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Nei più importanti documenti del Quattrocento si evince che la torre, trovandosi in stato di rovina

per le visite regali meno frequenti, viene assegnata con decreto viceregio del 1457 al cittadino

ennese Pietro Matrona, a condizione che dovesse concorrere alla ricostruzione e ai restauri con una

A stento si può supporre che l’opera del Matrona sia stata

prima spesa complessiva di cento onze.

significativa, perché dall’epoca della costruzione potevano essere trascorsi da 150 a 200 anni e la

torre oggi, dopo oltre cinque secoli e mezzo, si erge ancora abbastanza intatta. Leopold crede che la

parte bassa della torre sia antica mentre la parte superiore è stata restaurata nel XV sec, forse con i

12

restauri del Matrona. Tuttavia la torre non viene completamente sottratta al demanio regio, che

poteva rivendicarne il diritto di proprietà dietro restituzione al Matrona o ai suoi eredi e successori

delle somme preventivamente anticipate.

La definizione di castrum novum che, insieme con quella di turris troviamo nel diploma del 1457,

ha la sua ragione storica; essa non è solo nata come termine di differenziazione dalla cittadella, ma

nell’assedio

ha riferimento ad una precedente costruzione fortificata, un castello bizantino distrutto

musulmano dell’858. Quindi, la torre, sorgendo sui ruderi della vecchia fortezza, giustificava

pienamente la nuova denominazione popolare. Per le stesse ragioni la torre viene, anche,

comunemente definita “Castel Vecchio”. 13

Alla grandiosità della torre contribuiva la cortina muraria che di levava, con la stessa disposizione, a

23 metri di distanza. In tal modo la torre veniva completamente isolata sul vertice della collina, né

poteva essere con facilità violata, senza che prima fosse vinta la resistenza della recinzione.

Si pensa che negli immediati dintorni della torre, dentro e fuori il grande muro ottagonale, sorgesse

un complesso di costruzioni sussidiarie, alcune di carattere militare. Infatti, lungo il declivio del

colle, a protezione della strada di accesso alla torre ottagona, è stato affermato che si elevassero

delle torrette come avamposti, di cui oggi non restano tracce visibili.

1.1 Disputa sulla committenza

La torre di Federico II secondo taluni sarebbe opera di Federico II di Svevia, secondo altri di

Federico II d’Aragona, una tesi intermedia suppone che essa, elevata dall’imperatore svevo, sia

14

stata ricostruita da Manfredi nel 1258.

10 Comune di Enna, Da Castrogiovanni ad Enna viaggiando tra brani d’autore e cartoline d’epoca, Enna 1996-97

11 E. Sinicropi, Enna nella storia nell’arte e nella vita, Palermo 1957

12 Walter Leopold, Architettura del medioevo in Sicilia, Editrice Il Lunario, Enna 2007

13 E. Sinicropi, Enna nella storia nell’arte e nella vita, Palermo 1957

14 Comune di Enna, Da Castrogiovanni ad Enna viaggiando tra brani d’autore e cartoline d’epoca, Enna 1996-97

al Littara (Hennensis Historia) venne costruita da Federico II d’Aragona verso il 1300.

Stando

Anche Mothes e Lo Menzo assumono la stessa data di fondazione. Enlart e con lui Bertaux

attribuiscono l’opera a Federico II di Svevia. L’antico cronista Jamsilla afferma che un fortizio

15

federiciano sarebbe andato distrutto durante una ribellione e poi riedificato a partire dal 1258 da

16

Manfredi.

Ultimamente alcuni studiosi (Di Stefano, Bottari, Wagner-Rieger) hanno ipotizzato una

committenza tardo sveva attribuendola a Manfredi. L’esame delle strutture, condotto

Agnello, allontana l’ipotesi aragonese riproponendo quella

magistralmente anche da Giuseppe

17

sveva. 1.2 Documentazione sveva

Nei documenti Svevi si evince che, il fiume Grande a nord (Imera Settentrionale) e il fiume Salso a

sud (Imera Meridionale), segnarono il confine amministrativo dell'isola già al tempo dei romani.

Tale Confine segna le due principali giurisdizioni: citra flumen Salsum e ultra flumen Salsum.

Nel 1239 Federico nomina Giovanni Vulcano di Napoli provveditore dei castelli siciliani, citra

flumen Salsum e della Calabria fino a Roseto, e a Guerriero de Franco dei castelli siciliani ultra

flumen Salsum.

Il documento attesta che il sistema difensivo della Sicilia aveva due specifiche aree: quella orientale

legata alla Calabria e occidentale.

La suddivisione non è solo amministrativa ma anche strategica. C'è nella mente di Federico di

aggregare la parte orientale dell'isola all'Italia meridionale in un'unica regione militare.

Federico cura particolarmente la parte orientale della Sicilia, fortificandola mediante la costruzione

18

di castelli e torri e ripristinando quelli esistenti.

1.2.1 Maschi e palazzi-torre

Castelli e torri fortificate erano il visibile simbolo del potere ai suoi vertici laici e religiosi; erano a

un tempo, messaggi di forza e segno di indiscusso dominio verso i sudditi e verso i nemici.

Nel regno v'era tutta una serie di costruzioni fortificate, basate sul fondamentale tipo di edificio-

torre, il quale offriva una gamma di variazioni dovute principalmente all'uso che prevaleva in

ciascuno di esso.

Il tipo di costruzione più semplice è il "maschio", chiamato a costruire il punto di forza e di difesa

estrema di un luogo recintato e fortificato. Esso è in genere posto sull'orlo del recinto, nella parte

più alta e ha un uso esclusivamente militare. Talvolta è posto a difesa dell'ingresso di una fortezza,

come nel caso della Torre pentagonale del castello di Augusta.

