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A Nuova York, nel 1851, Hapways American Indian (?) è fondata, una rivista che
prende il nome da uno scrittore della tribù degli Ogipuà(?)
Il Freedom Journal (1827) è il primo giornale scritto da e che parla degli
afroamericani nel periodo precedente alla Guerra civile del 1860.
Le note conclusive de Uncle Tom’s Cabin; or, Life Among the Lowly (La capanna
dello zio Tom, 1853) di Harriet Elizabeth Beecher Stowe (1811-1896) espone una
serie di caratteristiche della letteratura nordamericana anche successiva. Questo
testo presenta lo schiavo come un personaggio estremamente positivo non dando
abbastanza spazio alla critica degli orrori della schiavitù. «Nothing … cross of
Christ»: la scrittura e l’oralità non sono sufficienti per spiegare appieno la vita
vissuta (rapporto fact e fiction), tragica e orrenda in questo caso, che avviene con
la scusa di una legge e di una religione. «And now, men … judge»: il riferimento
all’individuo che sa giudicare da solo ciò che vede con i suoi occhi gli dà una certa
responsabilità (idea presente in Emerson e in Whitman); egli può fare poco in
pratica, ma può intanto valutare ciò che ritiene giusto. « … sympathetic … »: Idea
che ogni individuo è circondato da una sfera (lo separa e lo protegge) di influenza
simpatetica (lo unisce agli altri). «And the man or the woman … sympathies … »:
ogni individuo deve capire da solo ciò che è giusto, ma deve allo stesso tempo
sentirlo in modo vigoroso e benefico in funzione della sua appartenenza al genere
umano.
La letteratura è una forma d’arte. Essa deve formare il lettore oppure, come dice
Allan Poe, deve essere considerata soltanto un artificio? In The Philosophy of
Composition (1846), Allan Poe ripercorre a ritroso passo dopo passo ciò che l’ha
portato alla composizione della sua poesia famosa The Raven. Egli pensa la
letteratura in termini di costruzione (essa è fiction, cioè “fittizia”, ma nel senso di
“artificiale”, che è costruita passo dopo passo in maniera logica). Harriet Elizabeth
Beecher Stowe (1811-1896) pensa, invece, che la letteratura debba suscitare delle
reazioni (idee, sentimenti) nel suo fruitore, perché impegnata intellettualmente e
socialmente. Emerson la pensa come lei: scrive dei saggi perché vuole dire delle
cose.
Il saggio diventa una forma artistica più nobile grazie a Emerson. Egli aveva una
grande ambizione poetica, ma le sue poesie sono poco creative, perché
appesantite dal suo desiderio di comunicare dei messaggi. Questa vena poetica
attraversa, però, i suoi saggi, nobilitandoli.
Il rischio di scrivere con l’intento di comunicare dei messaggi non è soltanto quello
che diminuire il peso artistico di un’opera, ma anche quello di sfociare nella
pubblicità (la propaganda di Walt Whitman è, infatti, spesso considerata come
eccessiva).
Allan Poe pensa che l’arte debba essere una costruzione con l’obiettivo di
raggiungere un effetto prestabilito. In The Poet (1844), Emerson ritiene, invece, che
l’essenza della poesia sia il suo contenuto, non la sua forma (“it is not metres, but
metre-making argument, that makes a poem”).
In Walden; or, Life in the Wood (1854), Henry David Thoreau, di origine francese,
racconta della sua esperienza di due anni di vita in un bosco, in una capanna di
legno che si è costruito egli stesso, per allontanarsi dalla società, che, secondo lui,
sta già andando in direzioni troppo commerciali. All’inizio di quest’opera, egli scrive
che il suo intento è quello di cantare come un galletto al mattino per svegliare i suoi
contemporanei (“I do not propose to write an ode to dejection, but to brag as lustily
as chanticleer in the morning, standing on his roost, if only to wake my neighbors
up”). Egli ha, pertanto, una motivazione sociale per scrivere.
Il genere gotico è uno dei più diffusi nell’Inghilterra dell’Ottocento. L’ambientazione
tradizionale di questo genere è il castello diroccato di notte, con stanze vuote e
terrificanti, che crea l’atmosfera dell’opera. Gli scrittori statunitensi interiorizzano
l’ambientazione oscura inglese, traducendola in una metafora della mente umana: il
gotico nordamericano è, quindi, psicologico, esemplificato dai racconti di Allan Poe.
La letteratura inglese resta la base di quella nordamericana.
Lawrence Buell sostiene che Emerson è il primo intellettuale pubblico degli
Stati Uniti d’America, in quanto oratore e non semplicemente scrittore. Egli ha
tanti interessi culturali: poesia, narrazione, filosofia (teologia, sociologia). Non
avendo esposto le sue idee in un modo ben strutturato, egli non sempre è accolto a
pieno titolo tra i filosofi: lo studio della letteratura si occupa, in realtà, proprio di dare
la forma più organica possibile al pensiero dei letterati, che è espresso in maniera
poco sistematica rispetto a quello dei filosofi. Emerson non presenta una sola tesi,
ma, in quanto man thinking, torna spesso sui propri passi.
Self-Reliance (1841) è un saggio molto rappresentativo di Emerson, in quanto
parla d’individualismo. Molti scrittori hanno tanta grinta da giovani, poi hanno dei
ripensamenti. Questo saggio di Emerson è più complesso di quanto il titolo possa
suggerirci: l’idea di fondo è che l’essere umano abbia una serie di potenzialità
inespresse appieno (“Man is a god in ruins”).
