosomi, per poter essere tradotto. Gli introni però sono troppo lunghi e per ingombro sterico non passano dai
pori nucleari, per questo motivo devano essere eliminati. L'eliminazione degli introni dal filamento di m-RNA è
detto “processo di maturazione”, grazie al quale il filamento di m-RNA potrà essere finalmente in grado di
passare perfettamente attraverso i pori nucleari e raggiungere i ribosomi nel citoplasma cellulare.
La presenza degli esoni e degli introni negli eucarioti è stata vista per la prima volta in assoluta da Chambon nel
1978, grazie al suo esperimento:
Chambon e i suoi collaboratori sfruttarono la funzionalità dell'enzima “Trascrittasi inversa” detta anche
– in gergo “DNA-polimerasi-rna-dipendente”
inizialmente Chambon isolò l'm-RNA citoplasmatico dell'ovoalbumina di pollo tramite un processo di
– estrazione e purificazione
successivamente l'm-RNA citoplasmatico fu fatto reagire con la trascrittasi inversa, ottenendo cosi un
– cDNA (DNA copia)
dopo di che il cDNA fu denaturato ed introdotto equamente all'interno di due provette.
– In una provetta vi era la presenza di m-RNA citoplasmatico. Nell'altra provetta vi è era la presenza di
m-RNA nucleare. Abbiamo quindi due provette contenenti rispettivamente:
[cDNA + m-RNA citoplasmatico ] e [cDNA + m-RNA nucleare ]
Chambon ebbe un idea geniale. Sapeva benissimo che il cDNA e l'm-RNA nelle due provette per via
– dell'energia libera non sarebbero mai potuti reagire e formare conseguentemente degli ibridi.
Per tanto abbassò la temperatura ed utilizzò degli accorgimenti tecnici, riuscendo ad ottenere l'ambiente
ideale nelle provette per poter formare gli ibridi.
A questo punto nelle due provette avremo [cDNA-mRNA citoplasmatico] e [cDNA-mRNA nucleare]
non rimase altro che vedere e studiare nel dettaglio i due ibridi.
– L'ibrido cDNA-mRNA citoplasmatico presentava una doppia elica continua senza punti di discontinuità.
L'ibrido cDNA-mRNA nucleare invece presentava una struttura altamente discontinua caratterizzate da
anse (tratti di DNA di discreta entità) molto lunghe dette “non codificanti” (Introni) e anse più corte
dette “codificanti” (Esoni)
Dalla scoperta di Chambon riuscimmo a capire quindi che il genoma di un organismo eucariote è caratterizzato
da tratti codificanti, molto brevi, detti Esoni e tratti non codificanti, molto lunghi, detti Introni. Gli esoni e gli
introni si intervallano fra di loro formando all'univoco il genoma di un organismo eucariote.
La formazione degli introni, si pensa sia una nota evolutiva per salvaguardarci dalla formazione delle mutazioni
genomiche. Infatti gli introni si comportano metaforicamente da spugne, assorbendo in continuazione grandi
quantità di mutazioni. Questo è dovuto al fatto che essendo molto più grandi rispetto agli esoni, hanno
semplicemente una probabilità maggiore di essere colpiti da mutazioni. Il punto è che una mutazione quando
colpisce un introne non sortisce alcun effetto, poiché l'introne stesso non codifica per nessuna funzione specifica
dell'organismo.
Il processo di trascrizione negli eucarioti è composto da una fase di riconoscimento (detta fase pre-inizio), una
fase di inizio, una di allungamento e una di terminazione. Successivamente abbiamo anche che il filamento di
m-RNA trascritto va incontro alla fase di maturazione e di esportazione per poter decorrere tra i pori nucleari ed
andare nel citoplasma, dove i grazie ai ribosomi potrà essere tradotto in amminoacidi. Abbiamo 6 fasi distinte:
riconoscimento (pre-inizio)
– inizio
– allungamento
– terminazione
– maturazione
– esportazione
–
FASE PRE-INIZIALE ] tutto nasce a partire da determinate regioni del DNA chiamate “Promotori”.
A differenza dei procarioti, in cui vi è un solo promotore per ogni gene, negli eucarioti abbiamo molti più
promotori simultaneamente. Ogni promotore non è altro che una corta sequenza di DNA composta da tre parti:
regione TATA box. Essa è caratterizzata da ripetizioni di timina e adenina (TA) una dietro l'altra.
– Generalmente è situata a 25 nucleotidi di distanza dal punto di inizio della trascrizione
regione CAAT box. Essa si trova a 80 nucleotidi dal punto di inizio della trascrizione
– regione GC box. Essa si trova a 100 nucleotidi dal punto di inizio della trascrizione
–
Inizialmente la regione TATA box viene riconosciuta da particolari proteine dette “Fattori trascrizionali”.
Tali proteine via via che si legano alla TATA box formano un complesso multiproteico che richiama a loro la
RNA-polimerasi II. A questo punto la RNA-polimerasi II si lega a questo alla TATA-box formando il complesso
“Pre-Trascrizionale”. A questo punto il dominio CDT (che rappresenta la coda della RNA-polimerasi II) viene
parzialmente fosforilato. La fosforilazione del dominio CDT è fondamentale perché permette l'attivazione a tutti
gli effetti della RNA-polimerasi II. Tale fosforilazione avviene grazie a due proteine specifiche. Infatti:
inizialmente abbiamo l'intervento della proteina TFIIE. Tale proteina enzimatica è sostanzialmente una
– elicasi. La TFIIE si lega inizialmente al dominio CDT della RNA-polimerasi II, determinando l'apertura
della doppia elica del DNA. Si formano quindi i due filamenti singoli
successivamente abbiamo l'intervento della proteina TFIIH. Tale proteina una volta che la TFIIE ha
– attuato la sua funzione, va ad interagire con l'RNA-polimerasi II fosforilandone una serina in posizione
5' nel dominio CDT. Questa fosforilazione attiva la RNA-polimerasi II, che può iniziare a polimerizzare i
filamento di m-RNA
Una cosa molto importante è che vicino alla regione TATA-box abbiamo la presenza di determinati elementi di
controllo (costituiti da corte sequenze di DNA) che interagiscono con altre proteine specifiche in grado di indurre
o inibire il processo di maturazione dell'm-RNA trascritto. Alcuni di questi elementi di controllo sono:
gli elementi “Enhancers”, che sono in grado di attivare il processo di sintesi e maturazione dell'm-RNA
– gli elementi “Silencers”, che sono in grado di inibire il processo di sintesi e maturazione dell'm-RNA
–
FASE INIZIALE ] dopo che l'RNA-polimerasi è stata attivata, inizialmente vengono polimerizzati tanti piccoli
frammenti di RNA che poi vengono immediatamente rimossi. Tali frammenti di RNA prendono per tanto il nome
di “Filamenti di RNA trascritti abortiti”. Una volta che sono stati rimossi questi frammenti, può avvenire la vera
e propria trascrizione del gene
FASE DI ALLUNGAMENTO ] in questa fase l'attività della RNA-polimerasi II è massima. Tale enzima quindi
polimerizza un lungo filamento di m-RNA complementare al filamento di DNA del gene. L'RNA-polimerasi II
però ogni tanto attua delle pause dovute a dei cambi di conformazione. Tali pause vengono risolte dai cosiddetti
“Fattori di allungamento”, detti anche “Proteine TFIIS”, che permettono di cambiare nuovamente la
conformazione della RNA-polimerasi II e riprendere l'azione polimerasica in maniera quasi immediata
FASE DI TERMINAZIONE ] il filamento di m-RNA viene trascritto fino a che ad un certo punto l'RNA-
polimerasi II sintetizza una particolare sequenza detta “sequenza segnale di poliadenilazione”, che forma a sua
volta una sorta di struttura a forcina. La struttura a forcina può determinare la terminazione della trascrizione
in due modi diversi:
la struttura a forcina viene riconosciuta da particolari fattori proteici che attivano una serie di
– endonucleasi che tagliano il filamento di m-RNA determinandone il distacco dalla RNA-polimerasi II e
la fine della trascrizione
la struttura a forcina induce direttamente un cambiamento conformazione della RNA-polimerasi II.
– Questo cambiamento conformazionale induce un distacco dell'enzima dal filamento di m-RNA e la fine
della trascrizione
FASE DI MATURAZIONE ] una volta che la RNA-polimerasi ha terminato la trascrizione del nuovo filamento
di m-RNA, quest'ultimo è ricco di punti di discontinuità, ovvero è formato da tratto brevi e codificanti detti
“Esoni” che si intervallano con tratti molto lunghi e non codificanti detti “Introni”.
Gli introni come abbiamo visto precedentemente nel riassunto, per ingombro sterico non possono passare
attraverso i pori nucleari e quindi devono essere tagliati, in maniera tale da permettere all'm-RNA trascritto di
passare attraverso i pori nucleari ed andare incontro a traduzione nei ribosomi. Il processo che porta alla
eliminazione degli introni è definito come “Maturazione dell'm-RNA” e si divide in tre fasi:
Capping: La prima fase è quella del “CAPPING” che consiste nella formazione, sull'estremità 5' del filamento di
m-RNA, di un cappuccio detto (CAP). Tale cappuccio è caratterizzato da un nucleotide guaninico metilato detto
“Metil-guanosina”, che si viene a formare tramite una serie di fasi rese possibili da determinati enzimi specifici
richiamati dalla CDT della RNA-polimerasi II. Vediamole in dettaglio:
Per prima cosa una fosfatasi rimuove un gruppo fosfato dall'estremità 5' del filamento di m-RNA
– Per seconda cosa una Guanil transferasi aggiunge una GMP (guanosin mono fosfato) sull'estremità 5'
– del filamento di m-RNA. La GMP viene aggiunta con un orientamento invertito, in modo tale che
l'estremità 5' dell'm-RNA si leghi alla catena di m-RNA stessa tramite un tipico legame 5' → 5',
formando difatto una sorta di cappuccio
Per terza cosa una Metil transferasi aggiunge un gruppi metilico al cappuccio precedentemente formato,
– andando a formare difatto il tipico cappuccio di Metil-guanosina
al termine di ciò arriva una proteina CBC che si lega al cappuccio
–
La formazione del cappuccio è importantissima i quanto permette all'estremità 5' del filamento di m-RNA di:
di non essere digerito da enzimi esonucleasici
– la proteina CBC del cappuccio permette al filamento di m-RNA di essere riconosciuto e trasportato
– attraverso i pori nucleari
infine il cappuccio è importante per il riconoscimento del filamento di m-RNA da parte del ribosoma per
– iniziare la traduzione
Poliadenilazione: La seconda fase è quella della “POLI-ADENILAZIONE”, che consiste nella formazione,
sull'estremità 3' del filamento di m-RNA, della cosiddetta “Coda di Poli-A”. Tale coda di Poli-A è polimerizzata a
partire dall'azione catalitica di un enzima specifico chiamato “Poli-A-polimerasi”, che non fa altro che
permettere la sintesi di una sequenza poliadenilica di 200 nucleotidi sull'estremità 3' del filamento di m-RNA.
Essa si forma attraverso un processo articolato da varie fasi, vediamole in dettaglio:
Inizialmente ci sono due proteine dette “CstF” e “CPSF” che riconoscono il segnale di poliadenilazione e
– si spostano verso l'estremità 3' del filamento di m-RNA
le CstF vengono distaccate grazie all'azione endonucleasica di alcune endonucleasi
– CPSF a questo punto richiama l'enzima Poli-A-polimerasi” sull'estremità 3' dell'm-RNA.
– La Poli-A-polimerasi si lega all'estremità 3' grazie al gruppo ossidrile libero, attraverso un legame di
condensazione
successivamente la Poli-A-polimerasi inizia a richiamare molte proteine che legano una dopo l'altra un
– serie di adenine, formando una lunga catena poliadenilica detta “Coda di poli-A”
arrivati alla duecentesima adenina, la Poli-A-polimerasi si stacca dall'm-RNA e la poliadenilazione è
– dunque terminata
Splicing: La terza fase quella dello “SPLICING”, che consiste nella eliminazione degli introni e nel successivo
legame fra i vari esoni rimasti. Al termine dello splicing quindi si viene a formare un m-RNA del tutto
codificante, formato dai soli “Esoni”. Tale processo è reso possibile da un complesso costituito da proteine (con
attività enzimatica) e frammenti di sn-RNA. Tale complesso prende il nome di “Spliceosoma”. Ed è composto da:
100 proteine enzimatiche complessate da frammenti di sn-RNA, chiamate “snRNP”
– 50 proteine enzimatiche non complessate da frammenti di sn-RNA, chiamate per questo “non-snRNP”
– 5 frammenti di sn-RNA fatti da 100-300 ribonucleotidi del tipo U1, U2, U3, U4, U5 e U6.
– Tali sn-RNA sono importanti perché permettano di riconoscere le estremità degli introni, in maniera tale
da posizionare lo spliceosoma correttamente.
Inoltre generalmente quando uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di
sn-RNA fatti per lo più da U1, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U1”.
Quando invece uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per
lo più da U2, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U2”.
Quando uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per lo più
da U3, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U3”.
Quando uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per lo più
da U4, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U4”.
Quando uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per lo più
da U4, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U4”.
Quando uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per lo più
da U5, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U5”.
Quando infine uno spliceosoma è caratterizzato da 100 snRNP, 50 non-snRNP e 5 frammenti di sn-RNA fatti per
lo più da U6, lo spliceosoma prende il nome di “Spliceosoma U6”.
Lo spliceosoma riconosce nello specifico tre porzioni dell'introne del filamento di m-RNA trascritto. Esse sono:
il sito di splicing 5', caratterizzato dalla sequenza GUAAGU
– il sito di splicing 3', caratterizzato dalla sequenza CAG
– il punto di ramificazione dell'introne, caratterizzato da un nucleotide adeninico (A)
–
Guardiamo come avviene in dettaglio il processo di splicing, che può essere diviso in tre gradi fasi:
prima e seconda reazione di trans-esterificazione
– azione dello spliceosoma
– ricongiungimento fra i vari esoni
–
Prima e seconda reazione di trans-esterificazione:
inizialmente avviene la prima reazione di trans-esterificazione. Tale reazione vede formarsi il legame fra
– l'OH legato al carbonio 2' del punto di ramificazione intronico ed il gruppo fosfato dell'estremità 5'
dell'introne. Questo legame porta alla rottura del legame fosfodiesterico tra il primo nucleotide
dell'introne e l'ultimo nucleotide dell'esone adiacente, formando la cosiddetta “Struttura a cappio”.
Successivamente avviene la seconda reazione di trans-esterificazione. In questa fase il gruppo OH in
– posizione 3' dell'esone induce la rottura del legame fosfodiesterico tra il primo nucleotide dell'introne e
l'ultimo nucleotide dell'esone
il risultato è che grazie alla prima reazione di trans-esterificazione viene tagliata la parte terminale
– dell'introne, mentre grazie alla seconda reazione di trans-esterificazione viene tagliata la parte iniziale
dell'introne. A seguito di ciò quindi l'introne può essere rimosso completamente
Azione dello spliceosoma:
la rimozione dell'introne è carico dello spliceosoma.
– Quello che succede è che lo spliceosoma riconosce nello specifico tre porzioni ad esso complementari
dell'introne prim'anzi tagliato. Esse sono:
- il sito di splicing 5', caratterizzato dalla sequenza GUAAGU
- il sito di splicing 3', caratterizzato dalla sequenza CAG
- il punto di ramificazione dell'introne, caratterizzato da un nucleotide adeninico (A)
inizialmente l'adenina del punto di ramificazione si lega alla proteina BBP che induce il legame dello
– spliceosoma U1 a livello dell'estremità 5' dell'introne.
Dopo di che anche il secondo spliceosoma U2 si lega sempre all'adenina del punto di ramificazione
– poi arrivano anche gli spliceosomi U4, U5 e U6 che si legano fra loro formando una sorta di trimero.
– Anche tale trimero si lega all'adenina del punto di ramificazione. Nel momento esatto in cui il trimero si
lega al punto di ramificazione, vi è un cambio conformazionale che permette l'uscita degli spliceosomi
U1, U2 e U4. Solo gli spliceosomi U2, U5 e U6 rimangono adesi al punto di ramificazione, determinando
cosi la rottura dei legami fosfodiesterici terminali. Con ciò vi è il distacco fisico della parte terminale e
della parte iniziale dell'introne
ricordo che il maggior protagonista della rottura dei legami fosfodiesterici è lo spliceosoma U6, il quale
– funge da ribozima, un enzima in grado di degradare il legame fosfodiesterico che intercorre fra i vari
ribonucleotidi. Mentre invece lo spliceosoma U4 non è un caso che inizialmente sia associato ad U6 e poi
venga allontanato. Infatti esso funge da inibitore per U6. Quando U4 e U6 sono assieme lo spliceosoma è
inattivo. Quando U4 e U6 sono separati, U6 può attuare la sua funzione enzimatica
Ricongiungimento fra i vari esoni:
al momento in cui è stato eliminato l'introne, gli esoni adiacenti vengono riuniti fra loro, attraverso una
– proteina specifica chiamata “EJT” (complesso di giunzione esonico). Quello che succede è che le
proteine EJT riconoscono le proteine SR (che a loro volta marcano le estremità dei vari esoni post-
splicing. Una volta riconosciute iniziano a catalizzare la reazione di formazione dei vari legami
fosfodiesterici fra i vari nucleotidi dei tratti iniziali e terminali degli esoni, permettendo cosi la
formazione finale di un filamento di m-RNA maturo, completamente caratterizzato da esoni!!
