Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 6
Riassunto esame Relazioni Industriali, prof. Cerutti, libro consigliato Lavoro e Relazioni Industriali in Europa, Chiesi Pag. 1 Riassunto esame Relazioni Industriali, prof. Cerutti, libro consigliato Lavoro e Relazioni Industriali in Europa, Chiesi Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 6.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Relazioni Industriali, prof. Cerutti, libro consigliato Lavoro e Relazioni Industriali in Europa, Chiesi Pag. 6
1 su 6
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

L’EVOLUZIONE DELL’AZIONE IMPRENDITORIALE: IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DATORIALI

IMPRENDITORI E TEORIA DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI studiati tardi e poco fino agli anni ’80

quando inizia negli studi delle relazioni industriali a essere centrale la posizione degli imprenditori,

politiche e stili management a discapito di quella dei sindacati, centrale negli anni ’60-‘70. Si passa

dallo studio delle relazioni industriali come insieme di interazioni tra organizzazioni di

rappresentanza (sindacati e associazioni datoriali) a quelle all’interno dell’impresa tra datore e

lavoratore (non si parla più di vincoli nei rapporti ma di scelte, strategie, margini di discrezionalità).

La contrattazione è vista ora non come isolata ma interna alle scelte aziendali. Si dice che si è

superata idea ORTODOSSA (che segue le regole) delle relazioni industriali per vari motivi: 1) perdita

peso sindacati 2) sviluppo delle nuove tecnologie, prodotti, flessibilità, fine produzione massa. La

nuova tendenza delle relazioni industriali Considera le scelte prese dalle aziende: 1) a livello di

rappresentanza collettivamente tramite le associazioni imprenditoriali 2) individualmente da datore

nell’impresa. Non sono però sempre distinte così, le associazioni imprenditoriali sono tanto – forti

quanto + le imprese internalizzano la gestione, quindi dipende dal comportamento delle imprese e

allo stesso tempo le imprese sono influenzate dalle associazioni di cui fanno parte. LE FORME

DELL’AZIONE IMPRENDITORIALE: gli imprenditori possono agire in vari modi: 1) individualmente:

a) come datori lavoro/dirigenti d’azienda nel mercato del lavoro (nella direzione del personale,

relazioni interne, relazioni sindacali) b) come uomini d’affari nel mercato di produzione (strategie

competitive, scelte tecnologiche, politiche marketing, organizzazione del lavoro, rapporti con partiti

politici e P.A.) 2) collettivamente: a) come datori lavoro/dirigenti d’azienda nel mercato del lavoro

(associazioni degli imprenditori) b) come uomini d’affari nel mercato di produzione (associazioni

degli imprenditori e commerciali, joint venture, consorzi, partecipazioni incrociate). C’è differenza tra

le associazioni imprenditoriali datoriali (employers association) che rappresentano le imprese nel

mercato del lavoro nei ccnl e le associazioni degli imprenditori commerciali (trade association) che

rappresentano le imprese nelle scelte commerciali, di produzione. In Italia la differenza è lieve, in Ue

è ben visibile. La visione ortodossa delle relazioni industriali considerava: 1) l’agire come datore

lavoro totalmente distinto da agire come uomini affari 2) l’agire come datore lavoro, sia individuale

che collettivo, dipendeva dal comportamento dei lavoratori, era solo una reazione. La nuova visione

dice che non è così, i due modi di agire sono strettamente connessi, c’è discrezionalità…

L’AZIONE INDIVIDUALE DEGLI IMPRENDITORI: all’interno dell’impresa per politiche manageriali e

sindacali. Ci si chiede: 1) se prevale la visione di datore lavoro o di uomini d’affari, 2) e se le

politiche aziendali e le relazioni sindacali sono connesse tra loro. 1) ci sono 3 teorie: c’è chi ritiene

che le decisioni prese siano in base principio profitto, altri sostengono che politiche manageriali siano

fatte secondo logica di tipo politico e non economico (x il controllo sociale della forza lavoro,

mantenimento del sistema capitalistico). Altri sostengono più condivisibilmente che le due logiche

vadano di pari passo (economia e politica), come dimostra la storia. 2) teorie dicono che ci sono

relazioni tra le politiche manageriali e le relazioni sindacali ma non spiegano quali. Altri dicono che i

mutamenti degli anni ’80 con ristrutturazioni, aumento della concorrenza internazionale, flessibilità

hanno portato: a) esteso decentramento delle relazioni industriali e integrazione nell’organizzazione

del lavoro b) crescente bisogno di pace sociale interna per affrontare la competizione internazionale

c) aumento dei margini di scelta del management con il ritorno ai rapporti diretti con i lavoratori

escludendo i sindacati (Francia, Spagna, Uk) o integrazione rappresentanti nelle decisioni aziendali

(es. Germania, Svezia, Italia). Queste visioni hanno portato a due conseguenze per le relazioni

industriali: 1) frammentazione e diversificazione dei modelli di politica sindacale del management x

aumentare il livello aziendale e la perdita di importanza della contrattazione collettiva 2) il sindacato

diventa strategico, consiglia sulle decisioni.

