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Emerson necessitava del punto di vista dell’artista, che aveva una comprensione cosmopolita di
cosa potesse essere considerato cultura, e una concezione urbana di un sé plastico, malleabile e in
continuo stato di divenire, sicuramente meno moralistico di quello del movimento.
Altre influenze invece derivarono dalle teorie politiche repubblicane e democratiche, le quali
formarono le convinzioni di Emerson sul fatto che tutti fossero privi di self-realization, che tutti
avessero la capacità della self-transformative.
“The American Scholar” comprendeva i due lemmi principali del tempo, ovvero il ruolo principale
del singolo individuo e della vita ordinaria; i protagonisti di Emerson infatti non sono solo uomini,
ma rappresenti di nazioni, i quali hanno come spirito trainante la fiducia in loro stessi, ispirati
dall’anima divina, che ispira tutti gli uomini. La teoria puritana della predestinazione è qui allargata
in modo tale che possano essere inclusi potenzialmente tutti, in una visione democratizzata di
uguaglianza intrinseca; Emerson ricollega questo concetto al motto dell’Unitarismo (Radici e semi
della democrazia sono la dottrina “Giudica te stesso”).
Egli credeva all’aristocrazia naturale, ma non pensava che questa potesse giustificare l’oppressione;
bisogna comunque arrivare sempre a un’equa democrazia.
Self-Reliance as a way of life.
Il saggio che porta il suo nome si apre supportandolo come terapia correttiva; Emerson immagina
un’ipotetica situazione mentale conforme e infelice, infatti dall’età adulta le persone sono
condizionate a guarda attraverso gli occhi degli altri. In tale stato di cose si può sperimentare
scarsamente sé stessi, quindi la prima cosa da fare è allontanarsi dall’influenza altrui; Kateb la
chiama “negative individuality”, Richardson diagnostica la sua chiamata alla Self-Reliance come un
terreno vinto dalla dipendenza, mentre per Emerson è il sorriso che le persone si stampano in faccia
quando non si sentono a proprio agio in una conversazione.
La seconda sarebbe invece avere più fiducia negli istinti e meno nel giudizio razionale, perché a
livello argomentativo formale si è soggetti a forze esterne.
La terza sarebbe diventare l’attivazione di un certo tipo di principi entro la questione delle nuove
persone liberate; Emerson distingue istinti di ordine superiore e quelli di ordine inferiore, come
istinto contro ispirazione.
Il “Me” al di sopra del me, su cui la Self-Reliance potrebbe tranquillamente basarsi, nonostante le
apparenze, non riguarda un unico individuo, ma l’universo.
Più si va verso l’interno meno si conosce l’individuo, sotto e dentro al privato vi è il potere pubblico
da cui tutti possono attingere; in questo modo la teoria include due punti negativi, ovvero la
resistenza alla pressione esterna e resistenza a impulsi poco profondi. Secondo Emerson la giusta 10
condotta e la giusta percezione dipendono dalle gesta di una persona integra e il raggiungimento di
quell’integrità richiesta attingendo a una risorsa più profonda della self-preoccupation.
Emerson descrive in diversi modi l’essenza dell’ “aboriginal Self”; nel saggio immagina l’incontro
con questo prima come una percezione, poi come un infuso mistico, poi come un riorientamento
morale. Questo è il passaggio più difficoltoso per il lettore non religioso, dal momento che Emerson
parla della divinità interna, delle persone che giacciono nel grembo dell’intelligenza immensa, del
risultato di tutti in relazione al Benedetto.
Sembrerebbe che Emerson stia parlando di una specie di “God-Reliance”, ma in realtà non è cosi;
ovviamente era importante parlarne sia da un punto di vista strategico che personale, per nascondere
il contatto/momento con l’individualità aborigena nel costume dello spirito. Alcuni lettori sospettosi
potrebbero chiedere se non si tratti unicamente di lasciar perdere la propria libido, ma Emerson
risponde che si tratta, in realtà, dell’apoteosi del superego; la percezione dell’individualità
impersonale non eleva solamente ma stimola.
Il saggio non va molto oltre all’affermazione che la Self-Reliance rende più autosufficienti, dal
momento che lo scrittore è concentrato sul proteggere i propri lettori dai gruppi di pensatori per
approfondire di più l’azione sociale.
Insiste comunque su come l’autosufficienza debba promuovere una rivoluzione in tutti i doveri e le
relazioni degli uomini, attraverso la sua stessa azione; ogni professionista determinato può infatti
diventare un motore, un fondatore, un operaio miracoloso, includere questa pratica in ogni lavoro
consente di passare il limite.
Comunque l’elemento principale del ragionamento emersoniano rimane l’emancipazione mentale a
livello individuale, quindi la “Mental self-reliance” è il modello dell’ “active self-reliance”; tutto ciò
comporta delle complicazioni, in primis a causa dello stile di Emerson, figurativo, discorsivo e
iperbolico.