Splicing alternativo: è un processo che porta alla formazione di differenti m-RNA maturi a partire da uno stesso
filamento di m-RNA ancora immaturo. Tali m-RNA maturi successivamente una volta tradotti daranno vita a
proteine isoformi, ma non identiche. Lo splicing alternativo caratterizza circa il 75% dei geni umani, ed è molto
importante per il nostro organismo. Ad esempio i nostri muscoli necessitano di diversi tipi di troponine
(proteine), in base a che debbano svolgere la loro funzione all'interno dei muscoli lisci o striati. La sintesi delle
troponine è strettamente endogena, infatti vengono prodotte direttamente dal nostro organismo. Vediamo come:
alcuni geni specifici vanno incontro a trascrizione formando m-RNA
– l'm-RNA trascritto va al Capping e alla Poliadenilazione
– successivamente invece di andare incontro al classico splicing, subisce uno splicing alternativo.
– In pratica il filamento di m-RNA non viene solo privato degli introni grazie allo spliceosoma, ma alla fine
del processo di maturazione si formano due o più filamenti di m-RNA maturi
i filamenti di m-RNA maturi vanno incontro a traduzione, formando difatto troponine isoformi, ma non
– identiche. Alcune di queste troponine andranno nel tessuto liscio, altre nel tessuto striato
Alcune modalità per la quale avviene lo splicing alternativo possono essere:
il caso in cui durante lo splicing, lo spliceosoma non riconosce un esone fra due introni e quindi
– considera tutto un grande introne, e lo taglia. Dopo di che gli esoni rimasti vengono legati fra loro ed il
filamento di m-RNA maturo ottenuto sarà privo dell'esone eliminato.
L'esone prende il nome di “Esone saltato”
il caso in cui durante lo splicing lo spliceosoma non riconosce un introne fra due esoni e quindi considera
– tutto un grande esone. Il filamento di -RNA maturo ottenuto sarà quindi caratterizzato da due esoni
intervallati da un lungo introne. Tale frammento prende il nome di “Introne mantenuto”
il caso in cui durante lo splicing, parte di un introne viene considerato esone, e di conseguenza
– quest'ultimo viene integrato nel filamento m-RNA. In tal caso parliamo quindi di “Esone esteso”
Un esempio di mal funzionamento dello splicing lo si ha anche nel caso della “Talassemia”, una malattia
dell'uomo dovuta al fatto che determinate specifiche proteine vengono prodotte in piccole quantità.
Un esempio di Talassemia è la “β-Talassemia”, una malattia che causa una ridotta produzione di emoglobina.
La ridotta produzione di emoglobina comporta successivamente anemia.
La β-Talassemia è dovuta ad una mutazione che impedisce il corretto funzionamento dello splicing.
Nello specifico durante la maturazione dell'm-RNA avviene una mutazione che annulla il confine fra alcuni esoni
e gli introni e di conseguenza gli introni vengono riconosciuti come esoni senza essere rimossi dal filamento di
m-RNA. Successivamente il filamento m-RNA va incontro a traduzione formando delle proteine imperfette che
non possono formare correttamente le catene-β dell'emoglobina. Il risultato finale si traduce in una riduzione
della quantità di emoglobina prodotta dal nostro organismo, che si traduce in anemia.
Editing: esiste un altro processo che alcuni determinati filamenti di m-RNA possono subire, esso è l'EDITING.
Esso è quel processo grazie al quale si ottiene un alterazione genica nel filamento di m-RNA.
Ad esempio alcuni Editing sono la deaminazione di un adenina o di una citosina che compongono il filamento di
m-RNA, le quali vanno a formare rispettivamente l'inosina e l'uracile. Vediamo rispettivamente come avvengono
nel dettaglio i due processi:
l'adenina viene inizialmente riconosciuta da un enzima specifico chiamato “ADAR”.
– Tale enzima si lega a livello della forcina ed elimina un gruppo amminico (NH3) dell'adenina,
trasformandola difatto in inosina!
la citosina viene riconosciuta da determinati enzimi. Tali enzimi si legano al frammento di m-RNA ed
– eliminano un gruppo amminico (NH3) dalla citosina, trasformandola difatto in uracile!
Generalmente la maggior parte dei frammenti di m-RNA alterati che vengono formati a seguito del processo di
Editing, vengono degradati nel nucleo cellulare, grazie ad un complesso proteico che prende il nome di “Esosoma
nucleare”. Tale complesso permette di scindere i frammenti di m-RNA alterati in tanti singoli nucleotidi che
possono anche essere riutilizzati dalla cellula. L'esosoma nucleare distingue i frammenti di m-RNA alterati da
quelli non alterati grazie al fatto che nei frammenti di m-RNA alterati non vi è la presenza di proteine come la
CBC, SR ,EJC, recettori ed altri proteine specifiche. Per tanto ogni qual volte che l'esosoma non riconosce la
presenza di queste proteine sa che che il filamento di m-RNA è alterato e deve per tanto smaltirlo!!
FASE DI ESPORTAZIONE ] il filamento di m-RNA è quindi andato incontro a Capping, Poliadenilazione e
splicing (oppure splicing alternativo o editing). Una volta che il filamento di m-RNA ha subito tutti questi
processi, esso viene quindi maturato, formando un filamento di m-RNA maturo. La cellula riesce a percepire che
il filamento di m-RNA è maturo grazie alla presenza su di esso di alcune proteine specifiche come:
proteine che si legano alle giunzioni “esone-esone”, che fanno capire alla cellula che non c'è la presenza
– di introni e che lo splicing è avvenuto correttamente
proteine che si legano alla coda di poli-A, indicando che la poliadenilazione è avvenuta correttamente
– proteine che si legano al cappuccio (CAP), indicando che il Capping è avvenuto correttamente
–
Una volta che la cellula ha capito che il filamento di m-RNA è maturo, attraverso alcuni recettori di trasporto
nucleare, vengono aperti i pori nucleari e gli m-RNA maturi decorrono in essi ed arrivano quindi a contatto
diretto coi ribosomi nel citoplasma!!
LA SINTESI PROTEICA (fase di traduzione)
Differenze fra traduzione negli eucarioti e nei procarioti ] Al momento in cui il filamento di m-RNA è andato in
contro a maturazione, può andare incontro successivamente a traduzione:
nel caso dei procarioti non essendoci il nucleo, il filamento di m-RNA trascritto maturo viene
– immediatamente riconosciuto dai ribosomi e avviene la traduzione. Infatti parliamo non a caso di
processo di “Trascrizione-traduzione”. Inoltre nei
nel caso degli eucarioti essendoci il nucleo, il filamento di m-RNA trascritto maturo passa attraverso i
– pori nucleari e raggiunge i ribosomi dove avviene la traduzione. L'arco di tempo che intervalla la
trascrizione dalla traduzione è notevolmente maggiore rispetto a quello dei procarioti proprio per questo
motivo
Un altra differenze sta nel fatto che:
i geni dei procarioti sono “Policistronici”, ossia codificano per la formazione di molte catene
– polipeptidiche contemporaneamente [ Gene → traduzione → molte catene polipeptidiche ]
i geni degli eucarioti sono “Monocitronici”, ossia codificano per la formazione di una singola catena
– polipeptidica soltanto [ Gene → traduzione → una sola catena polipeptidica ]
Analogie fra traduzione negli eucarioti e nei procarioti ] le analogie sono:
la direzione in cui avviene la traduzione del filamento di m-RNA è 5'P → 3'OH
– una volta che è avvenuta la sintesi degli amminoacidi, quest'ultimi di legano a partire dall'estremità N-
– terminale all'estremità C-terminale, formando lunghe catene polipeptidiche che formeranno a loro volta
le proteine tridimensionali
durante la traduzione è possibile anche che più ribosomi contemporaneamente possono legarsi allo
– stesso filamento di m-RNA, formando cosi una struttura chiamata “Polisoma” o “Poliribosoma”.
Il polisoma è sicuramente una struttura più efficace, poiché si ha la sintesi contemporanea di più copie
della stessa proteina a partire dal solito filamento di m-RNA
I più importanti componenti della fase di traduzione ] I maggiori componenti della traduzione sono:
ribosoma
– t-RNA
– fattori traduzionali
– m-RNA
–
RIBOSOMA ] Una volta che il filamento di m-RNA è giunto nel citoplasma, viene quindi riconosciuto dai
ribosomi, degli organuli fondamentali alla vita, che permettano difatti di tradurre un filamento maturo di
m-RNA in amminoacidi, a loro volta implicati nella sintesi di proteine funzionalmente attive a livello cellulare.
Se al giorno d'oggi abbiamo compreso così tanto sui ribosomi è grazie soprattutto alle ricerche svolte dagli
scienziati George Palade (premio nobel nel 1974) e Ada Yanath e Steitz (premi nobel nel 2009) i quali scoprirono
rispettivamente la fisiologia dei ribosomi e la loro funzionalità. Tali ricerche infatti hanno confermato che ogni
ribosoma è caratterizzato soprattutto da r-RNA disposto con una certa tridimensionalità. Esternamente e nel
mezzo ai filamenti di r-RNA abbiamo la presenza di alcune fessure e nicchie che vengono riempite da proteine
ribosomiali. Queste proteine a loro volta hanno il compito di interagire con l'r-RNA facilitandone il ripiegamento
tridimensionale corretto e adatto al processo di sintesi proteica. Infatti una variazione della forma e quindi della
tridimensionalità dell'r-RNA porta alla fine a problematiche varie nel processo di sintesi proteica!!
Andando nello specifico i filamenti di r-RNA e le proteine ribosomiali vanno a formare due subunità:
una subunità detta “Maggiore” poiché è caratterizzata da dimensioni e un peso molecolare più grande.
– L'unità di misura del peso delle subunità proteiche del ribosoma è lo “Sweberg” (S) che è proporzionale
al peso molecolare della subunità
una subunità detta “Minore” poiché è caratterizzata da dimensioni e un peso molecolare più piccolo.
– L'unità di misura del peso delle subunità proteiche del ribosoma è lo “Sweberg” (S) che è proporzionale
al peso molecolare della subunità
La subunità maggiore e minore del ribosoma rimangano separate e libere nel citoplasma, fino a che non inizia la
traduzione. Al momento in cui inizia la traduzione le due subunità si assemblano e formano la struttura del
ribosoma completa (detta matura). Al momento in cui il ribosoma assume la forma completa, anche se le due
subunità sono assemblate fra loro, presentano fra loro uno spazio continuo detto “Solco ribosomiale”. Attraverso
questo solco, il filamento di mRNA scorre dalla subunità minore a quella maggiore e viene quindi tradotto in
amminoacidi che formeranno successivamente una proteina funzionale.
Un'altra particolarità dei ribosomi è quella che i ribosomi delle cellule procariote sono più piccoli rispetto a
quelli presenti nelle cellule eucariote. Questo deriva dal fatto che le cellule eucariote hanno ribosomi
caratterizzati da una subunità minore e una subunità maggiore
molto più grandi rispetto a quelle che compongono un ribosoma procariote. Infatti:
i ribosomi della cellula procariote sono caratterizzati da una massa di circa 2700 Kdalton, un diametro
– di 20 nanometri ed un coefficiente di sedimentazione di 70 Sweberg.
La subunità minore è formata da 21 proteine ribosomiali ed una molecola di r-RNA
La subunità maggiore è formata da 34 proteine ribosomiali e due molecole di r-RNA
i ribosomi della cellula eucariote sono caratterizzati da una massa di circa 4000 Kdalton, un diametro di
– 23 nanometri ed un coefficiente di sedimentazione di 80 Sweberg.
La subunità minore è formata da 33 proteine ribosomiali ed una molecola di r-RNA
La subunità maggiore è formata da 47 proteine ribosomiali e tre molecole di r-RNA
Ciascun ribosoma abbiamo visto che è strutturalmente caratterizzato da una subunità maggiore ed una subunità
minore. La subunità minore è la funzione di riconoscere a legarsi al filamento di m-RNA maturo. La subunità
maggiore ha la funzione di tradurre il filamento di m-RNA maturo in amminoacidi.
Ogni subunità maggiore è caratterizzata da:
Sito A, detto anche “Sito amminoacidico” è quella regione della subunità maggiore dove i t-RNA carichi
– dei loro amminoacidi, si attaccano al filamento di m-RNA maturo
Sito P, detto anche “Sito peptidico” è quella regione della subunità maggiore dove i t-RNA rilasciano i
– loro amminoacidi
Sito E, detto anche “Sito Exit” (sito di uscita) è quella regione della subunità maggiore dove i t-RNA
– scarichi (privi dei loro amminoacidi), si staccano dal filamento di m-RNA maturo
t-RNA ] RIVEDERE PAGINA 28!!! RIPROPONGO LA STRUTTURA DEL t-RNA nell'immagine sottostante:
m-RNA ] RIVEDERE PAGINA 28!!! Una caratteristica fondamentale è quella di possedere una sequenza
particolare detta “Sequenza ORF” (Open Reading Frame). Tale sequenza comprende un codone di inizio “AUG”
che codifica per metionina, ed uno dei tre codoni di stop (UAA; UAG; UGA). Queste parti sono fondamentali in
quanto identificano precisamente il punto di inizio della traduzione e il punto terminale di quest'ultima!!
Fattori traduzionali ] sono proteine specifiche che permettano la traduzione. Alcuni di essi si ritrovano sia nei
procarioti che negli eucarioti, mentre altri sono differenti.
TRADUZIONE NEI PROCARIOTI
Il processo di traduzione nei procarioti è caratterizzato dalle stesse identiche fasi della traduzione negli eucarioti.
Esse sono:
Attivazione e caricamento dell'amminoacido sul t-RNA
– fase di inizio
– fase di allungamento
– fase di terminazione
–
FASE DI ATTIVAZIONE E CARICAMENTO DELL'AMMINOACIDO SUL t-RNA ] Nei procarioti il processo
di traduzione prende il nome di “Traduzione Cotrascrizionale”, ad indicare il fatto che immediatamente dopo il
termine della trascrizione, parte la traduzione. La prima cosa che accade all'inizio di ogni traduzione è che il
t-RNA dev'essere attivato. Il t-RNA è attivo quando è legato ad un amminoacido. Fondamentalmente quindi:
t-RNA da solo → forma inattiva
– t-RNA associato all'amminoacido → amminoacil-tRNA → forma attiva
–
L'attivazione dell'amminoacido è resa possibile da un enzima specifico chiamato “t-RNA sintetasi”.
Di tale enzima ce ne sono circa 20, tutti diversi fra loro. Il numero 20 non è una casualità, infatti ogni t-RNA
sintetasi è specifica per un determinato amminoacido. Ci sarà quindi un t-RNA sintetasi per la serina, una per la
lisina, una per il triptofano, una per l'arginina e cosi via quant'altro per tutti gli altri amminoacidi..
La funzione di questi enzimi è quella di riconoscere due siti del t-RNA, che sono lo Stelo accettore e l'ansa
dell'anticodone. Una volta riconosciuti legano al t-RNA l'amminoacido corrispondente.
Attivazione e caricamento dell'amminoacido sul t-RNA : la t-RNA sintetasi inizialmente sfrutta l'idrolisi di una
molecola di ATP, per attivare un determinato amminoacido. In pratica quello che succede è che:
l'ATP va incontro alla reazione [ ATP → AMP + 2 Pi ]
– arriva l'amminoacido e la t-RNA sintetasi lega un AMP al gruppo carbossilico dell'amminoacido
– (estremità C-terminale), attraverso un legame fosfoanidrinico ad alta energia. Si forma quindi un
amminoacido adenilato
a questo punto il gruppo carbossilico dell'amminoacido adenilato, interagisce con l'estremità 3' dello
– stelo accettore del t-RNA, attraverso un legame acilico, altamente energetico. In questa maniera viene
indotto il rilascio della molecola di AMP e si forma l'amminoacil-tRNA (forma attiva del t-RNA)
alla fine la t-RNA sintetasi attraverso la propria attività di Proof reading (rilettura) riesce a percepire se
– la traduzione è andata a buon fine o meno. In caso di errori o mal funzionamenti verranno poi stimolate
altre molecole proteiche per riadattare il processo affinché tutto vada come deva andare
FASE DI INIZIO ] Inizialmente vengono prodotte delle proteine particolari detti “Fattori traduzionali della fase
di inizio”, o generalmente chiamate anche “IF” (Initiating Factor). Tali proteine sono 3, ed hanno delle funzioni
precise: IF1 occupa il sito A della subunità maggiore del ribosoma, in modo che il primo t-RNA che porta la
– formil-metionina sia costretto a legarsi al sito P
IF3 serve ad impedire in un primo momento l'arrivo della subunità maggiore
– IF2 è una GTPasi che attraverso l'energia prodotta dalle GTP, si occupa di posizionare il primo t-RNA
– legato alla formil-metionina, all'interno del sito P. In questo modo la subunità maggiore può legarsi al
complesso “mRNA-subunità minore-tRNA”
Successivamente inizia la vera e propria fase iniziale della traduzione:
per prima cosa nell'estremità 5' del filamento di m-RNA trascritto, abbiamo una sequenza consenso
– chiamata “ORF” o in questo caso “Sequenza Shine-Delgarno”. Tale sequenza si trova a 25 nucleotidi
dalla sequenza di inizio della traduzione, ed è una sequenza ricca di purine perfettamente
complementare ad una sequenza di pirimidine presente sul filamento di r-RNA 16s della subunità
minore del ribosoma. Attraverso una serie di legami covalenti la sequenza shine-delgarno del filamento
di m-RNA si lega quindi alla subunità minore del ribosoma. Ciò è reso possibile anche grazie alla
proteina IF3 che, come abbiamo visto precedentemente, impedisce alla subunità maggiore di legarsi
prima della subunità minore del ribosoma
una volta che è avvenuto il legame fra m-RNA e ribosoma, il filamento di m-RNA scorre fra le due
– subunità fino a che non viene letto il primo codone AUG (codone di avvio)
A questo punto interviene uno specifico t-RNA detto “t-RNA iniziatore” che si lega al codone di avvio
– “AUG”, tramite il suo anticodone complementare “CAU”, attraverso legami covalenti
una volta che è avvenuto il legame fra l'anticodone del t-RNA e il codone di avvio dell'm-RNA, inizia la
– traduzione. Il codone AUG che generalmente codifica per una metionina, nei procarioti viene tradotto in
una metionina formilata (formil-metionina). Infatti il gruppo formile viene aggiunto al gruppo
amminico della metionina, per evitare che la metionina stessa possa reagire con altri gruppi radicalici.
