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Desensibilizzazione sistematica-esposizione: la desensibilizzazione è una
procedura di contro-condizionamento: se uno stimolo produce una risposta
inadeguata, si può affrontare il problema associando lo stimolo fobico a un altro
stimolo antagonista dell’ansia, così che non provoca più agitazione. È
necessario costruire insieme al paziente una gerarchia degli stimoli ansiogeni e
cominciare da quelli che producono meno ansia e proseguire via via secondo il
principio della gradualità. La desensibilizzazione sistematica può essere in
immaginazione o in vivo e, in questo caso, si parla anche di esposizione:
esporre il paziente, in modo graduale, agli stimoli che gli determinano ansia
così che le risposte di fuga e di evitamento non vengano più rinforzate
negativamente.
Estinzione: il morire di un comportamento che non funziona, che non produce
nulla di utile per l’individuo. Spesso si verifica spontaneamente ma può anche
essere programmata e trasformarsi così in una tecnica di intervento: evitare,
per quando possibile di rinforzare i comportamenti inadeguati. Non si usa mai
da sola ma è un aiuto prezioso se usata in associazione al rinforzamento
differenziale e al modellaggio. Può servire anche a ridurre risposte emozionali.
Generalizzazione: capacità di usare anche in contesti differenti le abilità
apprese in un contesto specifico. La generalizzazione va di pari passo con il
parent training perché se i genitori riescono a riprodurre a casa le condizioni
che hanno funzionato nello studio dello psicologo, questo aumenta la
probabilità che il bambino metta in atto anche con il papà e la mamma le
nuove abilità delle quali si è impadronito. Un discorso analogo può essere fatto
anche con le insegnanti nel contesto scolastico.
Lettura funzionale: particolare tipo di lettura, adattata a soggetti con ritardi
importanti, che consiste nell’insegnare una capacità di riconoscimento di
alcune parole che svolga una funzione pratica nella vita di tutti i giorni.
Analogamente anche il linguaggio e la capacità di calcolo possono essere
insegnati in modo funzionale.
Matrici progressive: ideate da Raven negli anni ’30, valutano l’intelligenza
cercando di escludere le influenze culturali, in primis la lingua; sono costituite
da figure astratte legate insieme da una logica a difficoltà crescente che il
soggetto deve via via scoprire per dare la risposta corretta; la risposta può
semplicemente indicando la figura scelta e dunque non è necessario il
linguaggio produttivo, così come non sono necessarie conoscenze specifiche,
per esempio, di tipo scolastico Sono un buon indicatore del fattore g di
Spearman, cioè della così detta intelligenza generale, sebbene sia rirealistico
pensare di poter misurare l’intelligenza in modo indipendente dalle esperienze
e dalla cultura; sono veloci e semplici da somministrare dal momento molto
gradite dai bambini (le vedono come un gioco) e utili come strumento di primo
approccio ai bambini difficili. Sono disponibili molte versioni di Matrici
Progressive, diverse per difficoltà e per età di destinazione; oggi esistono anche
le CPM ossia le matrici progressive colorate per bambini dai 5 agli 11 anni.
Metacognizione: la metacognizione è il pensiero sul pensiero.
Metarappresentazione: capacità di riflettere sulle proprie rappresentazioni
mentali e di esserne consapevoli.
Modellaggio: quando un bambino emette una risposta corretta, adeguata,
adattiva, conforme all’obiettivo didattico programmato, dovrebbe ricevere un
rinforzatore, perché aumenti la probabilità che risposte simili si ripresentino in
futuro. Il modellaggio consiste nel rinforzare quei comportamenti che più si
avvicinano all’obiettivo, anche se ne sono ancora distanti capacità, da parte
dello psicologo, dell’educatore e dei genitori, di accontentarsi delle risposte
anche solo parzialmente positive che il bambino sa dare.
A mano a mano che il bambino mostra di migliorare alcuni comportamenti e
alcune abilità, il modellaggio consisterà nel rinforzare comportamenti sempre
più vicini alla meta, fino a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Questa tecnica ha tra i sui scopi quello di migliorare la relazione dal momento
che il rinforzamento è un meccanismo relazionale.
Modellamento: impadronirsi di abilità e riproduzione di molti comportamenti
dopo aver osservato un modello; è una modalità di apprendimento basata
sull’osservazione di un modello e sull’imitazione del suo comportamento.
Parent training: strategia di coinvolgimento dei genitori nel processo
educativo, riabilitativo e psicoterapeutico. Non si limita agli interventi
comportamentali nei confronti dei genitori, ma prevede un lavoro anche sugli
aspetti cognitivi ed emozionali. Gli obiettivi fondamentali:
1. imparare a comprendere e a circoscrivere il problema del figlio
2. imparare che il problema può essere affrontato
3. imparare che ci sono strategie più adeguate di altre per affrontarlo,
conoscere queste strategie, scegliere le migliori e metterle alla prova.
4. Modificare l’atteggiamento verso il problema del figlio, acquisendo la
consapevolezza che le cose, entro certi limiti, possono essere cambiate.
5. Trasformare il senso di colpa in consapevolezza che gli eventuali errori
del passato possono servire per comportarsi in modo più corretto in
futuro.
