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Tumori del retto
La loro diagnosi è con endoscopia e clisma opaco a doppio contrasto; ci sono i pro e i contro
per ogni metodica. Il trattamento chirurgico può prevedere tre possibilità. La prima è che venga
effettuata una amputazione del retto con abboccamento cutaneo, e questo si fa per tumori molto
bassi; la seconda è che venga effettuata una resezione anteriore con anastomosi retto-sigma, e la
terza prevede che la neoplasia rimanga dov’è, e il paziente venga canalizzato creando un ano
preternaturale (tecnica di Hackman). La radioterapia viene utilizzata per ridurre le recidive locali
postchirurgiche, frequenti a livello interstiziale (possono essere dolorose); una TAC (o una RMN)
subito dopo l’intervento può essere utile per visualizzare eventuali rimasugli di tumore. Di solito
segue il trattamento chirurgico, ma farla precedere può ridurre il rischio di metastasi a distanza. Si
utilizzano acceleratori lineari o apparecchi di TeleCobaltoterapia. Si irradia con più porte di
ingresso, prestando attenzione alla vescica e alle pareti intestinali sane.
Tumori dell’encefalo
Possono originare da cellule di sostegno (es., astrociti) o dalle meningi, e il loro
comportamento è variabile. La loro diagnosi è clinica (sintomi neurologici), e con TAC, RMN,
angiografia. Il trattamento chirurgico deve essere radicale, per evitare l’infiltrazione di strutture
vitali; talvolta però è troppo tardi. Comunque, anche in questi casi, il trattamento si fa lo stesso ed è
palliativo, e se non altro consente di effettuare una biopsia. La radioterapia è un complemento
necessario, e ciò vale ancor di più nelle forme inoperabili, dove ha ruolo palliativo; viene condotta
prima o, più spesso, dopo il trattamento chirurgico; si utilizzano tecniche ad alte energie (ma a bassi
dosaggi) o interstiziali. Gli accorgimenti da prendere sono di effettuare campi multipli per
frazionare la dose, di utilizzare eventualmente tecniche particolari (es., tecniche “stereotassiche”
che fanno uso di un “casco”), di effettuare il cosiddetto “bagno cranico” palliativo nelle metastasi.
Tumori della regione del collo
I tumori dell’orofaringe sono diagnosticabili spesso già all’esame obiettivo; per quelli delle
altre regioni, invece, utili i segni clinici (disfonia, linfoadenomegalia nelle forme avanzate) e la
biopsia. Il trattamento può essere chirurgico, ma spesso la radioterapia è meglio della chirurgia,
poiché quest’ultima può essere difficile e ampiamente demolitiva. Si utilizzano acceleratori lineari e
tecniche di TeleCobaltoterapia. Bisogna ovviamente utilizzare schermi che assicurino un freno alle
radiazioni in zone non volute (es., alla cavità orale, oppure al midollo spinale). Si irradiano anche
stazioni linfonodali, se non sono asportate per via chirurgica. Le sequele di una radioterapia – ma
questo vale anche un po’ in generale – sono disepitelizzazione, flogosi, alterazioni dentarie e della
salivazione.
I tumori della tiroide possono essere ipercaptanti o non ipercaptanti. Nei primi, si fa la
radioterapia metabolica, che è altamente specifica sia per il tumore che per le metastasi a distanza.
Negli altri, invece, che sono radioresistenti, il trattamento è chirurgico. Tuttavia può essere utile una
radioterapia prima dell’intervento, utilizzando tecniche a fasci esterni.
Tumori del rene
Si diagnosticano con Eco, urografia, TAC, RMN, angiografia; i segni clinici, se presenti,
sono aspecifici. Il trattamento è d’elezione quello chirurgico. Tuttavia, dopo, si può fare un
trattamento radioterapico con acceleratore lineare. Si possono utilizzare campi multipli sovrapposti,
stando attenti a non irradiare le anse intestinali, il fegato, il rene controlaterale. 3
Tumori della vescica
Vi sono forme infiltranti e non infiltranti. Anche il semplice papilloma può essere
pericoloso. I sintomi sono aspecifici (ematuria, idronefrosi), per cui la diagnosi è anche qui
strumentale, con Eco, TAC, RMN, cistoscopia (che permette di effettuare biopsia e mapping). Il
trattamento chirurgico è anche qui d’elezione: si può andare da una semplice asportazione
cistoscopica fino alla cistectomia radicale. In altri casi, invece, si fa la radioterapia, che può essere
esclusiva, oppure può essere fatta prima, o dopo, l’intervento. Si utilizza l’acceleratore lineare. Si
fanno campi multipli, con adeguato frazionamento della dose.
Tumore della prostata
Riconosce forme incidentali (scoperte per puro caso), latenti (si scoprono all’autopsia),
occulte (si scoprono con le metastasi), manifeste. La diagnosi è su base clinica e strumentale; si
utilizza l’Eco transrettale, che permette di effettuare biopsie, utili per il grading nella neoplasia
(Gleason): il tumore si presenta spesso come un nodulo ipoecogeno. Altre tecniche utilizzabili sono
la RMN con bobine endorettali, l’urografia, la scintigrafia ossea (queste ultime due per vedere le
metastasi). Il trattamento chirurgico può portare a incontinenza vescicale e/o a impotenza. E’
possibile un trattamento radioterapico, con tecniche a fasci esterni o interstiziali. La zona perineale
va salvaguardata perché estremamente sensibile alle radiazioni.
