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Il Prospectus è il piano dell’opera dell’Encyclopédie pubblicato per la prima volta
nel 1750 da Denis Diderot. In questa breve introduzione Diderot si propone di
spiegare sommariamente ciò che verrà trattato nell’opera vera e propria. Già
D’Alembert ha spiegato nel Discours préliminaire che l’opera che i due editori
stanno per affrontare si presenta con il duplice carattere di essere un’enciclopedia,
ma anche un dizionario. E Diderot inizia il Prospectus proprio con una sorta di
giustificazione del carattere di dizionario dell’opera, preceduta però da una critica:
non bisogna infatti sostituire la lettura dei libri originali, i dizionari sono fatti solo per
essere consultati. Essi non possono istruire come i libri o l’esperienza diretta, e non
possono approfondire le conoscenze dei dotti e degli scienziati che conoscono già
a fondo la loro disciplina, sono infatti soltanto forme compendiate e semplificate che
ne riassumono sommariamente i caratteri.
Tuttavia l’intento dell’opera è molto ambizioso, poiché si propone di «compendiare
ancor più tali strumenti, condensando in pochi volumi tutto ciò che gli uomini hanno
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scoperto fino ad oggi nelle scienze e nelle arti» . Questo intento «ci libererebbe
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finalmente da tanti libri, i cui autori non hanno fatto che copiarsi gli uni con gli altri» .
Lo scopo fondamentale è dunque fornire una raccolta universale del sapere che
racchiuda in sé tutti i campi, evitando ripetizioni dovute ai plagi dei diversi autori.
Una tale opera garantirebbe la conservazione del sapere nel tempo, e a questo
proposito l’autore afferma che se gli antichi avessero fatto lo stesso la nostra
comprensione di essi sarebbe molto più agevole. Ma allo stesso tempo Diderot
ribadisce che un’opera tale non può nemmeno essere utile a chi non ha nessuna
base conoscitiva precedente. Ad esempio la definizione di una scienza non
significa nulla per coloro che non sono mai entrati a contatto con essa, serve
soltanto agli specialisti e presuppone dunque delle conoscenze. Questo accade
anche perché nelle definizioni compaiono termini generali e astratti che sono di
difficile comprensione.
Il carattere di dizionario preserva inoltre la sistemazione per ordine alfabetico, che
agevola la comprensione e la ricerca. Ma l’Encyclopédie non è soltanto un
dizionario. Il carattere enciclopedico dell’opera garantisce una concatenazione tra
le diverse scienze e arti, in modo tale che tutte le discipline risultino collegate tra
loro in una fitta rete di relazioni. È questa la struttura a rete dell’Encyclopédie che si
propone di ritrovare un nesso tra le varie scienze, in cui esse si relazionano alle arti
e addirittura si pongono sullo stesso piano rispetto ad esse. Una tale concezione
considera il sapere come continuamente aperto al progresso, non fissato in canoni
rigidi, ma costantemente proteso alle nuove scoperte nei diversi campi. Afferma
Diderot: «siamo convinti che l’ultima perfezione di una enciclopedia è opera di
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secoli» . Lungi dall’affermare di essere arrivato alla sistemazione massima del
sapere, Diderot è consapevole che la sua enciclopedia subirà molte revisioni e si
espanderà sensibilmente nel corso del tempo a venire.
Diderot comunque non esita ad affermare che «nessuno finora aveva concepito
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un’opera tanto grandiosa, o almeno nessuno l’aveva realizzata» . Vi è in queste
1 J. D'Alembert, D. Diderot, L'Enciclopedia, a cura di P. Casini, Bari Laterza 1964 (PBE), pp. 137.
2 Ibid.
3 Ibid., pp. 157.
4 Ibid., pp. 138.
parole una consapevolezza profonda di aver creato qualcosa di nuovo, come
nessuno si era mai arrischiato a fare, e la cui importanza sarà fondamentale per la
cultura successiva. Tuttavia Diderot ricorda che ci sono state in passato opere simili
all’Encyclopédie, che sono in diversi casi prese come modello nella redazione di
quest’ultima: alcuni nomi da citare in questo senso sono Bacone, Leibniz, Comenio,
Alsted. Ma nessuno di questi ha portato a termine un’opera tanto vasta, anche
perché, ci fa notare Diderot, nel corso di poco più di un secolo rispetto gli autori
citati ci sono stati progressi esplosivi nelle scienze e nelle arti, nuove scoperte che
giungono a nuove verità che in precedenza nemmeno si sospettavano. Progressi
che riguardano la filosofia, la geometria, la fisica sperimentale, i quali hanno
modificato radicalmente il modo di pensare e di porsi nei confronti di certe
problematiche.
Nonostante questo l’autore del Prospectus colloca in una posizione speciale
Ephraim Chambers, considerato uno dei maggiori ispiratori dell’Encyclopédie
francese. L’autore inglese infatti aveva presentato la sua Cyclopedia, or an
Universal Dictionary of Arts and Sciences, pubblicata per la prima volta nel 1728.