L’idea del man thinking, il cui pensiero non può essere ingabbiato in
un’espressione definitiva, lo rende attuale nella nostra società. Buell esemplifica
questo aspetto affermando nell’introduzione della biografia di Emerson di avere
iniziato a scrivere il suo libro vent’anni prima, riprendendolo più volte, perché il
pensiero di Emerson si apre continuamente a nuove possibilità. Bloom, che si
preoccupa di stabilire un canone letterario nordamericano, dedica un saggio a
Emerson, intitolato “Mr. America”: Emerson racchiude in sé molti aspetti della
cultura statunitense, nonostante la fluidità del suo pensiero.
Il Trascendentalismo nasce come opposizione alla cultura puritana, sentita
come troppo oppressiva. La natura è percepita da Emerson come fondamentale, in
quanto sede della spiritualità, spostata dalle cattedrali gotiche alle foreste. Il
saggio di Emerson sulla natura, Nature, è proprio il manifesto del
Trascendentalismo. All’interno di quest’opera, la natura è presentata come un
messaggio scritto da Dio agli uomini (Whitman afferma qualcosa di simile), che
essi devono decifrare. La natura è il luogo migliore per esprimere le potenzialità
dell’essere umano non messe in atto appieno. Emerson racconta che, se va in
un bosco e vede degli alberi i cui rami sono agitati dal vento, si sente in sintonia
con la natura, perché pensa che gli alberi lo riconoscano e lo salutino. L’uomo fa
parte della natura, rientra nel cerchio naturale, perciò può trovare l’origine
della sua essenza entrando in contatto con la natura. La natura, che è centrale
per tutta la cultura nordamericana, è un punto di contatto tra Emerson e le filosofie
orientali.
Emerson ha avuto contatti con l’Europa grazie ai suoi viaggi: per esempio, conosce
il filosofo scozzese Thomas Carlyle (1795-1881). Emerson ha scritto una serie di
saggi intitolata Representative men (Uomini rappresentativi, 1850): ciò indica la
sua volontà di delineare i tratti caratteristici di alcune personalità che egli ritiene
significative ed è un po’ in contrasto con l’idea di un pensiero indefinibile.
Emerson ha avuto successo in Italia soprattutto nel ventennio fascista, seppure egli
sia alieno a una cultura d’impostazione fascista: Benito Mussolini (1883-1945) lo
nomina qualche volta.
The Lord’s Supper (1832)
È un saggio scritto in un periodo difficile: Emerson ha perso da poco Helen Tucker,
la sua prima moglie (si sposerà nuovamente e avrà dei figli dalla seconda moglie).
Con esso, Emerson decide di abbandonare il suo mestiere di ministro della
seconda chiesta unitariana di Boston, una chiesa protestante che ha al centro la
fede in un dio unico (non crede nella trinità) e che è ritenuta una chiesa di
intellettuali e di teologi, attenti anche a problemi sociali. Nel saggio, Emerson non si
concentra, però, sulle ragioni personali per la sua rinuncia, ma su quelle teologiche.
La citazione all’inizio è di San Paolo. Essa sintetizza quanto è esposto in maniera
più specifica lungo tutto il saggio. Durante l’ultima cena, Gesù ha istituito il
sacramento dell’eucarestia: il pane e il vino sono rispettivamente la carne e il
sangue di Gesù. Tutte le chiese cristiane celebrano questo rito. Emerson spiega
perché egli ritiene che le cose dovrebbero andare diversamente. Il messaggio
cristiano del Regno di Dio come “righteousness, and peace, and joy” (“giustizia,
pace, e gaudio”) è in accordo con l’idea di armonia tra l’uomo e la natura (sede
dello spirito) del Trascendentalismo: la spiritualità deve farti trovare te stesso e
deve farti sentire bene.
Emerson fa riferimento ai Vangeli, alle Lettere di San Paolo e, meno spesso,
all’Antico Testamento.
L’episodio dell’ultima cena è nel Nuovo Testamento. La cena che Gesù celebra e
che diventa l’eucarestia è, in realtà, la pasqua ebraica, cioè la celebrazione della
liberazione dalla prigionia in Egitto. L’episodio simbolizza la transizione dall’Antico
al Nuovo Testamento.
Vari livelli di lettura si sovrappongono in quest’episodio: quello personale (è un
momento di aggregazione di alcuni amici) e quello religioso (è la celebrazione di un
rito ebraico che diventa un sacramento per i Cristiani).
Emerson dimostra la sua conoscenza dell’argomento che dà il titolo al saggio e che
è uno dei più centrali, ma anche dei più controversi della cultura cristiana: la chiesa
cattolica ritiene che pane e vino non commemorino soltanto l’episodio dell’ultima
cena, ma che essi siano rispettivamente il corpo e il sangue di Gesù; le chiese
protestanti considerano l’episodio dell’ultima cena come una semplice
celebrazione; nella Chiesa d’Inghilterra, gli arcivescovi William Laud (1573-1645) e
William Wake (1657-1737) lo percepiscono come un ringraziamento a Dio. Il
pubblico a cui questo saggio è rivolo conosce bene la questione, perciò Emerson
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