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ALBERTO MORAVIA
Moravia è uno degli intellettuali più importanti del secolo poiché lo attraversa tutto, sarà sempre
sincronizzato col suo tempo e interverrà come saggista, polemista, critico, sempre presente nell’attività
culturale del paese, amato a sinistra ma odiato dall’estrema sinistra in quanto considerato borghese
(nonostante avesse sempre criticato la borghesia). Fugge da Roma per paura dei rallestramenti degli ebrei,
dopo “gli indifferenti” diventa subito celebre. Era apprezzato in più classi sociali e più generazioni, coglieva
l’argomento del momento. Leggeva i realisti francesi e russi (Flaubert, Tolstoj) e scrive sulla base di queste
letture. In quel periodo sono presenti Pirandello e D’Annunzio, l’uomo moraviano tuttavia ha l’estrema
necessità di adeguarsi alla società, non entra in crisi come l’uomo pirandelliano per l’incapacità di trovare il
suo vero io, entra in crisi ogni volta che non è come la società lo vorrebbe, “il conformista” vorrebbe
riconoscersi nel fascismo e cerca di reprimere la sua omosessualità. “Gli indifferenti” mostra lo spaccato di
una famiglia borghese e la loro indifferenza nella presa di coscienza di se stessi.
“Delitto al circolo del tennis”
il titolo è comunicativo e ci fa domandare se si tratti di un giallo ma è un inganno. Appartiene alla
primissima produzione di Moravia.
Il narratore è extradiegetico e eterodiegetico. Ha motivo di identificarsi ma prende le distanze, mentre in
Sciascia cercavamo l’autore nei personaggi qui è nella narrazione, qui ha una vicinanza con la “grossa
borghesia” ma poi prende le distanze. “di secondaria importanza, decorativi” il narratore si schiera
criticamente dopo averci detto che fa parte egli stesso di questo ambiente.
Viene descritto in modo critico ma non distante un ambiente borghese in cui una seducente principessa
subisce una violenza e poi viene uccisa da un gruppo di individui che senza remore decidono di insabbiare
il reato.
Raccontato da una voce narrante che fa scelte ideologiche, l’autore rappresentando cinicamente la società
produce casi aberranti.
Freud in Italia arriva più tardi ma Moravia era già competente in materia.
[Gli studi di Freud nascono dall’ipotesi dell’esistenza dell’isteria, l’idea che l’individuo viva una vita con
regole imposte e ne sia consciamente o inconsciamente insoddisfatto, arriva a teorizzare l’idea del
subconscio, se è vero che viviamo una vita alla luce dell’io conscio siamo turbati dal subconscio
io conscio \ ego = vive la vita sociale e segue le regole morali per essere accettato in società
preconscio \ superego = copre il subconscio, serie di norme, leggi e convenzioni rispetto alle quali l’ego si
comporta
es = pulsioni, desideri
Freud dice che l’uomo esce dalle leggi del superego nel sogno, il lapsus o la patologia psichica]
Nel racconto ci sono tre stanze: la festa, il corridoio\la stanza piccola dove si ripongono le cose (zona
franca dove lasciamo uscire il desiderio e la ripugnanza verso l’oggetto e verso loro se stessi) e il ballatoio
(zona intermedia dove cinque uomini si soffermano con alle spalle la stanza del subconscio, la chiudono a
chiave contravvenendo alle leggi del superego che dice di costituirsi e tornano all’ego cioè alla festa da
ballo e la società li ri accoglie [finale critico
]).
Dino Buzzati
“I sette messaggeri”
Dino Buzzati è uno scrittore, giornalista, vignettista, si dedica alla scrittura per ragazzi, romanzi di
formazione, favola.
Scritture tra metafisico e surreale con una tendenza alla tensione e all’angoscia che sconfina nell’incubo.
Banalizzando potremmo dire che è una via di mezzo tra Savinio e Landolfi.
La vicenda narrata si configura come un viaggio allegorico dell’autore all’interno di se stesso, il viaggio
assume significato universale facendosi metafora dell’esistenza, l’estrema frontiera meta del viaggio
attraverso un paesaggio metafisico, è quella dell’esistenza e coincide quindi con la morte (la morte è
sempre stata un ossessione per Buzzati).
In questo racconto il lettore è subito costretto a rinunciare al realismo, c’è un idea irrealistica della
geografia, regno sconfinato (non se ne trova la fine, o il fine). Allegoria della vita intesa come
percorso\cammino verso qualcosa che comporta l’allontanarsi dall’origine, il senso che si cerca sembra
diventare sempre meno chiaro. La vita perde senso nel piano esistenzialistico (Heiddeger, i bambini sono
“poveri di mondo” non hanno percezione del reale e si pongono quindi degli obiettivi che la vita rende poi
sempre più sfumati). Nel corso dell’esistenza umana le cose sono sempre meno chiare fino al punto di
svolta, la morte è l’unica cosa certa.
Antonio Tabucchi
“Piccoli equivoci senza importanza”
Questo racconto viene dalla raccolta omonima, anni ottanta: questo decennio si differenzia da quello
precedente (che veniva subito dopo il 68 e le lotte sociali, gli anni di piombo), sono gli anni del riflusso, del
ritorno all’ordine, appare il postmodernismo.
