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MEMORIA A LUNGO TERMINE
Sia la componente implicita che la componente esplicita si sviluppano a partire dai 6 anni: per
quanto riguarda la memoria implicita, il bambino risulta in grado di acquisire conoscenze
procedurali sempre più complesse mentre, per quanto concerne la memoria esplicita, si sviluppa
molto la memoria episodica, sia autobiografica sia memoria di eventi. Un notevole sviluppo
continua a coinvolgere la memoria semantica, la quale immagazzina le rappresentazioni dei concetti
e delle loro relazioni, la cui genesi dipende dai processi di astrazione e che evolvono, a partire dalla
memoria episodica, attraverso gli scripts: questi ultimi non descrivono l’evento dettagliato, ma la
gamma di variabili che definiscono la situazione in cui un evento ha luogo. In breve, i bambini
piccoli hanno la tendenza ad immagazzinare i ricordi in modo episodico, mentre, con l’aumentare
dell’età, si sviluppa la capacità di utilizzare dei concetti, tipici della memoria semantica.
STRATEGIE DI MEMORIA
Tra i 5 ed i 14 anni si assiste, pertanto, allo sviluppo di varie capacità di memoria, dovuto a diversi
fattori. Fondamentale è, chiaramente, lo sviluppo delle capacità di base, con un aumento della
velocità di elaborazione e della capacità di memoria. A questo si aggiunge l’acquisizione, da parte
del bambino, di nuove conoscenze, che rendono più facile l’utilizzo di strategie di memoria e, di
conseguenza, l’immagazzinamento del ricordo.
Per quanto riguarda l’uso delle strategie, già a 2-3 anni il bambino è in grado di ricorrere a strategie
esterne per favorire il ricordo: per esempio, dovendo ricordare uno stimolo in particolare, tende a
guardare spesso nella sua direzione. Verso i 7 anni, compare l’uso spontaneo della reiterazione, la
quale è, in realtà, conosciuta anche più precocemente e può essere facilmente appresa con training
specifici, anche se il bambino è, poi, poco incline ad utilizzarla in contesti diversi. A circa 9-10
anni, comincia ad essere utilizzata la strategia dell’organizzazione, cioè organizzare il materiale da
ricordare in categorie semantiche, dotate di significato. Nell’adolescenza, fa la sua comparsa
l’elaborazione, una strategia di memoria che consiste nell’inserire gli items da ricordare in una
struttura dotata di significato: per esempio, è possibile ricordare una serie di parole inserendole
all’interno di un racconto o di una frase che abbia un senso.
Pur avendole imparate e pur sapendo della loro esistenza, i bambini possono essere restii ad
utilizzare le strategie di memoria: questo accade perché si tratta di processi mentali che richiedono
impegno e che sono, quindi, stancanti. Entra in gioco, tuttavia, anche la metamemoria: i bambini,
infatti, sono convinti che la memorizzazione sia un processo automatico e che non richieda nessuno
sforzo da parte loro; solo col tempo, capiscono che si tratta, in realtà, di un processo volontario, che
richiede uno sforzo cognitivo attivo.
CAPITOLO 6 – LO SVILUPPO CONGITIVO: CONTRIBUTI DI ORIENTAMENTO
PIAGETIANO
Piaget ha suddiviso lo sviluppo cognitivo del bambino in quattro stadi, che si differenziano tra loro
da un punto di vista qualitativo e che hanno dei confini temporali abbastanza ben definiti. Questi
stadi sono, inoltre, da intendersi come una traiettoria di sviluppo fissa, il che significa che il loro
ordine è invariabile, si presenta uguale per tutti gli individui.
Stadio senso-motorio
Nello stadio senso-motorio, che va da 0 a 2 anni, il bambino conosce la realtà esterna
principalmente attraverso i sensi ed i suoi movimenti nel mondo fisico. Questo stadio può essere
suddiviso in sei sottostadi: nei primi tre, si assiste ad un globale perfezionamento dei riflessi del
bambino ed alla messa in atto di azioni sul reale non guidate dall’intelligenza, nel quarto e nel
quinto, si sviluppa l’intelligenza senso-motoria mentre, nell’ultimo, fanno la loro comparsa i primi
veri atti di intelligenza, guidati dal pensiero. I sottostadi vengono descritti di seguito:
1. 0-1 mese perfezionamento dei riflessi;
2. 1-3 mesi il bambino comincia a mettere in atto dei comportamenti diretti al proprio corpo
(ad esempio, succhiarsi il pollice) e li ripete, dal momento che questo gli provoca piacere.
