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In totale, la distanza conta sia per la quantità che per i tassi d’interesse
solamente durante la crisi: questo è consistente con l’idea che è importante
monitorare le imprese durante la crisi; le banche privilegiavano imprese
locate più vicino ai loro sportelli, possibilmente perché il costo del monitoring
era minore.
Al contrario, la durata della relazione ha un effetto più debole durante la crisi
rispetto che al periodo pre-crisi sulla quantità di credito, mentre ha lo stesso
effetto nei due periodi per quanto riguarda il costo del credito.
Questi risultati sono parzialmente consistenti con H6. Solo l’effetto della
distanza cambia in qualche modo dopo il default di Lehman, mentre la durata
della relazione e la quota di credito delle banche rimane pressochè immutata.
4.1.4 Conclusioni paper “Relationship Lending in a financial turmoil”
I risultati indicano che una relazione più lunga e una distanza minore tra la
banca e l’impresa porta a una maggiore crescita di credito. Lo stesso accade
se la banca detiene una larga quota di credito dell’impresa. Il costo del
credito cresce di un ammontare minore per le imprese più vicine e a quelle
che hanno relazioni più lunghe con la banca. 14
L’effetto del relationship lending sui commitment della crescita di credito non
cambia in base alla rischiosità e opacità dell’impresa. Tuttavia, l’effetto della
durata della relazione sul costo del credito è più forte se le imprese sono più
rischiose, più indebitate e meno profittevoli.
L’effetto del relationship lending sull’aumento del credito concesso e sul suo
costo dipende dalle caratteristiche delle banche. La distanza ha un effetto più
forte sul credito concesso se la banca detiene una quota maggiore del credito
dell’impresa e se sono più grandi, nel qual caso inoltre la durata ha un effetto
più debole. Al contrario, la durata ha un effetto più forte nel mitigare un
aumento del costo del credito se le banche fanno più affidamento alla
cartolarizzazione, detengono una larga quota dei crediti totali e se sono più
grandi.
L’effetto della durata sulla crescita di credito dipende anche dalla
concentrazione del mercato locale: più il mercato locale del credito è
concentrato, più forte sarà l’effetto della durata della relazione.
Durante la crisi la distanza aveva un effetto maggiore sul costo del credito,
mentre la durata aveva un effetto minore sulla crescita del credito rispetto al
periodo pre-crisi.
4.2 Effetti “Home Bias” e “Credit Crunch”
Ora esaminiamo brevemente la ricerca condotta da A. Presbitero, G. Udell e
A. Zazzaro, riportata nel paper “The Home Bias and the Credit Crunch: A
Regional Perspective” (2012). Gli studiosi cercano di capire come la struttura
gerarchica della banche nei mercati locali abbia influenzato la gravità del
credit crunch in quel determinato mercato; inoltre si cerca di scoprire quali tipi
di imprese sono più esposte alla stretta del credito, investigando soprattutto
quelle piccole che operano su mercati del credito dominati da banche
multinazionali.
Il credit crunch è una delle possibili conseguenze della crisi: è causato da una
contrazione del capitale delle banche e dagli shock negativi di liquidità sui
mercati interbancari. È molto difficile, a livello empirico, distinguere le cause
di queste differenze tra domanda e offerta. Sono state proposte varie
strategie, come sfruttare i registri di credito delle imprese che multiaffidano
per controllare gli effetti della domanda, o applicare un modello di
disequilibrio per identificare imprese vincolate dal credito. L’approccio che
propongono gli autori di questo paper è quello di utilizzare sondaggi che
estrapolano informazioni sulle imprese vincolate riguardanti l’applicazione di
prestiti e decisioni da parte delle banche.
Gli studi sugli effetti del credit crunch negli USA sono mancanti, si sono
concentrati più sui problemi di credito e focalizzati troppo sulle grandi
imprese. Per quanto riguarda le PMI ci si è limitati ai dati europei: gli studi
hanno confermato il credit crunch nel mercato del credito europeo; hanno
sempre evidenziato come le imprese più piccole, deboli e opache dal punto di
15
vista informativo, abbiano sofferto di più (esistenza del flight-to-quality,
ovvero banche ed investitori non si fidano più di crediti e investimenti ad alto
rischio).
In letteratura si pensa che le banche gerarchiche abbiano più difficoltà a fare
relationship lending con le PMI in quanto non riescono ne a produrre ne a
trasmettere soft information: c’è una “distanza funzionale” tra sportello e piani
alti dove le decisioni finali di credito vengono prese: le banche fanno più
fatica a concedere credito a imprese locali con modello relationship lending.
In tempi di crisi le banche si ritirano non proporzionalmente dai mercati che
sono distanti dalla sede centrale. Si cerca di capire se questo ritiro sia il
risultato del flight-to-quality oppure dell’effetto home bias (ossia la tendenza
di banche e investitori a concentrarsi sui mercati a loro vicini, se non
addirittura a quello originario). Per capire quale dei due effetti prevale si testa
se le più grandi imprese in sistemi bancari distanti più funzionali siano meno
(FTQ) o più (HB) soggetti a sofferenza da contrazione del credito.