Egli, afferma Diderot, ha compreso i vantaggi di un ordine enciclopedico che
collegasse tutti i campi del sapere tra loro, e il suo piano dell’opera si presenta in
modo eccellente. Tuttavia Chambers è oggetto di alcune critiche da parte di
Diderot. Da un lato viene accusato di plagio nei confronti di opere francesi
precedenti che già avevano abbozzato un piano simile, dalle quali «ha attinto oltre
misura e senza discernimento la maggior parte delle cose che ha messo nel suo
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dizionario» . Dall’altro viene criticato perché troppo lacunoso in diversi frangenti:
«L’intera opera di Chambers ci è passata sotto gli occhi: abbiamo trovato un’enorme
quantità di lacune nelle scienze; nelle arti liberali, una parola dove ci volevano intere
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pagine; tutto era da rifare nelle arti meccaniche» .
Dunque la Cyclopedia di Chambers si rivela incompleta, ricca di errori ma
soprattutto di mancanze. Soprattutto le arti, e in particolar modo le arti meccaniche,
sono state trattate in modo troppo approssimativo e superficiale dall’autore inglese,
che mai è sceso direttamente sul campo a osservare il lavoro degli artigiani:
«Chambers ha letto libri, ma non ha visto mai artigiani; e tuttavia molte cose si
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possono imparare soltanto negli opifici» . Questo è il punto di svolta di Diderot, il
quale considera sullo stesso piano scienze e arti, e ribadisce l’importanza
dell’esperienza diretta nei confronti delle arti per comprenderne a fondo il valore,
l’utilità e la complessità. Da qui la necessità di scendere in prima persona sul
campo, interrogare gli operai, osservare attentamente le varie fasi del loro lavoro.
Le arti acquistano un’importanza e un’autonomia propria che le pone allo stesso
livello delle scienze. Ed è proprio questo il motivo di innovazione più importante che
differenzia l’Encyclopédie francese da ogni altra opera precedente che si possa
paragonare ad essa.
Un altro motivo di innovazione fondamentale strettamente legato a questo è
l’inserimento all’interno dell’opera di numerosissime e dettagliate illustrazioni.
Diderot afferma infatti di aver inviato dei disegnatori negli opifici per riprodurre
fedelmente con disegni e schemi le macchine e i metodi di lavorazione adottati
5 Ibid., pp. 139.
6 Ibid., pp. 140.
7 Ibid.
dagli operai. Poiché infatti anche per quanto riguarda le arti meccaniche la mera
lettura e l’apprendimento astratto di nozioni non si possono in alcun modo sostituire
all’esperienza diretta e alla pratica personale, le illustrazioni hanno lo scopo di
rendere più chiare certe definizioni e spiegazioni che si trovano nell’enciclopedia.
Anche per quanto riguarda le scienze e le arti liberali sono state inseriti numerosi
disegni che ne agevolano notevolmente la comprensione. Inoltre il progetto di
Diderot vanta oltre seicento illustrazioni, un numero davvero elevatissimo se
paragonato al progetto di Chambers che poteva vantarne appena trenta, e Diderot
non esita a farci notare la grande differenza tra le due opere su questo punto.
Diderot presenta la struttura su cui sarà basata l’opera introducendo la triplice
distinzione tra scienze, arti liberali e arti meccaniche, distinzione che predominerà
per tutto il corso dell’opera e intorno a cui ruoterà l’intera Encyclopédie. Ma per
trattare di un così vasto numero di discipline assai diverse le une dalle altre e così
complesse non potrebbe mai bastare un singolo uomo. Infatti anche per ottenere
un grado di eccellenza in una singola disciplina un autore deve impegnare tutta la
sua vita, e nonostante questo molte cose gli rimarrebbero ancora da scoprire. Per
questo motivo l’opera dell’Encyclopédie viene spartita tra più autori competenti:
«[...] abbiamo dedotto che, per sostenere un peso così grave, era necessario spartirlo; e
subito abbiamo posto l’occhio su un numero sufficiente di dotti e artigiani: […] a
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ciascuno abbiamo assegnato la parte che gli si addiceva» .
Dunque Diderot e i suoi collaboratori si rivolsero ai maggiori autori contemporanei
in modo tale che ognuno di essi lavorasse ad una certa voce o ad una data
tematica all’interno dell’opera. Ma questo crea una difficoltà enorme agli editori, che
si trovano a dover scegliere tra opinioni diverse e spesso in contrasto tra loro di
diversi autori riguardo gli stessi argomenti, risolverne i fraintendimenti e le
disuguaglianze. Tra tutti gli scrittori sono stati preferiti i migliori nel loro campo,
insieme ai quali hanno lavorato autori altrettanto competenti, ma il dare più
importanza ad una tesi piuttosto che alla sua contraria poteva apparire imparziale.
Ad esempio, riguardo il problema sulla quantità di movimento c’erano due filoni di
pensiero principali: l’uno faceva capo a Cartesio, che affermava la conservazione
del movimento, l’altro riconduceva a Leibniz, il quale spiegava che non è il
movimento a conservarsi, ma la forza, essendo il movimento un concetto troppo
problematico in filosofia e difficile da spiegare. Riguardo lo stesso problema dunque
avveniva spesso che si raggiungevano conclusioni differenti. Per questo motivo
Diderot e D’Alembert hanno cercato di riportare sotto la stessa voce tutte le
posizioni più autorevoli al riguardo, cercando di rimanere fedeli alle intenzioni
originarie degli autori, senza modificare nulla.
Un altro punto da tenere in considerazione è la necessità di applicare una sorta di
principio di economia alla Ockham riguardo le voci dell’enciclopedia:
«[...] è stato necessario dare a ciascuna materia un’estensione conveniente, insistere
sull’essenziale, trascurare le minuzie, evit