Primo colloquio con i genitori: non c’è unanimità sul modo di condurre il
primo colloquio con i genitori; alcuni sostengono che vada condotto alla
presenza dei genitori e del bambino per valutare, fin da subito, le modalità di
attaccamento; altri ritengono che invece vada condotto alla sola presenza dei
genitori: questo comporta il vantaggio di poter parlare in modo libero dei
problemi del figlio e anche delle angosce che il figlio suscita senza dover stare
attenti a come si parla per timore di dire cose traumatiche per il bambino. di
solito si segue uno schema di domande che non è rigido ma è sempre adattato
in modo flessibile alle necessità del genitore e del momento così che è
possibile cambiare la successione delle domande, soffermarsi più su alcune e
meno su altre.
Il colloquio con i genitori si compone di una serie di fasi:
1. manovre di apertura e di ascolto: lo psicologo si limita a cercare di
mettere i genitori a proprio agio e ad ascoltare quello che hanno da dire,
qualsiasi cosa loro vogliano raccontare oltre ai motivi inerenti al loro
figlio. Questa fase serva a costruire una relazione e spesso può capitare
che vengano fornite informazioni importanti.
2. focalizzazione del problema: i genitori, all’inizio, parlando del problema
del figlio a modo loro, a volte confusamente, a volte sottolineando aspetti
importanti per loro ma tralasciandone altri altrettanto importanti. In
questa fase bisogna mettere un po’ di ordine per cercare di capire il
problema con un po’ più di chiarezza.
3. Anamnesi: raccolta di notizie sulla gravidanza, il parto, le eventuali
complicazioni avvenute e le eventuali cure di cui il bambino ha avuto
bisogno, il periodo della degenza in ospedale, le dimissioni,
l’alimentazione e il sonno, le prime tappe dello sviluppo, la
deambulazione autonoma, le prime parole, le malattie degne di nota e,
eventuali cure o ospedalizzazioni. È importante anche ricostruire
eventuali disturbi mentali nei genitori e nelle loro famiglie.
4. Scuola
5. Famiglia: raccogliere notizie sulla composizione della famiglia, sul lavoro
dei genitori, sulla presenza di fratelli o altri conviventi, sullo stato delle
relazioni tra i vari membri del nucleo familiare.
6. attività extrascolastiche: quali attività svolge, scelte da chi, con che
frequenza, con che motivazione, con quanto impegno e sistematicità.
Sono importanti anche per eventuali interventi.
7. socialità e amicizie: la capacità di stare con gli altri, di interagire in modo
costruttivo e soddisfacente, il numero e la qualità delle relazioni sociali
sono elementi diagnostici e prognostici importanti.
8. Riassunto: in questi modo lo psicologo può controllare di aver capito e i
genitori possono avere una prima esperienza positiva di essere stati
ascoltati e compresi. Lo psicologo riprendendo i punti salienti invita i
genitori a correggerlo o ad aggiungere altre informazioni.
9. ascolto libero e conclusivo: ricognizione di particolari eventualmente
trascurati.
10. Accordi: prima di mandare via i genitori è bene prendere accordi
precisi; lo psicologo spiegherà come intende vedere il bambino, cosa farà
con lui, come non sia obbligatorio che resti, fin da subito, da solo nello
studio. Tutto ciò deve essere fatto con i modi più tranquillizanti possibili e
con molta comprensione per le difficoltà che i genitori possono provare
all’idea di lasciare il figlio nelle mani di uno “strizzacervelli”. I genitori
saranno invitati a non raccontare bugie al figlio ma a prepararlo
adeguatamente alla consulenza.
Problem Solving: insegnare al paziente a vedere le sue difficoltà in termini di
problemi, cioè di situazioni difficili che possono però, almeno entro certi limiti,
avere delle soluzioni che dovranno essere cercate insieme al terapeuta. 1.
Riconoscere il problema e capire che una soluzione può, per lo meno, con
calma, essere cercata; 2. Definire il problema uscendo dalla vaghezza; 3.
Cercare insieme possibili soluzioni; 4. Scegliere una soluzione; 5. Mettere alla
prova la soluzione e valutare i risultati.
Prove MT: prove obiettive e standardizzate sulla popolazione italiana per la
valutazione delle abilità di lettura. In un primo tempo vennero pubblicate per
tutte e cinque le classi della scuola elementare, e in secondo tempo sono
uscite anche per la scuola media inferiore. Si tratta di prove piuttosto semplici
da somministrare, anche da parte di insegnanti, e straordinariamente efficaci:
permettono di ottenere una misurazione obiettiva della rapidità di lettura, della
correttezza e della comprensione del testo. In questo modo si conoscono le
abilità del bambino o di un intera classe (programmazione didattica in ingresso,
in itinere e in uscita).
Relazione di aiuto: metodologia di intervento che tende a dare la precedenza
alla costruzione di un particolare rapporto con il paziente, detto empatico, cioè
orientato a mettersi nei panni dell’altro, a comprenderlo, in qualche modo a
soffrire con lui. Tale approccio è definito anche rogersiano o terapia centrata sul
cliente. Gli obiettivi principali:
1. il paziente deve imparare a guardarsi dentro
2. deve imparare a comprendersi
3. deve partire