Abbiamo quindi il t-RNA legato alla formil-metionina (formil-metionin-tRNA)
a questo punto vengono attivate altre due proteine, le IF1 e le IF2. La IF1 permette alla formil-metionin-
– tRNA di legarsi al sito P della subunità maggiore del ribosoma. La IF2 permette di posizionare
correttamente la formil-metionin-tRNA sul sito P della subunità maggiore del ribosoma.
A questo punto si ha che la subunità maggiore del ribosoma è legata alla formil-metionin-tRNA che è
legata a sua volta alla subunità minore del ribosoma. Il risultato finale è che le due subunità del
ribosoma si uniscono e nel mezzo, vi è un solco in cui scorre il filamento di m-RNA
FASE DI ALLUNGAMENTO ] dopo che è stato tradotto il primo amminoacido (la formil-metionina), a questo
punto interviene una proteina specifica denominata “Fattore di allungamento TU”. Questa proteina presenta
una molecola energetica di GTP o GDP:
quando il fattore TU è legato ad una molecola di GTP è in forma attiva
– quando il fattore TU è legato ad una molecola di GDP è in forma inattiva
–
Quello che succede è che nella prima parte della fase di allungamento:
il filamento di m-RNA scorre nel solco ribosomiale. Ogni tre nucleotidi del filamento di m-RNA (detti
– anche tripletta o codone) che scorrono nel solco, vanno ad essere legati al corrispettivo anticodone di una
molecola di t-RNA.
Ricordo che due codoni che codificano per lo stesso amminoacido, possono essere riconosciuti dallo
stesso t-RNA, come ci suggerisce l'ipotesi del “Vacillamento della terza base”. Infatti generalmente i
requisiti sterici tra l'anticodone e il codone sono molto forti nelle prime due posizioni e molto più
flessibili nella terza posizione. [ Per capire meglio guardiamo le due immagini nella pagina successiva ]
a questo punto il codone codifica per un determinato amminoacido specifico che viene legato da un
– t-RNA, e si viene a formare un amminoacil-tRNA. Il fattore TU attivo, riconosce e si lega
all'amminoacil-tRNA e lo posiziona nel sito A del ribosoma
una volta posizionato, a questo punto la molecola di GTP del fattore TU viene idrolizzata in GDP e perde
– un gruppo fosfato. Questa reazione induce la inattivazione del fattore TU che si stacca dal sito A.
[ fattore TU + GTP → fattore TU +GDP + Pi ].
per far si che questo meccanismo si possa ripetere per ogni t-RNA, il fattore TU deve continuamente
– riattivarsi, ovvero rilasciare GDP ed acquisire GTP. Per far ciò interviene un altro fattore proteico
chiamato “Fattore TS”. Il fattore TS si lega a fattore TU inattivo inducendo il distacco della GDP.
A questo punto una molecola di GTP si lega al fattore TU, attivandolo e contemporaneamente induce
anche il distacco del fattore TS dal fattore TU attivo. Il fattore TS tornerà a rifare la solita cosa con altri
fattori TU inattivi, mentre il fattore TU attivo sarà pronto a riposizionare altri amminoacil-tRNA nel
sito A del ribosoma!!
Nella seconda parte della fase di allungamento:
dopo che il fattore TU ha posizionato l'amminoacil-tRNA nel sito A del ribosoma, viene idrolizzato il
– legame che lega l'amminoacido al t-RNA. Questo porta al fatto che l'amminoacido viene rilasciato nel
sito P
contemporaneamente arriva un altro amminoacil-tRNA e succederà la stessa cosa. Nel sito P del
– ribosoma quindi i vari amminoacidi inizieranno a legarsi assieme fra loro attraverso dei veri e propri
legami peptidici formando delle corte catene polipeptidiche
a questo punto intervengono in sinergia due proteine: una traslocasi e il fattore EFG (una GTPasi).
– Esse permettono di far scorrere il ribosoma sul filamento di m-RNA, in modo tale che:
- il t-RNA che è stato idrolizzato dal rispettivo amminoacido (t-RNA scarico) possa passare dal sito P al
sito E ed essere espulso dal ribosoma
- l'amminoacil-tRNA che arriva con un nuovo amminoacido (t-RNA carico) possa passare dal sito A al
sito P e scaricare il proprio amminoacido!!
alla fine vediamo che quindi la catena polipeptidica si allunga sempre di più fino ad arrivare ad un
– punto di terminazione!!
FASE DI TERMINAZIONE ] abbiamo visto che nella fase di allungamento il filamento di m-RNA scorre nel
solco ribosomiale ed ogni tre nucleotidi del filamento di m-RNA (detti anche tripletta o codone) si legano al
corrispettivo anticodone di una molecola di t-RNA. A questo punto il codone codifica per un determinato
amminoacido specifico e si viene a formare un amminoacil-tRNA. Il fattore TU attivo, riconosce e si lega
all'amminoacil-tRNA e lo posiziona nel sito A del ribosoma. Questa cosa si ripete sempre fino a che i tre
nucleotidi (codone) del filamento di m-RNA non possono legarsi al corrispettivo anticodone, perché quest'ultimo
non esiste. Siamo arrivati al cosiddetto “Codone di stop” o “Codone di terminazione”.
A questo punto il codone di stop viene riconosciuto dai cosiddetti “Fattori RF” (Releasing Factor), che sono due,
RF1 e RF2. I fattori RF sono molto simili strutturalmente al t-RNA, infatti queste proteine si legano al sito A e lo
occupano. Una volta occupato il sito A, questi fattori inducono il rilascio della catena polipeptidica fuori dal
ribosoma. A questo punto intervengono altri due fattori detti “EF-G” e “RRF” che si occupano di smantellare il
complesso traduzionale mettendo fine al processo di traduzione!!
TRADUZIONE NEGLI EUCARIOTI
Il processo di traduzione negli eucarioti è caratterizzato dalle stesse identiche fasi della traduzione nei procarioti.
Queste fasi sono:
Attivazione e caricamento dell'amminoacido sul t-RNA
– fase di inizio
– fase di allungamento
– fase di terminazione
–
FASE DI ATTIVAZIONE E CARICAMENTO DELL'AMMINOACIDO SUL t-RNA ] Nei procarioti il processo
di traduzione prende il nome di “Traduzione Cotrascrizionale”, ad indicare il fatto che immediatamente dopo il
termine della trascrizione, parte la traduzione. La prima cosa che accade all'inizio di ogni traduzione è che il
t-RNA dev'essere attivato. Il t-RNA è attivo quando è legato ad un amminoacido. Fondamentalmente quindi:
t-RNA da solo → forma inattiva
– t-RNA associato all'amminoacido → amminoacil-tRNA → forma attiva
–
L'attivazione dell'amminoacido è resa possibile da un enzima specifico chiamato “t-RNA sintetasi”.
Di tale enzima ce ne sono circa 20, tutti diversi fra loro. Il numero 20 non è una casualità, infatti ogni t-RNA
sintetasi è specifica per un determinato amminoacido. Ci sarà quindi un t-RNA sintetasi per la serina, una per la
lisina, una per il triptofano, una per l'arginina e cosi via quant'altro per tutti gli altri amminoacidi..
La funzione di questi enzimi è quella di riconoscere due siti del t-RNA, che sono lo Stelo accettore e l'ansa
dell'anticodone. Una volta riconosciuti legano al t-RNA l'amminoacido corrispondente.
Attivazione e caricamento dell'amminoacido sul t-RNA : la t-RNA sintetasi inizialmente sfrutta l'idrolisi di una
molecola di ATP, per attivare un determinato amminoacido. In pratica quello che succede è che:
l'ATP va incontro alla reazione [ ATP → AMP + 2 Pi ]
– arriva l'amminoacido e la t-RNA sintetasi lega un AMP al gruppo carbossilico dell'amminoacido
– (estremità C-terminale), attraverso un legame fosfoanidrinico ad alta energia. Si forma quindi un
amminoacido adenilato
a questo punto il gruppo carbossilico dell'amminoacido adenilato, interagisce con l'estremità 3' dello
– stelo accettore del t-RNA, attraverso un legame acilico, altamente energetico. In questa maniera viene
indotto il rilascio della molecola di AMP e si forma l'amminoacil-tRNA (forma attiva del t-RNA)
alla fine la t-RNA sintetasi attraverso la propria attività di Proof reading (rilettura) riesce a percepire se
– la traduzione è andata a buon fine o meno. In caso di errori o mal funzionamenti verranno poi stimolate
altre molecole proteiche per riadattare il processo affinché tutto vada come deva andare
FASE DI INIZIO ] inizialmente vengono prodotte delle proteine dette “Fattori traduzionali della fase di inizio”,
chiamate anche “eIF” (Eucariotic Initiating Factor). Tali proteine sono 8, ed hanno delle funzioni precise:
eIF1, eIF3 e eIF5 si legano al sito E del ribosoma preparandola strutturalmente a legarsi con l'm-RNA
– eIF1A si lega al sito A obbligando il t-RNA a legarsi al sito P
– eIF2 è una GTPasi che attraverso l'energia prodotta dalle GTP, si occupa di posizionare il primo t-RNA
– legato alla metionina, all'interno del sito P. In questo modo la subunità maggiore può legarsi al
complesso “mRNA-subunità minore-tRNA”
eIF4E riconosce e si lega al cappuccio dell'm-RNA maturo
– eIF4G si lega ad eIF4E
– eIF4A si lega ad eIF4G e funge da ligasi, sciogliendo la struttura a forcina formatosi nella fase di
– terminazione della trascrizione
Successivamente inizia la vera e propria fase iniziale della traduzione:
per prima cosa i fattori eIF1, eIF3 e eIF5 si legano al ribosoma preparandolo strutturalmente
– a legarsi con l'm-RNA
successivamente dev'essere riconosciuto il tratto iniziale dell'm-RNA (cappuccio) e il tratto terminale
– dell'm-RNA (coda di poli-A). Questo è reso possibile dal fattore eIF4E (riconosce il cappuccio) e i fattori
eIF4G e eIF4A (riconoscono la parte terminale)
Una volta riconosciute le parti iniziali e terminali del filamento di m-RNA maturo, si procede all'inizio
– della sua traduzione. Per prima cosa in una regione non molto lontana dal cappuccio, nell'estremità 5'
del filamento di m-RNA trascritto, abbiamo una sequenza consenso chiamata “ORF” o in questo caso
“Sequenza Kozac”. Tale sequenza è caratterizzata dall'essere complementare ad una sequenza presente
sul filamento di r-RNA 16s della subunità minore del ribosoma. Attraverso una serie di legami covalenti
e i vari fattori proteici prim'anzi citati, la sequenza Kozac del filamento di m-RNA si lega quindi alla
subunità minore del ribosoma
una volta che è avvenuto avvenuto il legame fra m-RNA e ribosoma, il filamento di m-RNA scorre fra le
– due subunità fino a che non viene letto il primo codone AUG che codifica per una metionina.
A questo punto interviene uno specifico t-RNA detto “t-RNA iniziatore” che si lega al codone di avvio
“AUG”, tramite il suo anticodone complementare “CAU”, attraverso legami covalenti
una volta che è avvenuto il legame fra l'anticodone del t-RNA e il codone di avvio dell'm-RNA, inizia la
– traduzione. Abbiamo quindi il t-RNA legato alla metionina (metionin-tRNA)
a questo punto vengono attivate altre due proteine, le eIF1A e le eIF2. La eIF1A permette alla
– metionin-tRNA di legarsi al sito P della subunità maggiore del ribosoma. La eIF2 permette di
posizionare correttamente la metionin-tRNA sul sito P della subunità maggiore del ribosoma.
A questo punto si ha che la subunità maggiore del ribosoma è legata alla metionin-tRNA che è legata a
sua volta alla subunità minore del ribosoma. Il risultato finale è che le due subunità del ribosoma si
uniscono e nel mezzo, vi è un solco in cui scorre il filamento di m-RNA
FASE DI ALLUNGAMENTO ] dopo che è stato tradotto il primo amminoacido (la metionina), a questo punto
interviene una proteina specifica denominata “Fattore di allungamento eEF1A”. Questa proteina presenta una
molecola energetica di GTP o GDP:
quando il fattore eEF1A è legato ad una molecola di GTP è in forma attiva
– quando il fattore eEF1A è legato ad una molecola di GDP è in forma inattiva
–
Quello che succede è che nella prima parte della fase di allungamento:
il filamento di m-RNA scorre nel solco ribosomiale. Ogni tre nucleotidi del filamento di m-RNA (detti
– anche tripletta o codone) che scorrono nel solco, vanno ad essere legati al corrispettivo anticodone di una
molecola di t-RNA.
Ricordo che due codoni che codificano per lo stesso amminoacido, possono essere riconosciuti dallo
stesso t-RNA, come ci suggerisce l'ipotesi del “Vacillamento della terza base”. Infatti generalmente i
requisiti sterici tra l'anticodone e il codone sono molto forti nelle prime due posizioni e molto più
flessibili nella terza posizione. [ Per capire meglio guardiamo le due immagini nella pagina successiva ]
a questo punto il codone codifica per un determinato amminoacido specifico che si lega al t-RNA, e si
– viene a formare un amminoacil-tRNA. Il fattore eEF1A attivo, riconosce e si lega all'amminoacil-tRNA e
lo posiziona nel sito A del ribosoma
una volta posizionato, la molecola di GTP del fattore eEF1A viene idrolizzata in GDP e perde un gruppo
– fosfato. Questa reazione induce la inattivazione del fattore eEF1A che si stacca dal sito A.
[ fattore eEF1A + GTP → fattore eEF1A +GDP + Pi ].
per far si che questo meccanismo si possa ripetere per ogni t-RNA, il fattore eEF1A deve continuamente
– riattivarsi, ovvero rilasciare GDP ed acquisire GTP. Per far ciò interviene un altro fattore proteico
chiamato “Fattore EF-TS”. Il fattore EF-TS si lega a fattore eEF1A inattivo inducendo il distacco della
GDP. A questo punto una molecola di GTP si lega al fattore eEF1A, attivandolo e contemporaneamente
induce anche il distacco del fattore EF-TS dal fattore eEF1A attivo. Il fattore EF-TS tornerà a rifare la
solita cosa con altri fattori eEF1A inattivi, mentre il fattore eEF1A attivo sarà pronto a riposizionare
altri amminoacil-tRNA nel sito A del ribosoma!!
Nella seconda parte della fase di allungamento:
dopo che il fattore eEF1A ha posizionato l'amminoacil-tRNA nel sito A del ribosoma, viene idrolizzato il
– legame che lega l'amminoacido al t-RNA. Questo porta al fatto che l'amminoacido viene rilasciato nel
sito P
contemporaneamente arriva un altro amminoacil-tRNA e succederà la stessa cosa. Nel sito P del
– ribosoma quindi i vari amminoacidi inizieranno a legarsi assieme fra loro attraverso dei veri e propri
legami peptidici formando delle corte catene polipeptidiche
a questo punto intervengono in sinergia due proteine: una traslocasi e il fattore EFG (una GTPasi).
– Esse permettono di far scorrere il ribosoma sul filamento di m-RNA, in modo tale che possono avvenire
contemporaneamente due cose:
- il t-RNA che è stato idrolizzato dal rispettivo amminoacido (t-RNA scarico) possa passare dal sito P al
sito E ed essere espulso dal ribosoma
- l'amminoacil-tRNA che arriva con un nuovo amminoacido (t-RNA carico) possa passare dal sito A al
sito P e scaricare il proprio amminoacido!!
alla fine vediamo che quindi la catena polipeptidica si allunga sempre di più fino ad arrivare ad un
– punto di terminazione!!
FASE DI TERMINAZIONE ] abbiamo visto che nella fase di allungamento il filamento di m-RNA scorre nel
solco ribosomiale ed ogni tre nucleotidi del filamento di m-RNA (detti anche tripletta o codone) si legano al
corrispettivo anticodone di una molecola di t-RNA. A questo punto il codone codifica per un determinato
amminoacido specifico e si viene a formare un amminoacil-tRNA. Il fattore eEF1A attivo, riconosce e si lega
all'amminoacil-tRNA e lo posiziona nel sito A del ribosoma. Questa cosa si ripete sempre fino a che i tre
nucleotidi (codone) del filamento di m-RNA non possono legarsi al corrispettivo anticodone, perché quest'ultimo
non esiste. Siamo arrivati al cosiddetto “Codone di stop” o “Codone di terminazione”.
A questo punto il codone di stop viene riconosciuto dal cosiddetto “Fattori eRF” (Eucariotic Releasing Factor),
che è “eRF1”. Il fattore eRF1 è molto simile strutturalmente al t-RNA, infatti questa proteina si lega al sito A e lo
occupa. Una volta occupato il sito A, questo fattore induce il rilascio della catena polipeptidica fuori dal
ribosoma. A questo punto intervengono altri fattori proteici che si occupano di smantellare il complesso
traduzionale mettendo fine al processo di traduzione!!
