AREE DI CONTROLLO E DI INFORMAZIONE:
Area dell’amministrazione e del controllo: in questa area vengono a sommarsi quelle attività aziendali
che riguardano la pianificazione, programmazione, il controllo e tutto il sistema informativo. Si suole utilizzare
il termine di gestione che corrisponde a quello di amministrazione o di governo di un’impresa. Nell’ambito
dell’amministrazione va annoverato tutto ciò che inerisce all’organizzazione, alla gestione e alle rilevazioni di
esercizio, per la determinazione dei risultati dell’attività d’impresa, siano prospettici o consuntivi. Possiamo
raggruppare tutto ciò in varie fasi inerenti la gestione di un’impresa:
1. Epiteleoscopia: esame attento del mercato per percepirne i mutamenti e operare di conseguenza.
2. Programmazione: attività di previsione di breve periodo (non superiore a un anno) delle operazioni da
svolgere in ambito aziendale (attività di simulazione).
3. Pianificazione: attività di previsione di lungo periodo, è il modello matematico attuativo della
programmazione (attività di operatività).
4. Controllo: attività strettamente legata con l’attività di Programmazione e Pianificazione; può essere: a
posteriori, dopo cioè l’ottenimento dei risultati; concomitante, cioè per verificare la congruità fra le decisioni
assunte e gli obiettivi preposti e la possibilità dunque, di intervenire immediatamente ad ogni scostamento
negativo. Il primo approccio (feed-back) ha il vantaggio di essere più oggettivo ma il non trascurabile
vantaggio di non poter influire sullo svolgimento in corso delle combinazioni preventivate; il secondo
(feed-forward) genera l’impossibilità di raffronti oggettivi e indiscussi fra il preventivato e l’ottenuto. Il controllo
può essere catalogato in funzione dei propri contenuti:
- Controllo operativo: ha come fine principale quello di appurare che lo svolgimento delle attività
programmate risulti conforme a prassi e procedure prestabilite.
- Controllo direzionale: mira ad accertare se gli obiettivi fissati in sede di programmazione/pianificazione
siano stati conseguiti (in termini di costi, ricavi o reddito).
- Controllo strategico: mira ad accertare se le strategie adottate siano idonee e compatibili con i fini
desiderati e se questi siano perseguibili.
5. Rilevazione: consiste nella determinazione qualitativa e quantitativa, nella classificazione e
nell’elaborazione dei dati relativi all’impresa e al mercato. Si possono suddividere in:
- Rilevazioni prospettiche, la cui finalità è quello di appurare in maniera preventiva il risultato d’esercizio.
- Rilevazioni inventariali, che hanno la finalità di mettere in chiaro la consistenza del patrimonio d’azienda.
- Rilevazioni elementari di esercizio che accertano i differenti accadimenti aziendali considerati
singolarmente.
- Rilevazioni sistematiche che coordinano le rilevazioni elementari in modo da quantificare il reddito di
periodo.
- Rilevazioni extracontabili che vengono utilizzate senza l’utilizzo del conto (definiscono i parametri sui quali
valutare la funzionalità economica e finanziaria dell’impresa).
Il conto è un insieme di scritture che evidenzia la grandezza iniziale e le variazioni successive di un
determinato oggetto.
CAPITOLO 3 – La struttura del capitale e del reddito
Per il raggiungimento dei fini di piena operatività di un’impresa occorre che la ricchezza conferita in azienda
venga impiegata per l’acquisizione di fattori da utilizzare per la realizzazione del processo produttivo. La
distinzione principale è quella fra fattori produttivi a fecondità semplice e a fecondità ripetuta. I primi vengono
consumati nella realizzazione di un solo atto produttivo (es. materie prime), i secondi vengono anche detti “a
lento rigiro” e vengono utilizzati nell’esercizio di più atti produttivi, e sono soggetti a procedure di
ammortamento (mobili, attrezzature, impianti, macchinari ecc.). Un’altra distinzione è quella fra fattori
materiali e immateriali (parlando però solamente dei beni a fecondità ripetuta): tra i primi troviamo le merci, le
materie prime e semilavorati; fra i secondi la mano d’opera, le prestazioni di servizi, la forza motrice,
l’energia, il riscaldamento ecc. L’acquisizione dei fattori produttivi può avvenire in via anticipata (come
avviene per i fattori a fecondità ripetuta) o in via contestuale (come avviene per i fattori a rapido rigiro,
investimenti cioè effettuati in previsione della realizzazione del processo produttivo). Il processo produttivo si
conclude con l’atto della vendita del bene.
Accanto ai mezzi finanziari apportati dal soggetto aziendale, ne sussiste anche una che deriva da economie
esterne (Capitale di Terzi), alcuni derivanti dall’acquisizione da parte dell’impresa di fattori produttivi
acquistati a credito (debiti di funzionamento o di regolamento: debiti a breve termine derivanti da dilazioni di
pagamento), altri dalla negoziazione sul mercato dei capitali di somme di denaro utilizzate per gli
investimenti (debiti di finanziamento: debiti a medio-lungo termine derivanti da prestiti). Entrambi i tipi di
debito generano oneri finanziari (espliciti, che appaiono in modo chiaro nella contabilità dell’impresa, o
impliciti, inglobati nell’ammontare del debito stesso: es. mutuo).
A seconda della tutela giuridica i debiti possono distinguersi in:
- Debiti di partita, se risultano dalle scritturazioni contabili;
- Debiti cambiari, se si trattano di pagherò o tratte;
- Debiti garanti, distinti in quelli assistiti da garanzia reale (pegno, ipoteca) e in quelli assistiti da garanzia
personale (fideiussioni ecc.).
