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AUTISMO

È piuttosto articolato in questo momento affrontare la questione della diagnosi dei disturbi dello

spettro autistico, perché è uscito il DSM V così che alcune cosa sono sostanzialmente cambiate,

soprattutto dal punto di vista concettuale; non tanto perché sono stati identificati dei markers

diversi o siano stati identificati dei sintomi più raffinati, ma perché concettualmente è stata

modificata l’impostazione diagnostica e la possibilità di avere in comorbilità disturbi evolutivi e

gravi.

L’autismo è stato riconosciuto come patologia molti anni fa. Nel 1943 c’è la prima descrizione da

parte di uno psichiatria americano, Leo Kanner , che riconosce la triade che tutt’oggi (fino al DSM

IV) è stata la triade classica su cui si è basati per fare diagnosi; essa e riguarda la compromissione

delle capacità di interazione sociale, la compromissione delle capacità di comunicazione (intese

come comunicazione sociale e non solo come comunicazione esclusivamente verbale) e la

presenza di interessi molto ristretti per focalizzazione e bizzarria, interessi ripetitivi e stereotipati.

L’esordio di questi sintomi tende a essere precoce (prima dei 3 anni di età), anche se questo non

significa che la diagnosi non può essere fatta anche in epoche più tardive.

Vi è poi una eterogeneità fenotipica dei disturbi dello spettro autistico piuttosto marcata e anche

questo è un fattore di complicazione rispetto alle possibilità diagnostiche.

Comunque, anche da parte di Leo Kanner, quindi già nel 1943, il disturbo autistico era riconosciuto

come un disturbo dello sviluppo.

Nel DSM IV, sotto il grande cappello dei disturbi dello spettro autistico, venivano poste le diagnosi

di disturbo autistico, disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di

Asperger; queste coprivano la maggior parte delle diagnosi dei disturbi dello spettro autistico, ma

poi erano affiancate anche dal disturbo disintegrativo dell’infanzia e dalla sindrome di Rett.

Il disturbo disintegrativo dell’infanzia è una forma particolare di disturbo dello spettro autistico

caratterizzata da uno sviluppo assolutamente normale nei primi 2 anni di età, seguito da una

regressione e perdita delle abilità di comunicazione e interazione sociale dopo i 2 anni.

Generalmente è associato, nei rari casi in cui viene descritto, a patologie organiche insorte

successivamente alla nascita.

La sindrome di Rett è una sindrome di natura genetica. Nei due terzi dei casi è provocata da una

mutazione di un gene specifico (MECP2) che ha come caratteristiche fenotipiche lo sviluppo

normale nel corso del primo anno di età, seguito da un rallentamento di crescita del Sistema

Nervoso Centrale, accompagnato da microcefalia acquisita e la comparsa di una serie di

sintomatologie che ricordano molto i disturbi dello spettro autistico associati anche a movimenti

particolari delle mani, movimenti stereotipati, come il lavaggio continuo delle mani, e ad una

ulteriore regressione dello sviluppo con perdita delle abilità motorie, difficoltà anche nella

respirazione; le prognosi non sono sempre positive, nel senso che spesso queste bimbe (nella

quasi totalità del casi la sindrome di Rett è una sindrome che riguarda il sesso femminile) vanno

incontro, oltre che a disturbo autistico, anche a disturbi tipo tetraparesi spastiche, difficoltà

respiratorie ed epilessia. Si tratta quindi di una sindrome neurobiologica complicata a origine

genetica.

Nel DSM V questa distinzione dei disturbi presente nel DSM IV ora non c’è più; esiste un unico tipo

di classificazione, quella dei disturbi dello spettro autistico.

La prevalenza, che riguarda diagnosi fatte sulla base dei criteri del DSM IV o del ICD10, si

attestava a 20-80 soggetti su 10 000 soggetti nel 2005 con un rapporto maschio-femmina di 4,3:1.

Attualmente sono stati pubblicati diversi lavori di revisione che hanno dimostrato un reale aumento

della prevalenza dei disturbi dello spettro autistico e che hanno portato a stime molto diverse

rispetto a quelle a cui eravamo abituati fino a qualche certo tempo fa, che facevano considerare i

disturbi dello spettro autistico ancora tra i disturbi rari, nell’ambito delle malattie a bassa frequenza.

Studio del CDC di Atlanta: lo studio ha preso in considerazione diversi stati degli Stati Uniti e, in

particolare, ha fatto una revisione di tutte le cartelle cliniche dove erano riportate diagnosi o di

disturbi pervasivi dello sviluppo o di ritardi dello sviluppo. Ha ricodificato le diagnosi sulla base

della rilettura dei criteri del DSM IV. Quello che si è dimostrato è che applicando in modo corretto

le più recenti acquisizioni in termini di fenotipi autistici, la prevalenza del disturbo è sicuramente

superiore, nel senso che vengono riconosciute appartenenti ai disturbi dello spettro autistico forme

che in precedenza venivano classificate semplicemente come ritardi dello sviluppo cognitivo.

Un altro studio riporta il numero di nuovi casi di autismo nello stato della California effettuato

all’interno dei servizi che si occupano di developmental disorders, el periodo tra il 1990 e 2006; il

rate è di 0.8 nel 1990 e passa a un rate di 11.2 nel 2006 per 10 000 soggetti per anno, quindi un

incremento di una discreta importanza in una popolazione che ha una età compresa tra 0-4 anni.