Nel lavoro si studia il credit crunch nelle province italiane durante l’attuale
crisi. Sono utilizzati dei questionari dettagliati, con informazioni sulle
applicazioni dei prestiti (e come sono utilizzati) su un grande campione di
imprese manifatturiere: si cerca di separare effetti di domanda e offerta e di
identificare l’esistenza e la gravità del credit crunch tra imprese e mercati.
Attraverso la sovrapposizione di dati delle imprese con vari tipi di informazioni
e la distribuzione spaziale degli sportelli delle banche, si cerca di definire gli
effetti della struttura organizzativa dei sistemi bancari locali nell’accesso al
credito delle imprese locali. L’Italia è ricca di imprese che dipendono
fortemente da prestiti di banche locali che finanziano i loro investimenti, ma
anche da sportelli di multinazionali: l’Italia è un caso studio rappresentativo.
Lo shock del fallimento di Lehman Brothers è arrivato in Italia portando una
significante contrazione sia della domanda che dell’offerta di credito: c’è
evidenza quindi di un credit crunch in Italia. Tuttavia i risultati di questo lavoro
sono inconsistenti con il FTQ: si dimostra che il numero di imprese razionate
post-crisi non differiva significativamente da quello pre-crisi.
4.2.1 Ricerca e risultati
Lo scoppio della bolla immobiliare nel 2007 ha avuto un impatto limitato in
Italia rispetto agli altri paesi dell’Europa. Solo nel terzo quarto del 2008, poco
dopo il fallimento di LB, la crisi ha cominciato a mostrare i suoi effetti di
contrazione sul mercato del credito.
Siccome il sistema bancario italiano è rimasto più sul tradizionale, complice
anche una regolamentazione prudenziale, la detenzione di titoli subprime
statunitensi e altre asset-backed securities tossiche sono state limitate: c’è
stato quindi un piccolo deterioramento della profittabilità nella prima fase della
crisi (luglio 07 – sett 08). Durante il 2007 i crediti sono aumentati a un tasso
abbastanza alto, mantenendo più o meno le stesse caratteristiche. Nell’ultimo
16
quarto del 2007 c’è stato un leggero calo del credito, ma le cose sono
cambiate drasticamente dopo il crack LB, quando è divenuto difficile
accedere al credito interbancario e il deterioramento della qualità dei
portafogli prestiti minò la profittabilità delle banche italiane. Alla fine del 2008,
il tasso di crescita dei prestiti concessi dalle grandi banche diventò negativo (-
2,9%), e anche quelli delle piccole banche calarono.
I dati utilizzati dagli autori sono estrapolati da un questionario mensile
sottoposto a 3800 imprese manufatturiere italiane da marzo 2008 al febbraio
2010 e dati mensili su apertura/chiusura degli sportelli presi dalla Banca
d’Italia. Le imprese considerate hanno almeno 5 dipendenti. Due periodi
distinti: pre-Lehman (2008:1 – 2008:3) e post-Lehman (2008:4 – 2009:3).
Le variabili utilizzate per il lavoro sono riferibili alla domanda di credito da
parte delle imprese; inoltre si guarda se sono state o meno razionate (a livello
globale, dal sistema bancario). Grazie ai dati dei questionari si è riusciuto
inoltre ad estrapolare altre informazioni che sono collegate alla domanda di
credito, come: dimensione dell’impresa, esportazioni, costo del lavoro,
domanda dei loro prodotti e liquidità. Dai primi risultati si nota come le grandi
imprese e quelle che esportano di più si trovano nel Nord Italia, mentre la
salute finanziaria e l’accesso al credito bancario hanno una distribuzione
meno concentrata (anche se sembra ci sia una situazione un po’ più grave
nel Sud Italia). Tendezialmente le imprese che chiedono più credito sono
quelle che stanno peggio dal punto di vista della liquidità.
Dal punto di vista delle banche si considera, per quanto riguarda la struttura
organizzativa, una variabile proxy data dalla distanza tra la sede centrale e gli
sportelli. Risulta che le province, dal punto di vista del mercato del credito,
siano piuttosto eterogenee. Tra le limitazioni dell’approccio utilizzato dagli
autori c’è sicuramente il fatto che le imprese potrebbero prendere a prestito
anche da banche al di fuori della loro provincia, mentre nel paper si da per
scontato che lo facciano dove sono domiciliate.
Per determinare l’impatto della distanza funzionale del sistema di banche
locali e l’importanza degli effetti FTQ e HB nelle decisioni di lending delle
banche sull’intensità del credit crunch dopo il collasso Lehman, gli autori
procedono in 2 passi: si verifica prima di tutto se la crisi ha prodotto
effettivamente un effetto di credit crunch in Italia; in seguito si cerca di capire
se sia stato più grave per le imprese domiciliate in province con molto banche
internazionali.
Di solito le banche distanti hanno uno svantaggio nella produzione di soft
information e nel relationship lending: per questo motivo si pensa che le
imprese che nel territorio hanno più banche internazionali, durante le crisi ne
risentano di più. Inoltre anche le imprese più sane e grandi di solito fanno
affidamento sulle banche internazionali, e potrebbero ugualmente aver
sofferto. Non si trova prova di questi effetti e