L’AZIONE COLLETTIVA DEGLI IMPRENDITORI: è di minore portata rispetto a quella dei lavoratori

x 2 motivi: 1) Streeck l’ha definito come “PARADOSSO DELLA RAPPRESENTANZA IMPRENDITORIALE”

il potere strutturale individuale dell’imprenditore diventa anche politico solo se è assente potere

organizzativo collettivo, infatti maggiore è azione collettiva unitaria delle organizzazioni di

rappresentanza minore è il potere discrezionale dell’imprenditore. Quindi ci deve essere un equilibrio

tra gli interessi rappresentati e quelli rappresentanti. Dato che le imprese possono difendere propri

diritti anche da soli (specie grandi) hanno meno bisogno di rappresentanza rispetto a lavoratori con

sindacati. Quindi le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriali sono più minimaliste dei

sindacati, si occupano più loro interessi politici che di difesa degli interessi delle imprese perché

lasciano loro discrezionalità. 2) gli imprenditori devono difendere gli interessi non solo come datori di

lavoro ma anche come uomini affari con forme di azione spesso totalmente diverse tra loro, infatti

spesso in alcuni paesi Ue hanno associazioni di rappresentanza diverse (employers: difesa in

vertenze, ccnl e trade: difesa in politiche industriali, commerciali). Le Employers association

rappresentano gli interessi di classe quindi si deve essere coesi contro nemico comune (sindacato)

mentre le trade association hanno vari tipi (eterogenei) di interessi da difendere, spesso in contrasto

tra loro questo perché difendono spesso categorie imprese contrapposte (clienti e fornitori, diversi

settori in contrasto). Le caratteristiche delle associazioni imprenditoriali: 1) frammentazione (specie

in alcuni settori e in alcuni paesi, dovuta anche alla presenza di altre forme di difesa come i cartelli,

partecipazioni incrociate) 2) complessità strutturale (diversi strati gerarchici, tante affiliazioni)

L’AZIONE COME DATORI DI LAVORO: alcuni studiosi individuano diversi tipi: 1) i tradizionalisti:

rifiutano sindacato, tendenza sfruttare forza lavoro 2) paternalisti sofisticati: non riconoscono il ruolo

sindacati ma cercano la condivisione obiettivi dai lavoratori 3) i moderni sofisticati: legittimano i

sindacati con la concertazione istituzionalizzata 4) i moderni standard: è il + numeroso, adottano

strategie opportunistiche, ricorrono ai sindacati quando la conflittualità è elevata, lo delegittimano

quando è possibile usare forza unilaterale. Le ricerche hanno però mostrato che c’è ancora tanta

improvvisazione e poca coerenza negli stili di management. Uno studio ha individuato 3 fasi di

relazioni industriali: 1) prima fase ostile al sindacato, atteggiamento autoritario, delegittimazione del

sindacato 2) seconda fase durata decenni e terminata negli anni ’70 con riconoscimento sindacato,

con Ccnl e associazioni datoriali importanti 3) terza fase negli anni ’80: ritorno alle strategie

individuali datori ma non di tipo autoritario ma di partecipazione lavoratore scelte anche con

formazione, miglioramento competenze, mansioni ecc.. anche con l’aiuto dei sindacati (si dice

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE è nuova ortodossia nelle relazioni industriali). Anche se ci sono

diverse teorie sulla gestione RU (chi pensa siano novità, chi no, chi dice che sono solo per pochi) una

cosa è certa: si è ritornati all’azione individuale secondo esigenze singola impresa per a) esigenza

della flessibilità b) x competizione sul mercato internazionale c) x crisi dei sindacati quindi colgono

occasione smantellare contrattazione collettiva. Questo non ha creato il declino delle associazioni

imprenditoriali ma ne ha cambiato i compiti: poco come agente negoziale ma più difesa interessi

commerciali. IL CASO ITALIANO: conferma le tendenze degli altri paesi occidentali: 1) associazioni

datori frammentate e divise al loro interno 2) dagli anni ’80 c’è il decentramento della

contrattazione, la flessibilità in modo però discontinuo 3) sviluppo micro concertazione all’interno

delle imprese 4) maggior peso politico delle associazioni datoriali. Il sistema italiano è però molto più

frammentato di quello degli altri paesi Ue (x la frammentazione delle imprese italiane e x

l’allungamento dei processi negoziali dovute alla scarsa coesione tra imprese). La grande

frammentazione fa sì che si sia coesi solo per scopi forti e c’è bisogno di avere un nemico comune

forte (sindacati), dato che sindacati sono + deboli rispetto al passato, le associazioni datoriali sono in

difficoltà. Per essere coesi cercano dei motivi es. abbassare costo lavoro. Ci sono diverse fasi di

azione delle associazioni imprenditoriali: 1) all’inizio degli anni ’70 fino a metà anni ’80 ci sono sia

azioni individuali che collettive, si cerca consenso per smantellare diritti acquisiti negli anni ’60.

C’erano divisioni ma le due azioni si integravano ed erano verso stesso obiettivo 2) inizio anni ’80

inizia crisi azione collettiva, perché il sindacato è + debole, inizia micro concertazione, azione

collettiva e Ccnl rischia frenare imprese flessibili, non sono + “ombrello protettivo”. C’è ancora un

dibattito, molti vogliono la contrattazione solo individuale…

RAPPRESENTANZA DEL LAVORO E CONTRATTAZIONE IN EUROPA nelle economie di mercato la

rappresentanza del lavoro data dai sindacati con il metodo tradizionale della CONTRATTAZIONE

COLLETTIVA (è metodo di formazione delle decisioni, produzione normativa in merito rapporto lavoro

e rapporto tra le parti) tra associazioni imprenditoriali e sindacati. Ci sono poi alternative alla

contrattazione: 1) regolazione unilaterale del datore di lavoro 2) regolazione legislativa dello Stato

3) contrattazione individualistica con rapporto diretto con lavoratore (pochi casi) 4) accordi

triangolari o concertazione con governi, sindacati e associazioni imprenditoriali è simile a

contrattazione ma su temi diversi e poi è triangolare 5) metodo consultazione: simile a

contrattazione ma è solo x informazione, pareri non vincolanti, non x decisione come Ccnl. La

differenza tra le due spesso però non è così netta. Spesso vanno insieme. Per quanto riguarda la

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
6 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vdk di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Relazioni industriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Cerutti Giancarlo.