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DELLA PSICHE MAFIOSA.
Si è voluto effettuare: L'esplorazione delle peculiari modalità e delle forme con cui si esprime la
sofferenza del mondo mafioso e dunque le configurazioni psicopatologiche dei suoi membri.
L'individuazione dei fattori di controtransfert più frequenti nel nostro campione di terapeuti.
L'analisi dei rapporti tra i fattori di transfert e controtransfert per l'individuazione di eventuali
modalità peculiari delle relazioni terapeutiche con questa specifica tipologia di pazienti. L'analisi
dei loro vissuti. Il lavoro ha previsto l'invio di un plico a tutti terapeuti iscritti all'elenco degli
psicoterapeuti dell'ordine degli psicologi delle tre regioni, Sicilia Campania e Calabria. Il plico
conteneva un questionario costruito ad hoc, finalizzato a conoscere: il contesto istituzionale in cui
operano psicoterapeuti e in cui viene accolta la richiesta d'aiuto proveniente dal mondo mafioso, la
durata del trattamento; età e sesso del paziente il grado di parentela con i membri
dall'organizzazione criminale, ramo della famiglia del paziente appartenente all'organizzazione
criminale, emozioni, sogni, eventuali eventi critici che hanno portato alla richiesta d'aiuto; problemi
psicopatologici; dati sullo psicoterapeuta; lavoro psicologico. Il questionario prevedeva anche uno
spazio per la raccolta dei resoconti di casi clinici di questa specifica tipologia di pazienti. Oltre al
questionario sopra descritto sono stati utilizzati altri strumenti volti sia alla comprensione del
controtransfert ossia l'analisi delle reazioni del terapeuta nei confronti dei pazienti appartenenti al
mondo mafioso, sia del transfert ossia del modo di porsi e di vivere la relazione con terapeuta del
paziente seguiti dagli stessi psicoterapeuti. Dei 3085 plichi inviati ai colleghi delle regioni target
della ricerca solo 64 sono stati restituiti e di questi solo 27 contenevano i dati richiesti. I risultati del
presente lavoro fanno riferimento ad un campione di 81 pazienti provenienti dal mondo familiare
che pongono la loro domanda di cura ad un contesto istituzionale prevalentemente pubblico. Le
problematiche presentate al terapeuta durante i primi colloqui riguardano l'utilizzo di sostanze
stupefacenti conflitti di tipo famigliare sintomi ansiosi iperattività e comportamenti oppositivi e di
condotta per quanto attiene ai soggetti del campione appartenente alla fascia adolescenziale. Le
diagnosi realizzate dagli psicoterapeuti del nostro campione sono prevalentemente disturbi d’ansia,
disturbo di personalità, dipendenza da sostanze, depressione maggiore. La sofferenza del mondo
mafioso si esprime prevalentemente attraverso la voce dei figli e delle mogli e dei nipoti solo il 4%
dei pazienti è un affiliato al clan mafioso. Il trattamento proposto ai pazienti è prevalentemente di
tipo psicoterapeutico individuale. Tuttavia un’alta percentuale di psicoterapeuti ha incontrato i
familiari dei propri pazienti che erano a conoscenza del percorso psicoterapeutico del loro familiare.
Le relazioni controtransferiali alla notizia sono soprattutto di interesse e curiosità ma anche di
inquietudine. Pochi psicoterapeuti del nostro campione rivelano la paura rabbia dinanzi alla
scoperta delle matrici mafiose del proprio paziente. Per quanto riguarda il dropout il 46% porta a
termine il percorso terapeutico e il 32% interrompe terapia. Una motivazione della difficoltà di stare
nel setting psicoterapeutico è il rispetto delle regole, infatti, è difficile costruire una buona alleanza
terapeutica con questi pazienti e mantenere le regole legate al tipo di lavoro, una buona percentuale
di pazienti porta a buon fine il percorso terapeutico. Il senso di inquietudine persiste connesso al
riconoscimento delle matrici mafiose del paziente e il sentimento di sentirsi impotente può
ostacolare la costruzione di una buona alleanza terapeutica e giocare un ruolo determinante nel
processo di cura tanto da sfociare in abbandoni. Sentirsi inadeguati è indicativo di un
riconoscimento da parte del terapeuta della necessità di una competenza specifica per lavorare con
questi pazienti. Il sentirsi da parte dei terapeuti genitori e protettivi evidenzia la tendenza a
proteggere i pazienti da quel mondo violento e difficile fonte di molteplici sofferenze per gli stessi e
di conflitti psichici difficilmente esprimibili. Alcuni pazienti contribuiscono attivamente alla
costruzione di un’alleanza terapeutica positiva e vivono l'esperienza della relazione terapeutica
come confortevole e sicura.