CURIOSITA' (1): Ci sono dei farmaci in grado di bloccare la trascrizione o la traduzione. Alcuni esempi sono:
la “Puromicina”, che blocca la traduzione legandosi al ribosoma attraverso una sorta di “Mimetismo
– molecolare”
la “Cicloesimidesi”, che blocca la traduzione, fungendo da veleno per le cellule
–
CURIOSITA' (2): sia nei procarioti che negli eucarioti ci sono alcuni amminoacidi particolari come la
“Selenocisteina” (presenti in entrambi) e la “Pirrolisina” (presente solo nei procarioti) che vengono codificati a
partire da codoni di stop. Ad esempio la selenocisteina è un amminoacido codificato a partire dal codone UGA di
terminazione, mentre la pirrolisina è un amminoacido codificato a partire dal codone UAG di terminazione. Una
Una domanda che sorge spontanea è: com'è possibile tutto questo??.. Facciamo l'esempio della selenocisteina:
In poche parole questi codone di terminazione non sono letti come tale poiché sono inseriti in prossimità o dentro
alcune strutture a forcina dell'm-RNA. Per tanto questo codone codifica per un determinato amminoacido che
andrà ad allungare la catena polipeptidica.
In poche parole la selenocisteina presenta un vero e proprio t-RNA specifico che la può riconoscere e
– trasportare nel sito P del ribosoma, ma manca l'enzima t-RNA sintetasi specifico che possa legare la
selenocisteina al t-RNA. Per tale motivo non è possibile difatto che si formi una selenocisteina-tRNA.
Perciò la cellula eucariote utilizza un trucchetto. Appena arriva il t-RNA specifico per la selenocisteina,
ci lega assieme la serina, formando la serina-tRNA. A questo punto modifica la serina in selenocisteina e
si forma la selenocisteina-tRNA!!
Quest'ultima una volta raggiunto il sito P, come tutti gli altri amminoacil-tRNA saranno soggetti ad
– idrolisi e l'amminoacido verrà separato dal t-RNA. L'amminoacido andrà ad allungare la catena
polipeptidica, mentre il t-RNA scarico verrà fatto fuoriuscire dal sito E del ribosoma
CONTROLLO DELLA TRADUZIONE
La traduzione nelle cellule eucariote aumenta o diminuisce a seconda di cambiamenti ambientali (temperatura),
concentrazione dei nutrienti e in base alla concentrazione di alcuni fattori di crescita. Guardiamoli in dettaglio:
1 ] E' possibile anche regolare la traduzione attraverso delle proteine specifiche che si legano ai propri siti
specifici e vanno ad attivare o inibire la traduzione del filamento di m-RNA. Noi abbiamo fatto due esempi:
1 ] Il primo esempio studiato da noi è implicato nel controllo sui geni sensibili alla concentrazione ematica di
ferro (Sideremia). Guardiamo come funziona:
ci sono due geni implicati nella regolazione della concentrazione ematica di ferro, e sono: il gene che
– codifica per sintesi della ferritina e il gene che codifica per la sintesi della transferrina.
- La ferritina è una molecola che lega a se fino a 4500 ioni ferrosi contemporaneamente ed è il più
grande deposito di ferro del nostro organismo (si trova nel fegato)
- La transferrina è una proteina che lega il ferro e lo trasporta dal sangue ai vari tessuti del nostro corpo
entrambi i geni vengono inizialmente trascritti in filamenti di m-RNA che a loro volta sono caratterizzati
– da una regione chiamata “Sequenza IRE” (Iron Responsive Element)
quando c'è poco ferro nel sangue (condizioni di Iposideremia), viene attivata una proteina chiamata
– “Aconitasi Citosolica” che si lega alla sequenza IRE. Tale legame comporta due cose:
- il blocco della traduzione della sequenza IRE per la sintesi della ferritina
- l'avvio della traduzione della sequenza IRE per la sintesi della transferrina
quando c'è tanto ferro nel sangue (condizioni di Ipersideremia), la proteina aconitasi citosolica viene
– distaccata dalla sequenza IRE. Tale distacco comporta due cose:
- l'avvio della traduzione della sequenza IRE per la sintesi della ferritina
- il blocco della traduzione della sequenza IRE per sintesi della transferrina
Tutto questo fa notare come quando c'è tanto ferro nel sangue, il nostro organismo tenda a stoccarlo come fonte
di riserva in ferritina, ed inibisca il suo trasporto ed utilizzo tramite la transferrina. Mentre quando c'è poco
ferro nel sangue è inutile stimolare la sua riserva e quindi viene inibita la formazione della ferritina e stimolata l
formazione della transferrina che trasporterà con più facilità quel poco ferro all'interno dei tessuti del nostro
organismo.
2 ] vi è anche un altro sistema di controllo che è in grado di inibire o attivare la sintesi proteica ed è strettamente
dipendente dalla concentrazione di ferro presente nel sangue. Infatti:
quando nel nostro organismo vi è la mancanza di ferro (iposideremia) viene ridotta anche la formazione
– del gruppo EME. In assenza del gruppo EME, i globuli rossi non possono andare incontro a
maturazione e quindi rimangano immaturi (detti “Reticolociti”). La mancanza di EME e la formazione
dei reticolociti stimola la formazione di alcune proteine inibitrici dette “HRI” (Heme Regulated
Inhibitor). La HRI attraverso la sua azione chinasica fosforila un residuo di serina 51 del fattore
traduzionale eIF2. eIF2, come abbiamo visto in precedenza, è una GTPasi che si occupa di posizionare la
metionin-tRNA all'interno del sito P del ribosoma permettendo difatto il continuo della sintesi proteica.
Ogni volta che eIF2 attua la sua funzione la GTP viene defosforilata in GDP e per tanto dev'essere
continuamente rigenerata. Se la HRI si lega alla eIF2 fosforilandola, succede che quest'ultima viene
attivata, ma una volta defosforilata, avendo attaccato HRI non potrà più essere rigenerata, e quindi
viene bloccata la fase traduzionale della sintesi proteica
quanto nel nostro organismo vi è la presenza di ferro (ipersideremia), i reticolociti possono andare
– incontro al processo di maturazione divenendo globuli rossi (eritrociti). HRI in tal caso non viene
formata e quindi la sintesi proteica rimane attiva
2 ] un altro metodo di controllo traduzionale è l'attivazione delle PKR (Proteina-Chinasi-R o detta
comunemente anche come “Proteina chinasi di attivazione dell'RNA”), valido solo per le cellule eucariote.
Sostanzialmente dobbiamo capire che una cellula eucariote può essere infettata da una serie di microrganismi
patogeni, come ad esempio i virus. Una volta che il virus ha infettato la cellula eucariote, inizia a replicare il
proprio DNA-virale sfruttando il ciclo cellulare della cellula eucariote, ed inizia anche a sintetizzare proteine
virali sfruttando la sintesi proteica delle cellule eucariote. Uno dei metodi di difesa della cellula eucariote è quello
di bloccare la traduzione, in maniera tale da inibire anche la sintesi di proteine virali. Per bloccare la sintesi
proteica vengono prodotte dalle cellule del sistema immunitario alcune proteine chiamate “Interferoni”.
Gli interferoni vanno sostanzialmente ad attivare le PKR che attraverso la sua azione chinasica è in grado di
fosforilare il fattore di inizio eIF2. eIF2, come abbiamo visto in precedenza, è una GTPasi che si occupa di
posizionare la metionin-tRNA all'interno del sito P del ribosoma permettendo difatto il continuo della sintesi
proteica. Ogni volta che eIF2 attua la sua funzione la GTP viene defosforilata in GDP e per tanto dev'essere
continuamente rigenerato. Se la PKR si lega alla eIF2 fosforilandola, succede che quest'ultima viene attivata, ma
una volta defosforilata, avendo attaccato PKR non potrà più essere rigenerata, e quindi viene bloccata la fase
traduzionale della sintesi proteica. In questo momento abbiamo quindi bloccato la sintesi proteica virale ma
anche quella della cellula eucariote stessa, che difatto in questa situazione andrebbe incontro a morte sicura..
ecco che quindi la cellula eucariote ha affinato un altro modo per iniziare la traduzione. A valle del cappuccio del
filamento di m-RNA nell'estremità 5' vi è una sequenza molto particolare detta “IRES” (Internal Ribosome
Entry Site) formata da una catena di centinaia di nucleotidi che si ripiegano a formare strutture complesse che
vengono a loro volta riconosciute da altri fattori di inizio traduzionali specifici. In questo modo può quindi essere
garantita la sintesi proteica della cellula eucariote e bloccata la sintesi proteica virale.
3 ] un metodo di controllo traduzionale attuato dalle cellule procariote è quello di attivare le GCN-2 (General
Control Non-derepressible 2). Dobbiamo capire che quando un batterio si accorge di vivere in un ambiente
povero di nutrienti, cerca in qualche maniera di produrre le sostanze nutritive vitali da solo, in maniera
endogena. Ad esempio il batterio ha la possibilità di modulare il proprio metabolismo amminoacidico a partire
dalla propria sintesi proteica. In poche parole viene attivato un particolare fattore proteico chiamato GCN-2 che,
attraverso la sua azione serina-treonina chinasica riesce a fosforilare la serina 51 del fattore di traduzione eIF2.
eIF2, come abbiamo visto in precedenza, è una GTPasi che si occupa di posizionare la metionin-tRNA all'interno
del sito P del ribosoma permettendo difatto il continuo della sintesi proteica. Ogni volta che eIF2 attua la sua
funzione la GTP viene defosforilata in GDP e per tanto dev'essere continuamente rigenerato. Se la GCN-2 si lega
alla eIF2 fosforilandola, succede che quest'ultima viene attivata, ma una volta defosforilata, avendo attaccato
GCN-2 non potrà più essere rigenerata, e quindi viene bloccata la fase traduzionale della sintesi proteica.
Il blocco della sintesi proteica stimola la traduzione di alcune regioni a monte della sequenza codificante, come la
regione che codifica per la proteina GCN-4. Questa proteina quindi inizia ad essere prodotta e via via che
aumenta la sua concentrazione stimola l'espressione di geni biosintetici che codificano per la formazione degli
enzimi necessari per sintetizzare tutti e 20 gli amminoacidi fondamentali per la vita del batterio. In tal modo il
batterio potrà quindi sintetizzare autonomamente in maniera endogena gli amminoacidi fino a che non ritroverà
un ambiente ricco di quest'ultimi!
4 ] nelle cellule un altro metodo di controllo è quello attuato da PERK (Protein-ER-Chinasi). In poche parole la
cellula può essere soggetta a volte a una sovra produzione di proteine che vanno ad accumularsi nel RE (reticolo
endoplasmatico). Questa condizione per la cellula è altamente stressante e dev'essere risolta. Ecco che quindi
interviene PERK che con la sua attività chinasica fosforila il fattore di traduzione eIF2 che in tal modo non potrà
essere rigenerato, portando difatto al blocco della sintesi proteica. In questo modo la produzione endogena di
proteina diminuisce e la cellula torna alle condizioni di vita normali.
5 ] un meccanismo di controllo globale della sintesi proteica è quello dettato dalla disponibilità del fattore di
traduzione eIF-4F. Dobbiamo capire che c'è una particolare via di segnalazione detta “Via di segnalazione
PI3K/mTOR” che permette di regolare vari processi fisiologici della cellula come la trascrizione, la traduzione, il
differenziamento e l'apoptosi della cellula. In poche parole quello che succede è che la proteina mTOR permette
di controllare la fase di traduzione in relazione ai segnali extracellulari, allo status della cellula e alla
concentrazione di nutrienti, ormoni e altre molecole varie, attraverso la via di segnalazione poc'anzi citata.
m-TOR generalmente fosforila la proteina 4E-BP. 4E-BP fosforilato a sua volta interagisce con il fattore
– di traduzione eIF4F che permette l'interazione fra eIF4G ed eIF4E, dando il là al proseguimento della
sintesi proteica
m-TOR non fosforila la proteina 4E-BP. 4E-BP non fosforilato interagisce col fattore eIF4E che stavolta
– inibisce la formazione del fattore eIF4F, bloccando l'interazione fra eIF4G ed eIF4E e quindi la sintesi
proteica non può continuare
CELLULE STAMINALI
Teoria cellulare ] generalmente la cellula è l'unità fondamentale che caratterizza ogni organismo vivente. Tutti gli
organismi viventi infatti sono costituiti da una o più cellule, che a loro volta sono delle strutture piccolissime
molto efficienti in grado di svolgere innumerevoli funzioni grazie alla presenza di alcuni organuli presenti al
proprio interno. Alcune delle loro funzioni più importanti sono ad esempio:
ricavare energia attraverso gli alimenti ingeriti dall'organismo
– permettere la respirazione cellulare, grazie alla presenza dei mitocondri
– riescano ad assorbire ed eliminare grandi quantità di sostanze, utili alla sopravvivenza o tossiche
– riescano esse stesse a biosintetizzare determinate molecole, come proteine (grazie al RER) o lipidi (REL)
– riescano a riprodursi, permettendo difatto una costante rigenerazione di determinati tessuti (MITOSI) o
– permettendo la formazione di cellule sessuali (per MEIOSI)
sono in grado di interagire con l'ambiente circostante, permettendo all'organismo di adattarsi il meglio
– possibile, determinando cosi l'evoluzione dell'organismo stesso
Tutte queste abilità cellulari sono rese possibili dal fatto che ogni cellula vive in condizioni di costante equilibrio
che gli permettano di sopravvivere e di essere più efficienti possibili. La priorità infatti, per ogni cellula, è quella
di mantenere un certo rapporto ottimale fra superficie e volume (S/V). Infatti quando una cellula si accresce, il
suo volume aumenta molto più rapidamente rispetto alla sua superficie. Questo deriva dal fatto che la cellula è
una struttura generalmente sferica, e quando le sue dimensioni raddoppiano, il volume aumenta di otto volte,
mentre le superficie solo di quattro volte. Perciò via via che la cellula aumenta le proprie dimensioni, la
superficie di scambio cellulare non sarebbe pian piano più in grado di permettere l'ingresso di nutrienti adeguati
alla sopravvivenza del nuovo volume cellulare. Facciamo un esempio matematico:
[ V=4/3πr^3 ] [ S= 4πr^2 ] per cui:
– avendo inizialmente un raggio ipotetico di 1μm il volume è circa 4μm^3, mentre la superficie è 12μm^2
dopo di che il raggio raddoppia e vale 2μm, il volume è circa 32μm^3, mentre la superficie è 48μm^2
– notiamo quindi che con il raddoppiamento delle dimensioni della cellula il volume è diventato otto volte
– maggiore (32/4 = 8), mentre la superficie è quadruplicata (48/12 = 4)
Questo equilibrio è dovuto soprattutto al fatto che ogni cellula interagisce con l'ambiente circostante tramite la
propria membrana cellulare. La membrana cellulare è la componente cellulare di rivestimento ed è prettamente
semipermeabile, ovvero permette di far passare all'interno o all'esterno della cellula solo determinate sostanze.
Queste sostanze passano passivamente a favore di gradiente di concentrazione o attivamente grazie alla presenza
di specifici canali o determinate proteine di trasporto dette “Proteine carrier”. Tali trasporti attivi e passivi sono
fondamentali per permettere l'equilibrio osmotico e ionico della cellula che in questo modo è in grado di creare
una condizione di isotonicità. Se non ci fossero questi sistemi di regolazione, la cellula non potrebbe vivere, in
quanto andrebbe incontro a una serie di processi altamente pericolosi come:
un aumento del volume cellulare dovuto al fatto che la concentrazione di soluti ed acqua all'interno della
– cellula è superiore a quella ambientale, siamo in condizioni di ipertonicità cellulare. Tale condizione
poterebbe a lungo andare la cellula a scoppiare o a lisarsi, con conseguente morte
una diminuzione del volume cellulare dovuto al fatto che la concentrazione di soluti ed acqua all'interno
– della cellule è inferiore a quella ambientale, siamo in condizioni di ipotonicità cellulare. Tale condizione
porterebbe a lungo andare la cellula a raggrinzirsi, fino a che ridotta senza acqua o ioni, non muore
Introduzione alle cellule staminali ] abbiamo visto che le cellule sono l'unità fondamentale che caratterizza gli
esseri viventi e che sono strutture altamente complesse in grado di mantenere uno stato di equilibrio di
fondamentale importanza al fine di permettere il corretto andamento fisiologico dell'organismo stesso.
Oltre a ciò, possiamo anche dire che il nostro organismo ad esempio vede la presenza di ben 200 e più tipi di
cellule diverse fra loro, specializzate nell'assumere una determinata forma e funzione. Ognuna di questi tipi di
cellule è in grado di svolgere diverse funzioni grazie al fatto che vengono attivati determinati geni a discapito di
altri. Questi geni a loro volta vengono attivati, spenti e replicati sempre nella solita maniera al che si parli di un
essere umano o di un altro organismo vivente, e questo ci deve far capire che i processi che permettano la vita
sul nostro pianeta sono universali, e quindi identici in tutti gli organismi viventi. Infatti se partiamo dal principio
tutto ha inizio dallo zigote.
lo zigote inizialmente è rivestito completamente da una membrana protettiva detta “zona pellucida”, ed
– inizia pian piano ad andare incontro a divisioni mitotiche originando l'embrione
l'embrione nei primi 3-4 giorni di vita è caratterizzato da una forma sferica ed è composto da circa 8-16
– blastomeri (i blastomeri ricordo che sono per definizione, tutte quelle cellule si formano a partire dallo
sviluppo dell'embrione). Tale condizione prende il nome di “Morula”
nei successivi 2-3 giorni la morula perde la zona pellucida di protezione e si viene a formare uno strato
– di rivestimento chiamato “Trofoectoderma”. Tale condizione prende il nome di “Blastociste”, sempre di
forma sferica, composta da 32 blastomeri. La blastociste di impianta nella parete uterina
una volta impiantato nella parete uterina, la blastociste tende a modificarsi. Infatti nel trofoectoderma di
– rivestimento si viene a formare una sorta di cavità chiamata “Blastocele”. In questa cavità si accumula
un liquido prodotto dalle cellule che sospingono verso la periferia i 32 blastomeri compattandoli in unica
massa detta “Massa cellulare interna”
dopo circa altri 3-7 giorni si forma quindi la “Gastrula” che va incontro a gastrulazione e alla
– formazione dei tre strati germinativi: ectoderma, mesoderma ed endoderma, da cui avranno
successivamente vita le cellule specializzate nella formazione dei vari tessuti dell'organismo
Il problema è che le cellule che compongono quest'organismo però non hanno una vita infinita, bensì occorre un
importante processo continuo di ricambio cellulare al fine di mantenere funzionale un determinato tessuto.
