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Gli atti amministrativi, i vizi e i rimedi
L’amministrazione pubblica persegue gli scopi per i quali è costituita attraverso una serie di atti,
comportamenti e attività giuridicamente distinti rispetto a quelli di natura privata. Ciò non toglie
che possa adottare atti di diritto privato. L’insieme più importante di atti amministrativi è
costituito dai provvedimenti, manifestazioni di volontà da parte della pubblica amministrazione
che determinano effetti giuridici in maniera unilaterale, quindi i provvedimenti sono imperativi e
esecutori, in quanto costituiscono, modificano o estinguono situazioni giuridiche soggettive anche
senza il consenso del soggetto interessato. I provvedimenti sono solo quelli previsti
dall’ordinamento, possiamo individuare:
a) I provvedimenti restrittivi che riducono la sfera giuridica del destinatario, imponendogli
obblighi o divieti oppure limitandone facoltà o diritti. Fanno parte di questa categoria i
comandi (demolizione di un fabbricato), i divieti (tipo le ZTL), i provvedimenti ablativi
(l’espropriazione).
b) I provvedimenti ampliativi che ampliano la sfera giuridica del destinatario, consentendogli
o conferendogli nuove posizioni giuridiche attive. Tra di essi vi sono le ammissioni (accesso
alla scuola dell’obbligo), iscrizioni (all’albo dei professionisti), le autorizzazioni (la patente),
le concessioni (uso di un bene demaniale), le dispense (dispensa del servizio militare).
Con l’autorizzazione la pubblica amministrazione verifica che il soggetto possieda i requisiti
necessari per l’esercizio di un diritto che gli spetta, mentre con la concessione viene attribuito al
richiedente un diritto che originariamente non possiede.
I provvedimenti amministrativi sono adottati a seguito di un procedimento, ovvero una sequenza
preordinata di atti (detti endoprocedimentali) finalizzati a produrre un atto finale, il
provvedimento.
I vizi degli atti amministrativi conseguenti alla loro contrarietà alla norma previa sono definiti vizi
di legittimità e si distinguono in vizi formali o sostanziali. Vi sono poi i vizi di merito che attengono
invece alla inopportunità degli atti. I vizi di legittimità sono di 3 tipi:
a) La violazione di legge che consiste nel mancato rispetto di norme giuridiche inderogabili.
b) L’incompetenza che si verifica quando l’autore dell’atto è diverso da quello a cui
l’ordinamento assegna il potere di emanare l’atto. Questa è un’incompetenza relativa, in
quanto l’amministrazione da cui proviene l’atto è competente ma non lo è il soggetto che
lo emana (ad esempio un dirigente comunale che emana un atto di competenza del
sindaco).
c) L’eccesso di potere è un vizio che riguarda la discrezionalità amministrativa ed esistono
alcune figure sintomatiche dell’eccesso di potere:
- Lo sviamento di potere, quando l’amministrazione emana un atto per raggiungere uno
scopo diverso da quello previsto
- Il travisamento dei fatti, quando la decisione dell’amministrazione si basa su
un’erronea rappresentazione di alcuni fatti concreti
- L’illogicità, quando l’atto è viziato da una contraddizione interna, ad esempio tra la
motivazione e la decisione
- La disparità di trattamento, quando l’amministrazione di fronte a due situazioni uguali
è giunta a conclusioni diverse oppure di fronte a situazioni diverse è giunta alla stessa
conclusione.
Il provvedimento è nullo quando è stato emanato in violazione delle norme attributive del potere,
è invece annullabile quando è difforme dalle norme che disciplinano l’esercizio del potere.
Quindi i vizi più gravi hanno come conseguenza la nullità dell’atto, e l’amministrazione non può
farci nulla. La nullità è conseguenza della mancanza degli elementi essenziali, del difetto assoluto
di attribuzione e della violazione o elusione del giudicato.
I vizi meno gravi provocano l’annullabilità dell’atto, ciò significa che l’atto è efficace e produttivo di
effetti giuridici nell’ordinamento fino a quando non viene annullato.
La pubblica amministrazione dinnanzi ad un proprio atto annullabile può decidere
autonomamente di sanare il vizio o di annullare l’atto, tale facoltà si chiama autotutela. Oltre
all’autotutela, di fronte ad un atto annullabile esistono due tipi fondamentali di rimedi:
1. In via amministrativa ed esistono quattro diversi tipi
a) Il ricorso in opposizione, che ha come destinatario l’organo che ha emesso l’atto, e può
essere presentato solo nel caso in cui sia previsto dalla legge
b) Il ricorso gerarchico proprio, il soggetto si rivolge ad un organo gerarchicamente
superiore rispetto a quello che ha emanato l’atto, chiedendo di revocarlo, annullarlo o
modificarlo. Questo ricorso è sempre ammesso ma deve essere presentato entro 30
giorni dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza e si intende respinto se
l’amministrazione non risponde entro 90 giorni (silenzio rigetto)
c) Il ricorso gerarchico improprio, dove il soggetto si rivolge ad un organo rivestito di un
potere di generica vigilanza e si può presentare solo nei casi previsti dalla legge
d) Il ricorso straordinario al capo dello stato, che può riguardare solo provvedimenti
definitivi e può avere per oggetto solo vizi di legittimità.
2. In via giurisdizionale attraverso la quale possono essere fatti valere solo vizi di legittimità
degli atti amministrativi. La costituzione riconosce a tutti la facoltà di agire per la violazione
dei propri diritti causata da un atto della pubblica amministrazione. L’atto può ledere o un
diritto soggettivo o un interesse legittimo. Sulla distinzione tra questi due si fonda il doppio
sistema di tutela giurisdizionale in quanto per la lesione di un interesse legittimo si occupa
la giustizia amministrativa (TAR, consiglio di stato), per la lesione di un diritto soggettivo si
occupa la giustizia ordinaria (tribunali, corti d’appello e corte di cassazione)