Mentre nel 1990 si osserva una incidenza cumulativa intorno ai 10 verso i 9 anni di età, man mano

che ci spostiamo e arriviamo al 2003 (quindi nell’arco di una decina di anni) c’è un numero

significativamente maggiore di casi già diagnosticati all’età di 2 anni. Questo cosa significa?

Significa che accanto a una revisione critica dei criteri che servono per fare diagnosi per i disturbi

dello spettro autistico, che ci porta a riconoscere i fenotipi in modo sempre più raffinato, si è

sviluppata anche una maggiore capacità di riconoscere questi sintomi in età più precoci.

Inoltre nelle diagnosi dei disturbi dello spettro sono state incluse anche forme più lievi che in

precedenza prendevano diagnosi di tipo diverso, in particolare le cosiddette forme ad alto

funzionamento che in precedenza venivano per classificate all’interno dei disturbi di personalità di

tipo schizoide, oppure non venivano diagnosticate. Anche questa nuova considerazione

diagnostica ha portato a un aumento della prevalenza dei disturbi dello spettro autistico.

Quali sono le anomalie dei disturbi dello spettro autistico?

- anomalie dell’interazioni sociali: marcata compromissione nell’uso dei comportamenti non

verbali che sostengono l’interazione come lo sguardo diretto, la mimica, i gesti; grave

difficoltà a sviluppare e a mantenere relazioni con i coetanei, relazioni che vanno

chiaramente rapportate al livello di sviluppo del ragazzino in questione; mancata ricerca

spontanea della condivisione di emozioni e di sentimenti e mancanza di reciprocità sociale

emotiva.

- anomalie della comunicazioni: ritardo o totale mancanza di sviluppo di linguaggio verbale. Il

50% dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, soprattutto le forme associate a ritardo

mentale, presenta un sviluppo del linguaggio molto parziale se non del tutto assente.

Adesso le cose sono un po’ diverse perché diagnosticandoli sempre più precocemente la

possibilità di mettere in campo degli interventi sempre più presto fa sì che anche forme

associate a ritardo cognitivo lieve o medio possano in qualche modo sviluppare un

linguaggio parziale; i soggetti autistici che non hanno assolutamente il linguaggio sono

molto mento frequenti oggi rispetto a vent’anni fa quando invece rappresentavano la forma

prevalente e più conosciuta (il classico autismo di Kanner completamente isolato e

mutacico). Nei soggetti con uno sviluppo del linguaggio fluente, quindi nei soggetti ad alto

funzionamento, il linguaggio è comunque caratterizzato da difficoltà nell’utilizzo del

linguaggio per sostenere le conversazioni, i dialoghi e le interazioni di tipo verbale; vi

possono essere anche delle eccentricità linguistiche come, per esempio, uso di neologismi,

di frasi stereotipate e ripetitive, uso dell’ecolalia differita cioè la ripetizione di frasi che

vengono estrapolate da altri contesti e utilizzate in contesti differenti.

Vi è una mancanza parziale o totale, a seconda della forma e della severità, di giochi di

simulazione, di giochi simbolici di tipo creativo.

- anomalie nell’ambito degli interessi: emergono interessi ristretti, pervasivi, stereotipati e

anomali per intensità e focalizzazione. Quali possono essere gli interessi? Interessi

prevalentemente per oggetti di tipo inanimato (giocattoli non vengono utilizzati come tali ma

interesse a parti di questi oggetti come, per esempio, le ruote). Altri tipi di attività ripetitive

possono essere l’accendere e lo spegnere le luci in modo stereotipato e ripetitivo, oppure

l’aprire e chiudere gli sportelli o le porte. Altri tipi, però particolarmente intensi, possono

essere quelli visivi: l’interesse per l’osservazione dei dettagli e una osservazione visiva

bizzarra per la modalità con cui è condotta oppure per quello che si sta osservando (es.

l’alternanza delle luci-ombre delle persiane o la presenza di lampade che creano effetti di

luci e ombra). Meno frequenti sono gli interessi sensoriali e intensi a carico di altre modalità

che non siano quella visiva; sono presenti ad esempio interessi olfattivi (sniffinig) che

portano ad annusare materiali che sono di per sé inodori, interessi di tipo tattile per

apprezzare e per sentire le differenze delle consistenze, selettività alimentare che deriva da

un’intolleranza, per esempio, a consistenze di certi cibi differenti che richiedono un

impegno particolare nella masticazione (es. carne è uno dei cibi che viene più

frequentemente rifiutato da ragazzini autistici).

Possono avere, sempre all’interno della ripetitività dei comportamenti, dei rituali rigidi che

hanno la necessità di rispettare. Sono delle routine che possono essersi creati

autonomamente (sequenze comportamentali) o che derivano dall’impostazione della

giornata fatta in un certo modo; con i bambini autisti diventa difficile uscire da delle routine

che si sono stabilite. Molto spesso, per esempio, i bambini sotto i 3 anni di età nella fase di

acquisizione del controllo sfinterico si nascondono dietro i mobili e si scaricano

esclusivamente all’interno del pannolino, senza che questo implichi una compromissione

del controllo sfinterico che è comunque acquisito.

Qualsiasi tipo di interruzione e di modificazione può essere una fonte di preoccupazione e

di ansia.

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sarettebo.91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicopatologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università Vita-Salute San Raffaele di Milano o del prof Di Mattei Valentina.