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Linguaggio come interfaccia dei processi di cognizione sociale, linguaggio politicamente scorretto

Il linguaggio stesso è veicolo di stereotipi, pregiudizi, e bias attributivi; il modo di parlare di una persona può dirci

molto.

> Un elemento che può essere preso in analisi sono le etichette denigratorie (ED) che vengono utilizzate.

L’etichetta denigratoria (ED) è un termine emotivamente connotato che veicola un atteggiamento negativo nei confronti

di un individuo o di un gruppo. La valenza e la struttura semantica delle ED sono un buon indicatore del livello di

pregiudizio verso il gruppo: in genere meno familiare e più svaltuato è un gruppo, tanto meno complesse e tanto più

negative risultano le ED che vengono applicate a tale gruppo.

Sebbene prodotte dai gruppi dominanti, le ED possono essere utilizzate da quei gruppi che ne sono bersaglio;

solitamente a questa appropriazione si accompagna una trasformazione in positivo della valenza di tali etichette.

L’esposizione a ED influenza negativamente la valutazione degli individui che ne sono bersaglio ed i comportamenti nei

loro riguardi.

> Un altro tipo di linguaggio che denota una presenza di pregiudizi è il Maschile Generico, cioè la tendenza ad utilizzare

il maschile per indicare gruppi o insieme di persone composti da individui di entrambi i sessi. Si tratta di un linguaggio

sessista: le donne possono essere definite tramite aggettivi o nomi grammaticalmente marcati dal maschile, al contrario

gli uomini non sono mai definiti attraverso forme linguistiche la cui marcatura grammaticale è discordante rispetto al

genere sessuale. Studi empirici dimostrano che il maschile generico inibisce una rappresentazione anche femminile

dell’oggetto che definisce e viene elaborato come maschile specifico. Il maschile generico non solo non è universale ed

equamente applicabile a uomini e donne, ma altresì permette la trasmissione di stereotipi a livello interpersonale.

Linguaggio e pregiudizio mascherato

Le antiche forme esplicite di pregiudizio o di razzismo sono state soppiantate da nuove forme maggiormente nascoste.

Queste ultime si avvalgono di particolari strategie discorsive e retoriche per: presentare le visioni negative dell’outgroup

(di minoranza) e disuguaglianze sociali esistenti tra i gruppi le come ragionevoli e giustificabili, ma e allo stesso tempo

proteggere chi parla dall’accusa di razzismo o pregiudizio

Alcune di queste strategie sono:

> La negazione del pregiudizio = Rappresentazioni e valutazioni negative delle minoranze sono precedute da

espressioni di rifiuto del razzismo del tipo “Io non sono razzista ma…” oppure “Non ho niente contro gli immigranti

ma…”

> Fondare il proprio giudizio nel mondo esterno = Nel senso comune il pregiudizio viene associato all’irrazionalità, al

ragionamento debole, al giudizio non ponderato. Per apparire privi di pregiudizi è quindi importante presentare il proprio

punto di vista come ragionevole, razionale, frutto di riflessione. Un modo efficace per fare ciò è presentare il proprio

giudizio come un riflesso del mondo esterno piuttosto che dei propri processi psicologici interni (potenzialmente erronei

e razzisti).

> La presentazione positiva di se’ e negativa dell’altro = Presentarsi positivamente (come tolleranti, ospitali, razionali…)

serve a tutelarsi rispetto ad accuse di razzismo e, soprattutto quando questa presentazione è contrapposta ad una

negativa dei membri dell’outgroup (come criminali, devianti, passivi, culturalmente alieni,…) può essere un preludio

strategico ad azioni restrittive nei confronti dell’outgroup.

> La de-razializzazione del discorso = I giudizi negativi nei confronti dell’outgroup e la sua esclusione sociale

permangono all’interno di discorsi in cui il ricorso a categorie e spiegazioni razziali è ridotto al minimo, rimpiazzato dai

concetti di nazione e di identità nazionale.

> L’utilizzo di argomenti liberali per fini “illiberali” = Vengono invocati principi come la libertà, l’uguaglianza, il

progresso, l’individualismo, tipici della tradizione intellettuale liberale, per rendere conto e razionalizzare posizioni

illiberali in materia di relazioni intergruppi e tra etnie, posizioni che di fatto legittimano le disuguaglianze sociali

esistenti (es., “se tutti devono essere trattati allo stesso modo, allora non ha senso istituire ministeri sulla base della

razza”).

Come si origina il pregiudizio?

• Teorie socio-cognitive  Presupposto: il pregiudizio è un fenomeno intrinseco alla mente umana, è una

conseguenza dei normali processi di pensiero che si sviluppano in situazioni integruppo.

Comprende la Teoria dell’identità sociale (io = noi, se il mio gruppo è positivo io avrò più stima in me stesso) e

quella dell’Autocategorizzazione che abbiamo già visto.

• Teorie sociali  Presupposto: il pregiudizio è frutto di determinate dinamiche intergruppi. Comprende le teorie:

 Teoria del conflitto realistico (Sherif, 1961) = Alla base del pregiudizio vi è il conflitto per interessi

concreti: se le risorse materiali presenti nell’ambiente, ambite da più gruppi sociali, sono scarse, allora

tra i gruppi si scatenerà un conflitto che si manifesterà anche in termini di favoritismo e azioni

discriminatorie verso l’outgroup. Sherif vede il conflitto come qualcosa di negativo, nonostante spesso

sia l’unico modo che le minoranze hanno a disposizione per farsi sentire.