Tumori del testicolo
Si dividono in due grosse categorie: seminomi e non-seminomi. I seminomi sono
radiosensibili, e metastatizzano per via linfonodale. I non-seminomi, invece, sono chemiosensibili, e
danno metastasi anche per via ematica. La diagnosi sfrutta l’esame clinico (tumefazione indolente
in sede scrotale), e strumentale, quindi Eco, RMN, biopsia intraoperatoria. La radioterapia viene
condotta per i tumori di tipo seminomatoso, e l’irradiazione viene condotta nelle sedi interessate,
oltre che a livello addominale, laddove vi sono i linfonodi che drenano la neoplasia. Proprio perché
radiosensibili, i seminomi hanno buona prognosi. I linfonodi che vengono metastatizzati per primi
sono i lombo-aortici, quindi vengono interessati i mediastinici e i sovraclaveari.
Tumori dell’utero
I tumori dell’utero possono riguardare la regione del collo (in soggetti più giovani) o del
corpo (di solito dopo la menopausa; la metrorragia è segno molto sospettoso). E’ possibile fare
screening di questa neoplasia con PAP test che, se positivo, condiziona la asportazione superficiale
dell’epitelio cervicale. Mezzi diagnostici veri e propri sono urografia e clisma opaco (per valutare
l’estensione), cistoscopia, TAC (valutazione delle stazioni linfonodali) e RMN (valutazione della
“anatomia zonale” dell’utero), oltre ovviamente all’esame bioptico, effettuato durante pratica
endoscopica [sic].
Il trattamento chirurgico è riservato alle forme superficiali del collo e ai tumori del corpo; in
quest’ultimo caso l’intervento è quello di isteroannesiectomia + linfoadenectomia, nel corso del
quale viene condotto anche un esame bioptico dei linfonodi. Negli altri casi di neoplasia, invece, si
esegue la radioterapia. In realtà la radioterapia può anche essere associata all’intervento chirurgico,
o prima o dopo di esso; nelle forme infiltranti si usano metodiche a fasci esterni, mentre nelle forme
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non complicate va bene la radioterapia interstiziale. Possibilissima anche una radioterapia
endocavitaria. Il trattamento radiante deve essere rivolto a tutta la pelvi.
Tumori dell’ovaio
Spesso sono asintomatici; a volte possono dar luogo a versamenti di tipo ascitico, che
possono portare a fenomeni occlusivi o subocclusivi. La Eco permette di ottenere una diagnosi
precoce. Mezzo diagnostico principe è, ovviamente, la biopsia in corso di laparoscopia; da
segnalare anche l’impiego di markers tumorali nel follow-up. Il trattamento chirurgico può essere
riduttivo (cioè può ridurre la massa neoplastica) o palliativo (cioè allevia i sintomi); in ogni caso,
non è possibile la radicalità, poiché al momento della diagnosi ci sono già metastasi a distanza.
Anche la radioterapia ha un ruolo secondario, e può essere solo palliativa. Le radiazioni vanno
dirette a tutto l’addome e alla pelvi, utilizzando dei campi “a strisce” da modificare giornalmente.
Utile per il trattamento della neoplasia è la chemioterapia, oppure la somministrazione diretta di
isotopi radioattivi nel peritoneo.
Tumori ossei
I tumori ossei possono essere di diverso tipo:
• osteosarcoma
• sarcoma di Ewing
• condrosarcoma
• forme gigantocellulari
• istiocitoma fibroso maligno
• linfoma non Hodgkin osseo isolato
L’osteosarcoma e il sarcoma di Ewing danno facilmente metastasi a distanza e su altri punti
dello scheletro; il sarcoma di Ewing è particolarmente temibile nell’infanzia e nell’adolescenza. Le
forme gigantocellulari sono inizialmente benigne, ma possono recidivare come forme maligne. La
diagnosi di questi tumori è per via radiologica; TAC e RMN sono importanti nello “staging”. In
particolare, la RMN, grazie alla sua elevata risoluzione e alla sua capacità differenziale, può rendere
conto delle lesioni metastatiche sullo stesso segmento osseo (le cosiddette skip metastasis). Altri
mezzi diagnostici sono la biopsia escissionale e il rilevamento dei dati di laboratorio (elevati livelli
di VES, LDH, Fosfatasi Alcalina).
Il trattamento chirurgico è demolitivo, pertanto risulta utile la radioterapia. In certi casi,
come nell’osteosarcoma, bisognerà usare alti dosaggi, per via di una certa radioresistenza; potrà
essere utile affiancare un trattamento chemioterapico adiuvante (cioè successivo al trattamento) e
neoadiuvante (cioè precedente). Nel sarcoma di Ewing, inoltre, bisogna tenere conto che il processo
di irradiazione può ripercuotersi sull’accrescimento del’ osso, e bloccarlo; nei linfomi bisognerà
affiancare un trattamento chemioterapico. La radioterapia è anche utile per il trattamento delle
recidive postchirurgiche e in caso di collocazioni secondarie ossee di altri tumori: si tratta di
condizioni che suscitano intenso dolore, e la radioterapia può alleviare tale dolore. Le tecniche
utilizzate sono raggi X ad alta energia oppure radiazioni a base di elettroni; questi ultimi, data la
loro superficialità, possono essere utilizzati in campi estesi. Non bisogna irradiare tutto l’arto, per
evitare fenomeni di fibrosi linfatica. Le sequele di un intervento radioterapico possono riflettersi in
un mancato accrescimento dell’arto, in una fibrosi delle strutture osteo-artro-muscolari, in
manifestazioni cutanee reattive, oppure in nuove neoplasie indotte dalle radiazioni stesse. Queste
sequele sono di maggiore importanza qualora al trattamento radioterapico venga affiancato