Per poter permettere il ricambio cellulare, bisogna che ci siano alcune cellule in grado di dividersi per un tempo
illimitato e in grado contemporaneamente di differenziarsi. Queste cellule sono appunto le “Cellule Staminali”.
Il primo a parlare di cellule staminali fu nel 1968 lo scienziato “Haeckel”, il quale dette anche il nome a queste
particolari cellule, dal fatto che le riteneva come capostipiti di una discendenza cellulare. Ogni cellula staminale
non a caso presenta una serie di caratteristiche uniche che però vengono perse pian piano nel corso dello
sviluppo embrionale. Nella prima fase di sviluppo (la morula) le cellule sono totipotenti, ovvero possono dar vita
ad ogni tipo di cellula embrionale ed extra-embrionale. Con lo sviluppo si forma la blastociste e poi la gastrula,
ed in questa condizione le cellule perdono la totipotenza e diventano pluripotenti, ossia in grado di originare
molti tipi di cellule specifiche per la formazione di tessuti diversi (l'ectoderma, mesoderma e endoderma).
A partire da questi strati le cellule staminali perdono la pluripotenza e si specializzano prettamente in uno o
pochi tipi di cellule andando a caratterizzare i vari tessuto dell'organismo (parliamo quindi di multipotenza,
bipotenza o unipotenza). Queste cellule staminali però via via che si differenziano hanno la capacità di dar vita
anche ad altre cellule staminali, ed è per questo che sono uniche. Guardiamo le loro caratteristiche in dettaglio:
l'autorinnovamento, detto anche “Clonogenicità”, consiste nel fatto che una cellula staminale può
– andare incontro ad un numero di divisioni cellulari illimitati mantenendo sempre il solito stadio di
differenziamento
la totipotenza è la capacità di alcune cellule staminali di differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula, sia
– embrionale(che formeranno quindi i vari tessuti) che extraembrionale (che compongono gli annessi
embrionali, utili per la crescita e lo sviluppo dell'embrione all'interno dell'organismo). Tali cellule
staminali sono molto presenti nella fase di crescita embrionale!!
la pluripotenza consiste nel fatto che alcune cellule staminali sono in grado di differenziarsi in qualsiasi
– tipo di cellula embrionale me non sono in grado di differenziarsi in cellule extraembrionali. Tali cellule
staminali sono molto presenti al termine dello sviluppo embrionale!!
la multipotenza consiste nel fatto che alcune cellule staminali sono in grado di differenziarsi in qualsiasi
– tipo di cellula che componga il suo tessuto di appartenenza, ma non è in grado di differenziarsi in altre
tipi di cellula. Ad esempio se abbiamo una cellula staminale multipotente appartenente al tessuto
ematico, allora questa cellula staminale potrà differenziarsi solo nelle varie cellule che compongono il
tessuto ematico, mentre non potrà differenziarsi in altre tipi di cellule. Tali cellule staminali sono
presenti durante la fase adulta dell'organismo!!
la bipotenza consiste nel fatto che alcune cellule staminali sono in grado di differenziarsi solo in due tipi
– di cellula dello stesso tessuto di appartenenza. Ad esempio se abbiamo una cellula staminale bipotente
appartenente al tessuto vascolare potrà differenziarsi in cellule muscolari lisce o cellule muscolari
endoteliali. Tali cellule staminali sono presenti durante la fase adulta dell'organismo!!
la unipotenza consiste nel fatto che alcune cellule staminali sono in grado di differenziarsi solo in un tipo
– di cellula dello stesso tessuto di appartenenza. Ad esempio se il nostro organismo necessita di ricambio
cellulare a livello epatico, una serie di cellule staminali adulte unipotenti localizzate nel fegato andranno
incontro a divisioni asimmetriche che porteranno alla formazione di altre cellule staminali e cellule
progenitrici. Le cellule progenitrici diventeranno quindi cellule epatiche (epatociti) ed andranno a
rimpiazzare gli epatociti mancanti. Tali cellule staminali sono presenti durante la fase adulta
dell'organismo!!
Una cellula staminale può formarsi in due stadi vitali dell'organismo: stadio embrionale e stadio adulto]
CELLULE STAMINALI EMBRIONALI ] durante il processo di formazione dell'embrione abbiamo detto
prim'anzi che all'inizio abbiamo lo zigote, ovvero una cellula rivestita completamente da una membrana
protettiva detta “membrana pellucida”. Tale zigote inizia pian piano ad andare incontro a divisioni mitotiche
originando l'embrione che, nei primi 3-4 giorni di vita è caratterizzato da una forma sferica ed è composto da
circa 8-16 blastomeri e prende il nome di “Morula”. Nei successivi 2-3 giorni la morula perde la membrana
pellucida di protezione e si viene a formare uno strato di rivestimento più spesso chiamato “Trofoectoderma” e
difatto si viene a formare la “Blastociste”, composta a sua volta internamente da 32 blastomeri. La blastociste di
impianta quindi nella parete uterina e continua il suo processo che porterà alla formazione dell'intero organismo
Mi fermo qui alla fase embrionale che porta alla formazione della blastocisti non per casualità, ma per
approfondire ulteriormente il discorso. Ogni blastociste abbiamo visto essere formata da una porzione esterna ed
una porzione interna. La porzione esterna è detta Trofoectoderma, che è uno strato di rivestimento composto da
un centinaio di cellule volte alla formazione futura della placenta, la quale supporterà la crescita dell'embrione
all'interno dell'utero. La porzione interna è composta da una ventina di cellule, che formano la cosiddetta massa
cellulare interna. Queste cellule sono semplicemente cellula staminali embrionali, ovvero cellule staminali che si
formano nelle prime fasi di crescita dell'embrione. Tali cellule staminali possono essere definite anche come
“Embrional Staminal Cell” (ESC) e presentano la caratteristica unica di essere pluripotenti, ovvero possono
differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula embrionale. Generalmente le ESC si dividono tramite divisioni cellulari
simmetriche, ovvero ognuna di esse può originare o due cellule staminali identiche a quella di partenza o due
cellule non staminali che sono in grado di specializzarsi in altre tipi di cellule (dette progenitori).
Nel 1981 Evans insieme a Kaufman iniettarono delle cellule staminali embrionali (ESC) all'interno del cervello di
un topo e videro che dopo un arco di tempo decisamente breve si venivano a formare cellule tumorali che
sviluppavano una forma di tumore chiamato “Teratoma”. Da questo esperimento capiscono che, una cellula
staminale embrionale è pluripotente in quanto è capace di fare tre cose:
differenziarsi anche in laboratorio
– se iniettate in un organismo ospite possono dar vita a tumori come il teratoma
– se iniettate direttamente a livello di una blastociste ospite, è capace di formare un embrione
– caratterizzato da due tipi di DNA differenti. Si forma quindi una chimera
1 ] Parliamo per prima cosa della capacità delle ESC di potersi differenziare anche in laboratorio.
Abbiamo visto che le ESC possono essere coltivate in laboratorio tramite l'utilizzo di opportune condizioni
ambientali chimico-fisiche. Per poter coltivare ed osservare la crescita e la differenziazione delle ESC, esse
devono essere estratte ed isolate a partire da un embrione vitale. In poche parole dobbiamo distruggere
l'embrione per poter prelevare le ESC che stanno al suo interno. Questo mosse diverse problematiche di natura
puramente etica dovuto al fatto che, con la distruzione dell'embrione difatto non si permette la crescita di un
organismo vivente. Queste problematiche etiche si fecero ancora più pressanti attorno alla fine del 900', quando
Thompson riuscì ad isolare per la prima volta cellule staminali embrionali dalle blastocisti di un essere umano.
Tralasciando un attimo la questione etica, approfondiamo la questione prettamente scientifica. Quindi una volta
prelevate ed isolate queste ESC possono essere coltivate in coltura a determinate condizioni nutrizionali ed
ambientali. Col variare di queste condizioni chimico-fisiche è possibile anche indirizzare la divisione delle ESC
verso la formazione di cellule staminali o cellule progenitore. Infatti sono possibili due scenari:
]
1 Nel primo scenario le ESC vengono messe in una coltura avente determinati nutrienti, a determinate
condizioni ambientali. Dopo di che le ESC vanno incontro a divisione cellulare e si formano due cellule staminali
identiche a quella di partenza. In tal modo possiamo mantenere per un tempo illimitato il solito grado di
differenziamento cellulare. A livello biochimico, per formarsi una cellula staminale con lo stesso grado di
differenziamento è necessaria l'attivazione di alcuni fattori trascrizionali embrionali detti “OCT-4”. In poche
parole quello che succede è che:
le OCT-4 sono proteine che si trovano nella massa cellulare interna della blastociste dove vi è la presenza
– anche delle cellule staminali embrionali
tali proteine interagiscono con le cellule staminali embrionali presenti, in maniera tale da regolare
– l'espressione di alcuni geni implicati nel differenziamento cellulare
per fare questo le OCT-4 interagiscono con alcune proteine trascrizionali dette “NANOG” che iniziano
– ad attivare la trascrizione di alcuni geni implicati nella divisione e nel differenziamento cellulare
in tutto è fondamentale la presenza della citochina-LIF, che fa due cose:
– - la prima cosa è quella di attivare la sintesi delle proteine OCT-4 e NANOG permettendo difatto di
attivare la trascrizione di alcuni geni implicati nella divisione e nel differenziamento cellulare
- la seconda cosa è quella di inibire la formazione di cellule progenitore ed indirizzare il processo di
differenziamento cellulare verso la formazione di due cellule staminali con lo stesso grado di
differenziamento cellulare
]
2 nel secondo scenario le ESC vengono inserite in una coltura avente dei nutrienti e determinate condizioni
ambientali tali da inibire la formazione delle citochine-LIF. Senza la loro formazione non si ha la formazione
delle proteine OCT-4 e NANOG ed inoltre non viene inibita la formazione di cellule progenitore, le quali si
formano e porteranno alla formazione di cellule altamente specializzate, in base alla sede di nascita. (esempio..
miociti, epatociti, neuorni, osteociti, ecc.. )
Oltre agli ostacoli etici rappresentati dalla chiesa e da una bella fetta della comunità scientifica nel procedere con
questo tipi di procedure tecnico-sperimentali, sono sorti col tempo anche delle problematiche di natura
scientifica. Infatti via via che le ESC vengono coltivate e fatte crescere in laboratorio risultano essere
immunologicamente diverse dalle ESC iniziali prelevate dal paziente. Per cui se con queste ESC faccio sviluppare
un tessuto e lo trapianto sul paziente posso andare incontro al rifiuto del corpo stesso del paziente nell'accettare
il nuovo tessuto trapiantato, legato al fatto che non c'è compatibilità immunologica. Oltre a ciò l'innesto di ESC
immunologicamente diverse potrebbe provocare anche la formazione di masse tumorali!
Al giorno d'oggi per risolvere questa problematica possiamo modificare geneticamente le ESC attraverso
tecniche di ingegneria genetica. Queste ESC risultano non presentare differenze immunologiche da quelle iniziali
del paziente e quindi possono essere utilizzate per sintetizzare tessuti volti a trapianti e inneschi. Ma dobbiamo
capire che infondo lo studio sulle ESC è ancora agli inizi e devono essere chiariti a fondo molti aspetti come:
meccanismi di regolazione della crescita delle ESC in laboratorio
– mutazioni che potrebbero verificarsi in laboratorio
– identificazione dei marcatori che permettano di distinguere le cellule figlie dalla cellula madre.
– Su quest'ultimo punto infatti, dobbiamo capire che una volta che una cellula staminale embrionale è
andata incontro a divisione simmetrica, può orgiginare cellule staminali o cellule progenitore.
Ad oggi, non conoscendo i marcatori specifici, non possiamo capire durante il processo di divisione
simmetrica, quali saranno le due cellule figlie originate (se sono staminali o progenitore), ma possiamo
capirlo una volta finito il processo. Ciò è reso possibile tramite un processo particolare definito “Saggio
Introspettivo”. Prima di parlare di questo processo è bene mettere in chiaro un punto fondamentale:
- le cellule staminali embrionali sono cellule che si dividono in maniera illimitata
- le cellule progenitrici sono cellule che si specializzano e dopo di che vivono un arco di tempo definito
per poi morire
La tecnica del saggio introspettivo consiste ad esempio nel prendere un topo da laboratorio e irraggiarlo
con radiazioni altamente penetranti, andando a distruggere le cellule normali e le cellule staminali che
compongono un determinato tessuto come ad esempio il tessuto muscolare. Tale tessuto per questo
motivo non potrà essere rigenerato e sarebbe altamente compromessa la funzionalità dell'organismo.
Viene fatto quindi un trapianto, prelevando delle cellule staminali embrionali dal tessuto muscolare di
un secondo topo sano. Tali ESC vengono trapiantate all'interno del muscolo del topo malato ed entrano
in divisione simmetrica, dando vita o a cellule staminali o a cellule progenitori.
- se il topo muore dopo qualche settimana significa che le ESC hanno dato vita alle cellule progenitore,
che si sono specializzate in cellule muscolari ed hanno risolto il problema momentaneamente. Infatti
queste cellule hanno un tempo di vita limitato, ed una volta morte, il problema torna nuovamente.
- se il topo sopravvive per un arco di tempo prolungato, allora significa che le ESC hanno dato vita a
cellule staminali, le quali sono diventate cellule staminali adulte (ASC), in grado di dar vita ad altre
cellule staminali e cellule progenitore che si specializzano in cellule muscolari. In tal modo viene quindi
garantito un turn-over continuo delle cellule muscolari ed il problema viene definitivamente risolto
2 ] come seconda cosa parliamo della capacità delle ESC di poter dar vita ad una massa maligna se iniettato in
un organismo ospite. È stato visto infatti che, prelevando cellule staminali embrionali da un topo sano, se
iniettate all'interno di un altro topo provocano la formazione di un particolare tumore detto “Teratoma”.
Il teratoma è un tumore che si genera specificatamente nei tessuti embrionali, e va a colpire tutte e tre i foglietti
embrionali (ectoderma, mesoderma e andoderma). Questo ci fa capire che le ESC che provocano il teratoma,
sono in grado di dar vita a tutti i tessuti embrionali che si possono generare dall'ectoderma, mesoderma e
endoderma e per questo motivo si dicano pluripotenti.
3 ] come terza cosa parliamo della capacità delle ESC di poter dar vita a chimere, ovvero organismi formati da
tessuti che a loro volta sono formati da cellule con due tipi di DNA diversi. Per far questo si fa:
inizialmente vengono prelevate delle ESC dalle blastocisti di un embrione
– successivamente le ESC vengono iniettate all'interno del blastocele della blastociste di un altro embrione
– a questo punto il secondo embrione presenterà cellule staminali embrionali di due organismi differenti,
– aventi un genoma diverso fra loro. Si forma difatto un embrione chimerico.
Da quest'embrione di verranno quindi a formare cellule specializzate che formeranno tessuti, organi,
apparati e quindi l'organismo, definito appunto una chimera!!
CELLULE STAMINALI ADULTE ] le cellule staminali adulte sono anche definite come ASC (Adult Staminal
Cell) o “Cellule staminali tissutali” (perché si trovano nei tessuti già formati del nostro corpo), o anche “cellule
staminali somatiche”. Generalmente le ASC comprendono tutte quelle cellule staminali che non sono embrionali,
come le cellule staminali fetali (coloro che si trovano nel feto), le cellule staminali neonatali e le cellule staminali
isolabili dalla placenta e dal cordone ombelicale, che sono tutte cellule staminali che non presentano
caratteristiche di pluripotenza (come le ESC) ma caratteristiche di multipotenza (sono in grado di formare vari
tipi di cellule che compongono lo stesso tessuto), bipotenza o unipotenza.
La funzione delle cellule staminali adulte è quella di mantenere l'omeostasi cellulare permettendo di sostituire le
cellule danneggiate o perse attraverso il giusto grado di turn-over cellulare. In poche parole sono in grado di
mantenere e riparare il tessuto nella quale si trovano. Ci sono dei tessuti che richiedono un turn-over cellulare
più accentuato rispetto ad altri tessuti ed infatti su questo principio si classificano in:
tessuti stabili, ovvero tessuti che richiedono un turn-over di normale entità per poter mantenere un
– giusto equilibrio di mantenimento
tessuti labili, ovvero tessuti molto attivi, che richiedono un turn-over esageratamente alto per poter
– mantenere un giusto equilibrio di mantenimento (tessuto muscolare ad esempio)
tessuti perenni, ovvero tessuti privi di capacità rigenerativa. Uno di questi è il tessuto nervoso.
– Infatti ci sono alcune regioni cerebrali che non presentano un turn-over cellulare (dei neuroni), e per
questo il numero di neuroni è destinato pian piano a diminuire durante la vita dell'individuo
Sappiamo quindi che le ASC devono permettere il ricambio cellulare e per far questo ogni cellula staminale
adulta va incontro a divisioni cellulari asimmetriche, ovvero da ogni ASC si originano due cellule, di cui una
staminale (con il solito stadio di differenziamento) ed una cellula che non è più staminale, destinata a
differenziarsi e specializzarsi (detta cellula progenitore). La cellula staminale servirà a riformare altre cellule
staminali (mantenendo in equilibrio il numero di cellule staminali presenti per evitare che quest'ultime possino
esaurirsi), mentre la cellula progenitore si specializzerà in una cellula specifica detta “TAC” (Transit Amplifying
Cell) che dopo una serie limitata di divisioni mitotiche andrà a formare cellule specializzate in grado di attuare
un ricambio cellulare dove vi è necessità. Ci sono due tipi di divisioni cellulari asimmetriche ad oggi conosciute:
la divisione asimmetrica propriamente detta, in cui una cellula staminale adulta va incontro a divisione
– cellulare portando alla formazione di due cellule, una cellula staminale ed una cellula portatrice di
alcuni fattori che la rendono intrinsecamente diversa, detta appunto cellula progenitore
la divisione asimmetrica ambientale, in cui una cellula staminale adulta va incontro a divisione cellulare
– portando alla formazione di due cellule uguali fra loro, solo che a causa dell'ambiente circostante, una
delle due viene modificata. La cellula non modificata sarà la cellula staminale, mentre quella modificata
estrinsecamente sarà la cellula progenitore
Come è possibile che da le ASC sono in grado di dar vita ad una cellula specializzata e contemporaneamente dar
vita ad una cellula staminale adulta in grado di mantenere costante il numero di ASC nel tessuto??