C’è una presa di coscienza di una dimensione nuova che apre alla subcultura, la cultura alta si mescola
alla cultura pop e nasce il postmodernismo che entra in scena in Italia col nome della rosa di Umberto Eco
nel quale si intersecano tanti piani di lettura.
Il postmodernismo tende alla miscelazione, una contaminazione che risponde alle esigenze di un pubblico
sempre più variegato è la fine della metanarrazione, le grandi ideologie, religione, scienze che ambivano a
spiegare il mondo. La nostra epoca tende a vedere il mondo in modo sincronico come se vivessimo la
storia in diretta, illusione dovuta anche dalla televisione.
Tabucchi si accompagna a questa nuova tendenza con meno sicurezza, in questo racconto c’è una sorta di
perdita della coerenza storica.
1° capoverso: prima parte: è un flusso di coscienza, un monologo interiore. Il narratore si mostra ondivago
tra passato e presente.
Il racconto presenta uno stile modernista (monologo interiore, flusso di coscienza) mettendo in scena una
realtà postmodernista. La voce narrante non narra di un hic et nunc preciso, ma passa dal presente al
passato invertendone le caratteristiche: il presente appare come un ricordo opaco mentre il passato è
lucido e chiaro.
La narrazione è costituita da un affioramento progressivo di emozioni.
Il racconto, continuamente oscillante fra passato e presente, esprime la concezione che l'autore ha della
vita: noi pensiamo di essere artefici del nostro destino, mentre siamo in balia del caso, né riusciamo a
individuare nella realtà un disegno intelligente.
Tabucchi parla dell’ironia della vita, che sembra giocarci degli scherzi che ci fanno arrabbiare, pentire delle
nostre decisioni e rammaricare per quelle degli altri, scelte che Tonino e i suoi amici chiamano “piccoli equivoci
senza importanza”. Ma Tonino può solo osservare le conseguenze delle scelte, giuste o sbagliate, dei suoi più
cari amici, che il destino ha riunito in un’aula di tribunale secondo il ruolo che ciascuno ha scelto (oppure che gli
è capitato): anche questo è un piccolo equivoco senza importanza; ma anche senza rimedio, come ricorda il
narratore pensando al primo anno di università, quando, a causa di “un piccolo equivoco senza rimedio”,
Federico si è trovato a studiare legge, per diventare poi giudice. Un piccolo equivoco senza importanza è anche
quello che impediva al protagonista di dichiararsi a Maddalena, convinto com’era che a piacerle fosse Federico
o Leo. Un piccolo equivoco senza importanza sono anche i loro discorsi politici, in cui lo spirito rivoluzionario di
Tonino veniva sormontato da quello di Leo, che si comportava da leader ed ora è seduto in una gabbia a
rispondere delle sue colpe. Una serie di piccoli equivoci che portano ad un futuro dove le proprie scelte sono
diventate parti essenziali di un destino che però non possiamo scegliere né prevedere e che è senza rimedio.
Carlo Emilio Gadda
“La domenica”
Un ingegnere si reca alla stazione ferroviaria per essere, l'indomani, sul posto di lavoro. Il tragitto verso la
stazione e un incontro nel vagone gli ricordano la rovina della sua famiglia e la vendita forzata di tutti i
possedimenti da parte di suo padre.
Come sempre nelle opere di Gadda, anche in questo racconti ci sono elementi fortemente autobiografici, si
fa riferimento a un fratello scomparso del protagonista (il fratello di Gadda era morto pochi mesi prima della
fine della grande guerra precipitando col suo aereo).
Elsa Morante
“il soldato siciliano”
Il narratore è diegetico, interno al racconto. La narrazione della donna diventa poi quella del soldato
(racconto dentro il racconto): la storia della protagonista si ferma e inizia quella dell’altro. La donna diventa
narratore, scompare dal testo e rimane come funzione.
“il mio nome è Gabriele”: forma incipitaria ricorrente (soprattutto nei racconti di formazione), nome carico di
valenze (anche Giuseppe e Marietta nel racconto della precedente narratrice).
Riferimenti alla realtà siciliana delle cose delle case richiamano Pirandello e Verga, ma c’è un allentamento
del realismo del racconto, diviene sempre più astratto e simbolico per poi tornare con lo sfogo di Gabriele e
del suo fallimento sulla figlia. Il racconto del soldato ha però degli elementi fiabeschi e la triste vicenda
storica che fa da sfondo viene dimenticata. È tipico della Morante trasfigurare fantasticamente la realtà per
dare voce ai sentimenti eterni dell’uomo.
La scelta della ragazza di non seguire il percorso della madre non viene comunque ricompensata: punto
più basso e più negativo della vicenda.
La Morante gioca coi generi partendo da un neorealismo, passando per la favola nera e il romanzo
d’appendice e arrivando a una storia di fantasmi. Si torna al racconto di primo grado col ritorno alla
narrazione della giovane donna, è un testo breve ma complesso nel suo alternarsi di generi e istanze
narrative.
[ TRAMA: Il racconto è ambientato in una capanna dove la voce narrante ha trovato ricovero prima di
partire per Roma. Lo spazio temporale è quello di una sola notte, è buio, fa freddo e piove. Nei dintorni
infuria la guerra, con le bombe e tutte le sue atrocità. Intorno alla capanna si sentono i rumori dei carriaggi
dei tedeschi che occupano le strade e i paesi della campagna. All'improvviso nella capanna entra un
soldato italiano, un omone con la divisa logora e con in mano una lampada. La voce narr