Tali comportamenti sono le reazioni circolari primarie, movimenti semplici e non finalizzati
ad ottenere un risultato apparente dal mondo esterno. In questa fase, un qualsiasi oggetto che
sparisca dal campo percettivo del bambino viene dimenticato, visto che non è ancora stata
acquisita la costanza d’oggetto. Risultano, tra l’altro, assenti delle vere e proprie nozioni
spaziali, temporali e causali;
3. 3-8 mesi le azioni compiute dal bambino iniziano a produrre un risultato sull’ambiente
esterno e sono reazioni circolari secondarie, assimilabili a “condotte magiche” destinate a
far durare degli “spettacoli interessanti”. Non si può ancora parlare di comportamenti
intelligenti, dal momento che il rapporto tra mezzi e fini viene scoperto in modo casuale;
4. 8-12 mesi si assiste allo sviluppo dell’intenzionalità e si può parlare di intelligenza vera e
propria, con atti finalizzati a risolvere un determinato problema. E’, però, ancora
un’intelligenza senso-motoria, poiché il bambino non è capace di utilizzare immagini ed
azioni mentali. La nozione di oggetto si consolida sempre di più fino ad arrivare alla
costanza d’oggetto (il bambino cerca e raggiunge l’oggetto perduto, servendosi di mezzi
intermedi, come può essere la tovaglia, che viene tirata per far cadere il giocattolo dal
tavolo, e della locomozione) e si sviluppano le nozioni spaziali, temporali e causali. Un
segno dello sviluppo neurofisiologico è costituito dalla capacità di inibire un’azione
comportamentale, come accade quando il bambino lascia un oggetto per prenderne un altro e
non cerca più di prenderne due insieme;
5. 12-18 mesi i progressi intellettuali del bambino si manifestano per mezzo di una continua
sperimentazione. Egli, camminando, esplora il mondo circostante ed utilizza tutto ciò che
trova. Per mezzo delle sue azioni, ottiene dei risultati nuovi e giunge volontariamente e non
più in modo fortuito alla scoperta di nuove relazioni tra gli oggetti, i quali oggetti devono
essere, però, presenti nel mondo fisico (queste solo le reazioni circolari terziarie);
6. 18-24 mesi in questa fase, si ha lo sviluppo del pensiero simbolico, il quale permette di
utilizzare rappresentazioni di oggetti non presenti nella realtà contingente, nel proprio
campo percettivo in un dato momento. Le parole vengono, a questo punto, sempre più
spesso utilizzate come simboli e non più solo come un accompagnamento dell’azione.
Un'altra conseguenza dello sviluppo del pensiero simbolico è la comparsa dei primi giochi
simbolici, in cui il bambino utilizza degli oggetti (per esempio, un bastone) “come se”
fossero qualcosa di diverso (per esempio, una spada). Questi giochi sono, secondo Piaget,
finalizzati alla soddisfazione di specifici bisogni dell’Io del bambino, quali possono essere il
bisogno di sentirsi grande (imitando l’adulto) o di controllare la realtà esterna; permettono,
anche, di scaricare energie, che sarebbero, altrimenti, controproducenti per lo sviluppo. A
livello spaziale, il bambino è in grado di rappresentarsi sia gli spostamenti che egli stesso ha
già effettuato sia quelli invisibili degli oggetti (per esempio, il movimento di qualcosa che si
muove dietro un mobile). Analoghi progressi si hanno relativamente alla nozione di tempo.
Riguardo la causalità, il bambino può, a questo punto, comprendere le cause di un evento
basandosi solo sull’effetto e viceversa.
Stadio preoperatorio
Lo stadio preoperatorio va dai 2 ai 7 anni ed è così definito dal momento che il bambino non risulta
ancora essere in grado di eseguire delle operazioni mentali: questo significa che è, per esempio, in
grado di risolvere un determinato problema ma che non sa, poi, descrivere a posteriori come ci sia
arrivato, dal momento che il pensiero è irreversibile. Altre caratteristiche del pensiero sono, quindi,
la rigidità, il carattere semi-logico (sono presenti delle credenze, come l’animismo, l’artificialismo
etc., che non rappresentano la natura del mondo reale) e l’egocentrismo intellettuale, il che significa
che il bambino non è in grado di comprendere che altre persone possono avere dei contenuti
mentali, dei pensieri, diversi dai propri. Si osserva, inoltre, una scarsa cognizione sociale, che
sfocia, per esempio, nei monologhi collettivi: più bambini possono parlare tra di loro ma è, in realtà,
come se ognuno stesse parlando solo a se stesso, dal momento che nessuno si aggancia a quanto è
stato già detto dagli altri.
Stadio operatorio concreto
Il pensiero ha perso le sue caratteristiche di rigidità, irreversibilità, semi-logicità ed egocentrismo
intellettuale, ma resta ancora un limite, che è quello della concretezza: il bambino, infatti, necessita
di basarsi su dati di realtà quando pensa. E’ in grado di categorizzare degli elementi, ma solo sulla
base di criteri di classificazione estremamente semplici e concreti, attraverso concetti di numero, di
area, di lunghezza e così via; in seguito, si aggiungono i concetti i peso e, poi, di volume.
Stadio operatorio formale
Il pensiero operatorio formale è caratterizzato da un ragionamento astratto, in grado di formulare
ipotesi persino sull’improbabile e l’impossibile. Si sviluppa nel periodo della scuola secondaria di
secondo grado ed è il pensiero al massimo livello di evoluzione. E’, anche, definito”ipotetico
deduttivo”, dato che prevede la capacità di condurre ragionamenti logicamente corretti e senza
avere più la necessità di partire da un’esperienza reale.
Sviluppo delle conoscenze
Piaget non si è occupato soltanto dello studio delle strutture mentali e della loro evoluzione nei
diversi stadi, bensì, anche, dello studio delle conoscenze del bambino:
- egocentrismo tendenza a non tenere sufficientemente in considerazione la possibilità che
esistano punti di vista differenti dal proprio;
- realismo tendenza ad attribuire più importanza ai dati percettivi che a quelli
rappresentativi ed a considerare come unica realtà quella visibile e materiale. Questo limite
influisce sulle nozioni inerenti il trascorrere del tempo e l’età: il bambino è portato a stimare
l’età di una persona basandosi più sulle caratteristiche fisiche evidenti che sull&rsq