Infatti egli sosteneva che la scrittura, l’ascolto e la lettura fossero punti chiavi della Self-Reliance,
che non può essere raggiunta rimanendo al livello convenzionale e lineare dell’espressione; la sua
prosa “compressa” e metaforica era destinata a raggiungere la Self-Reliance, a pensare e a
provocarla. Ovviamente però può anche sortire l’effetto opposto, ovvero confondere e intimidire;
causa due reazioni; intimidisce (Emerson affermava che per essere grandi bisogna essere
incompresi), metodo attraverso cui si separa la massa che viene “bocciata” da quelle persone che
sono effettivamente autosufficienti e che quindi devono dissociarsi, ma si rivolge, incoraggia, a tutti
e insiste sul fatto che per tutti arriva un momento nella vita in cui si crede in sé stessi. Bisogna
comprendere quindi che la sua prosa non è solamente un test ma anche un invito a pensare che
l’autosufficienza non porta immediatamente all’illuminazione sul sentiero che elogia.
Altre domande rimango prive di risposta, come quando si capisce di essere autosufficienti piuttosto
che caparbi, o sotto il gioco di una sorta di istinto animale; significativamente la corrente
emersoniana è stata scetticamente ridotta a patologie come volontà imperiosa e conformità
collettiva. Myra Jahlen sosteneva che la visione dell’uomo di Emerson, derivata dal suo rapporto
con Dio attraverso la conquista della natura, dovesse essere letta come un’apologia dell’espansione
verso l’Ovest; Newfield invece che l’appello di Emerson ad autorità interpersonali come
l’”aboriginal self” e il “poeta orfico” che pronuncia le ultime parole in Nature implica una
decadenza dell’individualismo e acquiescenza alle forze della cultura dominante che creano un
parallelismo tra la vita di Emerson e la crescita del corporativismo in America nel XIX secolo.
Il primo modo in cui la Self-Reliance si protegge dagli estremi della caparbietà e della passività è la
sua stessa austerità; gli adulti trovano difficile questa pratica perché sono condizionati a pensare,
non autenticamente, che fare in modo diverso sia straziante. Aggiunge anche che la Self-Relince è
come l’ultima risorsa di una persona che è giunta alla conclusione che imitare è un suicidio; qui 11
descrive riluttantemente la sua prima esperienza di crisi personale, ovvero la morte della sua prima
moglie, che ha portato alla scoperta della divinità interiore. Nel capitolo seguente della Prima Serie
di Saggia prosegue il discorso sostenendo che la perdita di un amico, di un parente, di un’amante,
può sembrare all’inizio una privazione, e in seguito una specie di guida, che provoca delle
rivoluzioni nella nostra vita: il disastro come opportunità.
Non bisogna per forza attraversare una crisi così profonda, Emerson la prescrive solo non per lo
spavaldo o per l’apatico, ma per lo sconsolato; infatti la Self-Reliance può portare confidenza e
energia, ma non conforto o gioia. L’immaginazione del “self” che diventa dipendente sarebbe a
causa del fatto che si rimane pezzi di un puzzle di sé stessi, e che quindi è necessario mettere in
chiaro con le persone care che ciò che bisogna fare è isolarsi emotivamente, poichè non ci si può
spezzare per loro, e che se sono nel vero, ma non nella stessa verità della persona in questione,
devono unirsi ai loro compagni, mentre questa troverà i suoi.
Ciò vuol dire vivere una vita isolata, alla luce della filosofica, come Emerson ben sapeva fare; del
resto, come sosteneva, è meglio non fare niente piuttosto che qualcosa in cui non si crede
veramente.
Da una parte la Self-Reliance è quindi contenuta dalla sua austerità, e dall’altra dal suo moralismo,
infatti Emerson credeva che l’individuo si basasse sulla moralità, che mente a noi stessi,
generalmente a breve termine, nel momento in cui si deve scegliere, ma è anche una sorta di
sorgente di energia creativa. Rimane quindi una teoria filosofica che ha molto a che fare con Kant.
Piuttosto che indagare sulle leggi che governano l’universo, Emerson punta alla legge morale che
guida le azioni delle persone; questo elemento è forse l’unico che lo differenzia dall’individualismo
possessivo, liberale e capitalista, con cui lo contrastava Kateb. Wuthnow tendeva invece a
considerare la corrente emersoniana come moralismo espressivo che opponeva al presupposto
economico convenzionale sulla vita una visione più profonda dello spirito umano. Oggi molti
americani considerano la scelta morale in un momento di decisione come la strada corretta da
seguire, quindi la teoria emersoniana si avvicina molta alla filosofia di strada moderna.
Un’altra critica al filosofo è stata mossa in relazione alla sua teoria dell’equilibrio della base delle
singole costituzioni; la coscienza ne è una universale, infatti egli insisteva sull’esistenza di una
mente universale, così fortemente da arrivare a immaginare, certe volte, che le identità individuali
fossero praticamente intercambiabili. In questo contesto utilizza i termini privato e pubblico in
maniera differente da quello consueto, ovvero privato come il manierismo idiosincratico e pubblico
non per l’arena sociale ma per le correnti di energia intellettuale.
In ogni intelligenza umana si trova il potere di riconsiderare la propria percezione superficiale, la
teoria del Self-Reliance non è altro che un individualismo democratico, lanciato contro quello
liberale.
È anche vero, però, che gli uomini sembrano molto malleabili in relazione all