Tale tipo di costruzione affidava la capacità di resistenza al notevole spessore dei muri, all'esiguità

dei vani delle finestre (spesso solo feritoie), e talvolta l'accesso alla torre non era diretto dal piano

terra, ma la porta d'ingresso si trovava al primo piano, per mezzo di scale esterne, che potevano

essere facilmente rimosse.

15 ivi

16 G. Di Stefano, L’architettura gotico-sveva in Sicilia, Palermo 1935

17 G.M. Amato, Inventario dei siti turistici, Enna 2001

18 G. Bellafiore, Architettura dell’età Sveva in Sicilia 1194-1266, Arnaldo Lombardi Editore, Palermo 1993

La torre ottagonale di Castrogiovanni forse era destinata a funzioni abitative, forse per brevi

soggiorni, quale solacioum, ma per le caratteristiche costruttive rimase sostanzialmente un maschio,

che può desumersi dallo spessore dei muri di oltre tre metri, posta al centro e non ai margini di un

recinto anch'esso ottagonale, non soltanto per ragioni di simmetria ma anche perché aderiva a un

cocuzzolo montagnoso di regolare convessità in tutto il suo sviluppo circolare.

La torre di Castrogiovanni introduce una grossa variante rispetto alle altre torri, pur nel rispetto

dell'assialità verticale, innalza il suo volume non più sulla tradizionale pianta quadrangolare ma su

un tipo di pianta più complessa quale è quella ottagonale.

L'uso di forme prismatiche ottogonali in questo periodo non è specifico di talune regioni europee

ma appartiene a quell'ordine delle forme che si diffonde nel mondo medioevale occidentale, su

sollecitazioni teoriche provenienti dal mondo islamico, dove il quadrato e le forme derivate per

rotazione di 45 gradi, quali la stella a otto punte e l'ottagono, erano alla base del linguaggio

architettonico. Non è da escludere la valenza astrologica di questo edificio in un luogo, Enna, che

“ombelico dell'isola”.

nella letteratura antica è denominato 2. Architettura della torre

La torre in passato aveva una via di accesso che è scomparsa, ma oggi troviamo la moderna strada

che immette nell’ingresso principale dell’antica recinzione. Il carattere strategico della costruzione

non poteva trascurare quelle elementari ragioni di sicurezza alle quali, nel medioevo, erano persino

ispirate le più modeste fabbriche civili; difatti tre lati, dalla base alla sommità, sono perfettamente

ciechi, tre sono ravvivati nel pianterreno dal taglio di tre finestre che si assottigliano in forme di

verso l’esterno, mentre solo in corrispondenza del primo piano, ad una altezza che rendeva

feritoie

sicuri da ogni tentativo di aggressione, si aprono due finestre rettangolari. Una stretta porticina

ogivale, unica che permette il collegamento con l’interno, accresce il carattere di severità militare e,

con facili mezzi di chiusura, permetteva il completo isolamento.

Lo spessore murario, che si mantiene costantemente di 3,5 m dalla base alla sommità, ha permesso

alla torre di sfidare l’urto di tanti secoli e di tanti sconvolgimenti, senza presentare tracce di

e all’altro immediatamente superiore, ne esiste un

alterazioni statiche. Oltre al pianterreno terzo

parzialmente superstite, che con la minore elevazione serviva da coronamento dell’intero edificio.

L’accesso ai piani superiore era dato da una meravigliosa scala a chiocciola, distrutta nel Settecento

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a causa dello zelo di un austero sacerdote, il Fidotta, che a causa dello stato di abbandono della

torre, voleva impedire che i piani superiori fossero utilizzati per indegni ritrovi. La scala è stata

costruito negli ultimi anni, ma il secondo piano del monumento resta ancora scoperto e in preda al

rovinoso logorio delle acque, che corrodono incessantemente la pietra calcarea e la ricoprono

d’incrostazioni oscurano la tonalità dell’apparato originario.

che 2.1 Pianterreno

La porta d’ingresso 20

al pianterreno, molto alta in rapporto alla sua larghezza (1,12 m), è chiusa

superiormente da un ventaglio di conci ad ogiva. Attraverso quest’unica porta si accede al

19 Walter Leopold, Architettura del medioevo in Sicilia, Editore Il Lunario, Enna 2007

20 B.E. Wolff, L’architettura dell’età Sveva a Enna, Palermo 1990-91

pianterreno, vasto ambiente ottagono, superiormente chiusa da volta slanciata con otto possenti

costoloni. Caratteristica è la tenue luce che fanno passare dall’esterno tre finestre a feritoia.

Dalla base alla sommità, le pareti sono rivestite di conci calcarei, disposti orizzontalmente. Dagli

angoli dell’ottagono di dipartono i costoloni a 21

capitello o a semiconi tronchi rovesciati, smussati,

ricadenti in basso su mensole e raccordati in alto da una chiave centrale priva di decorazione.

Degno di nota è la diversa decorazione delle mensole: quattro con superficie rivestita da

Quest’ultime sono caratterizzate da

decorazione baccellata e quattro prive di decorazione. scozia fra

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due tori, listello, abaco e peduccio.

Nel centro è scavata un’apertura circolare la quale, secondo alcuni, segna l’accesso ad un’antica

prigione sotterranea, mentre, per altri, rappresenta l’inizio di un grande condotto, che collega la

torre al castello di Lombardia. Secondo Amato la torre era munita di ampia cisterna sotterranea, di

latrina con lu

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A.A. 2014-2015
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SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/19 Restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher conoscenza90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Restauro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università della Sicilia Centrale "KORE" di Enna o del prof Versaci Antonella.