Per spiegare questa domanda dobbiamo ricorrere all'esperimento fatto da John Cairns nel 1970, grazie al quale
riuscì a formulare l'ipotesi dei “filamenti immortali”, secondo cui alcuni tipi di ASC addirittura sarebbero in
grado di marcare (attraverso specifiche proteine) durante la fase S della loro divisione cellulare, il filamento di
DNA stampo. Questa marcatura avviene per due motivi:
una volta che il DNA stampo è marcato, possono essere rilevati più facilmente degli errori e mutazioni
– al momento in cui la ASC ha terminato la divisione cellulare, si sono formate due cellule, di cui una
– cellula staminale adulta e una cellula progenitore. Il filamento di DNA stampo marcato, attraverso una
serie di processi altamente complessi viene trasmesso sempre alla cellula figlia staminale adulta e mai
alla cellula figlia progenitore. Per questo motivo la cellula figlia staminale adulta avrà la possibilità di
promuovere in futuro lo stesso meccanismo (filamento immortale infatti indica in qual modo il fatto che
le cellule staminali sono clonogeniche e quindi sono in grado di dividersi in maniera illimitata dando vita
ad altre cellule staminali con la stessa capacità).
Come abbiamo fatto a capire che il processo ipotizzato da John Cairns sia effettivamente corretto?!
all'inizio in laboratorio il filamento di DNA stampo viene modificato. Infatti viene incorporato nel
– filamento di DNA stampo al posto della timidina (un nucleoside formato dallo zucchero pentoso e la
timina) un particolare nucleoside sintetico detto “BRD-U” che significa “Bromodeossiuridina”
una volta fatto ciò ci sono dei particolari anticorpi detti “anti BRD-U” che ci permettono di vedere
– l'andamento del processo di divisione. Dopo la divisione quello che notiamo è che BRD-U viene
tramandato alla cellula staminale adulta figlia, mentre la cellula progenitore non sarà marcata
in tal modo le ASC riescano a promuovere illimitatamente la formazione di altre ASC!!
–
Le ASC più studiate al giorno d'oggi sono sicuramente:
le cellule staminali adulte ematopoietiche (dette E-ASC). Esse vanno incontro ad una divisione
– asimmetrica dalla quale si formano due cellule, di cui una staminale adulta ed una progenitore.
La cellula progenitore si specializzerà nelle TAC che a loro volta dopo una serie limitata di divisioni
mitotiche andrà a formare le cellule ematiche e immunitarie come ad esempio i linfociti
le cellule staminali adulte stromali (dette S-ASC). Esse vanno incontro ad una divisione asimmetrica
– dalla quale si formano due cellule, di cui una staminale adulta ed una progenitore.
La cellula progenitore si specializzerà nelle TAC che a loro volta dopo una serie limitata di divisioni
mitotiche andrà a formare gli osteociti (delle ossa) e gli adipociti (del tessuto adiposo)
le cellule staminali adulte mesenchimali (dette M-ASC)
– con tutta probabilità ci sono anche delle cellule staminali adulte in tessuti come cervello, occhi e la cute,
– ma al giorno d'oggi per questi tessuti non possiamo avere l'assoluta certezza che queste ASC si siano
generate proprio dal cervello, occhi e cute. Infatti potrebbero tranquillamente derivare dalle E-ASC che
attraverso il sangue sono state trasportate in questi tessuti!
Nel cervello alcune di queste ASC sono in grado di andare incontro ad una divisione asimmetrica dalla
quale si formano due cellule, di cui una staminale adulta ed una progenitore. La cellula progenitore si
specializzerà nelle TAC che a loro volta dopo una serie limitata di divisioni mitotiche andrà a formare i
neuroni, gli oligodendrociti e gli astrociti (gli astrociti formeranno successivamente la barriera
ematoencefalica)
Una cosa molto importante da considerare è che il nostro organismo è in grado anche di regolare l'attività di
divisione delle cellule del nostro corpo. Infatti ogni volta che una cellula si divide potrebbe andare incontro ad
una serie di errori di processo, per cui logicamente parlando se il numero di cellule che si divide è alto, allora
sarà alto anche il rischio di incombere in errori e mutazioni. Viceversa se il numero di cellule che si divide è
basso, allora sarà basso anche il rischio di incombere in errori e mutazioni. Il nostro organismo punta
ovviamente un occhio di riguardo alle cellule staminali e fa in modo che quest'ultime si debbano dividere il meno
possibile. Infatti una mutazione su una serie di cellule staminali adulte all'interno di un tessuto potrebbe
compromettere irreversibilmente la possibilità di ricambio cellulare all'interno del tessuto stesso. Per ridurre il
numero di cellule staminali adulte in divisione cosa fa??
La risposta è che, al momento in cui una ASC si divide asimmetricamente da vita a due cellule, una staminale
adulta ed una progenitore. Una serie di segnali biochimici indotti dall'organismo permette di far andare in
divisione cellulare la cellula progenitore e non la cellula staminale adulta. Solo nei casi in cui vi è necessità le ASC
potranno quindi entrare in divisione cellulare. In tal modo viene quindi ridotto il rischio di mutazione delle ASC.
CURIOSITA': le ASC trovano un largo impiego anche nella ricerca per cercare di riparare danni tissutali o
risolvere gravi forme patologiche!!
Le cellule staminali adulte sono molto presenti in vari tessuti del nostro organismo come:
EPIDERMIDE
– INTESTINO
– MIDOLLO OSSEO
– MUSCOLARE
–
1 ] L'epidermide si genera dallo sviluppo dell'ectoderma durante la fase embrionale e rappresenta difatto lo
strato più esterno della pelle. Sotto l'epidermide si ha il derma e l'ipoderma che contengono prevalentemente una
serie di vasi sanguigni che trasportano sostanze nutritive e liquidi alle cellule che costituiscono l'epidermide.
L'epidermide fondamentalmente ha la funzione di proteggere l'organismo dalla presenza di agenti chimici, fisici
e biologici provenienti dall'esterno ed è composta da un un epitelio pluristratificato cheratinizzato poiché, oltre
ad essere costituita da più strati di cellule pavimentose (per l'esattezza 5 strati), sulla sua superficie presenta
anche la cheratina, una proteina fibrosa idrofoba che permette di evitare la perdita d'acqua e una successiva
disidratazione dell'epidermide stessa. I cinque strati che compongono l'epidermide sono caratterizzati dalle
stesse cellule che si trovano in fasi diverse del loro ciclo vitale. Essi sono:
– strato basale, è lo strato più interno e profondo dell'epidermide, e separa l'epidermide dal tessuto
connettivo sottostante. Questo strato è composto da cellule staminali adulte unipotenti in grado di
specializzarsi solo e soltanto in un tipo di cellula specifico detto “cheratinocita” che a loro volta
contengono una grande quantità di proteine fibrose dette “cheratine”. Queste cellule staminali
unipotenti inizialmente sono quasi del tutto ancorate alla membrana basale grazie alle giunzioni cellulari
(emidesmosomi) e di particolari proteine dette “β-integrine”. Pian piano quello che succede è che le
cellule staminali adulte iniziano a dividersi formando due cellule: una cellula staminale identica a quella
madre, e una cellula progenitore. La cellula progenitore a sua volta si specializza nelle cellule TAC
(Transit Amplifying Cell) che dopo una serie limitata di divisioni andranno a formare cellule
specializzate chiamate cheratinociti
strato spinoso, è lo stato successivo allo strato basale, e separa lo strato basale dallo strato soprastante.
– Questo strato si viene a formare dal fatto che i cheratinociti iniziano a mobilizzarsi formando una serie
di strati interconnessi fra loro attraverso una serie di giunzioni cellulari (desmosomi), al fine di formare
uno strato molto compatto e stabile. Questi cheratinociti sono ricchi inoltre di cheratina che permette
allo strato spinoso di essere poco permeabile, e presentano numerose estroflessioni dette “spine” da cui
deriva il nome di strato spinoso. Nello strato spinoso vi sono anche i melanociti e le cellule di Langerhans
I melanociti sono le cellule più abbondanti dopo i cheratinociti, e sono costituite da un corpo cellulare
voluminoso provvisto di una serie di prolungamenti che si insinuano negli spazi intercellulari. Oltre a ciò
a loro interno presentano una serie di organelli che prendono il nome di “Malanosomi”, i quali
contengono enzimi del tipo tirosinasi in grado di sintetizzare la melanina. La melanina ricordo che poi
pian piano verrà fagocitata dai cheratinociti ed essendo una sostanza pigmentata conferirà anche la
colorazione della pelle!!
Le cellule di langerhans sono cellule caratterizzate da una serie di prolungamenti che si insinuano negli
spazi intercellulari dello strato corneo epidermico, che a loro volta formano una fitta rete provvista di
recettori che identificano possibili antigeni esterni ed attivano la risposta immunitaria!!
strato granuloso, è lo strato successivo allo strato spinoso, e separa lo strato spinoso dallo strato
– soprastante. Questo strato si viene a formare dal fatto che si formano una serie di una serie di strati di
cheratinociti che iniziano pian piano a presentare segni evidenti di apoptosi in corso.. per questo motivo
lo strato granuloso è senza alcun dubbio l'ultimo strato che presenterà cellule vitali!!
Si chiama granuloso perché si formano una serie di granuli basofili, come ad esempio i granuli di
cheratoialina che contengono filaggrina e laricrina, a loro volta indispensabili per la formazione della
cheratina soprastante, la quale rende ancora impermeabile lo strato granuloso
strato lucido, è lo strato successivo allo strato granuloso, e separa lo strato granuloso dallo strato
– soprastante. Questo strato è formato da un sacco di cheratinociti morti ricchi di cheratina, che vengono
continuamente distaccati e persi nell'ambiente circostante. A livello intracellulare vi è la presenza anche
di alcune sostanze come la aleidina, che contiene zolfo, lipidi e glicogeno che assieme conferiscono
lucidità, motivo per cui questo strato prende il nome di strato lucido
strato corneo, è lo strato successivo allo strato lucido e rappresenta lo strato più superficiale
– dell'epidermide. Questo strato è formato da pochissimi cheratinociti morti che tendono pian piano a
diventare delle squame piene di cheratina, supportate internamente da proteine come la involucrina.
L'involucrina infatti si dispone generalmente lungo il versante citoplasmatico dei cheratinociti e lega una
serie di glicoproteine che rendono impermeabili queste cellule. Generalmente ricordo che queste squame
piene di cheratina tendono a formare una serie di estroflessioni somiglianti a delle corna, da qui deriva il
nome strato corneo ed anche, per questo motivo, i cheratinociti morti prendono il nome di corneociti!!
Trapianti di epiteli ] nel 1983, Howard Green, nell'ospedale di Boston, fece il primo trapianto di pelle su tre
bambini ustionati. Per poter far ciò Green prelevò cellule staminali adulte da una zona di epitelio cutaneo sana
degli stessi bambini. Tali ASC furono coltivate in laboratorio e dopo una serie di divisioni diedero vita ad un
tratto di epitelio cutaneo sano. Tale tratto di pelle fu quindi utilizzato come innesto cutaneo per riformare i tratti
di pelle ustionati dei bambini
Trapianti di epitelio corneale ] la cornea è una membrana trasparente posizionata sulla parte posteriore del
bulbo oculare. La trasparenza di questa membrana è fondamentale per permette una corretta capacità visiva e
dipende altamente dal grado di vascolarizzazione dello stroma e dall'integrità fisica stessa dell'epitelio corneale.
Quando la cornea viene lesionata è compito dell'organismo di riparare il danno, per permettere una capacità
visiva ottimale. Per poter riparare il danno intervengono delle particolari cellule staminali adulte presenti in una
zona posta fra la cornea e la congiuntiva (membrana posizionata sulla parte anteriore del bulbo oculare) detta
“Limbus”. Generalmente se vi sono lesioni di piccole entità non ci sono assolutissimamente problemi nel
ricostruire la parte lesionata, se invece, la lesione è molto grave, come ad esempio ustioni termiche o contatto con
acidi la questione è ben diversa. Infatti gravi lesioni o ustioni a livello della cornea generalmente colpiscono
anche il limbus e quindi vengono degradate anche le cellule staminali adulte. In questo modo le ASC non sono
più in grado di riparare il danno e quindi si ha una opacizzazione della cornea e parziale o totale perdita della
capacità visiva. I casi possibili sono due:
il paziente presenta entrambi gli occhi altamente compromessi, per tanto il danno non potrà essere
– riparato in alcun modo
il paziente presenta gli occhi danneggiati, ma piccole parti del limbus sono fortunatamente integre. In tal
– caso è possibile quindi prelevare le ASC dal limbus sano e promuovere in laboratorio la sintesi di un
nuovo tratto di cornea che andrà a riparare il danno subito dall'occhio. Il paziente in tal caso
riacquisterà la vista parzialmente o totalmente. Questo trapianto prende il nome di “Cheratoplastica”
2 ] durante la quarta settimana dello sviluppo embrionale l'ectoderma cresce molto rapidamente, tanto da che
tende a modificare anche fisicamente parte dell'embrione. Infatti l'espansione dell'ectoderma porta alla
formazione di due pieghe, di cui una caudale (posteriore) e l'altra cefalica (anteriore), che si pongono sotto
l'endoderma. Tali pieghe ruotano su se stesse di 180 gradi, ed a metà della quarta settimana dello sviluppo
embrionale originano assieme all'endoderma l'intestino primitivo. L'intestino primitivo andrà quindi a
svilupparsi e si formeranno due aperture, un apertura anteriore ed una posteriore separate da una serie di
membrane. L'intestino primitivo quindi va pian piano a dividersi in tre porzioni: l'intestino anteriore, medio e
posteriore. L'intestino una volta formato è caratterizzato da un epitelio monostratificato di rivestimento. Sulla
superficie troviamo anche numerosissimi villi, ossia delle introflessione capaci di aumentare la superficie di
scambio, in maniera tale che l'intestino possa assorbire una quantità di sostanze maggiore possibile.
Le cellule che formano la maggior parte dell'intestino sono definite come “Enterociti” e presentano un ciclo
cellulare molto elevato, tale da supportare il fatto che hanno una vita molto breve che varia dai due ai tre giorni.
Per questo motivo quindi c'è necessità di un turn-over cellulare importante all'interno dell'intestino.
Questo turn-over è garantito dalla presenza delle ASC intestinali, le quali stanno all'interno di ghiandole
intestinali che prendono il nome di “Cripte”, dove risiedono anche altre cellule, come le cellule di Paneth in
grado di produrre a loro volta degli enzimi proteolitici che assieme ad altre sostanze formeranno il cosiddetto
“Succo intestinale”, utile per degradare alcune macromolecole. Ricordo in oltre che le cellule di Paneth hanno un
ricambio cellulare di circa 20 giorni e contengono anche i lisozimi, i quali fungano da antibatterico naturale ed è
per questo che le cellule di Paneth vengono deputati come probabili regolatori della flora batterica intestinale!!
Oltre a tutto ciò è interessante notare anche alcuni studi condotti sui tumori dell'intestino e del colon-retto.
Infatti ci sono delle persone che presentano una predisposizione ereditaria nello sviluppare tumori di questo tipo
e tutte queste persone ancor prima di riscontrare il tumore sviluppano un gran numero di adenomi nell'intestino
crasso. Questa condizione prende il nome di “Poliposi ereditaria” ed è probabilmente riconducibile ad una
mutazione del gene APC (Adenomatous Polyposisi Coli-poliposis). Il gene APC codifica per la formazione di una
proteina molto grande detta “APC”, la quale svolge molteplici funzioni, fra cui quella di inibire l'espressione di
un oncogene specifico che codifica per la formazione della beta-catenina. Infatti alti livello di beta-catenina sono
riscontrati proprio nei pazienti malati di tumore al colon-retto. In sintesi quello che succede è che ci sono due casi
nel primo caso il gene APC non è mutato, quindi può codificare per la formazione della proteina APC.
– La proteina APC può quindi regolare l'attività dell'oncogene che codifica per la formazione della beta-
catenina, una proteina che normalmente svolge funzioni importanti come stabilizzare il citoscheletro
cellulare
nel secondo caso il gene APC è mutato, quindi non può codificare per la formazione della proteina APC.
– La proteina APC quindi non potrà regolare l'attività dell'oncogene che codifica per la formazione della
beta-catenina, che quindi verrà sovraespressa. In presenza di un alta quantità di beta-catenina
generalmente il paziente presenta anche un cancro al colon-retto. Da qui possiamo quindi dedurre che
c'è un nesso logico fra la funzionalità del gene APC e la formazione del tumore al colon-retto
Detto ciò guardiamo cos'è che promuove a livello molecolare lo sviluppo o meno delle beta-catenina:
nel primo caso il gene APC codifica per la formazione della proteina APC che, in assenza del ligando
– WNT interagisce con la beta-catenina. Successivamente la proteina APC fosforila i residui terminali di
serina e treonina della beta-catenina che in tal modo viene riconosciuta dal proteosoma che la degrada.