Come l’acquisizione di mezzi produttivi può dar luogo a crediti di funzionamento, la vendita dei rispettivi
prodotti finiti può provocare crediti di funzionamento (o regolamento). Il discorso non cambia per i crediti di
finanziamento.
Il complesso dei mezzi che perviene al microsistema si concretizza negli investimenti che possono essere
distinti o specifici (fattori a fecondità semplice e ripetuta) e indistinti o aspecifici (danaro e titoli rappresentativi
del danaro).
STRUTTURA DEL CAPITALE: Investimenti: aspecifici (denaro, crediti) – specifici (primari: fattori; secondari:
prodotti finiti e in lavorazione);
Fonti del capitale: capitale proprio (cap. apporto e risparmio) Cap. terzi (debiti).
Quindi: Ia+Is = Cp + Ct
Il complesso dei mezzi (A) trova copertura nel capitale proprio (N) e nel capitale di terzi (P): A=P+N
- Se A=P si evidenzia la distruzione del capitale proprio, con la capacità di permanere nel microsistema solo
con le obbligazioni contratte.
- Se A+D=P si è formato un deficit patrimoniale, cioè, accanto all’erosione totale del capitale proprio, c’è
stata una parziale erosione anche del capitale di terzi, perché il microsistema non è più in grado di rendere il
capitale che ha preso in prestito.
- Se A=D i mezzi aziendali sono stati completamente distrutti (sia il capitale proprio sia il capitale di terzi).
Una formula più analitica di A=P+N: Af+Ae = Pf+Pe+No+R+Ue dove:
Af e Ae = attivo finanziario (crediti, mezzi liquidi, con disinvestimento già avvenuto) e attivo economico
(investimenti primari e secondari); Pf e Pe = passivo finanziario (debiti funzionamento e finanz.) e passivo
economico (disinvestimento ricavi);
No = capitale di apporto (insieme degli apporti effettuati dall’imprenditore e/o dai soci);
R = capitale di risparmio (insieme di utili non prelevati o non distribuiti ai soci) ; Ue = utile di esercizio.
Il sistema aziendale può essere considerato come una serie concatenata di più atti produttivi (investimenti e
disinvestimenti). Secondo l’arco temporale, gli investimenti si suddividono in: Disponibilità e
Immobilizzazioni. Per ogni investimento, si dovrà sapere quanta parte di esso è destinato a generare flussi di
cassa e quanta parte invece dovrà rimanere nella sua forma originaria. Gli investimenti per i fattori a
fecondità ripetuta, materiali o immateriali, vanno annoverati fra le Immobilizzazioni (>12 mesi). Analogo
discorso per i fattori a fecondità semplice, che vanno inseriti però fra le Disponibilità (<12 mesi). Sugli
investimenti aspecifici (danaro e titoli) bisogna dire che essi genereranno flussi monetari in entrata, e quindi
bisognerà individuare quanta parte è da iscrivere nell’ambito delle Immobilizzazioni e quanta fra le
Disponibilità.
Classificazione dei mezzi aziendali secondo il principio della funzione economica:
Immobilizzazioni: 1. Valori economici (impianti, macchine, terreni, fabbricati, spese di impianto, scorte
vincolate ecc.) 2. Valori finanziari (Crediti di finanziamento e funzionamento che per politiche aziendali non
sono destinati a destinare nel breve periodo flussi di denaro)
Disponibilità: 1. Valori economici (impianti, macchine, terreni, edifici ecc. dismessi e destinati al mercato)
2. Valori finanziari (Crediti di finanziamento destinati a essere riscossi entro l’anno, crediti di funzionamento).
Nell’ambito del processo produttivo aziendale, vanno distinti vari cicli aziendali:
Parametri temporali: T0=acquisizione fattore produttivo; T1=deflussi di tesoreria; T2=inizio processo di trasf.;
T3=fine processo di trasf.; T4=esitazione (vendita) del prodotto; T5=afflussi di tesoreria.
Cicli aziendali: 1. Ciclo di trasformazione=T2-T3; 2. Ciclo economico=T0-T4; 3. Ciclo monetario=T1-T5;
4. Ciclo operativo=T0-T5; 5. Ciclo dei pagamenti=T0-T1; 6. Ciclo degli incassi=T4-T5
Gap temporali: 7. Gap di acquisizione=T0-T2; 8. Gap di esitazione=T3-T4.
Nella distinzione degli investimenti si preferisce discorrere in termini di Capitale fisso e Capitale circolante
equiparando questa ripartizione a quella in Immobilizzazioni e Disponibilità. Infatti, se per capitale circolante
si intende il capitale investito per fattori che concorrono al compimento di un solo atto produttivo, il termine
capitale fisso si utilizza per l’investimento dei fattori a lento rigiro.
Tra le fonti di ricchezza che danno vita alle diverse fonti di investimento, abbiamo la distinzione fra fonti
endogene e fonti esogene. Le prime sono annoverate fra i mezzi di finanziamento che trovano origine
all’interno del microsistema, cioè quelli derivanti dal flusso di ricchezza generato dai ricavi (flusso lordo di
endofinanziamento) oppure come flusso residuale dei ricavi, cioè il risultato positivo di periodo.
Nella seconda categoria rientrerebbero tutta la ricchezza generata da economie terze, vale a dire non solo i
capitali negoziati sul mercato e che generano oneri per l’impresa, ma anche quelli che il soggetto aziendale
fornisce attingendo alla propria economia erogatrice
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