(Esperimento del campo estivo: dei ragazzi vengono assegnati a due gruppi -aquile e serpenti- in modo

casuale. In caso di competizione intergruppi si creavano atteggiamenti ostili verso l’outgroup, in caso di

cooperazione questi si riducevano. 30

 Teoria della Deprivazione Relativa = Il conflitto ed il pregiudizio possono essere favoriti da deprivazione

relativa, ovvero la percezione che gli altri si trovano in situazioni più vantaggiose o godono di privilegi

maggiori (Runciman, Gurr).

- Deprivazione realistica egoistica: il confronto si gioca tra sé e gli altri.

- Deprivazione realistica fraterna: il confronto si gioca tra il proprio gruppo di appartenenza e gli altri

gruppi.

• Teorie Individuali  Presupposto: il pregiudizio è proprio di chi possiede un certo tipo di personalità, riceve un

certo tipo di educazione o fa in quanto individuo certe esperienze.

 Teoria della personalità autoritaria = La personalità autoritaria è determinata da un clima familiare

rigido e repressivo durante l’infanzia: le pulsioni represse generano da un lato un rigido conformismo

alle regole (sottomissione all’autorità), dall’altro un’aggressività rivolta o verso i più deboli o verso le

persone che non rispettano le regole.

 Teoria dell’orientamento al dominio sociale = Le persone più orientate al dominio sociale, che tendono a

percepire gli altri in termini di gerarchie, amano essere in cima alla gerarchia e desiderano che i loro

gruppi sociali abbiano uno status più elevato, sono più inclini ad accettare i pregiudizi e a supportare

posizioni che giustifichino le differenze gerarchiche.

 Teoria della frustrazione – aggressività = La frustrazione conduce sempre a qualche forma di

aggressività”, che può venire dislocata su capri espiatori: l’individuo scarica un eccesso di tensione

psichica accumulatasi in lui in seguito alle frustrazioni, verso soggetti deboli, verso minoranze.

Come si perpetua il pregiudizio?

Il pregiudizio si perpetua attraverso:

> I processi di socializzazione

> Il conformismo

> Le istituzioni sociali e i media

I media rendono momentaneamente attivi ed accessibili gli stereotipi razziali: i neri vengono maggiormente ritratti

come criminali, teppisti, pigri e le donne nere come promiscue. L’esposizione a questi stereotipi influisce sulle risposte

emotive (empatiche) e supportive nei confronti dei soggetti bersaglio degli stereotipi, cioè i neri, che sono in stato di

bisogno (ma non dei soggetti che non sono bersaglio di stereotipi, cioè i bianchi): - Le persone tendono a provare meno

empatia nei confronti dei neri vittime dell’uragano Katrina e sono meno favorevoli all’eventualità che il governo attui

politiche a loro sostegno - Le persone tendono a provare meno empatia nei confronti delle donne nere che si trovano in

difficoltà finanziarie a causa di una gravidanza indesiderata e sono meno favorevoli all’eventualità che il governo attui

politiche a loro sostegno. Cosi’ facendo i media promuovo o consentono l’espressione di sentimenti (e giudizi) negativi

nei confronti dei soggetti appartenenti a gruppi bersaglio di stereotipi, sentimenti che possono ostacolare le condotte

pro-sociali a loro sostegno.

Inoltre i media rendono cronicamente attivi ed accessibili gli stereotipi razziali: i neri vengono maggiormente ritratti

come criminali ed i bianchi come tutori della legge, rispetto a quanto non sia in realtà. Le persone ricorrono a questi

stereotipi nell’esprimere giudizi in situazioni di incertezza:

- Quando non è nota l’identità del sospettato di un crimine, le persone tendono a supporre che sia un nero; lo valutano

negativamente soprattutto se guardano con assiduità i notiziari tv

- Quando non è nota l’identità dell’ufficiale di polizia vittima di un crimine, le persone tendono a supporre che sia un

bianco e a valutarlo positivamente, soprattutto se guardano con assiduità i notiziari tv.

Cosi’ facendo i media mantengono e rafforzano gli stereotipi (teoria della coltivazione di Gerbner).

Conseguenze dell’applicazione degli stereotipi/pregiudizi

Gli stereotipi/pregiudizi possono:

> indurci a interpretazioni differenti dello stesso comportamento, soprattutto se ambiguo:

ES. Una madre ha offeso una ragazza di 14 anni

Un avvocato si è comportato in modo aggressivo

Un boyscout ha afferrato il braccio di una vecchietta che stava attraversando la strada

Un muratore ha offeso una ragazza di 14 anni

Un ex-coniuge si è comportato in modo aggressivo

Uno skinhead ha afferrato il braccio di una vecchietta che stava attraversando la strada

> indurci a valutare più drasticamente le persone che si allontanano dallo stereotipo

> funzionare come standard di valutazione dei comportamenti osservati

Gli stereotipi/pregiudizi possono:

> influire sulle interazioni con membri dell’outgroup innescando profezie che si autoavverano

> influire negativamente sulla prestazione degli individui che ne sono bersaglio poiché vengono percepiti da tali

individui come una minaccia (teoria della minaccia legata all’attivazione dello stereotipo; Steel e, 1995). L’essere

costretti

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
47 pagine
35 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sofia_polly di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Paleari Francesca Giorgia.