In tal modo la concentrazione di beta-catenina viene ridotta e tenuta monitorata.
nel secondo caso il gene APC codifica per la formazione della proteina APC che non può interagire con
– la beta catenina perché vi è la presenza del ligando WNT. Il ligando WNT è una proteina specifica che si
lega al recettore di membrana Frizzled. Si forma quindi il complesso ligando-recettore che da il là alla
trasduzione del segnale fino all'interno del nucleo della cellula. Tale segnale andrà quindi ad attivare
l'oncogene che codifica per la formazione della beta-catenina che aumenterà la sua concentrazione.
Questa via di segnalazione prende il nome di “Via di segnalazione WNT canonica”.
Abbiamo anche la via di segnalazione WNT non canonica che regola la stabilità citoscheletrica della
cellula e la via di segnalazione WNT-calcio dipendente, la quale invece regola la concentrazione di calcio
all'interno della cellula! Abbiamo anche una particolare via di segnalazione WNT che attiva anche la via
di segnalazione di Notch che a sua volta è implicata nella regolazione dello sviluppo e della
differenziazione delle cellule staminali adulte intestinali
3 ] il tessuto ematico, è caratterizzato da diversi tipi di cellule che svolgono funzioni diverse. Ognuna di queste
cellule ha una vita molto limitata e generalmente vengono formate tutte a partire da una cellula staminale adulta
multipotente che si trova nel midollo osseo. Questa ASC prende il nome di “Cellula staminale ematopoietica”
(HSC). Grazie alla sua capacità di multipotenza, le HSC riescano a differenziarsi in più tipi di cellule come i
globuli rossi, globuli bianchi e le piastrine, che compongono lo stesso tessuto (il tessuto ematico).
I globuli rossi sono detti anche eritrociti. Essi rimangano sempre all'interno dei condotti venosi ed
– arteriosi e permettono il trasporto i ossigeno ed altre molecole nei vari tessuti del nostro corpo
le piastrine sono cellule che si originano a partire dalle HSC, che si differenziano nei megacariociti, i
– quali sono delle cellule di enormi dimensioni che dopo una serie di divisioni mitotiche portano alla
formazione di numerosissime piastrine (si parla di circa dieci mila piastrine)
i globuli bianchi generalmente sono coloro che permettono di combattere antigeni. Gli antigeni però non
– sono sempre vicini alla sede di produzione dei globuli bianchi (midollo osseo). Per questo motivo la
maggior parte delle volte i globuli bianchi una volta prodotti devono essere veicolati dal sangue fino ad
arrivare alla sede dell'infezione antigena. Generalmente ci sono tre tipi di globuli bianchi:
- i Monociti, che maturano formando i macrofagi, ovvero cellule specializzate nella fagocitazione di
molecole antigene di grandi dimensioni
- i Granulociti, che maturano in neutrofili (che fagocitano antigeni e sono coinvolti nell'immunità innata)
basofili (secernano istamina, che assieme all'eparina funge da antinfiammatorio) e gli eosinofili (che
sono coinvolti nella distruzione di parassiti e allergeni)
- i Linfociti, che possono essere prodotti dal midollo osseo (linfociti-B) e dal Timo (linfociti-T).
I linfociti-B producono gli anticorpi, mentre i linfociti-T sono più deputati ad debellare virus o antigeni
Gli scienziati “Thomas” e “Murray” nel 1990 hanno ricevuto il premio nobel per la medicina, grazie al fatto che
hanno scoperto che le HSC potevano essere prelevate direttamente dal midollo osseo e trapiantate in altre
persone per curare patologie a carico del sistema ematopoietico!! In poche parole esistono due modalità di
trapianto: il trapianto autologo e quello allogenico.
nel caso del trapianto autologo il paziente è generalmente caratterizzato da un midollo osseo non
– compromesso. Per tanto infatti vengono prelevate le HSC dal paziente malato, e vengono
successivamente reinfuse nel paziente stesso. Questa procedura è particolarmente efficace in quanto non
c'è rischio di rigetto in quanto le HSC sono della stessa persona
nel caso del trapianto allogenico il paziente è generalmente caratterizzato da un midollo osseo
– compromesso. Per tanto infatti vengono prelevate HSC da un paziente sano, e vengono successivamente
trapiantate nel paziente malato. Le due persone (il donatore sano e il ricevente malato) devono avere
una certa compatibilità tissutale e di questo ce ne accertiamo tramite un test genetico HLA che sta per
“Test della Istocompatibilità”
Fra tutte le cellule che compongono il midollo osseo, circa lo 0,1-0,01% è rappresentato dalle cellule staminali
adulte mesenchimali, dette generalmente MSC. Le MSC sono particolari staminali che si differenziano in
maniera particolari in cellule come: adipociti, osteociti e condrociti. Oltre a differenziarsi in queste cellule, le
MSC hanno anche altre funzioni molto importanti, fra cui una su tutte è quella di interagire con le HSC
regolandone il differenziamento nelle varie cellule del tessuto ematico. Le MSC furono isolate per la prima volta
dallo stroma del midollo osseo, attorno agli anni 70' dallo scienziato Friedentein e i suoi collaboratori.
4 ] Il tessuto muscolare nasce dallo sviluppo del mesoderma embrionale attraverso particolari cellule staminali
adulte dette “Cellule satelliti”. Queste cellule rimangano vitali anche durante la fase adulta dell'individuo.
Infatti le cellule satelliti sono generalmente molto presenti nel tessuto muscolare scheletrico e sono altamente
quiescenti fino a che il muscolo subisce un danno o un trauma. A questo punto le cellule satelliti si attivano e
migrano nella zona muscolare danneggiata ed iniziano a differenziarsi andando a formare inizialmente i
mioblasti che successivamente daranno vita alle miofibre che serviranno a riparare il danno subito. Ricordo
inoltre che le cellule satelliti sono staminali adulte multipotenti poiché possono generare più tipi di cellule
appartenenti allo stesso tipo di tessuto, che in tal caso è il tessuto muscolare!!
Il tessuto muscolare generalmente ha la funzione di permettere il movimento volontario ed involontario del
nostro organismo, ed è fondamentale anche per sorreggere l'intero apparato scheletrico.
I tessuti muscolari principalmente possono essere di tre tipi: striato, liscio o cardiaco.
1 ] il tessuto muscolare striato è definito anche come “Tessuto muscolare scheletrico” in quanto è fondamentale
per sorreggere l'apparato scheletrico ed è generalmente implicato per i movimenti di natura volontaria del
nostro organismo. Il tessuto muscolare striato è caratterizzato da cellule dette “fibre muscolari”.
Ogni fibra muscolare presenta delle determinate caratteristiche, ovvero:
è circondata da un tessuto connettivo di protezione che prende il nome di “Perimisio”
– sono cellule molto grandi
– sono cellule polinucleate, infatti possono essere considerate come veri e propri sancizi funzionali
– ogni fibra muscolare è caratterizzata da meccano-proteine chiamate miofibrille.
– Taluna miofibrilla è caratterizzata a sua volta esternamente da una membrana di rivestimento
(membrana sarcoplasmatica) ed internamente dai sarcomeri. Ogni sarcomero rappresenta difatto
l'unita contrattile del muscolo scheletrico, ed è caratterizzato da una serie di filamenti proteici che si
sovrappongono fra loro detti “Actina” e “Miosina”. In poche parole i filamenti di actina scorrono sui
filamenti di miosina attraverso l'ausilio di ATP, permettendo difatto alle fibre muscolari di contrarsi e
rilassarsi determinando il movimento muscolare
2 ] il tessuto muscolare liscio permette i movimenti di natura involontaria del nostro organismo come la
contrazione e il rilassamento gastrointestinale, o dell'utero o di molti vasi sanguigni. Generalmente questo
particolare tessuto muscolare è caratterizzato da cellule dette “Fibrocellule”, le quali presentano determinate
caratteristiche, ovvero:
sono cellule molto piccole e presentano una forma fusata
– sono cellule mononucleate
– ogni fibrocellula è caratterizzata da meccano-proteine dette fasci miofibrillari, che stavolta sono prive
– sia di membrana sarcoplasmatica che di sarcomeri. Al posto della membrana sarcoplasmatica abbiamo
il reticolo sarcoplasmatico (RS). Ognuno di questi fasci miofibrillari è generalmente legato a quello
successivo attraverso delle particolari giunzioni cellulari dette “Gap-junction”. Grazie a queste
giunzioni le varie cellule sono unite fra loro e possono contrarsi e rilassarsi contemporaneamente in
maniera unitaria. Infatti il muscolo liscio si contrae unitariamente ed in maniera lenta
3 ] il tessuto muscolare cardiaco è un tessuto che si contrae spontaneamente ed è presente nel cuore.
Esso è composto da particolari cellule chiamate “Cardiomiciti” che presentano determinate caratteristiche:
sono piccoli e presentano una forma cilindrica
– sono mononucleate
– i cardiomiciti interagiscono fra loro attraverso delle Gap-junction e strie scalariformi, a formare una
– fitta rete tridimensionale che prende il nome di fibra muscolare cardiaca. Tale fibra è fondamentale
perché permette la contrazione del cuore e la conduzione dei segnali elettrici che modulano il battito
cardiaco ed il suo movimento
Ci sono particolari cellule muscolari presenti anche negli epiteli ghiandolari. Queste cellule si definiscono come
“Cellule mioepiteliali” e sono costituite da fitti prolungamenti che circondano l'adenomero di una tipica
ghiandola merocrina o apocrina del nostro organismo. Queste cellule si contraggono, permettendo di “spremere”
la ghiandola per far uscire il secreto all'esterno. Sono molto presenti in ghiandole con secrezione mucosa e mista,
ma poco presenti in ghiandole con secrezione sierosa.
Miogenesi ] il processo di miogenesi è quel processo che permette la formazione delle fibre muscolari del nostro
corpo. In poche parole partendo dalle cellule satelliti si formano i mioblasti che a loro volta si fondono a formare
le fibre muscolari. La determinazione del tipo di fibra muscolare (cardiaca, liscia o striata) è regolata da alcune
proteine regolatrici dette PAX-3, PAX-7 e MYO-D. Tali proteine permettano di attivare l'espressione di
particolari geni muscolo-specifici che promuovono la formazione di specifici mioblasti che andranno infine a
fondersi generando fibre muscolari. Una volta che la fibra muscolare si è formata, cresce e può modulare le
proprie caratteristiche sintetizzando proteine contrattili isoformi aventi diverse caratteristiche sulla base del tipo
di movimento muscolare che devono attuare. Ad esempio le fibre lisce avranno più resistenza e meno velocità di
contrazione, mentre le fibre striate avranno meno resistenza e più velocità di contrazione.
Generalmente il numero di fibre muscolari raggiunto alla nascita viene mantenuto per tutta la vita
dall'organismo, e l'aumento di massa muscolare è dovuto soprattutto non all'aumento del numero di cellule ma
all'aumento del numero di mioblasti che aumentano il numero di fibrille contrattili all'interno della cellula, che
difatto aumenta le proprie dimensioni!!
Plasticità delle cellule staminali adulte ] le cellule staminali adulte hanno una certa plasticità ovvero sono in
grado di dare origine a cellule di diversa provenienza embrionale, rispetto al tessuto in cui risiedono.
Questa proprietà prende il nome di “Transdifferenzialmento”. Per valutare la plasticità delle cellule staminali
adulte dobbiamo valutare una serie di fattori come:
che le ASC diano vita a cellule identificabili per forma e funzione all'interno del tessuto
– che le ASC diano vita a cellule funzionali
– che le ASC diano vita a che cellule in grado di vivere e cooperare con le altre cellule del tessuto
–
Per permettere tutto ciò, le ASC devono vivere in un microambiente adatto, definito come “Nicchia staminale”.
La nicchia infatti deve fornire supporto e determinati segnali che regolano i processi di differenziamento delle
ASC. Se non vi sono segnali giusti, le ASC non si differenziano correttamente!!
Per questo motivo ad esempio trapiantare le ASC in un tessuto in cui vi è la presenza di nicchie non adatte,
farebbe degenerare il differenziamento delle ASC e sarebbe un trapianto inutile e pericoloso
Tecnica di Clonazione ] durante lo sviluppo embrionale abbiamo visto che dalle cellule staminali adulte si
vengono a formare differenti tipi di cellule specifiche (epiteliali, muscolari, nervose ecc ecc..).
Abbiamo visto inoltre che, tutte queste cellule hanno un patrimonio genetico identico, e ciò che le rende
funzionalmente e fenotipicamente differenti fra loro è la modalità con la quale alcuni geni vengono espressi.
Infatti ad esempio, nelle cellule epiteliali c'è un espressione genica differente da quella che avviene nelle cellule
nervose o ossee o in altre cellule ancora. Parliamo infatti di “Espressione genica differenziale”!!
Questo succede poiché le varie cellule differenziate e specializzate del nostro corpo attivano solo determinati geni
che codificano per la formazione di proteine specifiche per la crescita e lo sviluppo nel tessuto in cui si trovano,
mentre inattivano i geni che invece non servono. Ad esempio le cellule epiteliali necessiteranno di attivare
determinati geni e indurranno l'inibizione di altri, mentre i neuroni necessiteranno di attivare altri geni
differenti e di inibirne altri ancora, e cosi via quant'altro.. ecco perché si parla di espressione genica
differenziale!!
Sulla base di questi principi e non solo, ci siamo basati per produrre una tecnica eccezionale che è quella della
“Clonazione”. La parola clonazione deriva dal greco e significa letteralmente “Germoglio”. In biologia la
clonazione consiste nella possibilità di duplicare il patrimonio genetico di qualsiasi essere vivente con la finalità
di produrre degli organismi biologicamente identici fra loro. La modalità con la quale ha inizio la tecnica di
clonazione avviene in varie fasi:
inizialmente prendo un nucleo di una cellula somatica di un organismo vivente detto “X”
– questo nucleo una volta isolato, viene inserzionato all'interno di una cellula somatica denucleata di un
– altro organismo vivente detto “Y”
a questo punto possono procedere con due diverse modalità: la clonazione riproduttiva o terapeutica:
– - la clonazione riproduttiva consiste nel fatto che una volta inserzionato il nucleo della cellula somatica X
all'interno della cellula somatica Y, viene stimolata la sua crescita tramite una serie di stimolazioni
elettriche di bassissima intensità o raggi UV. Una volta che la cellula somatica ha raggiunto un livello di
crescita accettabile viene impiantata all'interno dell'embrione nell'utero di un organismo appartenente
alla stessa specie dell'organismo X e Y dalla quale derivano le cellule somatiche di partenza.
L'embrione sviluppa e pian piano si forma il feto e quindi prenderà forma il clone
- la clonazione terapeutica consiste nel fatto che una volta inserzionato il nucleo della cellula somatica X
all'interno della cellula somatica Y, viene stimolata la sua crescita in vitro, in maniera tale da produrre
cellule staminali embrionali che verranno utilizzate a scopo terapeutico
Nel 1966 John Gordon pubblicò un lavoro in cui dimostrava di aver sviluppato il primo embrione tramite la
tecnica di clonazione riproduttiva. Prese 726 nuclei di cellule adulte intestinali di un girino e le inserzionò
all'interno di 726 oocita di girino. Successivamente stimolò la crescita di queste cellule attraverso l'irradiazione
con raggi UV e riuscì a far sviluppare l'embrione fino allo stadio larvale. Però, solo l'1,4% dei 726 nuclei riuscì a
dar vita a girini funzionali in grado di crescere e alimentarsi, tutti gli altri si svilupparono fino allo stadio larvale
e basta.
Nel 1997 fu fatto un esperimento da un gruppo di ricerca di Ian Wilmut che ha dato vita al primo animale
clonato totalmente a partire da cellule somatiche differenziate. L'animale clonato fu una pecora, conosciuta
anche col nome di Dolly e visse per circa 6 anni. In poche parole questo gruppo di ricerca:
inizialmente prelevò delle cellule dalla ghiandola mammaria di una pecora adulta
– queste cellule furono disgregate e mantenute in un terreno di coltura privo di alcuni nutrienti, in
– maniera tale da rallentarne la crescita fino ad arrivare alla fase di quiescenza “fase GO” del ciclo
cellulare. (Questo è fondamentale in quanto la cellula per poter essere impiantata successivamente
nell'oocita di un altra pecora deve avere la stessa fase di divisione cellulare)
queste cellule quiescenti furono quindi incubate in un terreno contenente delle cellule somatiche e il
– virus Sendai, il quale permette di legare le cellule alla membrana delle cellule somatiche
furono poi prese 277 cellula somatiche e furono impiantate in 277 oociti diversi di alcune pecore.
– Di questi 277, solo 29 riuscirono a svilupparsi fino alla fase di blastociste, e di queste 29 solo una riuscì a
svilupparsi in una pecora, chiamata poi dai ricercatori col nome di Dolly
Dolly è riuscita successivamente ad accoppiarsi, dando vita a progenie sana. Solo che per via di alcuni
– difetti genetici morì dopo solo 6 anni per via di un invecchiamento precoce e innaturale.
Si presume che una possibilità sia dovuta al fatto che Dolly presentava dei telomeri molto corti.
I telomeri sono delle sorte di capsule che contengono il DNA e proteggono i cromosomi. Questi telomeri
si accorciano pian piano nel corso della vita della pecora e quindi quest'ultima diventa sempre più
vulnerabile. Dolly a differenza di tutte le altre pecore presentava dei telomeri già molto corti fin dalla
nascita e questo la resa molto vulnerabile alle malattie fin dai primi giorni della sua vita
Le cellule staminali utilizzate per curare patologie ] I ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di mettere
appunti delle cure per gravi forme patologiche che ad oggi non trovano cura, sfruttando lo studio sulle cellule
staminali. Alcune di queste malattie patologiche sono ad esempio:
morbo di Parkinson
– morbo di Alzheimer
– cirrosi epatica (fegato altamente compromesso in maniera irreversibile)
– diabete
– distrofia muscolare
– SLA
–
Parliamo un attimo della distrofia muscolare.. Per “Distrofia muscolare” facciamo riferimento a tutte quelle
patologie genetico-neuromuscolari degenerative che causano atrofia progressiva della muscolatura scheletrica
dell'organismo. Per atrofia intendiamo la perdita di funzionalità del tessuto muscolare.