Altri pazienti invece compiono nel processo terapeutico in atto uno sforzo per evitare una relazione
significativa con il terapeuta, una dipendenza da lui. Nel setting terapeutico l’altro-psicoterapeuta
può essere anche inconsciamente fonte di pericolo psichico sia perché propone un percorso di
cambiamento sia perché può divenire un polo significativo con cui è possibile creare un legame. Il
mondo relazionale del mafioso e dei suoi familiari si conferma come organizzato intorno ad una
psicologia di tipo paranoideo caratterizzata da sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri; ma
anche dal distacco emotivo e da una forte difficoltà a stabilire relazioni sociali oltre che ad un forte
disagio nelle relazioni intime. Non di rado con pazienti appartenenti a mondi di mafia gli
psicoterapeuti si trovano a fare i conti con persone arrabbiate e rivendicative. Questo atteggiamento
transferiale che sottende rabbiose ed eccessive richieste da parte del paziente al terapeuta sembra
tradire una sorta di arroganza e prepotenza nella richiesta d'aiuto: molto probabilmente si tratta di
uno stile relazionale che solitamente i mafiosi impiegano nel sociale. L'altro è nuddu ammiscatu cu
nenti è un oggetto da criticare e maltrattare da disconfermare per poter affermare la potenza
incondizionata del sistema super individuale mafioso. In Sicilia coloro che cercano sostegno
psicologico sono pazienti motivati spesso parenti di uomini d'onore che molto hanno sofferto la
vicinanza a questo mondo e che attraverso la psicoterapia ricercano modelli di identificazione
alternativi. Tutto ciò sembra muovere nei clinici siciliani un desiderio di accadimento e
sollecitudine destinato ad offrire uno spazio psichico di autonomia che per un lungo tempo è stato
costretto e soffocato dal pensare mafioso. In sostanza sentimenti antimafia. La Calabria è la regione
che ha risposto in minor misura alla sollecitazione proposta delle ricerche ed è chiaro come questo
in qualche modo rientra nella fenomenologia della 'ndrangheta la quale come è noto descrive una
mafia rudimentale chiusa e rinserrata nelle sue cellule familiari. Si riscontrano trattamenti intensi
molti dei quali andati a buon fine. I terapeuti riportano sensazioni di particolare intimità e di
complicità con pazienti che lottano contro i propri fantasmi familiari, il cui dolore mentale, segnato
da laceranti contraddizioni interne non sembra ostacolare la motivazione e l'impegno nella ricerca
del benessere. La Campania è stata la regione più feconda in termini di dati anche le correlazioni tra
transfert e controtransfert prevalenti si presentano ricchi di possibilità interpretative. In Campania
l'orrore della guerra tra le cosche si consuma alla luce del sole e lo spargimento di sangue è il mezzo
più frequente utilizzato per regolazione dei conti. Il vissuto dei pazienti sarebbe dunque più
traumatico e la situazione terapeutica percepita come in continuità con una realtà esterna
minacciosa e persecutoria.
È interessante notare che gli psicoterapeuti sembrano abbastanza consapevoli di provare certe
reazioni emotive. Molto probabilmente una volta pensate ed interiormente attraversate
l'appartenenza culturale e il riconoscimento di una mafia dentro possono rappresentare per gli
psicoterapeuti meridionali un plusvalore che si aggiunge alla formazione tecnico-terapeutica nel
lavoro con questi pazienti. Forse psicoterapeuti consapevoli della condivisione di codice
appartenente alla cultura mafiosa sarebbero maggiormente in grado di sottrarsi alla manipolazione,
aprendosi un varco nelle rigide strutture mafio-identitarie al fine di introdurre un pensiero sulla
diversità.
CAP.7
UN ULTERIORE RISULTATO
Gli obiettivi di questa ricerca sono di approfondire ulteriormente: analizzare le trasformazioni che
l'organizzazione mafiosa ha subito negli ultimi anni, le crisi che hanno attraversato e i suoi aspetti
psichici; approfondire i vissuti di sofferenza che hanno modificato il rapporto tra l'organizzazione
mafiosa e le famiglie degli affiliati; studiare i vissuti di psicoterapeuti nell'incontro con le famiglie
di mafia. Il seguente lavoro di ricerca ha avuto in particolare lo scopo di esplorare il desiderio dei
soggetti che in qualche modo sono in relazione con il mondo mafioso di rompere questo legame
anche psicologico mettendo così in crisi l'organizzazione. Si tratta come si vede di un aspetto di
particolare rilevanza sociale. I partecipanti a questo gruppo di approfondimento sono 25
psicoterapeuti siciliani di età media di 45 anni che da tempo si occupano del lavoro con l'universo
mafioso e sono interessati allo studio della sua struttura delle crisi e delle trasformazioni che questo
ha subito negli anni fino ad arrivare ad una richiesta di aiuto psicoterapeutico che ha inizialmente
colto di sorpresa i professionisti. Alcuni si sentono intrappolati in una gabbia di vetro che non
riescono a rompere, con dei vissuti di soffocamento che non permettono loro di vivere liberamente
la loro vita, di costruirsi un futuro libero da ogni pregiudizio, della vergogna degli sguardi della
gente comune, delle voci continue che sentono sussurrare in silenzio, da un senso di vuoto che non
permette loro di essere gli uomini e le donne vorrebbero essere. Quest'appartenenza allo stesso
territorio sociale per la condivisione di alcuni valori che però in cosa nostra sono estremizzati
perché funzionali al raggiungimento degli obiettivi criminali dell'organizzazione, costringe il
terapeuta a confrontarsi costantemente con molti aspetti di se e con forti emozioni e risonanze. La
cultura della cura cui appartengono gli psicoterapeuti intesa nelle sue diverse declinazioni nella
quale essi sono conosciuti e di cui fanno parte è portatrice di valori opposti a quelli mafiosi. Per
esempio l'interesse nei confronti dell'altro sofferente, il desiderio di aiutare la lotta alla saturazione
del mondo interno dell'individuo, l'indifferenza per l'umanità dell'altro tipica del pensiero totalitario
trova qui una sorta di perfezione totalizzante. Altro elemento che emerge nel gruppo è la sicilianità
fatta da un lato di creatività e dell’altro di distruttività e violenza un intreccio tra culture dunque
quelle presenti sul territorio, la cultur