Le forme più diffuse di distrofia muscolare sono “Distrofia muscolare di Duchenne” e la “Distrofia muscolare di
Becker”. Questa malattia è genetico-ereditaria e viene tramandata dai caratteri del cromosoma X dell'uomo,
infatti non è una casualità se le persone più affette sono proprio i maschi e consiste in una mutazione di alcuni
geni che codificano per la formazione di proteine che dovrebbero normalmente andare a formare un impalcatura
di rinforzo per la membrana sarcoplasmatica delle fibre muscolari. Senza questa impalcatura, le fibre sono più
fragili e difatti anche il tessuto muscolare scheletrico ne risente molto.
Quando un soggetto è affetto da distrofia muscolare abbiamo due condizioni:
la prima è che i telomeri sono più corti
– la seconda è che le cellule satelliti (cellule staminali adulte del tessuto muscolare), sono continuamente
– attivate nel tentativo di riparare le fibre muscolari danneggiate
Il problema è che per via dell'accorciamento dei telomeri, pian piano le cellule satelliti vengono depauperate
(esaurite) e non sono più in grado di rigenerare le fibre muscolari. Per tanto il nostro organismo inizia a
sostituire le fibre muscolari danneggiate con il tessuto connettivo circostante. Il muscolo in questa maniera perde
tonicità e funzionalità ed andiamo incontro a fibrosi muscolare
Al giorno d'oggi sono stati identificati i “Mesoangioblasti”, una popolazione di cellule staminali adulte associate
ai vasi sanguigni che riescano, una volta trapiantate in un organismo colpito da distrofia muscolare, a migliorare
la sua funzionalità muscolare. Per adesso questa procedura è stata verificata solo su cavie di laboratorio o su
alcuni cani di razza come il golden retriver. Sul genere umano, come dice anche il direttore dell'istituto di ricerca
sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano, dobbiamo ancora fare dei passi in avanti, poiché la
sperimentazione sui mesoangioblasti ha dato risultati non troppo soddisfacenti.
Cellule staminali pluripotenti indotte (IPS) ] Queste cellule sono formate artificialmente mediante l'inserimento
in alcune cellule somatiche di alcuni fattori trascrizionali presenti nelle cellule staminali pluripotenti come i
fattori OCT-4, MYC e SOX-2. Queste cellule somatiche quindi diventano pluripotenti e prendono il nome di IPS
(staminali pluripotenti indotte). Le IPS sono state prodotte per la prima volta nel 2006 a partire da cellule
somatiche di un topo, e successivamente nel 2007 a partire dalle cellule somatiche umane, dallo scienziato Shinya
Yamanaka dell'università di Kyoto, in Giappone. Nel 2010 invece un gruppo di ricercatori dell'università di
Stanford, in California, è riuscito a trasformare i fibroblasti direttamente in neuroni funzionali, senza passare
attraverso lo stadio di cellula staminale pluripotente, attraverso l'utilizzo di IPS.
Se pur le IPS rappresentino un incredibile scoperta, non sono prive di aspetti negativi, infatti un po come nel
caso del trapianto di ESC, anche le IPS molto spesso inducono la formazione di tumori del tipo “Teratomi” o
linfomi. Con molta probabilità IPS porta alla formazione di tumori, per via del fatto che viene alterato il
protoncogene MYC, che codifica per la formazione di proteine MYC, implicate a loro volta nella trascrizione del
DNA. Al momento in cui viene alterato, il protoncogene MYC viene trasformato in un oncogene, e questo
comporta l'alterazione della trascrizione delle proteine MYC che non possono più regolare per bene la
trascrizione di altri geni. Questi geni quindi vengono o over-espressi o down-espressi e questo comporta a lungo
andare una situazione stressante per la cellula che può portare all'insorgenza del tumore.
Una prima idea per risolvere questo problema, fu quella che al momento in cui utilizzo IPS possono
contemporaneamente inibire il protoncogene MYC, in maniera tale che quest'ultimo non venga alterato in un
oncogene e non porti alla formazione del tumore. Ma quest'idea dopo gli studi del 2008 e del 2011 svolti sempre
da Yamanaka e i suoi collaboratori, fu difatto accantonata, in quanto si scoprì che sono direttamente le IPS, per
via della loro instabilità, a trasformarsi in cellule tumorali alterando il DNA e i cromosomi.
Infatti le IPS presentano due caratteristiche un po diverse dalle altre cellule staminali:
presentano una memoria epigenetica, grazie alla quale alcuni geni che prima era attivi non possono più
– essere spenti molto facilmente. Per tanto la cellula presenta un attività genica molto elevata
presentano una resistenza alla trascrizione di alcuni geni spenti, in quanto se quei geni sono spenti ci
– dev'essere un motivo valido per poterli riaccendere
Cellule staminali Vs Cellule staminali del cancro ] le cellule staminali sono generalmente molto rare da trovare
all'interno di un organo, infatti mediamente solo una cellula su mille è una cellula staminale, mentre tutte le altre
sono cellule specifiche di quell'organo o cellule del sistema immunitario. Le cellule staminali sono però
fondamentali poiché fra tutte, sono le uniche aventi la capacità di auto-rigenerarsi (Clonogenicità) e di dar vita a
nuove cellule del tessuto in cui sono (parliamo generalmente di unipotenza, bipotenza o multipotenza).
Le cellule staminali del cancro, invece, sono generalmente delle cellule presenti in piccole quantità all'interno di
una massa tumorale (meno dell'1%), che riescano a guidare il processo di angiogenesi e la sua metastatizzazione.
Le cellule staminali del cancro sono in grado di auto-rigenerarsi (clonogenicità) e di dar vita ad altre cellule
tumorali, ed inoltre sono in grado di espellere dal proprio citoplasma alcune sostanze chimiche ed enzimatiche
che generalmente ledono i tessuti circostanti. Le sostanze e gli enzimi variano a seconda del tipo di tumore nella
quale giacciono le cellula staminali del cancro. Infatti possiamo affermare che:
ogni tumore deriva da cellule staminali tumorali con caratteristiche di clonogenicità e multipotenzialità
– analoghe a quelle delle cellule staminali adulte
ogni tumore ha come bersaglio altre cellule staminali, che una volta modificate in cellule staminali
– tumorali possono a loro volta mantenere il tessuto tumorale attivo per un tempo più lungo
ogni tumore è definibile come una malattia delle cellule staminali e non solamente un meccanismo che
– altera le cellule
Le cellule staminali e le cellule staminali del cancro presentano delle caratteristiche in comune:
entrambi si dividano tramite una divisione asimmetrica
– entrambi promuovono il mantenimento del microambiente staminale in cui vivono
– entrambe presentano caratteristiche di clonogenicità (nel caso delle cellule staminali tendono a
– promuovere la loro presenza e il turn-over cellulare per tutta la vita dell'organismo, mentre nel caso
delle cellule staminali del cancro tendono a promuovere la crescita del tumore stesso)
entrambi danno origine ad una popolazione eterogenea di cellule che compongono l'organo (nel caso di
– cellule staminali adulte) o il tumore (nel caso di cellule staminali del cancro)
entrambi sono regolate dagli stessi segnali intracellulari. Infatti mediamente molte vie di segnalazione
– come quella di Notch e di Hedgehog, ci fanno notare come ci sia una profonda relazione fra le cellule
staminali e i tumori. Non è una casualità infatti che i segnali che attivano le vie di regolazione delle
cellule staminali adulte tendano a inattivare le vie di regolazione delle cellule staminali del cancro e
viceversa!!
VIA DI SEGNALAZIONE DI HEDGEHOG ] questa via di segnalazione fu scoperta nel 1978 dagli scienziati
Eric e Volhard attraverso degli studi sulla drosophila. Questa via di segnalazione scoprirono che è implicata
nell'attivazione della trascrizione di geni specifici coinvolti nello sviluppo degli organismi sia vertebrati che
invertebrati. Questa via di segnalazione è resa possibile dalla formazione di proteine particolari dette “Proteine
di Hedgehog” come ad esempio la sonic-hedgehog (SHH), la desert-hedgehog (DHH) e la indian-hedgehog (IHH).
Se queste proteine sono sintetizzate correttamente permettano quindi il corretto andamento di questa via di
segnalazione, ma, se invece queste proteine sono eccessivamente prodotte a causa ad esempio di una mutazione,
possiamo andare incontro ad una iperattività della via di segnalazione di Hedgehog, che può portare a sua volta
alla formazione di una massa tumorale. Guardiamo come avviene in dettaglio questa via di segnalazione:
all'inizio, a partire dal gene di Hedgehog vengono codificate le proteine di Hedgehog (SHH, DHH e IHH)
– tali proteine vengono modificate dall'attacco di due molecole. Sull'estremità C-terminale si attacca una
– molecola di colesterolo, mentre sull'estremità N-terminale si attacca una molecola di palmitato.
Si forma quindi una lipoproteina-palmitata, in grado di dar vita ad un segnale molto più potente rispetto
ad una proteina classica (circa 30 volte di più)
il segnale mediato dalle lipoproteine-palmitate viene riconosciuto da altre proteine transmembrana come
– le proteine “Patched”, “Smooth” e “iHOG”. In poche parole la lipoproteina-palmitata viene riconosciuta
da Patched che funge da recettore, aiutato anche dalla proteina iHOG che funge da co-recettore.
A questo punto si forma il complesso ligando-recettore, dove il ligando è la lipoproteina-palmitata,
mentre il recettore è rappresentato dalla proteina Patched. Una volta formato il complesso ligando-
recettore, il segnale dev'essere trasdotto all'interno del nucleo e questo viene operato da Smooth!!
la proteina Smooth recluta altre proteine come la “CI” e la “Cristal-2” le quali permettono al segnale di
– entrare nel nucleo ed interagire col genoma, andando ad attivare la trascrizione di geni specifici
coinvolti nello sviluppo dell'organismo!!
Se tutto questo processo avviene normalmente il risultato è che l'organismo sviluppa tranquillamente.
– Se invece vi sono ad esempio delle mutazioni sul gene Hedgehog, quest'ultimo inizia a codificare per la
formazione di tantissime proteine di Hedgehog (SHH, DHH e IHH). Queste proteine vengono modificate
e riconosciute dalle proteine transmembrana che permetteranno al segnale di giungere all'interno del
nucleo. A questo punto i geni implicati nello sviluppo dell'organismo tendono ad essere sovra espressi e
questo può comportare l'insorgenza di una massa tumorale. I più frequenti sono i tumori della pelle
come ad esempio i Melanomi!!
Per curare i tumori associati ad una eccessiva espressione dei geni Hedgehog si usa una molecola chiamata
“Ciclopamina”, di origine vegetale (proviene dal giglio selvatico). Tale molecole di lega a Smooth ed inibisce la
trasmissione del segnale ligando-recettore al nucleo della cellula, eliminando ogni possibilità di formazione
tumorale.
MARKERS TUMORALI ] la presenza di un tumore nell'organismo può essere rivelata anche attraverso la
somministrazione di particolari sostanze presenti nel sangue, esse sono i “Markers tumorali”, e sono:
CEA (antigene carcino-embrionario)
– Mucinici (CA-125, CA19-9 e CA15-3)
– TPA (antigene polipeptidico tessutale)
–
1 ] Il CEA è una proteina che viene modificata in presenza soprattutto di tumori della mammella, del polmone,
dell'ovaio e del pancreas. Questa modificazione può essere vista dall'analisi strumentale e ci permette quindi di
capire se una persona è affetta o meno da un tumore in queste zone del corpo
2 ] I mucinici sono dei marcatori tumorali che servono per valutare l'andamento delle cure anti-tumorali.
Il CA-125 è un marcatore specifico per il tumore dell'ovaio
Il CA19-9 è un marcatore specifico del tumore dell'intestino e del pancreas
Il CA15-3 è un marcatore specifico del tumore della mammella
3 ] Il TPA è un marcatore aspecifico, cioè aumenta indistintamente la velocità del turn-over cellulare, ed aiuta il
medico a valutare quando esiste il rischio che il tumore progredisca velocemente o lentamente
LE BASI MOLECOLARI DEL CANCRO
In una cellula normale del nostro organismo ci sono determinati equilibri che vengono sempre rispettati, infatti:
si ha un equilibrio fra proliferazione (avvio del ciclo cellulare) e arresto della proliferazione (stop del
– ciclo cellulare)
si ha un equilibrio fra la sopravvivenza e l'apoptosi, non a caso quando le cellule del nostro corpo no
– servono più o devono essere rimpiazzate da altre cellule, entrano in apoptosi senza apportare alcuna
problematica
si ha un equilibrio fra differenziazione e non differenziazione
–
Una cellula tumorale nasce attraverso il cosiddetto processo di “Carcinogenesi”. In poche parole una cellula
normale va incontro ad una serie di mutazioni genetiche o epigenetiche che compromettono i normali equilibri
cellulari prim'anzi elencati. Questo quindi comporta la nascita di una cellula anomala, detta cellula tumorale.
Ricordo che non è sufficiente una singola mutazione a scatenare la nascita di una cellula tumorale, ma ci
vogliono molte più mutazioni che, accumulandosi permettano col tempo di avviare il processo di carcinogenesi.
Questo deriva dal fatto che le cellule presentano una sorta di “barriera selettiva” e alcuni sistemi di riparazione
che gli permettano di resistere ad un numero di mutazioni abbastanza consistente, quindi ce ne vogliono molte
per superare tutte le difese della cellula e andare incontro alla nascita della cellula tumorale.
Non a caso il cancro ha un incidenza maggiore nelle persone di una certa età, poiché col passare degli anni
aumenta sicuramente anche il numero di mutazioni alla quale è stato soggetto l'organismo.
Alcune delle mutazioni genetiche più ricorrenti sono dovute soprattutto ad agenti chimico-fisici come:
le sostanze acide
– il calore
– i raggi X
– i raggi UV
– i raggi gamma
–
Le cause molecolari che possono scaturire la formazione di una massa cancerogena (un cancro) sono due:
mutazione di un proto-oncogene in un oncogene
– inattivazione di uno o più oncosoppressori
–
1 ] ci sono particolari geni che regolano l'entrata della cellula nel ciclo cellulare, detti “proto-oncogeni”, che
codificano per la produzione di proteine che regolano il ciclo cellulare e proteggono la cellula dall'accumulo di
mutazioni potenzialmente tumorali. Però questi geni, alcune volte possono essere modificati, e portare alla
formazione di cellule tumorali. Alcuni di questi meccanismi di modificazione sono:
il primo caso è quello in cui il proto-oncogene va incontro ad una serie di mutazioni geniche o
– epigenetiche, dando vita ad un oncogene che codifica per la formazione di proteine tumorali.
Tali proteine tumorali non vengono generalmente formate in grandi quantità, ma risultano essere
comunque sempre iperattive a livello della cellula e possono portare alla formazione di un cancro.
[ concentrazione di proteine tumorali non elevata, ma iperattive a livello cellulare ]
il secondo caso è quello in cui ci sono contemporaneamente più proto-oncogeni dello stesso tipo che
– vanno incontro una serie di mutazioni formando degli oncogeni che codificano per la formazione delle
stesse proteine tumorali. Tali proteine tumorali essendo sintetizzate contemporaneamente da più
oncogeni, si verranno a trovare in grandi quantità e possono portare alla formazione di un cancro.
[ concentrazione di proteine molto alta, ma con bassa attività a livello cellulare ]
il terzo caso è quello in cui un proto-oncogene va incontro a traslocazione e quindi viene traslocato da un
– locus genico in un altro locus genico. Questo proto-oncogene, una volta traslocato, si trova ad essere
regolato in maniera totalmente differente e per tanto va a formare un oncogene. Questo oncogene può
quindi andare incontro a due casi:
- viene trascritto vicino ad una sequenza regolatoria. In tal caso l'oncogene verrà trascritto in maniera
eccessiva, formando un alta concentrazione di proteine tumorali
- viene trascritto lontano da una sequenza regolatoria. In tal caso l'oncogene andrà a trascrivere
proteine totalmente differenti da quelle che il gene antecedente codificava. Si vengono a formare difatto
anche in tal caso delle proteine tumorali
Alcuni fra i proto-oncogeni più conosciuti vi sono “SRC”, la “RAS” e la “MYC”:
Il proto-oncogene SRC è stato scoperto agli inizi del 1900 da Francis Rous. Precisamente nel 1909 Francis Rous
condusse particolari esperimenti sui sarcomeri dei muscoli di alcuni polli.
Con questi esperimenti scoprì che trapiantando cellule tumorali provenienti dall'organismo umano direttamente
nei sarcomeri del muscolo del pollo, poteva essere indotto il cancro. Successivamente vide anche che il cancro,
veniva indotto iniettando direttamente all'interno dei sarcomi del muscolo del pollo delle particolari molecole
estratte dalle stesse cellule tumorali. Queste molecole all'epoca si pensava fossero dei virus, e per tanto furono
denominate come “Virus del sarcoma di Rous”.
Successivamente con l'avvenimento delle nuove tecnologie si è visto che tali molecole erano particolari proteine
(c-SRC) codificate a partire da oncogeni che a loro volta derivavano da proto-oncogeni mutati, che essendo stati
isolati dal DNA dei sarcomeri dei muscoli del pollo, furono chiamati “proto-oncogeni SRC”.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LOLLO930401 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia cellulare con laboratorio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Firenze - Unifi o del prof Donati Chiara.
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